(16/11/2002)
PROPOSTE PER L’AGGIORNAMENTO DELLE
DISPOSIZIONI REGOLAMENTARI IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE E ASILO
1. Accesso al permesso di soggiorno per lavoro subordinato
L’inserimento lavorativo di immigrati in
Italia riguarda, per una porzione assai significativa, attivita’ nei
servizi alla persona e nelle piccole imprese. Per tali attivita’, in
considerazione del carattere fiduciale del rapporto di lavoro, l’idea che
un contratto possa essere stipulato senza un previo incontro diretto tra datore
di lavoro e lavoratore non e’ realistica. Questo fatto e’ alla base
dell’alto tasso di irregolarita’ del flusso migratorio nel nostro
paese: i lavoratori immigrati sono forzati a cercare tramite un ingresso e/o un
soggiorno illegale le opportunita’ di incontro con potenziali datori di
lavoro. Una volta creato, di fatto, il rapporto di lavoro, il lavoratore
e’ costretto a tornare in patria per ottenere un regolare visto di
ingresso per lavoro, o ad attendere, in condizioni di soggiorno illegale, la
successiva sanatoria.
Un notevole miglioramento della situazione si
otterrebbe consentendo la stipula del contratto di soggiorno a coloro che siano
legalmente presenti in Italia ad altro titolo, senza esigere il temporaneo
rimpatrio. Canali legali quali l’ingresso per turismo o per visita ai
familiari, comunque soggetti alla verifica dei normali requisiti, potrebbero
essere vantaggiosamente utilizzati per l’incontro tra le parti.
Una disposizione di questo tipo non contrasterebbe
in alcun modo con lo spirito delle norme sul contratto di soggiorno o sui
soggiorni a titolo diverso dal lavoro (le condizioni per accedere al primo o ai
secondi resterebbero immutate). Completerebbe, piuttosto, quanto gia’
previsto dal Regolamento all’art. 39, co. 7, che consente la conversione
sul posto di permessi ad altro titolo in permesso per lavoro autonomo in
presenza dei requisiti.
Proposta tecnica: Consentire la conversione di qualunque permesso
di soggiorno in permesso per lavoro subordinato, nell’ambito delle quote
fissate dai decreti di programmazione dei flussi, previa
stipula del contratto di soggiorno per lavoro.
2. Conversione dei permessi di
soggiorno per studio
La legge prevede che il
titolare di un permesso per motivi di studio o di formazione, previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro,
ovvero previo rilascio della certificazione
attestante la sussistenza dei requisiti previsti per lo svolgimento di lavoro
autonomo, possa convertire il permesso di soggiorno per studio in un
permesso per lavoro (subordinato o autonomo), nel rispetto delle quote fissate
dal decreto di programmazione dei flussi. Non esistono, tuttavia, disposizioni
atte a stabilire un criterio di precedenza delle richieste di conversione del
permesso rispetto a quelle relative a nuovi ingressi di lavoratori
dall’estero.
Per gli studenti,
c’e’ quindi il rischio di non poter usufruire della conversione del
permesso e della conseguente stabilizzazione del soggiorno in Italia, non
potendosi rinnovare il permesso per motivi di studio una volta conseguito il
titolo, ovvero oltre il terzo anno fuori corso.
Quanto al canale della
formazione professionale, d’altra parte, una piu’ alta
probabilita’ di conversione del corrispondente permesso di soggiorno
potrebbe renderlo strumento atto a dare risposta all’esigenza di una
conoscenza adeguata tra le parti – datore di lavoro e lavoratore –
che preceda la costituzione di un rapporto di lavoro stabile.
E’ opportuno
pertanto che le richieste di conversione di permessi di soggiorno per studio o
per formazione in permessi per lavoro non siano penalizzate dalla concorrenza
con le domande relative a nuovi ingressi.
Proposta tecnica: Stabilire che le
domande di conversione di permesso di soggiorno per studio o per formazione in
permesso per lavoro subordinato o autonomo devono essere esaminate con
carattere di priorita’ rispetto alle domande relative a nuovi ingressi.
Stabilire altresi’ che tali domande di conversione possono essere prese
in considerazione anche nei casi in cui la quota fissata dal decreto di
programmazione dei flussi risulti esaurita, dovendosi in tali casi decurtare il
numero delle domande accolte dalle quote fissate col decreto di programmazione
successivo.
3. Conversione dei permessi di
soggiorno in permessi di soggiorno per lavoro autonomo
La Legge 189/2002 ha
modificato il Testo Unico stabilendo che l’attestazione della sussistenza
dei requisiti per lo svolgimento di lavoro autonomo debba essere rilasciata
dalla Rappresentanza diplomatica italiana nel paese d’origine dello
straniero. La cosa e’ evidentemente priva di senso nel caso di
richiedenti gia’ regolarmente soggiornanti in Italia – ad esempio:
studenti, ex art. 6, co. 1 Testo Unico (T.U.), o stranieri in possesso di altro
permesso di soggiorno, ex art. 39, co. 7 Regolamento –, trattandosi di requisiti
certificabili da amministrazioni operanti nel territorio dello Stato.
Proposta tecnica: Affidare alle
amministrazioni competenti per materia e per territorio ovvero, quando non sia
possibile individuarle, allo sportello unico presso l’UTG il compito
di rilasciare la certificazione attestante la
sussistenza dei requisiti previsti per lo svolgimento di lavoro autonomo in
caso di straniero regolarmente soggiornante in Italia.
L’art. 5, co. 9
T.U. prevede che il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno debba aver
luogo (o essere negato) entro venti giorni dalla presentazione della domanda.
Nei fatti, tale limite risulta raramente rispettato dall’amministrazione
competente. Ne consegue un grave danno per lo straniero richiedente, che non
puo’ godere, nelle more del rilascio o del rinnovo, dei diritti associati
al possesso del permesso.
La Legge 189/2002 ha
positivamente modificato l’art. 22 T.U., chiarendo che il diritto di
esercitare attivita’ lavorativa, per il titolare di permesso che di norma
abiliti al lavoro, non decade in fase di rinnovo. E’ necessario,
tuttavia, che la persistenza dei diritti e delle facolta’ associate alla
titolarita’ di ogni permesso sia garantita in generale. Le stesse
facolta’ e gli stessi diritti devono valere nelle more del rilascio del
permesso, quando sia trascorso, senza responsabilita’ dello straniero, il
termine di venti giorni dall’atto della richiesta fissato dalla legge.
Proposta tecnica: Stabilire che la ricevuta
della richiesta di rinnovo del permesso – come pure quella di rilascio,
quando siano trascorsi venti giorni dalla richiesta – e’
utilizzabile a tutti gli effetti (in particolare per il reingresso in Italia in
esenzione da visto) come permesso di soggiorno, fino alla decisione
dell’amministrazione sulla richiesta.
La scadenza del
permesso di soggiorno puo’ coincidere con quella del passaporto, rendendo
il rinnovo del permesso di soggiorno problematico, dati i tempi richiesti da
molte rappresentanze diplomatiche per rinnovare i documenti di viaggio.
E’ opportuno prevedere la possibilita’ di presentare documenti
temporaneamente sostitutivi.
Proposta tecnica: Stabilire che, ai
fini del rinnovo del permesso di soggiorno, sia
sufficiente l'esibizione dell'attestazione da parte Rappresentanza
diplomatica o consolare del paese d’appartenenza dello straniero di aver presentato una domanda di rinnovo del passaporto,
salvo l’obbligo, per lo straniero, di integrare appena possibile la
documentazione richiesta.
E’ anche
necessario che sia adeguatamente considerata, ai fini del rinnovo del permesso,
la condizione degli stranieri, formalmente disoccupati, che svolgono
attivita’ lavorative in nero o, comunque, non riconducibili a rapporti di
lavoro regolare. Qualunque forma di sanzione relativa a tali attivita’
– laddove emergano violazioni delle norme vigenti – non deve
inficiare la possibilita’ di permanenza legale in Italia del lavoratore
immigrato. Similmente, va considerata favorevolmente la posizione di coloro
che siano iscritti a corsi di formazione o
riqualificazione profesionale o che siano impossibilitati a svolgere
attivita’ lavorativa per gravi motivi.
