(6/11/2002)
PROPOSTE PER L’AGGIORNAMENTO
DELLE DISPOSIZIONI REGOLAMENTARI IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE E ASILO
1. Accesso al permesso di soggiorno per lavoro subordinato
L’inserimento lavorativo di immigrati in Italia
riguarda, per una porzione assai significativa, attivita’ nei servizi
alla persona e nelle piccole imprese. Per tali attivita’, in
considerazione del carattere fiduciale del rapporto di lavoro, l’idea che
un contratto possa essere stipulato senza un previo incontro diretto tra datore
di lavoro e lavoratore non e’ realistica. Questo fatto e’ alla base
dell’alto tasso di irregolarita’ del flusso migratorio nel nostro
paese: i lavoratori immigrati sono forzati a cercare tramite un ingresso e/o un
soggiorno illegale le opportunita’ di incontro con potenziali datori di
lavoro. Una volta creato, di fatto, il rapporto di lavoro, il lavoratore
e’ costretto a tornare in patria per ottenere un regolare visto di
ingresso per lavoro, o ad attendere, in condizioni di soggiorno illegale, la
successiva sanatoria.
Un notevole miglioramento della situazione si otterrebbe
consentendo la stipula del contratto di soggiorno a coloro che siano legalmente
presenti in Italia ad altro titolo, senza esigere il temporaneo rimpatrio.
Canali legali quali l’ingresso per turismo o per visita ai familiari,
comunque soggetti alla verifica dei normali requisiti, potrebbero essere
vantaggiosamente utilizzati per l’incontro tra le parti.
Una disposizione di questo tipo non contrasterebbe in alcun
modo con lo spirito delle norme sul contratto di soggiorno o sui soggiorni a
titolo diverso dal lavoro (le condizioni per accedere al primo o ai secondi
resterebbero immutate). Completerebbe, piuttosto, quanto gia’ previsto
dal Regolamento all’art. 39, co. 7, che consente la conversione sul posto
di permessi ad altro titolo in permesso per lavoro autonomo in presenza dei
requisiti.
Proposta tecnica: Consentire la conversione di qualunque permesso di
soggiorno in permesso per lavoro subordinato, nell’ambito delle quote fissate
dai decreti di programmazione dei flussi, previa
stipula del contratto di soggiorno per lavoro.
2. Conversione dei permessi di soggiorno per
studio
La legge prevede che il titolare di un permesso per motivi di studio o di formazione, previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro, ovvero previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti per lo svolgimento di lavoro autonomo, possa convertire il permesso di soggiorno per studio in un permesso per lavoro (subordinato o autonomo), nel rispetto delle quote fissate dal decreto di programmazione dei flussi. Non esistono, tuttavia, disposizioni atte a stabilire un criterio di precedenza delle richieste di conversione del permesso rispetto a quelle relative a nuovi ingressi di lavoratori dall’estero.
Per gli studenti, c’e’ quindi il rischio di non poter usufruire della conversione del permesso e della conseguente stabilizzazione del soggiorno in Italia, non potendosi rinnovare il permesso per motivi di studio una volta conseguito il titolo, ovvero oltre il terzo anno fuori corso.
Quanto al canale della formazione professionale, d’altra parte, una piu’ alta probabilita’ di conversione del corrispondente permesso di soggiorno potrebbe renderlo strumento atto a dare risposta all’esigenza di una conoscenza adeguata tra le parti – datore di lavoro e lavoratore – che preceda la costituzione di un rapporto di lavoro stabile.
E’ opportuno pertanto che le richieste di conversione di permessi di soggiorno per studio o per formazione in permessi per lavoro non siano penalizzate dalla concorrenza con le domande relative a nuovi ingressi.
Proposta
tecnica: Stabilire che le domande di
conversione di permesso di soggiorno per studio o per formazione in permesso
per lavoro subordinato o autonomo devono essere esaminate con carattere di
priorita’ rispetto alle domande relative a nuovi ingressi. Stabilire
altresi’ che tali domande di conversione possono essere prese in
considerazione anche nei casi in cui la quota fissata dal decreto di
programmazione dei flussi risulti esaurita, dovendosi in tali casi decurtare il
numero delle domande accolte dalle quote fissate col decreto di programmazione
successivo.
