N. 62, 11 giugno 2002
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Oltre
940mila rifugiati hanno volontariamente fatto ritorno in Afghanistan dal 1°
marzo, quando il Governo afghano ad interim e l'Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Riufgiati (UNHCR) hanno cominciato ad assistere i rifugiati
nel rimpatrio. Di questi 864mila hanno fatto ritorno dal Pakistan, 68mila
dall'Iran e 9mila dalle repubbliche centro-asiatiche. Oltre 100mila di questi
sono rientrati nella sola scorsa settimana. Dalla caduta del regime talebano,
altri 200mila afghani hanno fatto ritorno spontaneamente, soprattutto da
Pakistan e Iran. Inoltre, più di 160mila sfollati sono stati assistiti
nel ritorno, mentre molti altri sono rientrati spontaneamente.
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L'UNHCR
non promuove il rimpatrio in Afghanistan e avverte gli afghani sulle condizioni
di sicurezza, la mancanza di servizi essenziali e sulla minaccia delle mine in
molte aree.
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Nonostante
le difficili condizioni all'interno del loro paese, il rimpatrio degli afghani
è il più massiccio e rapido verificatosi da quando i curdi
iracheni hano fatto ritorno in patria nel 1991 e supera anche il massiccio
rimpatrio del 1999 in Kosovo. Secondo stime dell'UNHCR, all'inizio dell'anno
c'erano circa 3,7 milioni di rifugiati afghani in tutto il mondo, dei quali 2
milioni in Pakistan e 1,5 milioni in Iran; secondo i governi dei paesi d'asilo
le cifre sarebbero ancora maggiori.
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L'entusiasmo
del rimpatrio ha superato le previsioni, mettendo sotto pressione le risorse
delle agenzie umanitarie e la fragile capacità di assorbimento da parte
dell'Afghanistan. Inoltre lo scarso ritmo delle donazioni colpisce varie
agenzie che spesso non riescono a fornire la necessaria assistenza per la
reintegrazione, il trasporto o gli aiuti alimentari, minacciando la
sostenibilità del rientro dei rifugiati.
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Le
riserve di cibo sono scarse a causa dei quattro anni di siccità,
aggravata dal prolungato collasso economico del paese. Gli afghani che
rientrano nel sud del paese attualmente non ricevono farina, mentre in altre
aree ricevono solo un terzo della prevista razione di cibo; a queste persone
vengono consegnati dei buoni per ritirare in seguito la loro razione di farina.
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L'UNHCR
aveva pianificato quest'anno di assistere nel rimpatrio 1,2 milioni di afghani,
ma ha dovuto triplicare la cifra per il solo Pakistan portandola a 1,2 milioni.
L'Agenzia prevede inoltre che 400mila persone faranno ritorno dall'Iran e che
400mila sfollati sarranno assistiti nel ritorno alle proprie case.
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A
causa della mancanza di nuovi contributi, l'UNHCR potrebbe terminare i fondi
entro la fine del mese di giugno. L'Agenzia ha richiesto 271 milioni di dollari
per i programmi fino alla fine dell'anno, ma finora ha ricevuto solo 180
milioni di dollari. L'attività dell'UNHCR sta entrando nella sua fase
più costosa, con spese che raggiungono i 20 milioni di dollari al mese.
L'Agenzia opera attarverso quasi 30 uffici in tutto il territorio
dell'Afghanistan, con oltre 500 operatori locali e internazionali. Si conta di
distribuire quest'anno 96mila kit per l'alloggio, mentre le agenzie partner
stanno già identificando le famiglie più bisognose che
riceveranno i primi 30mila.
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A
causa dell'inattesa portata del rimpatrio volontario e delle nuove funzioni di
cui è stato incaricato l'UNHCR, il personale sul terreno sta aggiornando
le cifre relative alle operazioni e ai finanziamenti del 2002. Se non
arriveranno nuovi contributi, l'UNHCR dovrà prendere alcune difficili
decisioni, come la possibile riduzione o addirittura l'interruzione
dell'assistenza a coloro che faranno ritorno in Afghanistan.
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La
comunità internazionale dovrà mantenere i suoi impegni relativi
all'assistenza in Afghanistan e soddisfare le necessità più
urgenti. La diffusa ed endemica povertà e la prolungata mancanza di
aiuti non sono più ammissibili. Senza una transizione morbida
dall'assistenza allo sviluppo, la mancanza di lavoro, cibo, alloggi e servizi
essenziali potrebbe rendere l'Afghanistan ancora teatro di spostamenti forzati
di popolazione e di insicurezza. <
Per ulteriori informazioni: Ufficio
stampa – Laura Boldrini – 335 540 31 94