Politiche sociali
governative: anno primo, anno zero
(di don Vinicio Albanesi, presidente del
C.N.C.A.)
Non ci vuole molto per
commentare il primo anno dell’attuale governo sulle politiche sociali in
Italia.
Sostanzialmente sono stati
due gli impegni: l’integrazione al milione della pensione ai vecchi
poveri, la legge sull’immigrazione. Il resto è tutto uno slogan;
un faremo, un vedremo, infiniti “libri bianchi” che vorrebbero
ricominciare dall’anno zero, in realtà prendono tempo in attesa
di... Dagli appelli e dagli annunci comunque si possono trarre linee di
orientamento “sociale”.
La prima constatazione
è l’assoluta indifferenza governativa alle politiche sociali della
popolazione debole. Nessuna risorsa aggiuntiva, nessun interesse ai cittadini e
cittadine in difficoltà. Non fanno parte della strategia governativa,
tutta incentrata su chi ha già risorse. La stessa legge
sull’immigrazione è concepita come occasione di risorse e non come
legge sociale: questa legge sembra dire agli immigrati: “Mi spiace per
voi, ma noi non possiamo che guadagnare dalla vostra presenza in Italia; in
caso contrario statevene pure a casa: con le buone, altrimenti useremo le
cattive”. Su questa proposta di legge l’attenzione è stata
posta eccessivamente sulla sicurezza e sull’integrazione. In
realtà è un mix dal doppio volto, sociale ed economico: il
secondo è prevalente.
Altro elemento di
riflessione: il Ministero del Welfare è debolissimo nella compagine
governativa. I grandi temi sociali (immigrazione, prostituzione, carcere...)
sono appannaggio dei leader massimi; il resto è talmente routine che il
lavoro consiste nello stoppare l’esistente e nel prendere tempo per il
futuro. Ciò significa che l’attenzione è verso la
popolazione “normale” e non verso “i vulnerabili”.
Altro dato ancora è
l’assoluta mancanza di risorse: non sono previsti investimenti nel
sociale, anzi; si tenta di spolpare quel poco che esiste: la voracità
non ha mai limite.
Il terzo elemento è la filosofia che
sottostà alla concezione di politiche sociali. Può essere
sintetizzata con la regola della doppia g: “guarire, guardare”. La
politica è attiva se c’è speranza di guarigione. Chi non ce
la fa può essere reso solo innocuo (cfr. tossicodipendenza, prostituzione,
psichiatria). Per chi è cronico, strutturalmente debole e senza
speranze, pazienza. Non si possono investire risorse su chi non ha speranza.
Quarto elemento:
immissione del privato profit e non profit nelle politiche sociali. Largo
spazio alle imprese profit (a svantaggio di chi utilizza i servizi) in linea
con le politiche di sviluppo economico, appello a quelle non profit
perché sostanzialmente a basso costo.
Nel complesso
dunque la politica del governo sta esaltando, con estrema chiarezza, la
concezione del cittadino produttore di economia. Solo costui ha diritti di
parola e di tutela. Da questo punto di vista è lineare
l’innalzamento della pensione agli ultrasettantenni poveri, i fondi per
gli asili nido, le promesse per le famiglie. Chi, per motivi diversi (di razza,
di salute, di territorio, d’età) non ha questi requisiti, non
può che essere assistito per bontà da chi lavora e produce.
Sintomatici i gesti del Presidente del Consiglio di offrire 10 milioni a due
prostitute e di esporre la bambina al rientro dall’Algeria.
Questa concezione spazza
via d’un colpo ogni politica di welfare occidentale, per ritornare alle
politiche di sopravvivenza, caratteristiche dei paesi poveri o emergenti.
Ma se in
quei Paesi è drammatica la scelta in quanto le risorse sono
effettivamente poche, nel nostro paese diventa crudele e colpevole trattare i
cittadini in maniera diversa e discriminatoria.
Nel tempo questa politica
diventerà più esplicita. Fa tristezza che non se ne renda conto
chi dovrebbe. Tutti coloro che dicono di aver rispetto della persona - primi
fra tutti gli uomini di Chiesa e i cosiddetti “politici cattolici”
- a prescindere da ogni altra considerazione. Un esempio: la recente grande
discussione tra badanti e lavoratori “in nero” per la sanatoria
sull’immigrazione in fondo è solo una piccola discussione di pochi
spiccioli.