Ric. n. 247/01 R.G.R. Sent.
n.247/2001 Reg. Sent.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia costituito da:
Vincenzo Sammarco- Presidente
Enzo Di Sciascio - Consigliere
Oria Settesoldi - Consigliere, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 247/01 di Florin Raducioiu, rappresentato e difeso dagli avv.ti Gianfranco ed Alessandro Carbone con sostituzione del primo, in corso di causa, con l’avv. Elisabetta Burla ed elezione di domicilio presso il suo studio in Trieste;
CONTRO
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocatura distrettuale dello Stato domiciliataria ex lege;
PER
l'annullamento del provvedimento cat. A12/2001/str N. 37 di diniego del rilascio di permesso di soggiorno per lavoro
Visto il ricorso, ritualmente notificato e depositato presso la Segreteria;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero;
Viste le memorie prodotte dalle parti tutte;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, nella pubblica udienza del 28 novembre 2001 - relatore il Consigliere Oria Settesoldi - i difensori delle parti presenti;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Il ricorrente, entrato in Italia clandestinamente come minore non accompagnato, è stato affidato al Comune di Trieste ed accolto alla Casa dello Studente sloveno. Ha seguito due corsi formativi ed ottenuto il brevetto di bagnino. E’ stato quindi assunto come socio lavoratore dalla Società cooperativa a.r.l. “Life Guard Delfino” presso la quale ha iniziato a lavorare dal settembre 2000 dopo la presentazione della ricevuta della richiesta di rilascio del permesso di soggiorno per lavoro.
Tale permesso gli è stato negato sul presupposto che il permesso di soggiorno non potrebbe essere convertito prima della sua scadenza in permesso di soggiorno per lavoro e che all’atto della domanda vanno esibiti passaporto o altro documento equipollente.
Il ricorso invoca la previsione dell’art. 32 del D.Lgs 286/98, la cui applicabilità la questura ha invece apoditticamente escluso e che sarebbe la norma speciale della fattispecie. In ogni caso si precisa che l’art. 6 potrebbe comunque essere interpretato in via analogica alla luce dell’art. 32 e si deducono i seguenti motivi:
Si è costituito in giudizio il Ministero intimato controdeducendo per il rigetto del ricorso.
DIRITTO
L’atto impugnato come chiaramente esplicitato, del resto, nella relazione della Questura 23.10.2001, risulta inficiato da un errata interpretazione della normativa riguardante la fattispecie.
Nessun dubbio sussiste sul fatto che il ricorrente è entrato in Italia in maniera irregolare quando era ancora minorenne, come tale egli, ai sensi dell’art. 19 del d.lgs 286/1998, non era espellibile. Pertanto la sua posizione di minore non accompagnato è stata segnalata al Tribunale per i minorenni che ha disposto il suo affidamento al Comune di Trieste con l’inserimento in un istituto: la Casa dello studente sloveno. Al ricorrente è quindi stato rilasciato un permesso di soggiorno per affidamento.
Sostiene quindi la Questura che detto permesso non può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro perché l’art. 6 n. 1 non lo ricomprende tra le tipologie di soggiorno utilizzabili a tal fine né può essergli applicata la disposizione di cui all’art. 32 d.lgv 286/98.
La suddetta norma peraltro prevede che :
“Al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all'articolo 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all'articolo 23.”
Ne consegue che, affinchè possa condividersi l’affermazione della Questura circa l’inapplicabilità al caso del ricorrente della norma soprariportata, è necessario verificare che l’affidamento del ricorrente non sia stato effettuato ai sensi dell’art. 2 della legge 4 maggio 1983 n. 184, norma che, prima delle modifiche apportate dall’art. 2 della legge 28 marzo 2001, n. 149, prevedeva, in primis, l’affidamento familiare e, ove questo non fosse risultato possibile, il ricovero in un istituto di assistenza, cui venivano demandati i poteri dell’affidatario. ( art. 2, c. 2^, ed art. 3). E’ evidente che ciò è quanto risulta essere avvenuto nel caso di specie dal momento che al ricorrente, come sopra riepilogato, risulta essere stato a suo tempo rilasciato un permesso di soggiorno “per affidamento” e non un permesso di soggiorno per “minore età” ex art. 29 d.p.r. 394/99. Ne consegue che al ricorrente, in possesso di un permesso di soggiorno “per affidamento” che quindi non potrebbe riferirsi altro che all’affidamento ad un istituto disposto ai sensi dell’art. 2 della l.n. 184/1983, ben poteva essere rilasciato il richiesto permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Le conclusioni sopraesposte sono, del resto, le stesse cui giunge la circolare ministeriale n. 300/C/200!/2081/A/12.229.28/1 che correttamente distingue tra permesso di soggiorno per minore età e permesso di soggiorno per affidamento e che quindi risulta essere stata anch’essa disattesa dall’amministrazione.
E’ infine evidente l’erroneità dei presupposti per quanto riguarda l’asserita mancata produzione di passaporto o altro documento equipollente, e cioè di un documento di identità di cui il ricorrente ha peraltro prodotto copia in giudizio e che sostiene di aver presentato anche alla Questura, dietro richiesta di questa. Infatti, a prescindere dal fatto che l’amministrazione nulla ribatte in ordine all’affermazione di parte ricorrente di averlo prodotto in seguito a specifica richiesta, in ogni caso trattasi di irregolarità sicuramente sanabile a mezzo di integrazione istruttoria.
Nei termini sopraprecisati il ricorso è quindi fondato e deve essere accolto con il conseguente annullamento dell’atto impugnato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato
Condanna il Ministero dell’Interno a rifondere al ricorrente le spese e competenze del presente giudizio liquidate in complessive £.2.000.000 (due milioni).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste, in Camera di Consiglio, il 28 novembre 2001.
Il Presidente L'Estensore
Il Segretario
Depositata nella segreteria del
Tribunale
il 22 dicembre 2001
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