Proposta tecnica: In analogia con
quanto stabilito di recente in relazione alla regolarizzazione di lavoratori
stranieri per i quali il datore di lavoro rifiutasse di procedere alla
dichiarazione di emersione, stabilire che in sede di rinnovo di permesso di
soggiorno per lavoro subordinato, al lavoratore che dimostri di aver aperto una
vertenza (o un procedimento davanti al giudice del lavoro) contro il datore di
lavoro puo’ essere rilasciato un permesso di soggiorno ex art. 5, co. 6
T.U., valido fino a definizione della vertenza, utilizzabile per iscrizione
nelle liste di collocamento e convertibile in permesso per lavoro subordinato
in presenza di un contratto di soggiorno per lavoro, o in un permesso per
lavoro autonomo in presenza dei requisiti previsti dalla normativa. Prevedere
poi la possibilita’ di rinnovo del permesso per il lavoratore straniero
che sia iscritto ad un corso di formazione o
riqualificazione profesionale legalmente autorizzato o che non possa svolgere
attivita’ lavorativa a causa di gravidanza, puerperio, invalidita’
per causa di lavoro, malattia professionale o per altri gravi e comprovati
motivi di salute o familiari. In questi casi il permesso rinnovato
dovrebbe avere durata tale da consentire l’estinzione dei motivi che
hanno impedito lo svolgimento dell’attivita’ lavorativa e la
successiva iscrizione nelle liste di collocamento per i sei mesi garantiti
dall’art. 22, co. 11 T.U.
In generale, nei casi
in cui sia richiesta, ai fini del rilascio o del rinnovo del permesso di
soggiorno la disponibilita’ di risorse adeguate, deve essere preso in
considerazione uno spettro ampio di modalita’ di prova di tale
disponibilita’, in analogia con quanto previsto ai fini
dell’ingresso dalla Direttiva del Ministro dell’interno di cui
all’art. 4, co. 3 T.U.
Proposta tecnica: Modificare
l’art. 13, co. 2 del Regolamento, disponendo che, ai fini del rinnovo del
permesso di soggiorno, deve essere dimostrata, piuttosto che la
disponibilita’ di un reddito, quella, piu’ generale, di mezzi di sostentamento. Stabilire inoltre che
tale disponibilita’ puo’ essere provata, oltre con atti che
attestino l’esistenza di fonti di reddito, anche mediante esibizione di
valuta o fideiussioni bancarie o polizze fideiussorie assicurative o titoli di
credito equivalenti ovvero con titoli di servizi prepagati o con certificazione
della disponibilita’ di risparmi o di fonti di sussidio pubblico o
privato.
E’
bene infine, per esigenze di certezza del diritto e di buon andamento
dell'amministrazione, che il Regolamento contenga una disciplina
esplicita di tutti i tipi di permesso di soggiorno previsti. Per molti di
questi (si pensi, ad esempio al permesso per asilo) la durata non e’
definita ne’ da disposizioni di legge, ne’ da disposizioni
regolamentari.
Proposta
tecnica: Definire con precisione, per
ciascun tipo di permesso di soggiorno, le condizioni e i documenti richiesti
per il rilascio, il rinnovo e la conversione, la durata e la condizione
giuridica del titolare.
La circolare del
Ministero dell’interno del 3 Giugno 2002 ha chiarito come, coerentemente
con numerose decisioni dei tribunali amministrativi regionali, i requisiti
relativi al soggiorno legale pregresso e alla titolarita’ di un permesso
che consenta, in linea teorica, un numero indefinito di rinnovi debbano essere
valutati, ai fini del rilascio della carta di soggiorno, in modo disgiunto
– potendo, cioe’, il soggiorno legale pregresso corrispondere alla
titolarita’ di un permesso privo di tale caratteristica. E’
opportuno che questo chiarimento trovi posto esplicito tra le disposizioni del
Regolamento. E’ anche opportuno specificare quali permessi siano
indefinitamente rinnovabili (es.: permesso per lavoro
subordinato, lavoro autonomo, motivi familiari, asilo, motivi religiosi, etc.).
Proposta tecnica: Stabilire quali siano i motivi che
consentono un numero indeterminato di rinnovi del permesso
corrispondente. Chiarire poi che, ai fini del rilascio della carta di
soggiorno, la titolarita’ di un permesso per un motivo che consente un
numero indeterminato di rinnovi e’ richiesta solo al momento della
presentazione della domanda.
L’art. 15
Regolamento disciplina, ai commi 1 e 2, l’obbligo di rinnovo, entro
sessanta giorni dal rinnovo del permesso di soggiorno, della dichiarazione di
dimora abituale nel comune di residenza e la cancellazione dalle liste della
popolazione residente dello straniero che non ottemperi a tale obbligo.
E’ opportuno modificare questa disposizione, rimuovendo l’obbligo
in questione e stabilendo che si procede a cancellazione dalle liste solo in caso
di comunicazione al Comune, da parte del questore, di cessazione definitiva
della condizione di soggiorno legale dello straniero, salva dimostrazione da
parte dello straniero della pendenza di un ricorso contro l’eventuale
provvedimento che mette fine a tale soggiorno.
Analoga modifica
andrebbe introdotta, all’art. 42, co. 4 Regolamento, in relazione
all’obbligo di esibizione della documentazione comprovante la richiesta
di rinnovo del permesso di soggiorno ai fini del mantenimento
dell’iscrizione al Servizio sanitario nazionale.
Proposta tecnica: Modificare le
disposizioni relative all’obbligo di rinnovo di dichiarazione di dimora
abituale, stabilendo che si procede alla cancellazione dalle liste della
popolazione residente solo in caso di comunicazione al Comune, da parte del
questore, della scadenza definitiva del permesso di soggiorno ovvero
dell’espulsione dello straniero, salva l’esibizione da parte di
questi della documentazione attestante la pendenza del ricorso contro il
provvedimento di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno o di espulsione.
Stabilire, in modo analogo, che l’iscrizione al Servizio sanitario
nazionale cessa solo all’atto della comunicazione del questore
all’Azienda Unita’ sanitaria locale della scadenza definitiva del
permesso ovvero del provvedimento di espulsione, salva l’esibizione da
parte dello straniero della documentazione attestante la pendenza di un
ricorso.
L’art. 29, co. 8
T.U. disciplina, a tutela del diritto all’unita’ familiare, il
silenzio-assenso in relazione alla richiesta di nulla-osta al ricongiungimento.
Questa disposizione e’ spesso vanificata dall’abnorme ritardo con
cui molte rappresentanze diplomatiche o consolari italiane rilasciano il
corrispondente visto di ingresso rispetto al termine di novanta giorni previsto
dall’art. 5, co. 8 del Regolamento. Occorre estendere la disciplina del
silenzio-assenso al provvedimento di rilascio del visto di ingresso per
ricongiungimento familiare.
Proposta tecnica: Stabilire che la
rappresentanza diplomatica o consolare italiana rilascia copia contrassegnata
con timbro datario e sigla del dipendente incaricato del ricevimento della
domanda di visto di ingresso per ricongiungimento familiare, e che, trascorsi
novanta giorni dalla data di presentazione della domanda senza che il visto sia
stato negato, lo straniero puo’ fare ingresso in Italia previa esibizione
del documento di viaggio e della copia degli atti contrassegnata dalla
rappresentanza, da cui risulti la data di presentazione della domanda.