3. Conversione dei permessi di soggiorno in
permessi di soggiorno per lavoro autonomo
La Legge 189/2002 ha modificato il Testo Unico stabilendo che l’attestazione della sussistenza dei requisiti per lo svolgimento di lavoro autonomo debba essere rilasciata dalla Rappresentanza diplomatica italiana nel paese d’origine dello straniero. La cosa e’ evidentemente priva di senso nel caso di richiedenti gia’ regolarmente soggiornanti in Italia – ad esempio: studenti, ex art. 6, co. 1 Testo Unico (T.U.), o stranieri in possesso di altro permesso di soggiorno, ex art. 39, co. 7 Regolamento –, trattandosi di requisiti certificabili da amministrazioni operanti nel territorio dello Stato.
Proposta
tecnica: Affidare allo sportello
unico presso l’UTG il compito di rilasciare la certificazione
attestante la sussistenza dei requisiti previsti per lo svolgimento di lavoro
autonomo in caso di straniero regolarmente soggiornante in Italia.
L’art. 5, co. 9 T.U. prevede che il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno debba aver luogo (o essere negato) entro venti giorni dalla presentazione della domanda. Nei fatti, tale limite risulta raramente rispettato dall’amministrazione competente. Ne consegue un grave danno per lo straniero richiedente, che non puo’ godere, nelle more del rilascio o del rinnovo, dei diritti associati al possesso del permesso.
La Legge 189/2002 ha positivamente modificato l’art. 22 T.U., chiarendo che il diritto di esercitare attivita’ lavorativa, per il titolare di permesso che di norma abiliti al lavoro, non decade in fase di rinnovo. E’ necessario, tuttavia, che la persistenza dei diritti e delle facolta’ associate alla titolarita’ di ogni permesso sia garantita in generale. Le stesse facolta’ e gli stessi diritti devono valere nelle more del rilascio del permesso, quando sia trascorso, senza responsabilita’ dello straniero, il termine di venti giorni dall’atto della richiesta fissato dalla legge.
Proposta
tecnica: Stabilire che la ricevuta
della richiesta di rinnovo del permesso – come pure quella di rilascio,
quando siano trascorsi venti giorni dalla richiesta – e’
utilizzabile a tutti gli effetti (in particolare per il reingresso in Italia in
esenzione da visto) come permesso di soggiorno, fino alla decisione
dell’amministrazione sulla richiesta.
La scadenza del permesso di soggiorno puo’ coincidere con quella del passaporto, rendendo il rinnovo del permesso di soggiorno problematico, dati i tempi richiesti da molte rappresentanze diplomatiche per rinnovare i documenti di viaggio. E’ opportuno prevedere la possibilita’ di presentare documenti temporaneamente sostitutivi.
Proposta
tecnica: Stabilire che, ai fini del
rinnovo del permesso di soggiorno, siano considerati sufficienti altri
documenti di identita’ in corso di validita’ dai quali risulti la
nazionalita’ (es.: carta di identita’, patente, attestazione di
identita’ da parte della Rappresentanza diplomatica o consolare del paese
d’appartenenza dello straniero), salvo l’obbligo, per lo straniero,
di integrare appena possibile la documentazione richiesta.
E’ anche necessario che sia adeguatamente considerata, ai fini del rinnovo del permesso, la condizione degli stranieri, formalmente disoccupati, che svolgono attivita’ lavorative in nero o, comunque, non riconducibili a rapporti di lavoro regolare. Qualunque forma di sanzione relativa a tali attivita’ – laddove emergano violazioni delle norme vigenti – non deve inficiare la possibilita’ di permanenza legale in Italia del lavoratore immigrato.
Proposta
tecnica: In analogia con quanto
stabilito di recente in relazione alla regolarizzazione di lavoratori stranieri
per i quali il datore di lavoro rifiutasse di procedere alla dichiarazione di
emersione, stabilire che in sede di rinnovo di permesso di soggiorno per lavoro
subordinato, al lavoratore che dimostri di aver aperto una vertenza (o un
procedimento davanti al giudice del lavoro) contro il datore di lavoro
puo’ essere rilasciato un permesso di soggiorno ex art. 5, co. 6 T.U.,
valido fino a definizione della vertenza, utilizzabile per iscrizione nelle
liste di collocamento e convertibile in permesso per lavoro subordinato in
presenza di un contratto di soggiorno per lavoro, o in un permesso per lavoro
autonomo in presenza dei requisiti previsti dalla normativa.
