fcei federazione
delle chiese evangeliche in italia
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rifugiati e migranti
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La
casa, uno strumento d’integrazione
Il processo d’integrazione di un rifugiato può essere visto come un cammino a tappe o fasi.
Nella prima fase il rifugiato
tenta di far fronte alle esigenze di semplice sopravvivenza, poi fa i primi
passi verso un corretto inserimento ed infine si avvia verso un processo
d’integrazione che richiederà tempo, ma il cui completamento, nel
rispetto dei valori della diversità, è d’essenziale
importanza per una convivenza sociale tra autoctoni e rifugiati che sia
positiva e senza tensioni dannose e che non metta a rischio il tessuto della
società ospitante.
Il percorso deve essere fatto dal
rifugiato stesso che deve esserne il soggetto. Gli organismi di sostegno non
devono gestire l'inserimento del rifugiato, cercando di sostituirsi a lui e
spingendolo in un ruolo passivo e tutelato.
Uno strumento importante nel
processo d’integrazione è la casa. La sistemazione alloggiativa
influenza notevolmente la possibilità del rifugiato di inserirsi
positivamente nella società circostante. Anche questa parte del processo
integrativo dovrà rispettare i due criteri: un avanzamento a tappe e il
rispetto della soggettività del rifugiato.
1°
fase
Appena arrivato il rifugiato è disorientato, spesso sotto choc o
sofferente. In questa situazione avrà bisogno di una sistemazione
alloggiativa protetta, che gli permetterà di riprendere forza,
ricostruire rapporti di fiducia e successivamente di orientarsi. In questa fase
l'aiuto delle associazioni di sostegno dovrà essere quasi totale. La
sistemazione dovrà avvenire in collaborazione tra autorità amministrative
e associazioni di sostegno. L'alloggio dovrà rispondere a tutte le
esigenze di base, e cioè essere gratuito e garantire il vitto, il
vestiario, l'assistenza medica, ecc. Già in questa fase si dovranno
rispettare le esigenze specifiche delle persone assistite (la situazione
familiare, traumi particolari, esigenze culturali, regole alimentari o di
salute, ecc.).
Un centro di prima accoglienza
dovrebbe offrire tutti questi servizi. Le esigenze saranno diverse per nuclei
familiari, per donne sole o con minori a carico, per minori non accompagnati o
per uomini soli. E' molto importante non smantellare nuclei familiari proprio
in un momento così drammatico. Minori non accompagnati avranno bisogno
di una particolare tutela, così come donne sole o con bambini. Persone
gravemente traumatizzate potranno avere bisogno di una sistemazione che
permetta loro di riprendere forze e fiducia.
In ogni caso un'accoglienza in questo
tipo di centri dovrà durare il meno possibile. Un servizio di consulenza
e d’orientamento dovrà offrire alle persone assistite gli
strumenti per prendere in mano al più presto la propria situazione e
gestirla autonomamente. Un tale servizio d’orientamento dovrà
comprendere informazioni su questioni legali, modalità della vita
sociale e lavorativa e specificamente su come affrontare la questione della
casa. Inoltre si dovrà offrire al più presto la
possibilità di imparare la lingua del paese ospitante. Nel curare il
passaggio tra il centro di prima accoglienza e quello di seconda accoglienza
(11 fase) sarà opportuno che ci sia una messa in rete tra i vari centri
in modo da non interrompere il processo d’assistenza e
d’inserimento.
2°
fase
Le
persone dovranno essere messe al più presto in condizioni di
autogestirsi. Questo percorso potrà iniziare già nel centro di
seconda accoglienza, ad esempio attraverso un contributo economico con il quale
orientarsi nelle questioni pratiche (acquistare direttamente ciò che
serve per la vita quotidiana, cucinare in proprio, curare la propria biancheria,
gestire la pulizia dei locali utilizzati, seguire corsi di lingua, ecc.).
Le persone assistite devono essere informate sulle
condizioni abitative nel paese ospitante ed essere coinvolte nelle questioni di
avviamento alla scuola dei figli, dei proprio inserimento nel sistema di
assistenza medica e sociale e nel seguire la propria pratica per ottenere il
permesso di soggiorno. Inoltre devono iniziare a comprendere il mercato del
lavoro e le regole per accedervi ed eventualmente, se hanno competenze professionali,
possono essere avviate a corsi di formazione o di aggiornamento.
3°
fase
Il
rifugiato, una volta raggiunto un certo livello di conoscenza delle condizioni
di vita del paese ospitante, dovrebbe avere la possibilità di promuovere
ulteriormente la propria autonomia, cioè di trovare un alloggio
indipendente.
Il SRM, oltre ai suoi interventi di consulenza e di
assistenza nelle fasi 1 e 2, promuove un programma, in parte finanziato dal
progetto INTO, che intende permettere al rifugiato di prendere attivamente
parte nella ricerca dell'alloggio e di assumersi la responsabilità della
sua gestione. Il rifugiato viene invitato a partecipare in prima persona alla
ricerca dell'alloggio. Gli vengono assicurati:
• un
contributo affitto e, se necessario, anche una somma per il deposito di
garanzia e il costo del
contratto per un certo numero di mesi;
• assistenza per la ricerca
dell'alloggio e soprattutto per la stipula del contratto d'affitto;
• consulenza
su come gestire l'alloggio, le questioni di condominio e come amministrare
correttamente il contributo finanziario che riceve. Si cercherà di
consigliare la persona sui costi delle utenze, per le quali dovrà
riservare una parte delle sue disponibilità economiche (gas, luce,
acqua, telefono, ecc.).