La disciplina del
ricongiungimento del familiare straniero con cittadino italiano non e’
ben definita, ne’ lo e’ quella relativa al rilascio di carta di
soggiorno a detto familiare. In particolare,
· l’art. 6, co. 1
Regolamento sembra stabilire che anche per il ricongiungimento con cittadino
italiano sia necessario dimostrare il possesso dei requisiti di reddito e
alloggio di cui all’art. 29, co. 3 T.U.;
· l’art. 28, co. 2,
lettera b) Regolamento prevede il rilascio di un permesso di soggiorno per
motivi familiari al familiare entro il IV grado convivente col cittadino
italiano, senza riguardo per il possesso dei requisiti di reddito e alloggio
previsti per il ricongiungimento;
· l’art. 30, co. 1,
lettera d) T.U. stabilisce che al genitore di minore italiano sia rilasciato un
permesso di soggiorno per motivi familiari, senza riguardo alla
regolarita’ del soggiorno dell’interessato ne’ – sembra
– al possesso di requisiti di reddito e alloggio;
· l’art. 9, co. 2
T.U. prevede che la carta di soggiorno possa essere richiesta anche dal
coniuge, dal figlio minore o dal genitore di un cittadino italiano,
purche’ conviventi col cittadino stesso, senza riguardo a requisiti di
reddito e alloggio;
· l’art. 16, co. 6
Regolamento impone invece la dimostrazione dei requisiti di reddito per il
rilascio della carta di soggiorno a coniuge, figlio minore o genitore di
cittadino italiano;
· l’art. 30, co. 4
T.U. e’ stabilito che al familiare straniero (non solo coniuge, figlio
minore o genitore) che si ricongiunge con cittadino italiano e’
rilasciata una carta di soggiorno, senza riguardo ai requisiti di reddito,
alloggio o convivenza, ne’ a quelli relativi all’esistenza di
precedenti penali.
E’ opportuno
riordinare e semplificare la materia, tenendo conto, in particolare, del fatto
che non puo’ essere penalizzata, da norme a regime, la condizione dello
straniero che non abbia violato le disposizioni relative a ingresso e soggiorno
rispetto a quella dello straniero che le abbia violate.
Proposta tecnica: Stabilire che si
prescinde da requisiti di reddito e alloggio ai fini del ricongiungimento dello
straniero con familiare italiano, e che a ogni familiare straniero di cittadino
italiano che abbia fatto ingresso per ricongiungimento familiare o che sia
comunque autorizzato a soggiornare nel territorio dello Stato e’
rilasciata una carta di soggiorno, senza riguardo a requisiti di reddito,
alloggio e assenza di precedenti penali.
La disciplina del
ricongiungimento del familiare straniero di rifugiato prevede, all’art.
29, co. 3 T.U., che si prescinda dai requisiti di reddito e alloggio previsti
per i casi ordinari, e, all’art. 30, co. 1, lettera c) T.U., che il
permesso per motivi familiari possa essere rilasciato al familiare del
rifugiato anche qualora detto familiare sia gia’ presente nel territorio
dello Stato in condizioni di soggiorno non autorizzato. E’ opportuno
chiarire che queste disposizioni, che di fatto rendono inespellibile (per irregolarita’
del soggiorno) il familiare di rifugiato, si applicano anche alla fase di
ingresso nel territorio dello Stato.
E’ necessario
poi, coerentemente con la proposta della Commissione europea per una direttiva
del Consiglio relativa al ricongiungimento familiare, che siano individuate
modalita’ alternative, rispetto alla certificazione delle autorita’
del paese di appartenenza autenticata dall’autorita’ consolare
italiana, di dimostrazione dell’esistenza di legami familiari con il rifugiato,
per i casi in cui gli interessati siano oggettivamente impossibilitati a
procurarsi tale documentazione.
Proposta tecnica: Chiarire che il
disposto dell’art. 10, co. 4 T.U. esenta dal rischio di respingimento (ed
esonera il vettore da obblighi e sanzioni) il familiare con cui il rifugiato
riconosciuto in Italia potrebbe chiedere il ricongiungimento. Stabilire inoltre
le modalita’ di dimostrazione, alternative alla certificazione
autenticata dall’autorita’ consolare italiana, dell’esistenza
di legami familiari per i membri della famiglia del rifugiato.
L’art. 22, co. 4
T.U., come modificato dalla L. 189/2002, stabilisce che, in presenza di una
richiesta nominativa di nulla osta al lavoro per un lavoratore straniero
residente all’estero, il centro per
l’impiego provvede ad accertare l’indisponibilita’ di
manodopera nazionale o comunitaria in relazione allo specifico posto di lavoro
per il quale si chiede l’assunzione del lavoratore straniero. Mentre,
tuttavia, e’ disciplinato il caso in cui non emerga alcuna
disponibilita’ da parte di lavoratori nazionali o di paesi
dell’Unione europea, non e’ chiaro come si proceda nel caso in cui
si verifichi una tale disponibilita’.
E’ possibile inoltre definire la
modalita’ con cui far valere la preferenza di cui all’art. 23, co.
3 T. U. escludendo l’accertamento di
indisponibilita’ nei casi in cui la domanda di nulla-osta riguardi
lavoratori che abbiano partecipato alle
attività di cui al commma 1 dello stesso articolo.
Proposta
tecnica: Chiarire che, in presenza di disponibilita’ di
lavoratore italiano o appartenente a un paese dell’Unione europea a
stipulare il contratto di lavoro per il quale e’ stato chiesto il
nulla-osta all’assunzione di un lavoratore straniero residente all’estero,
l’UTG rigetta la domanda di nulla-osta solo nei casi in cui il
lavoratore italiano o europeo si sia presentato al datore di lavoro entro un
tempo prefissato (es.: cinque giorni) e non sia stato da questi motivatamente
ritenuto inidoneo. Escludere, inoltre, l’accertamento di indisponibilita’
nei casi in cui sia richiesta l’assunzione di un lavoratore straniero che
abbia partecipato alle attivita’ di cui all’art. 23, co. 1 T.U.
Come
prevede già oggi l'art. 2, co. 9 D.L. 195/2002, convertito con
modificazioni dalla legge 222/2002, i datori di lavoro che, in esecuzione della
garanzia prevista nel contratto di soggiorno per lavoro subordinato, abbiano
sostenuto le spese per fornire un alloggio rispondente ai requisiti di legge,
possono, a titolo di rivalsa e per la durata della prestazione, trattenere
mensilmente dalla retribuzione del dipendente una somma massima pari ad un
terzo dell’importo complessivo mensile. Per evitare elusioni e
decurtazioni secche ed ingiustificate delle retribuzioni - che comporterebbero
una grave e permanente violazione del principio di parita’ di
trattamento retributivo e previdenziale tra lavoratorti italiani e stranieri
– occorre disciplinare con maggior precisione questo punto.
Proposta
tecnica: Stabilire che la trattenuta sulla retribuzione
e’ consentita soltanto se il datore di lavoro ha comunicato per
iscritto l’importo della trattenuta al lavoratore prima
dell’ingresso in Italia di questi ovvero, se il lavoratore e’
gia’ presente, prima della sottoscrizione del contratto presso lo
sportello unico. Nessuna decurtazione della
retribuzione e’ comunque consentita per quei tipi di rapporto di
lavoro (es.: lavoro domestico di collaboratori "conviventi",
portieri) per i quali i corrispondenti contratti nazionali di lavoro di settore
applicabili prevedano che al lavoratore che fruisce di un alloggio messo a
disposizione dal datore di lavoro spetta uno speciale trattamento
economico.
Occorre
poi chiarire che le condizioni relative alla disponibilita’ di alloggio
sono verificate solo in sede di stipula del contratto di soggiorno per lavoro e
di rinnovo del permesso di soggiorno corrispondente.
Proposta
tecnica: Chiarire che non costituisce motivo di revoca
del permesso di soggiorno per lavoro subordinato la cessazione, per qualunque
ragione, della disponibilita’ di alloggio, ne’ della condizione di
idoneita’ attestata dal Comune o dalla ASL.