In generale, infine, nei casi in cui sia richiesta, ai fini del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno la disponibilita’ di risorse adeguate, deve essere preso in considerazione uno spettro ampio di modalita’ di prova di tale disponibilita’, in analogia con quanto previsto ai fini dell’ingresso dalla Direttiva del Ministro dell’interno di cui all’art. 4, co. 3 T.U.
Proposta
tecnica: Modificare l’art. 13,
co. 2 del Regolamento, disponendo che, ai fini del rinnovo del permesso di
soggiorno, deve essere dimostrata, piuttosto che la disponibilita’ di un
reddito, quella, piu’ generale, di
mezzi di sostentamento. Stabilire inoltre che tale disponibilita’
puo’ essere provata, oltre con atti che attestino l’esistenza di
fonti di reddito, anche mediante esibizione di valuta o fideiussioni bancarie o
polizze fideiussorie assicurative o titoli di credito equivalenti ovvero con
titoli di servizi prepagati o con certificazione della disponibilita’ di
risparmi o di fonti di sussidio pubblico o privato.
La circolare del Ministero dell’interno del 3 Giugno 2002 ha chiarito come, coerentemente con numerose decisioni dei tribunali amministrativi regionali, i requisiti relativi al soggiorno legale pregresso e alla titolarita’ di un permesso che consenta, in linea teorica, un numero indefinito di rinnovi debbano essere valutati, ai fini del rilascio della carta di soggiorno, in modo disgiunto – potendo, cioe’, il soggiorno legale pregresso corrispondere alla titolarita’ di un permesso privo di tale caratteristica. E’ opportuno che questo chiarimento trovi posto esplicito tra le disposizioni del Regolamento.
Proposta
tecnica: Chiarire che, ai fini del
rilascio della carta di soggiorno, la titolarita’ di un permesso per un
motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi e’ richiesta solo
al momento della presentazione della domanda.
L’art. 15 Regolamento disciplina, ai commi 1 e 2, l’obbligo di rinnovo, entro sessanta giorni dal rinnovo del permesso di soggiorno, della dichiarazione di dimora abituale nel comune di residenza e la cancellazione dalle liste della popolazione residente dello straniero che non ottemperi a tale obbligo. E’ opportuno modificare questa disposizione, rimuovendo l’obbligo in questione e stabilendo che si procede a cancellazione dalle liste solo in caso di comunicazione al Comune, da parte del questore, di cessazione definitiva della condizione di soggiorno legale dello straniero, salva dimostrazione da parte dello straniero della pendenza di un ricorso contro l’eventuale provvedimento che mette fine a tale soggiorno.
Analoga modifica andrebbe introdotta, all’art. 42, co. 4 Regolamento, in relazione all’obbligo di esibizione della documentazione comprovante la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno ai fini del mantenimento dell’iscrizione al Servizio sanitario nazionale.
Proposta
tecnica: Modificare le disposizioni
relative all’obbligo di rinnovo di dichiarazione di dimora abituale,
stabilendo che si procede alla cancellazione dalle liste della popolazione
residente solo in caso di comunicazione al Comune, da parte del questore, della
scadenza definitiva del permesso di soggiorno ovvero dell’espulsione
dello straniero, salva l’esibizione da parte di questi della
documentazione attestante la pendenza del ricorso contro il provvedimento di
diniego di rinnovo del permesso di soggiorno o di espulsione. Stabilire, in
modo analogo, che l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale cessa solo
all’atto della comunicazione del questore all’Azienda Unita’
sanitaria locale della scadenza definitiva del permesso ovvero del
provvedimento di espulsione, salva l’esibizione da parte dello straniero
della documentazione attestante la pendenza di un ricorso.