Il rifugiato potrà orientarsi su quale tipo di
alloggio scegliere, tenendo conto del contributo economico che potrà
ottenere. Se ha mezzi propri, p.e. un lavoro, potrà decidere eventualmente
di prendere un alloggio più costoso, perché per lui e la sua
famiglia la casa è di importanza prioritaria. Un altro potrà
scegliere una coabitazione o un subaffitto perché ritiene di non potersi
permettere altro o perché ha altre priorità.
Il contributo viene di regola dato per ca. 6 mesi e
normalmente copre solo i costi per un affitto molto basso, che generalmente
corrisponde ad una zona meno ambita e di qualità abitativa bassa. Per
costi d'affitto più alti e per le utenze, il rifugiato dovrà
provvedere da solo, si farà insieme all'operatore sociale un piano
economico considerando le sue reali possibilità, tenendo anche conto
della necessità che per cominciare serviranno mobili, ecc. (in qualche
caso questi si potranno trovare gratuitamente). Il rifugiato sarà anche
informato che il contributo mensile diminuirà dal 4'mese in poi per
stimolare l'assistito a diventare gradualmente completamente responsabile del
pagamento dell'affitto e dei costi supplementari. Nel caso ideale il graduale
uscire dall'assistenza dovrebbe aver permesso al rifugiato di aver fatto notevoli
passi in avanti nel suo percorso di integrazione. Dovrebbe avere una buona base
linguistica, i figli dovrebbero essere inseriti scolasticamente, avrebbe una
casa e una certa autonomia economica. Proprio la possibilità di abitare
in un appartamento come molte altre persone della società circostante,
conoscere le difficoltà e le possibilità della vita quotidiana,
avere vicini di casa, che vivono in condizioni simili permetterà al
rifugiato di avviarsi ad una integrazione più avanzata. Altri programmi
del SRM offriranno servizi per i prossimi passi.
Alcuni esempi
I. Un nucleo familiare di
rifugiati, composto di 4 persone (coppia con 2 bambini) con permesso di
soggiorno. Sono stati ospitati in un centro d’accoglienza per 3 mesi,
hanno seguito corsi di lingua di base, i figli sono inseriti nelle scuole
pubbliche, la donna ha trovato lavoro. La famiglia sceglie di affittare un
piccolo appartamento in una zona poco costosa. Con il contributo affitto del
SRM sarà possibile pagare l'affitto, ma rimangono i costi per le utenze,
per il vitto e le altre spese. Lo stipendio della donna permette di coprire il
costo per il vitto, ecc. Rimangono le utenze. La famiglia sceglie di vivere in
uno spazio molto ristretto e di subaffittare una camera ad una connazionale.
Quando il marito avrà trovato lavoro la famiglia sarà in grado
d’avere più spazio a disposizione.
2. Una donna sola con 2
bambini e una sorella: hanno un permesso per motivi umanitari. Hanno vissuto
per molti mesi in un centro d’accoglienza dove hanno avuto la
possibilità di imparare la lingua. 1 bambini sono inseriti nelle scuole.
Entrambe le donne hanno un lavoro part‑time. Scelgono un piccolo
alloggio. Con il contributo potranno coprire l'affitto e all'inizio anche le
utenze. Lo stipendio della madre permette di coprire gli altri costi. In futuro
la sorella cercherà di trovare un lavoro a tempo pieno e di contribuire
per il suo vitto e alloggio. Con due stipendi si spera che possano diventare
autosufficienti.
3. Un giovane rifugiato
solo. Ha un permesso di soggiorno e buona conoscenza della lingua. Ha scelto di
studiare medicina. Ottiene da un altro programma una piccola borsa di studio,
che non gli permette di pagarsi l'affitto. Abita da vari mesi in un centro di
prima accoglienza che deve lasciare. Con il programma gli viene offerto un
contributo per pagarsi insieme ad un altro studente una camera in subaffitto
presso una famiglia. Con il contributo copre le spese per l'affitto e con la
piccola borsa di studio copre i costi, molto bassi, delle utenze (p.e. per il
vitto la mensa universitaria) e paga anche le tasse universitarie. Ha buone
possibilità di poter concorrere entro pochi mesi ad una borsa di studio
più consistente.
Valutazione del programma
Questo
programma è rivolto a rifugiati che hanno già superato le prime
difficoltà. E' uno strumento che deve permettere alla persona di
arrivare ad una reale autonomia. Il programma richiede che anche nelle fasi
precedenti di accoglienza e di assistenza il rifugiato sia stato indirizzato il
prima possibile verso una certa autonomia. All'inizio tutti gli interventi
devono mirare, a dare alla persona gli strumenti linguistici e una conoscenza
della situazione socioeconomica del paese ospitante, Il programma è
rivolto a persone che hanno una buona chance di inserimento nel mercato del
lavoro.
Il programma potrebbe essere utile anche a persone che
per vari motivi non potranno lavorare; in questo caso l'assistenza dovrebbe
durare più a lungo e individuare soluzioni alternative che diano alla
Persona una certa autonomia economica (una pensione sociale o di
invalidità, ecc.).
Il vantaggio del programma è di evitare in
molti casi la cronicizzazione del disagio sociale perché indirizza la
persona verso la propria autonomia. Infatti, un'assistenza totale in un centro
di accoglienza prolungata nel tempo rallenta il processo di inserimento della
persona assistita perché ne indebolisce la capacità di reagire e
di rendersi autonoma. Molti rischiano di deprimersi e di perdere la fiducia in
se stessi, altri potrebbero sfruttare indebitamente le possibilità di
assistenza.