In
considerazione, infine, del fatto che le disposizioni sul contratto di
soggiorno per lavoro intendono assicurare che il lavoratore disponga di
alloggio durante il suo soggiorno in Italia, e dei mezzi per il rimpatrio in
caso di conclusione di tale soggiorno, e’ bene chiarire che non e’
necessaria la stipula di un tale contratto nei casi in cui si proceda
all’assunzione di uno straniero gia’ autorizzato a soggiornare per
altri motivi, per i quali sia prevista la possibilita’ di accesso ad
attivita’ di lavoro subordinato. La titolarita’ del permesso trova
infatti in questi casi fondamento in requisiti che prescindono dalle condizioni
previste per il contratto di soggiorno (si pensi al permesso per asilo) o, in
alcuni casi (il permesso per motivi familiari, ad esempio), gia’ li
includono. Il mantenimento del permesso sara’ comunque condizionato alla
dimostrazione del soddisfacimento di quei requisiti. La stipula del contratto di
soggiorno potra’ invece essere chiesta – coerentemente con il
disposto dell’art. 6, co. 1 T.U. – per la conversione del permesso
in un permesso per lavoro subordinato.
Proposta
tecnica: Chiarire che la stipula di contratto di
soggiorno per lavoro non e’ richiesta in corrispondenza
all’assunzione di un lavoratore straniero che sia e resti titolare di un
permesso di soggiorno che abiliti allo svolgimento di attivita’ di lavoro
subordinato (es.: per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo, per studio,
per motivi umanitari, etc.).
L’art. 28, co. 1
Regolamento prevede che al minore straniero inespellibile sia rilasciato un
permesso di soggiorno per minore eta’, “salvo l’iscrizione
del minore degli anni quattordici nel permesso di soggiorno del genitore o
dell’affidatario stranieri regolarmente soggiornanti in Italia”.
Occorre perfezionare questa disposizione, coerentemente con quanto stabilito
dall’art. 31, co. 2 T.U. e dalle circolari del Ministero dell’interno
del 23 Dicembre 1999 e del 13 Novembre 2000, con riferimento ai minori di
eta’ compresa tra quattordici e diciotto anni
Proposta tecnica: Stabilire che, al
minore inespellibile di eta’ compresa tra quattordici e diciotto anni,
e’ rilasciato, in presenza di genitore o affidatario regolarmente
soggiornanti, un permesso di soggiorno per motivi familiari o una carta di
soggiorno.
12. Ricorso
avverso il provvedimento di espulsione
L’art. 13, co. 8
T.U., come modificato dalla L. 189/2002, fissa in “sessanta giorni dalla
data del provvedimento di espulsione” il termine per la presentazione del
ricorso. Occorre chiarire che la data rilevante e’ quella della
notificazione del provvedimento.
Proposta tecnica: Chiarire che i
sessanta giorni per la presentazione del ricorso avverso il provvedimento di
espulsione decorrono dalla data di notificazione del provvedimento stesso.
L’art. 15, co. 1
bis T.U., introdotto dalla L. 189/2002 disciplina la comunicazione al questore
e all’autorita’ consolare di ogni provvedimento di custodia
cautelare e di ogni sentenza definitiva di condanna a pene detentive a carico
di uno straniero, finalizzata all’acquisizione dei documenti necessari
per il rimpatrio. E’ opportuno chiarire che sono fatte salve le
disposizioni del Testo unico in base alle quali non si procede a informazione
dell’autorita’ diplomatica del paese di appartenenza degli
stranieri quando si tratti “di stranieri che abbiano presentato una
domanda di asilo, di stranieri ai quali sia stato riconosciuto lo status di
rifugiato, ovvero di stranieri nei cui confronti sono state adottate misure di
protezione temporanea per motivi umanitari”.
Proposta tecnica: Chiarire che, ai
fini della comunicazione alla rappresentanza diplomatica o consolare del paese
di appartenenza dello straniero sottoposto a custodia cautelare o condannato a
pene detentive, di cui all’art. 15, co. 1 bis T.U., sono fatte salve le
disposizioni di cui all’art. 2, co. 7 T.U..
14.
Trattenimento nei Centri di permanenza temporanea e assistenza
E’ necessario che
il trattenimento nei Centri di permanenza temporanea e assistenza (CPT) siano
disciplinati in modo da garantire il pieno rispetto dei diritti degli stranieri
trattenuti e dei loro familiari. E’ opportuno a questo scopo che sia dato
carattere di disposizione regolamentare alle indicazioni contenute nella
Direttiva del Ministro dell’interno, recante una Carta dei diritti e
dei doveri
per il trattenimento della persona ospitata nei centri di permanenza
temporanea.
Proposta tecnica: Stabilire che, con
riferimento al trattenimento nei CPT, si applicano le seguenti disposizioni:
· Sono ammessi nel
Centro, con limitazioni possibili solo sulla base di esigenze di sicurezza e di
corretto funzionamento del Centro,
-
familiari
conviventi
-
difensore
dello straniero
-
ministri
di culto
-
personale
della rappresentanza diplomatica o consolare (salvi i casi di deroga
all'obbligo di informazione di cui all’art. 2, co. 7 T.U.)
-
membri
degli organismi autorizzati a svolgervi attivita’ di assistenza
· E’ consentito,
su richiesta dello straniero trattenuto e previa autorizzazione da parte del
Prefetto, l'accesso al Centro di cittadini italiani e di stranieri regolarmente
soggiornanti che intendano far visita agli stranieri trattenuti. Gli orari di
visita sono di durata non inferiore a due ore al giorno. Il diniego
dell’autorizzazione e’ comunicato per iscritto entro 48 ore dalla
ricezione dell’istanza, ai fini di eventuale impugnazione.
L’autorizzazione puo’ essere chiesta anche tramite gli organismi
ammessi al Centro.
· Il delegato ACNUR e
i suoi rappresentati autorizzati e muniti di permesso del Ministero
dell’interno possono accedere al Centro in qualunque momento (salve
esigenze di sicurezza e di funzionamento del Centro) e intrattenersi in colloquio
riservato con lo straniero, se consenziente.
· Sono garantite, allo
straniero,
-
la
piena informazione relativa ai suoi diritti in relazione a trattenimento,
convalida e ricorso contro il provvedimento di espulsione o di respingimento,
eventuale procedura di esame della domanda di asilo;
-
la
comunicazione alla autorita’ consolare del Paese di appartenenza dello
straniero (salvi i casi di deroga all'obbligo di informazione di cui
all’art. 2, co. 7 T.U., per i quali deve valere un esplicito divieto di
comunicazione) e la segnalazione del trattenimento a familiari dello straniero
o a suoi conoscenti, se da lui richiesto e limitatamente a quelli da lui
indicati;
-
la
tutela della salute psico-fisica (con particolare attenzione ai casi
vulnerabili, quali anziani, donne sole, minori, persone vittima di tortura);
-
la
liberta’ di colloquio riservato anche con visitatori provenienti
dall'esterno e con membri degli organismi ammessi al Centro;
-
la
liberta’ di corrispondenza riservata anche telefonica;
-
la
possibilita’ di esprimersi nella propria lingua o in altra a lui nota e
di avvalersi di servizi di interpretariato;
-
la
tutela dell’unita’ familiare e dei diritti del minore;
-
la
libertà di culto, l'assistenza religiosa e le specifiche esigenze
relative al culto stesso;
-
il
rispetto delle caratteristiche personali, di razza o di abitudini di vita la
cui compressione possa determinare una lesione dell’identita’;
-
la
tutela dal rischio di pregiudizio derivante dall'identita’ sessuale;
-
il
recupero degli effetti e dei risparmi personali.
· Lo straniero
e’ informato della possibilita’ di colloquio con membri degli
organismi ammessi al Centro.
· Allo straniero
e’ consegnata copia, in lingua a lui comprensibile, del regolamento del
Centro e della comunicazione sui diritti e doveri relativi al trattenimento.