L’art. 29, co. 8 T.U. disciplina, a tutela del diritto all’unita’ familiare, il silenzio-assenso in relazione alla richiesta di nulla-osta al ricongiungimento. Questa disposizione e’ spesso vanificata dall’abnorme ritardo con cui molte rappresentanze diplomatiche o consolari italiane rilasciano il corrispondente visto di ingresso rispetto al termine di novanta giorni previsto dall’art. 5, co. 8 del Regolamento. Occorre estendere la disciplina del silenzio-assenso al provvedimento di rilascio del visto di ingresso per ricongiungimento familiare.
Proposta
tecnica: Stabilire che la
rappresentanza diplomatica o consolare italiana rilascia copia contrassegnata
con timbro datario e sigla del dipendente incaricato del ricevimento della
domanda di visto di ingresso per ricongiungimento familiare, e che, trascorsi
novanta giorni dalla data di presentazione della domanda senza che il visto sia
stato negato, lo straniero puo’ fare ingresso in Italia previa esibizione
del documento di viaggio e della copia degli atti contrassegnata dalla rappresentanza,
da cui risulti la data di presentazione della domanda.
La disciplina del ricongiungimento del familiare straniero con cittadino italiano non e’ ben definita, ne’ lo e’ quella relativa al rilascio di carta di soggiorno a detto familiare. In particolare,
E’ opportuno riordinare e semplificare la materia, tenendo conto, in particolare, del fatto che non puo’ essere penalizzata, da norme a regime, la condizione dello straniero che non abbia violato le disposizioni relative a ingresso e soggiorno rispetto a quella dello straniero che le abbia violate.
Proposta
tecnica: Stabilire che si prescinde
da requisiti di reddito e alloggio ai fini del ricongiungimento dello straniero
con familiare italiano, e che a ogni familiare straniero di cittadino italiano
che abbia fatto ingresso per ricongiungimento familiare o che sia comunque
autorizzato a soggiornare nel territorio dello Stato e’ rilasciata una
carta di soggiorno, senza riguardo a requisiti di reddito, alloggio e assenza
di precedenti penali.
La disciplina del ricongiungimento del familiare straniero di rifugiato prevede, all’art. 29, co. 3 T.U., che si prescinda dai requisiti di reddito e alloggio previsti per i casi ordinari, e, all’art. 30, co. 1, lettera c) T.U., che il permesso per motivi familiari possa essere rilasciato al familiare del rifugiato anche qualora detto familiare sia gia’ presente nel territorio dello Stato in condizioni di soggiorno non autorizzato. E’ opportuno chiarire che queste disposizioni, che di fatto rendono inespellibile (per irregolarita’ del soggiorno) il familiare di rifugiato, si applicano anche alla fase di ingresso nel territorio dello Stato.
E’ necessario poi, coerentemente con la proposta della Commissione europea per una direttiva del Consiglio relativa al ricongiungimento familiare, che siano individuate modalita’ alternative, rispetto alla certificazione delle autorita’ del paese di appartenenza autenticata dall’autorita’ consolare italiana, di dimostrazione dell’esistenza di legami familiari con il rifugiato, per i casi in cui gli interessati siano oggettivamente impossibilitati a procurarsi tale documentazione.
Proposta
tecnica: Chiarire che il disposto
dell’art. 10, co. 4 T.U. esenta dal rischio di respingimento (ed esonera
il vettore da obblighi e sanzioni) il familiare con cui il rifugiato
riconosciuto in Italia potrebbe chiedere il ricongiungimento. Stabilire inoltre
le modalita’ di dimostrazione, alternative alla certificazione
autenticata dall’autorita’ consolare italiana, dell’esistenza
di legami familiari per i membri della famiglia del rifugiato.
L’art.
22, co. 4 T.U., come modificato dalla L. 189/2002, stabilisce che, in presenza
di una richiesta nominativa di nulla osta al lavoro per un lavoratore straniero
residente all’estero, il centro per
l’impiego provvede ad accertare l’indisponibilita’ di
manodopera nazionale o comunitaria in relazione allo specifico posto di lavoro
per il quale si chiede l’assunzione del lavoratore straniero. Mentre,
tuttavia, e’ disciplinato il caso in cui non emerga alcuna
disponibilita’ da parte di lavoratori nazionali o di paesi
dell’Unione europea, non e’ chiaro come si proceda nel caso in cui
si verifichi una tale disponibilita’.