· Lo straniero deve
avere accesso ai servizi di interpretariato e alla possibilita’ di
colloquio con i membri degli organismi ammessi al Centro prima del procedimento
di convalida del trattenimento. Ogni elemento a tutela dei diritti dello straniero
puo’ essere sottoposto alla questura e al difensore dello straniero. Ogni
nuovo elemento di rilievo puo’ essere comunicato anche successivamente
alla convalida.
· L’eventuale
comunicazione all’autorita’ consolare e’ effettuata, di
norma, successivamente alla convalida.
· L’assistenza
e, se possibile, la sorveglianza delle donne trattenute deve essere effettuata
da donne.
· Il minore puo’
essere ospitato nel Centro, e con trattamento adeguato alle sue esigenze, solo
a tutela del suo diritto all’unita’ familiare, a condizione che vi
sia la richiesta di un genitore o la decisione del Tribunale per i minorenni;
negli altri casi il minore e’ affidato a struttura protetta indicata dal
Tribunale per i minorenni.
· Il nucleo familiare
sottoposto a trattenimento deve essere ospitato nello stesso centro e con
godimento di spazi propri; in mancanza, si procede al trasferimento in altro
centro adeguato.
· La direzione del
Centro, direttamente o tramite gli organismi ammessi al Centro, garantisce, su
richiesta dello straniero, la comunicazione del trattenimento a familiari e
conoscenti.
· Nei limiti imposti
dalle esigenze di vita collettiva, la gestione dei servizi erogati nel Centro
deve essere compatibile con l’esercizio della liberta’ religiosa.
· Se gli accordi di
collaborazione con gli organismi ammessi al Centro non consentono di garantire
tutte le forme di assistenza previste, il Prefetto ne affida l’attuazione
al gestore, che puo’ avvalersi di operatori professionali qualificati.
Deve essere assicurata, se possibile, la presenza quotidiana, nel centro, di
operatori esterni.
15. Condizione del richiedente asilo
All’art. 1, co. 5 Legge 39/1990 (come
modificato dalla Legge 189/2002) e’ previsto che al richiedente asilo sia
rilasciato, nei casi in cui non si debba dar luogo al suo trattenimento, un
permesso di soggiorno valido fino alla definizione della procedura di
riconoscimento. E’ opportuno chiarire che tale termine include
l’eventuale procedura di ricorso avverso il diniego di riconoscimento.
E’ opportuno poi disciplinare il caso di
presenza di familiari al seguito del richiedente asilo.
Infine, in caso di minore richiedente asilo,
ovvero di minore al seguito del familiare richiedente asilo, e’
necessario assicurare che siano garantiti i diritti sanciti dalla Convenzione
ONU sui diritti del fanciullo, in materia, per esempio, di tutela della salute
e accesso all’istruzione.
Proposta tecnica: Stabilire esplicitamente che
· Il permesso per richiesta di asilo vale
fino a quando la decisione sulla domanda di asilo e’ diveuta definitiva.
· Il permesso di soggiorno
per richiesta di asilo e’ rilasciato anche ai familiari del richiedente
asilo, a prescindere dal fatto che abbiano presentato domanda.
· Il minore richiedente asilo o al
seguito di familiare richiedente asilo deve ricevere tempestiva accoglienza in
una struttura idonea a garantire il rispetto dei diritti previsti dalla
Convenzione ONU sui diritti del fanciullo.
16. Trattenimento del richiedente asilo ex art.
1 bis, co. 1, L. 39/1990
L’art. 1 bis, co. 1 Legge 39/1990
(introdotto dalla Legge 189/2002) prevede che il trattenimento debba durare
solo il tempo necessario all’assolvimento degli adempimenti che
l’hanno motivato. Occorre comunque definire un limite alla durata del
trattenimento, che non puo’ essere superiore a quello previsto per il
trattenimento obbligatorio di cui all’art. 1 bis, co. 2.
Occorre inoltre specificare quali situazioni
rientrino nelle previsioni di cui alle lettere b) e c) dello stesso comma:
necessita’ di verificare gli elementi su cui si basa la domanda di asilo,
qualora tali elementi non siano immediatamente disponibili e pendenza del
procedimento concernente il riconoscimento del diritto ad essere ammesso nel
territorio dello Stato.
Proposta tecnica: Stabilire che in nessun caso il
trattenimento discrezionale di cui all’art. 1 bis, co. 1 Legge 39/1990
possa durare piu’ di venti giorni. Specificare poi quali siano i
casi che rientrano nelle previsioni di cui alle lettere b) e c) dello stesso
comma.
17. Trattenimento obbligatorio del richiedente
asilo ex art. 1 bis, co. 1, L. 39/1990 –
situazioni di esclusione
L’art. 1 bis, co. 2 Legge 39/1990
(introdotto dalla Legge 189/2002) prevede che si debba obbligatoriamente dar
luogo a trattenimento in un centro di identificazione a seguito della presentazione
di una domanda di asilo da parte dello “straniero fermato per avere eluso
o tentato di eludere il controllo di frontiera
o subito dopo, o, comunque, in condizioni di soggiorno irregolare”.
Questa formulazione risulta ambigua, dal momento che non e’ chiaro se
debba riguardare, oltre ai casi di elusione dei controlli di frontiera, quello
delle domande presentate “da straniero comunque in condizioni di
soggiorno irregolare” ovvero solo quelle presentate “da straniero
fermato comunque in condizioni di soggiorno irregolare”. Occorre
escludere, coerentemente con il dettato dell’art. 31 della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati,
la prima possibilita’ (piu’ ampia), dal momento che verrebbero
sottoposti a trattenimento anche gli stranieri che si sono presentati
spontaneamente in questura a chiedere asilo, per i quali evidentemente non
sussiste il sospetto di un uso strumentale della richiesta di asilo ne’,
quindi, il pericolo di fuga.
L’art.
1 bis co. 2 non prevede specifiche disposizioni a tutela dei minori in
relazione all’ipotesi del trattenimento. Il trattenimento dei richiedenti
asilo minorenni comporterebbe tuttavia una violazione sia del principio del
“superiore interesse del minore” sancito dall’art. 3 della
Convenzione sui diritti del fanciullo, sia dell’art. 37 della stessa
Convenzione, in base a cui la privazione della libertà personale del
minore deve essere un provvedimento di ultima risorsa e deve avvenire in
strutture separate dagli adulti[1].
Il regolamento dovrebbe pertanto prevedere che il minore straniero non
accompagnati non debbano essere trattenuti nei CPT.
Proposta tecnica:
a) Chiarire che la disposizione di cui
all’art. 1 bis, co. 2, lettera a) Legge 39/1990 non si applica a coloro
che si presentino di propria iniziativa in questura a richiedere asilo, a
prescindere dall’eventuale carattere irregolare della loro condizione di
soggiorno.
b) Stabilire che il minore non
accompagnato richiedente asilo destinatario di un provvedimento di
respingimento non deve essere trattenuto nel C.P.T., tranne nel caso in cui vi
siano fondati dubbi circa la minore età. Del trattenimento deve essere
in ogni caso data immediata comunicazione al Tribunale per i minorenni, il
quale accertata la minore età, dispone il trasferimento del minore in
adeguata struttura di accoglienza.
18. Modalità di trattenimento
In base all’art.1-bis, comma 4
della L.n.39/90, per il trattenimento dei richiedenti asilo già
destinatari di un provvedimento di espulsione, si “osservano le
disposizioni dell’art.14 del T.U. D.Lgs.vo.286/98”. Per quanto
riguarda quindi le modalità di trattenimento bisogna fare riferimento
alla Direttiva generale emanata dal Ministero dell’Interno in data 30
agosto 2000 in attuazione dell’art.22, comma i) del D.P.R.n.394/1999. I
principi generali contenuti nella “Carta dei diritti e dei doveri”
– che costituisce parte integrante della predetta Direttiva –
rispondono pienamente anche alle esigenze di tutela dei richiedenti asilo. Come
ulteriore garanzia si dovrebbe, invece, prevedere l’istituzione presso i
C.P.T. di apposite sezioni in cui trattenere gli stranieri destinatari di
espulsione ammessi alla procedura semplificata per il riconoscimento dello
status di rifugiato. Presso tali sezioni va garantita l’attivazione di
servizi che permettano di assicurare ai richiedenti asilo ivi trattenuti un
orientamento e tutela effettivi.
Proposte tecniche:
1.
Prevedere
che presso i Centri di Permanenza Temporanea siano istituite apposite sezioni
per il trattenimento dei richiedenti asilo che garantiscano la separazione
degli stessi dagli altri stranieri ivi trattenuti.
2.
prevedere che l richiedente
asilo trattenuto nel C.P.T. ai sensi dell’art.1-bis, comma 4 della L.n.39/90, debba essere informato
immediatamente sulle modalità del trattenimento, sullo svolgimento
della procedura di asilo semplificata e sui propri diritti e doveri. Si osservano in proposito le
disposizioni della Direttiva del Ministero dell’Interno del 30 agosto
2000.
3.
prevedere che, in applicazione
di quanto previsto dal punto 3 della “Carta dei diritti e dei
doveri” per il trattenimento della persona ospitata nei centri di
permanenza temporanea, gli enti di tutela dei richiedenti asilo e dei rifugiati
con esperienza consolidata nel settore, sulla base di apposite convenzioni con
gli UTG, sono autorizzati a svolgere attività di consulenza e assistenza
sociale, legale, psicologica e di mediazione culturale in favore dei
richiedenti asilo trattenuti. Il pagamento delle spese per tali servizi è posto
a carico del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo
previsto dall’art. 1 septies della L. 39/90
19. Disposizioni generali sul
trattenimento nei centri di identificazione per richiedenti asilo
1.
Dal momento che
l’art. 1 bis della Legge 39/1990 (introdotto dalla Legge 189/2002) non
prevede alcuna forma di controllo giurisdizionale in relazione al trattenimento
dei richiedenti asilo nei Centri di identificazione (CDI), tale trattenimento
non puo’ configurarsi come una limitazione della liberta’
personale, ma solo come una limitazione della liberta’ di circolazione.
E’ necessario allora che, oltre a fruire della naturale estensione, ove
applicabile, delle misure di cui alla Carta dei diritti e dei doveri per il
trattenimento nei CPT (vedi Proposta tecnica precedente, sul trattenimento nei
Centri di permanenza temporanea e assistenza), i richiedenti trattenuti nei CDI
possano allontanarsi dal Centro in determinate fasce orarie (o anche per
piu’ giorni, in presenza di validi motivi preventivamente comunicati).
Proposta tecnica: Stabilire che:
a) il richiedente asilo
trattenuto nel CDI gode di tutti i diritti di cui alla Carta dei diritti
e dei doveri per il trattenimento della persona ospitata nei
centri di permanenza temporanea. In particolare,
nel disporre il trattenimento, il questore deve garantire il rispetto
dell’unità famigliare evitando che membri dello stesso nucleo
famigliare siano separati e garantendo che i minori siano alloggiati insieme ai
genitori o agli adulti che ne hanno la custodia legale o di fatto.
b)
Il richiedente viene informato tempestivamente, in
una lingua che possa comprendere, e ove possibile attraverso informazioni
scritte, sulle modalità del trattenimento, sullo svolgimento della
procedura di asilo e sui suoi diritti e doveri.
c) Il
richiedente
e’ autorizzato ad allontanarsi dal CDI, con limiti
di orario disciplinati dal regolamento di gestione dei centri, o anche per
piu’ giorni, in presenza di validi motivi preventivamente comunicati.
I richiedenti asilo trattenuti nei centri di identificazione
debbono essere posti nelle condizioni di potere effettivamente beneficiare di
servizi di consulenza/assistenza sociale, legale, psicologica e di mediazione
culturale. A tal fine è necessario stabilire delle precise
modalità di accesso in favore degli enti di tutela dei richiedenti asilo
e dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati sulla base
di apposite convenzioni. Le convenzioni dovrebbero definire il tipo di
attività svolta, modalità e tempi di accesso al centro e la copertura
finanziaria delle attività.
Proposta tecnica: prevedere che gli enti di tutela dei
richiedenti asilo e dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, sulla
base di apposite convenzioni con gli UTG, siano autorizzati a svolgere
attività di consulenza e assistenza sociale, legale, psicologica e di
mediazione culturale in favore dei richiedenti asilo trattenuti. Il pagamento
delle spese per tali servizi è posto a carico del Fondo nazionale per le
politiche e i servizi dell’asilo previsto dall’art. 1 septies della
L. 39/90
Proposta tecnica: Stabilire che
in caso di presentazione di una domanda di asilo successiva alla rinuncia a una
precedente domanda si applica la procedura di cui all’art. 1 bis della
Legge 39/1990 (introdotto dalla Legge 189/2002).
20 . Garanzie procedurali
E’ necessario che ciascun richiedente asilo
goda di determinate garanzie in sede di presentazione e di esame della
domanda.
Proposta tecnica: Stabilire che
· Non si applicano le
disposizioni di cui all’art. 10, co. 3, ed all’art. 12, co. 6,
T.U., nel caso in cui lo straniero presenti, all’arrivo in Italia,
domanda di asilo, e il vettore di linea abbia dato immediatamente segnalazione
della presenza dello straniero a bordo alla polizia di frontiera.
· Lo straniero che in
qualunque forma comprensibile manifesti la volonta’ di chiedere
protezione internazionale e’ considerato richiedente asilo.
· La domanda di asilo puo’
essere presentata in forma scritta o orale, verbalizzata
dall’autorita’ che la riceve. Il richiedente asilo ha diritto a
ricevere assistenza per la presentazione della domanda, ad utilizzare per la
presentazione la propria lingua, ad essere informato in lingua a lui
comprensibile sullo svolgimento della procedura e sui diritti e doveri che lo
riguardano e ad ottenere copia della domanda di asilo o del verbale con
indicazione della documentazione allegata. Assistenza particolare va assicurata
ai minori non accompagnati.
· Sono ammessi a prestare
assistenza ai richiedenti asilo in sede di presentazione della domanda i
rappresentanti dell’ACNUR e gli altri soggetti di cui all’art. 1
bis, co. 3 e 4 della Legge 39/1990 (introdotto dalla L. 189/1990); il contatto tra
il richiedente e detti rappresentanti e soggetti deve essere reso possibile in
ogni fase della procedura.
· E’ prevista, ove
sia necessario, l’assistenza di intepreti qualificati, nonche’, nei
casi in cui a chiedere asilo sia una donna, l’assistenza di personale di
sesso femminile.
· Nei casi in cui
presentino domanda di asilo i membri di un unico nucleo familiare, si redigono
distinte domande per ciascuno dei membri adulti.
· I procedimenti relativi
ai minori non accompagnati hanno priorita’ sugli altri.
· Il richiedente ha diritto ad essere
ascoltato dalla Commissione territoriale.
· Il richiedente ha diritto ad essere
assistito, in sede di audizione, da un legale o da un consulente o da altra
persona di propria fiducia, e, se necessario, da un interprete qualificato. In
caso di minore non accompagnato richiedente asilo, deve poter prender parte
all’audizione anche il tutore, con facolta’ di porre domande al
minore e formulare osservazioni.
· L’intervista del
richiedente asilo che presenti particolari condizioni di vulnerabilita’
deve essere effettuata da persona dotata della necessaria competenza. (togliere
in quanto efficamente sostituito dal punto sotto indicato)
· Chi esercita la
potesta’ dei genitori o la potesta’ tutoria deve essere presente in
ogni fase del procedimento di riconoscimento del diritto di asilo cui debba
partecipare personalmente il minore richiedente asilo. Il tutore del richiedente asilo deve
essere messo in condizioni di ricevere, anche dall’ACNUR, adeguata
informazione in relazione al diritto d’asilo per poter assicurare
assistenza efficace al minore richiedente. Nel caso
in cui il richiedente asilo sia un minore non accompagnato l’autorita’
di pubblica sicurezza provvede a registrare immediatamente la volonta’
del minore di chiedere asilo, mentre per la formalizzazione della richiesta si
attende la nomina del tutore.