E’ opportuno chiarire come il datore di lavoro possa
liberamente optare tra l’assunzione del lavoratore straniero e quella del
lavoratore nazionale o comunitario eventualmente dichiaratosi interessato a
stipulare il contratto di lavoro.
Proposta tecnica: Chiarire che, in presenza di disponibilita’ di
lavoratore italiano o appartenente a un paese dell’unione europea a
stipulare il contratto di lavoro per il quale e’ stato chiesto il
nulla-osta all’assunzione di un lavoratore straniero residente
all’estero, il datore di lavoro conserva la possibilita’ di
procedere all’assunzione di quest’ultimo.
L’art. 28, co. 1 Regolamento prevede che al minore straniero inespellibile sia rilasciato un permesso di soggiorno per minore eta’, “salvo l’iscrizione del minore degli anni quattordici nel permesso di soggiorno del genitore o dell’affidatario stranieri regolarmente soggiornanti in Italia”. Occorre perfezionare questa disposizione, coerentemente con quanto stabilito dall’art. 31, co. 2 T.U. e dalle circolari del Ministero dell’interno del 23 Dicembre 1999 e del 13 Novembre 2000, con riferimento ai minori di eta’ compresa tra quattordici e diciotto anni
Proposta tecnica: Stabilire che, al minore inespellibile di eta’ compresa tra quattordici e diciotto anni, e’ rilasciato, in presenza di genitore o affidatario regolarmente soggiornanti, un permesso di soggiorno per motivi familiari o una carta di soggiorno.
12.
Ricorso avverso il provvedimento di espulsione
L’art. 13, co. 8 T.U., come modificato dalla L. 189/2002, fissa in “sessanta giorni dalla data del provvedimento di espulsione” il termine per la presentazione del ricorso. Occorre chiarire che la data rilevante e’ quella della notificazione del provvedimento.
Proposta
tecnica: Chiarire che i sessanta
giorni per la presentazione del ricorso avverso il provvedimento di espulsione
decorrono dalla data di notificazione del provvedimento stesso.
L’art. 15, co. 1 bis T.U., introdotto dalla L. 189/2002 disciplina la comunicazione al questore e all’autorita’ consolare di ogni provvedimento di custodia cautelare e di ogni sentenza definitiva di condanna a pene detentive a carico di uno straniero, finalizzata all’acquisizione dei documenti necessari per il rimpatrio. E’ opportuno chiarire che sono fatte salve le disposizioni del Testo unico in base alle quali non si procede a informazione dell’autorita’ diplomatica del paese di appartenenza degli stranieri quando si tratti “di stranieri che abbiano presentato una domanda di asilo, di stranieri ai quali sia stato riconosciuto lo status di rifugiato, ovvero di stranieri nei cui confronti sono state adottate misure di protezione temporanea per motivi umanitari”.
Proposta
tecnica: Chiarire che, ai fini della
comunicazione alla rappresentanza diplomatica o consolare del paese di
appartenenza dello straniero sottoposto a custodia cautelare o condannato a
pene detentive, di cui all’art. 15, co. 1 bis T.U., sono fatte salve le
disposizioni di cui all’art. 2, co. 7 T.U..
14.
Trattenimento nei CPT e nei centri di identificazione per richiedenti asilo
E’ necessario che il trattenimento nei Centri di permanenza temporanea e assistenza (CPT) e quello nei Centri di identificazione per richiedenti asilo (CDI) siano disciplinati in modo da garantire il pieno rispetto dei diritti degli stranieri trattenuti e dei loro familiari. E’ opportuno a questo scopo che sia dato carattere di disposizione regolamentare alle indicazioni contenute nella Direttiva del Ministro dell’interno, recante una Carta dei diritti e dei doveri per il trattenimento della persona ospitata nei centri di permanenza temporanea.
Proposta
tecnica: Stabilire che, con
riferimento al trattenimento nei CPT e nei CDI, si applicano le seguenti
disposizioni:
-
familiari conviventi
-
difensore dello straniero
-
ministri di culto
-
personale della rappresentanza diplomatica o
consolare (per i soli CPT, e salvi i casi di deroga all'obbligo di informazione
di cui all’art. 2, co. 7 T.U.)
-
membri degli organismi autorizzati a svolgervi
attivita’ di assistenza
-
la piena informazione relativa ai suoi diritti in
relazione a trattenimento, convalida e ricorso contro il provvedimento di
espulsione o di respingimento, eventuale procedura di esame della domanda di
asilo;
-
la comunicazione alla autorita’ consolare del
Paese di appartenenza dello straniero (salvi i casi di deroga all'obbligo di
informazione di cui all’art. 2, co. 7 T.U., per i quali deve valere un
esplicito divieto di comunicazione) e la segnalazione del trattenimento a
familiari dello straniero o a suoi conoscenti, se da lui richiesto e
limitatamente a quelli da lui indicati;
-
la tutela della salute psico-fisica (con particolare
attenzione ai casi vulnerabili, quali anziani, donne sole, minori, persone
vittima di tortura);
-
la liberta’ di colloquio riservato anche con
visitatori provenienti dall'esterno e con membri degli organismi ammessi al
Centro;
-
la liberta’ di corrispondenza riservata anche
telefonica;
-
la possibilita’ di esprimersi nella propria
lingua o in altra a lui nota e di avvalersi di servizi di interpretariato;
-
la tutela dell’unita’ familiare e dei
diritti del minore;
-
la libertà di culto, l'assistenza religiosa e
le specifiche esigenze relative al culto stesso;
-
il rispetto delle caratteristiche personali, di
razza o di abitudini di vita la cui compressione possa determinare una lesione
dell’identita’;
-
la tutela dal rischio di pregiudizio derivante
dall'identita’ sessuale;
-
il recupero degli effetti e dei risparmi personali.
E’ opportuno inoltre che sia consentito ai richiedenti trattenuti nei CDI di allontanarsi in determinate fasce orarie dal Centro, nei limiti posti dalle esigenze di corretto funzionamento del Centro stesso.
Proposta
tecnica: Stabilire che il
richiedente asilo puo’ allontanarsi dal CDI, con limiti di orario
disciplinati dal regolamento di gestione dei centri.
15. Permesso per richiesta di asilo
All’art. 1, co. 5 Legge 39/1990 (come modificato dalla
Legge 189/2002) e’ previsto che al richiedente asilo sia rilasciato, nei
casi in cui non si debba dar luogo al suo trattenimento, un permesso di
soggiorno valido fino alla definizione della procedura di riconoscimento.
E’ opportuno chiarire che tale termine include l’eventuale
procedura di ricorso avverso il diniego di riconoscimento.
Proposta tecnica: Stabilire esplicitamente che il permesso per
richiesta di asilo vale fino a quando la decisione sulla domanda di asilo
e’ diveuta definitiva.
16. Trattenimento discrezionale del richiedente asilo
L’art. 1 bis, co. 1 Legge 39/1990 (introdotto dalla
Legge 189/2002) prevede che il trattenimento debba durare solo il tempo
necessario all’assolvimento degli adempimenti che l’hanno motivato.
Occorre comunque definire un limite superiore alla durata del trattenimento.
Occorre inoltre specificare quali situazioni rientrino nelle
previsioni di cui alle lettere b) e c) dello stesso comma: necessita’ di
verificare gli elementi su cui si basa la domanda di asilo, qualora tali
elementi non siano immediatamente disponibili e pendenza del procedimento
concernente il riconoscimento del diritto ad essere ammesso nel territorio
dello Stato.
Proposta tecnica: Stabilire che in nessun caso il trattenimento
discrezionale di cui all’art. 1 bis, co. 1 Legge 39/1990 possa durare
piu’ di trenta giorni. Specificare poi quali siano i casi che rientrano
nelle previsioni di cui alle lettere b) e c) dello stesso comma.
17. Trattenimento obbligatorio del richiedente asilo
L’art. 1 bis, co. 2 Legge 39/1990 (introdotto dalla
Legge 189/2002) prevede che si debba obbligatoriamente dar luogo a
trattenimento in un centro di identificazione a seguito della presentazione di
una domanda di asilo da parte dello “straniero fermato per avere eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o
subito dopo, o, comunque, in condizioni di soggiorno irregolare”. Questa
formulazione risulta ambigua, dal momento che non e’ chiaro se debba
riguardare, oltre ai casi di elusione dei controlli di frontiera, quello delle
domande presentate “da straniero comunque in condizioni di soggiorno
irregolare” ovvero solo quelle presentate “da straniero fermato
comunque in condizioni di soggiorno irregolare”. Occorre escludere la
prima possibilita’ (piu’ ampia), dal momento che verrebbero
sottoposti a trattenimento anche gli stranieri che si sono presentati
spontaneamente in questura a chiedere asilo, per i quali evidentemente non
sussiste il sospetto di un uso strumentale della richiesta di asilo ne’,
quindi, il pericolo di fuga.