· La Commissione territoriale e’
tenuta ad acquisire agli atti la documentazione presentata dal richiedente. In particolare,
nell’esaminare la domanda di asilo la commissione territoriale deve
tenere conto delle memorie e/o della documentazione, anche medico-psicologica,
prodotta a sostegno delle singole istanze da parte del richiedente asilo, dei
legali rappresentanti dei richiedenti asilo o degli enti di tutela dei
richiedenti asilo e rifugiati.
· Dell’audizione deve essere
redatto verbale, ovvero deve essere effettuata registrazione; il richiedente o
il suo legale hanno diritto ad acquisire copia del verbale o della
registrazione; il verbale deve riportare indicazione dell’ora di inizio
e fine dell’audizione.
· La decisione della Commissione e’
assunta con atto scritto e motivato, notificato all’interessato o al suo
legale o consulente, con l’indicazione delle modalita’ di
impugnazione; in caso di notificazione al richiedente, l’informazione
sulla decisione e sulle modalita’ di impugnazione deve essere
accompagnata da una traduzione in una lingua nota al richiedente stesso, ovvero
nella lingua da lui indicata, tra inglese, francese, spagnolo e arabo.
· Negli atti della Commissione
e’ annotata la modalita’ – all’unanimita’ o a
maggioranza – con cui e’ stata assunta la decisione.
· Il richiedente ha diritto di
acquisire - anche tramite i soggetti di cui
all’art. 1 bis, co. 3 e 4 della Legge 39/1990 - copia della
documentazione che lo riguarda.
· In caso di rigetto della
domanda si applica il disposto dell’art. 12 del Regolamento, salvo che lo
straniero abbia titolo a soggiornare nel territorio dello Stato per altri
motivi.
· In ogni fase della procedura, e
successivamente alla conclusione della stessa, deve essere garantita la
confidenzialita’ dei dati che riguardano l'identita’ e le
dichiarazioni del richiedente.
20. Riesame e ricorso in caso di decisione
negativa della Commissione territoriale
In assenza di un effetto sospensivo automatico della
presentazione del ricorso in caso di procedura semplificata, e’
necessario che la possibilita’ di riesame ad opera della Commissione
territoriale integrata da un membro della Commissione nazionale rappresenti una
forma adeguata di tutela del richiedente asilo rispetto al rischio di refoulement. Occorre quindi che il
riesame sia effettivamente accessibile e sufficientemente approfondito.
Proposta tecnica:
Specificare che la persona cui e’ stata notificata una decisione negativa
della Commissione territoriale non puo’ essere allontanata nei cinque
giorni che ha a disposizione per presentare richiesta di riesame, salvo che
rinunci per iscritto a questa possibilita’. Precisare, inoltre, che in
sede di riesame ha luogo una nuova audizione del richiedente, se richiesta
dall’interessato o da un membro della commissione integrata.
In caso di decisione negativa a seguito del riesame,
ovvero nei casi in cui tale riesame non e’ ammesso, la sola
possibilita’, per il richiedente, di far valere le proprie ragioni in merito
alla domanda d’asilo prima che di essere allontanato dal territorio dello
Stato, e’ legata all’accoglimento, da parte del Prefetto,
dell’istanza di sospensione dell’allontanamento fino
all’esito del ricorso. Occorre, innanzi tutto, che questa chance non sia vanificata
dall’impossibilita’, per il richiedente, di presentare
effettivamente istanza al Prefetto.
E’ necessario poi tenere presente che la proposta
modificata di direttiva sugli standard minimi relativi alle procedure di
riconoscimento e revoca dello status di rifugiato stabilisce che in caso di
procedura accelerata eventuali deroghe all’effetto sospensivo di un
ricorso avverso il diniego di riconoscimento dello status di rifugiato debbano
essere stabilite per legge. Anche nei casi di deroga, comunque, spetta al
giudice competente per il ricorso decidere, su istanza del richiedente o di
propria iniziativa (secondo le norme stabilite dallo Stato membro), se
accordare o meno l’effetto sospensivo. Prima di tale decisione il
richiedente puo’ essere allontanato solo se vale una delle seguenti
condizioni:
-
la domanda e’ considerata inammissibile;
-
il giudice ha gia’ respinto una domanda del richiedente diretta a
consentirgli di non essere allontanato, e non sono stati addotti elementi nuovi
sostanziali relativi al richiedente stesso ne’ al suo paese
d’origine;
-
la domanda e’ una domanda ripetuta, e non vi sono elementi per
ritenere che la condizione del richiedente sia cambiata ne’ che la
precedente domanda sia stata respinta ingiustamente;
-
sussistono gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato.
E’ possibile adeguare, fin da ora, la
normativa al testo della proposta di direttiva, pur lasciando la competenza
della decisione sulla sospensione dell’allontanamento al Prefetto.
Proposta tecnica: Stabilire che il richiedente sia
informato, in sede di notificazione del provvedimento di allontanamento, della
possibilita’ di chiederne, anche prima della proposizione del ricorso, la
sospensione al Prefetto. Stabilire, inoltre, che il Prefetto puo’ rigettare
la richiesta di sospensione solo in nei seguenti casi:
a)
che
la Commissione abbia accertato, in sede di esame o di riesame della domanda, la
sussistenza di uno dei presupposti, di cui all’art. 1, co. 4 Legge
39/1990, per l’inammissibilita’ della domanda[2];
b)
che
nel corso dell’attuale soggiorno in Italia del richiedente sia stata
gia’ adottata una decisione negativa dal giudice competente per il
ricorso avverso un precedente provvedimento di espulsione, e che non sia
emerso, nel frattempo, alcun elemento nuovo in relazione alla condizione del
richiedente o del suo paese d’origine tale da giustificare una diversa
decisione;
c)
che
si tratti di domanda ripetuta (una precedente domanda presentata dal
richiedente sia stata, cioe’, rigettata) senza che sia stato fornito o
risulti esservi alcun elemento che motivi una nuova decisione positiva.
In ogni caso, nell'adozione del
provvedimento motivato con cui rigetta la richiesta
di sospensione il Prefetto e’ tenuto a valutare le conseguenze di un
rimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalle
convenzioni internazionali ratificate dall’Italia e, in particolare,
dell’articolo 3 della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’
fondamentali, ratificata con Legge 848/1955.
L’art. 1 quater, co. 5 Legge 39/1990
(introdotto dalla Legge 189/2002) disciplina il ricorso avverso il diniego di
riconoscimento per i casi di procedura ordinaria, con un rimando ambiguo
all’art. 1 ter, co. 6 della stessa legge (quello che stabilisce, per i
casi di procedura semplificata, che il ricorso non ha un effetto sospensivo
automatico). E’ necessario rimuovere l’ambiguita’, chiarendo
che, in caso di procedura ordinaria, il ricorso ha effetto sospensivo
automatico.
Proposta tecnica: Chiarire che il ricorso avverso la
decisione della commissione territoriale sospende, in caso di procedura
ordinaria, il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale.
E’ importante, inoltre, garantire al
richiedente asilo l’assistenza legale a spese dello Stato in sede di
ricorso.
Proposta tecnica: Stabilire che in sede di ricorso
davanti al Tribunale avverso la decisione negativa sulla richiesta di asilo il
richiedente e’ ammesso all’assistenza
legale da parte di un patrocinatore legale di fiducia, ovvero, qualora sia sprovvisto
di un difensore, e’ assistito da un difensore designato dal giudice
nell’ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all’articolo
29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di
procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271,
nonche’ ove necessario, da un interprete, con onorari e spese a carico dell'erario. Il pagamento delle spese per
l’assistenza legale dei richiedenti asilo e’ posto a carico
del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo previsto
dall'art. 1 septies della Legge 39/1990 (introdotto dalla Legge 189/2002).
E’ importante infine precisare le
conseguenze dell’accoglimento del ricorso.
Proposta tecnica: Stabilire
che la sentenza che accoglie il ricorso contro la decisione di rigetto della
domanda d’asilo provvede anche a dichiarare espressamente che
sussistono le circostanze per il riconoscimento del diritto di asilo e, anche
se non definitiva, sostituisce a tutti gli effetti l’analoga decisione della
Commissione territoriale.
21. Status di rifugiato
E’ opportuno definire, per le situazioni
non esplicitamente disciplinate dalla legge o dal DPR 136/1990, diritti e
facolta’ conseguenti al
riconoscimento dello status di rifugiato, in modo tale da tener conto dei contenuti
della proposta della Commissione europea per una direttiva del Consiglio
relativa all’attribuzione della qualifica di rifugiato o di straniero
altrimenti bisognoso di protezione internazionale.
Proposta tecnica: Stabilire
che
· Allo straniero cui sia
stato riconosciuto lo status di rifugiato e ai suoi familiari a carico presenti
in Italia sono rilasciati il titolo di viaggio per rifugiati e un permesso per
asilo della durata di cinque anni, rinnovabile fino a quando la Commissione
nazionale non abbia dichiarato la revoca o la cessazione dello status, fatta salva la
facolta’ per i titolari di ottenere un permesso di soggiorno ad altro
titolo o della carta di soggiorno alle condizioni previste dalla legge.
· E’ autorizzato il
ricongiungimento familiare del minore non accompagnato rifugiato con i genitori
o, in mancanza, con il tutore o con altri familiari; questi ricevono un
permesso per asilo, anche se gia’ presenti sul territorio dello Stato.
· Sono fatte salve, in
ogni caso, le disposizioni della Convenzione di Ginevra sulle garanzie relative
ai provvedimenti di allontanamento del rifugiato e dei suoi familiari dal
territorio dello Stato e sull’equiparazione del rifugiato al cittadino
nazionale o al cittadino di uno Stato estero in relazione al godimento di
diritti e facolta’.
· Nei casi in cui il provvedimento di
revoca dello status di rifugiato sia divenuto definitivo l’interessato e
i suoi familiari devono lasciare il territorio dello Stato entro trenta giorni,
salvo che siano titolari di carta di soggiorno o di altro premesso di
soggiorno, o che possano diventarlo possedendone i requisiti previsti dalla
legge.
· Eventuali rapporti di lavoro
subordinato nel settore pubblico in corso non sono interrotti dalla revoca
dello status di rifugiato.
22. Permesso di soggiorno per
motivi umanitari
E’ opportuno definire i diritti e le
facolta’ riconosciuti al titolare di permesso di soggiorno per motivi
umanitari rilasciato in base all’art. 5, co. 6 T.U. e all’art. 1
quater della Legge 39/1990 (introdotto dalla Legge 189/2002), nonche’
le modalita’ di rilascio e rinnovo del relativo titolo di soggiorno.
Proposta tecnica: Stabilire che
· Il permesso di soggiorno per motivi
umanitari ha durata di un anno, e’ rinnovabile e consente lo svolgimento
di attivita’ lavorativa subordinata o autonoma e l’iscrizione a
corsi di studio di ogni ordine e grado.
· Il permesso di soggiorno e’
rilasciato o rinnovato anche in assenza di passaporto o di altro documento di
viaggio.
· Lo status del beneficiario della
protezione umanitaria e’ equiparato a quello del rifugiato per quanto
attiene il diritto all’unita’ familiare (ricongiungimento e
coesione sul posto: art. 29, co. 3, e art. 30, co. 1, lettera c, T.U.) e il
rilascio di documenti sostitutivi. L’equiparazione si applica anche al
caso di minore non accompagnato (vedi la Proposta tecnica precedente, sullo
Status di rifugiato).
· Il rinnovo del permesso di soggiorno
puo’ essere deciso dal questore, nei casi in cui sia evidente la
permanenza delle condizioni che ne hanno motivato il rilascio, ovvero, su
richiesta del questore, dalla Commissione territoriale; ove la Commissione
intenda assumere una decisione negativa sulla richiesta di rinnovo, il
richiedente deve poter godere delle stesse garanzie previste per la procedura
di esame della domanda di asilo (audizione, assistenza in sede di audizione,
acquisizione elementi di prova, verbalizzazione, notificazione).
· Il titolare di un permesso di soggiorno
per motivi di protezione umanitaria che non ha più titolo per godere di
tale protezione ma che possegga i requisiti per il rilascio di altro permesso
puo’ chiedere e ottenere la conversione del suo permesso di soggiorno; la
richiesta conversione in permesso per lavoro e’ esaminata con precedenza
rispetto alle domande relative a nuovi ingressi.
23. Commissioni territoriali
Occorre garantire un adeguato funzionamento
delle Commissioni territoriali.
Proposta tecnica: Assicurare le necessarie risorse
alle Commisisoni territoriali in relazione a
· tempo lavorativo effettivamente
dedicato dai membri delle Commissioni;
· presenza di membri idonei a trattare
situazioni particolari (es.: richiedenti di sesso femminile o minori);
· disponibilita’ di interpreti
qualificati;
· formazione e qualificazione dei
membri (il Manuale sulle procedure per la determinazione dello status di
rifugiato, pubblicato dall'ACNUR nel 1977 come guida per i Governi, e le
indicazioni contenute nella proposta della Commissione europea per una
direttiva del Consiglio relativa all’attribuzione della qualifica di
rifugiato o di straniero altrimenti bisognoso di protezione internazionale,
Capi II-IV, dovrebbero essere indicati come principali punti di riferimento per
la valutazione delle domande di asilo).
24. Commissione nazionale
E’ opportuno assicurare un adeguato
funzionamento della Commissione nazionale.
Proposta tecnica: Stabilire che
· Per le decisioni riguardanti la
cessazione e la revoca dello status di rifugiato e’ richiesta la presenza
della maggioranza dei membri.
· Nell’ambito della formazione dei
membri delle commissioni territoriali la Commissione nazionale si avvalga anche
dell’ausilio dell’ACNUR e di altri enti o organismi specializzati.
· Il Manuale sulle procedure per la
determinazione dello status di rifugiato, pubblicato dall'ACNUR nel 1977 come
guida per i Governi, e le indicazioni contenute nella proposta della
Commissione europea per una direttiva del Consiglio relativa
all’attribuzione della qualifica di rifugiato o di straniero altrimenti
bisognoso di protezione internazionale, Capi II-IV, costituiscono i principali
punti di riferimento per l’attivita’ di indirizzo e per le
decisioni su cessazione e revoca dello status di rifugiato.
25. Rispetto del dettato dell’art. 26
della Legge 241/1990
L’art. 26, co. 1 della Legge 241/1990
sancisce l’obbligo di pubblicazione di tutti gli atti (incluse le
circolari) nei quali si determina l’interpretazione di norme giuridiche o
si dettano disposizioni per l’applicazione di esse. E’
indispensabile che questa disposizione sia finalmente attuata e che la
pubblicazione avvenga in modo effettivamente fruibile da parte dei diretti
interessati.
Proposta tecnica: Stabilire le modalita’ di
pubblicazione, anche mediante Internet, in tempo reale, di tutte le circolari
ministeriali che concorrano, nei fatti, a definire la condizione giuridica dello
straniero.
[1]
“L'arresto, la detenzione o l'imprigionamento di un fanciullo devono
essere effettuati in conformità con la legge, costituire un
provvedimento di ultima risorsa ed avere la durata più breve possibile;
[…] In particolare, ogni fanciullo privato di libertà sarà
separato dagli adulti, a meno che si ritenga preferibile di non farlo
nell'interesse preminente del fanciullo […]” (Convenzione sui
diritti del fanciullo, art. 37)
[2] Nota bene: l’esistenza di un
pericolo per l’ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato e’
uno dei presupposti riportati dall’art. 1, co. 4 della Legge 39/1990.