Proposta tecnica: Chiarire che la disposizione di cui
all’art. 1 bis, co. 2, lettera a) Legge 39/1990 non si applica a coloro che
si presentino di propria iniziativa in questura a richiedere asilo, a
prescindere dall’eventuale carattere irregolare della loro condizione di
soggiorno.
18. Garanzia procedurali
E’ necessario che ciascun richiedente asilo goda di
determinate garanzie in sede di procedura di esame della domanda, con
riferimento, in particolare, all’assistenza in sede di audizione,
all’acquisizione degli elementi di prova forniti, alla redazione di un
verbale dell’audizione e alla corretta notificazione delle decisioni
della Commissione.
Proposta tecnica: Stabilire che
·
il
richiedente ha diritto ad essere ascoltato dalla Commissione territoriale;
·
il
richiedente ha diritto ad essere assistito, in sede di audizione, da un legale
o da un consulente o da altra persona di propria fiducia, e, se necessario, da
un interprete qualificato;
·
la
Commissione territoriale e’ tenuta ad acquisire agli atti la
documentazione presentata dal richiedente;
·
dell’audizione
deve essere redatto verbale, ovvero deve essere effettuata registrazione; il
richiedente o il suo legale hanno diritto ad acquisire copia del verbale o
della registrazione;
·
la
decisione della Commissione e’ assunta con atto scritto e motivato,
notificato all’interessato o al suo legale o consulente, con
l’indicazione delle modalita’ di impugnazione; in caso di
notificazione al richiedente, l’informazione sulla decisione e sulle
modalita’ di impugnazione deve essere accompagnata da una traduzione in
una lingua nota al richiedente stesso, ovvero nella lingua da lui indicata, tra
inglese, francese, spagnolo e arabo.
19. Riesame e ricorso in caso di decisione negativa della
Commissione territoriale
In assenza di un effetto sospensivo
automatico della presentazione del ricorso in caso di procedura semplificata,
e’ necessario che la possibilita’ di riesame ad opera della
Commissione territoriale integrata da un membro della Commissione nazionale
rappresenti una forma adeguata di tutela del richiedente asilo rispetto al
rischio di refoulement. Occorre quindi che il riesame sia effettivamente
accessibile e sufficientemente approfondito.
Proposta tecnica: Specificare che la persona cui e’ stata notificata
una decisione negativa della Commissione territoriale non puo’ essere
allontanata nei cinque giorni che ha a disposizione per presentare richiesta di
riesame, salvo che rinunci per iscritto a questa possibilita’. Precisare,
inoltre, che in sede di riesame ha luogo una nuova audizione del richiedente,
se richiesta dall’interessato o da un membro della commissione integrata.
In caso di decisione negativa a seguito
del riesame, ovvero nei casi in cui tale riesame non e’ ammesso, la sola
possibilita’, per il richiedente, di far valere le proprie ragioni in
merito alla domanda d’asilo prima che di essere allontanato dal
territorio dello Stato, e’ legata all’accoglimento, da parte del
Prefetto, dell’istanza di sospensione dell’allontanamento fino
all’esito del ricorso. Occorre, innanzi tutto, che questa chance non sia
vanificata dall’impossibilita’, per il richiedente, di presentare
effettivamente istanza al Prefetto.
E’ necessario poi tenere presente
che la proposta modificata di direttiva sugli standard minimi relativi alle
procedure di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato stabilisce che
in caso di procedura accelerata eventuali deroghe all’effetto sospensivo
di un ricorso avverso il diniego di riconoscimento dello status di rifugiato
debbano essere stabilite per legge. Anche nei casi di deroga, comunque, spetta
al giudice competente per il ricorso decidere, su istanza del richiedente o di
propria iniziativa (secondo le norme stabilite dallo Stato membro), se
accordare o meno l’effetto sospensivo. Prima di tale decisione il
richiedente puo’ essere allontanato solo se vale una delle seguenti
condizioni:
- la domanda
e’ considerata inammissibile;
- il giudice ha
gia’ respinto una domanda del richiedente diretta a consentirgli di non
essere allontanato, e non sono stati addotti elementi nuovi sostanziali
relativi al richiedente stesso ne’ al suo paese d’origine;
- la domanda
e’ una domanda ripetuta, e non vi sono elementi per ritenere che la
condizione del richiedente sia cambiata ne’ che la precedente domanda sia
stata respinta ingiustamente;
- sussistono gravi
motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato.
E’ possibile adeguare, fin da ora, la normativa al
testo della proposta di direttiva, pur lasciando la competenza della decisione
sulla sospensione dell’allontanamento al Prefetto.
Proposta tecnica: Stabilire che il richiedente sia informato, in
sede di notificazione del provvedimento di allontanamento, della
possibilita’ di chiederne, anche prima della proposizione del ricorso, la
sospensione al Prefetto. Stabilire, inoltre, che il Prefetto puo’
rigettare la richiesta di sospensione solo in nei seguenti casi:
a)
che
la Commissione abbia accertato, in sede di esame o di riesame della domanda, la
sussistenza di uno dei presupposti, di cui all’art. 1, co. 4 Legge
39/1990, per l’inammissibilita’ della domanda[1];
b)
che
nel corso dell’attuale soggiorno in Italia del richiedente sia stata
gia’ adottata una decisione negativa dal giudice competente per il
ricorso avverso un precedente provvedimento di espulsione, e che non sia
emerso, nel frattempo, alcun elemento nuovo in relazione alla condizione del
richiedente o del suo paese d’origine tale da giustificare una diversa
decisione;
c)
che
si tratti di domanda ripetuta (una precedente domanda presentata dal
richiedente sia stata, cioe’, rigettata) senza che sia stato fornito o
risulti esservi alcun elemento che motivi una nuova decisione positiva.
In
ogni caso, nell'adozione del provvedimento motivato con cui rigetta la
richiesta di sospensione il Prefetto e’ tenuto
a valutare le conseguenze di un rimpatrio alla
luce degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali ratificate
dall’Italia e, in particolare, dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle liberta’
fondamentali, ratificata con Legge 848/1955.
L’art. 1 quater, co. 5 Legge 39/1990 (introdotto dalla
Legge 189/2002) disciplina il ricorso avverso il diniego di riconoscimento per
i casi di procedura ordinaria, con un rimando ambiguo all’art. 1 ter, co.
6 della stessa legge (quello che stabilisce, per i casi di procedura
semplificata, che il ricorso non ha un effetto sospensivo automatico). E’
necessario rimuovere l’ambiguita’, chiarendo che, in caso di
procedura ordinaria, il ricorso ha effetto sospensivo automatico.
Proposta tecnica: Chiarire che il ricorso avverso la decisione
della commissione territoriale sospende, in caso di procedura ordinaria, il
provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale.
E’ importante, infine, garantire al richiedente asilo
l’assistenza legale a spese dello Stato in sede di ricorso.
Proposta tecnica: Stabilire che in sede di ricorso davanti al
Tribunale avverso la decisione negativa sulla richiesta di asilo il richiedente
e’ ammesso all’assistenza legale da parte
di un patrocinatore legale di fiducia, ovvero, qualora sia sprovvisto di un
difensore, e’ assistito da un difensore designato dal giudice nell’ambito
dei soggetti iscritti nella tabella di cui all’articolo 29 delle norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di
cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonche’ ove
necessario, da un interprete, con onorari e spese a carico dell'erario.
20. Protezione umanitaria
E’ opportuno definire i diritti e le facolta’
riconosciuti al titolare della protezione umanitaria, nonche’ le
modalita’ di rilascio e rinnovo del relativo titolo di soggiorno.
Proposta tecnica: Stabilire che
·
il
permesso di soggiorno per motivi umanitari ha durata di un anno, e’
rinnovabile e consente lo svolgimento di attivita’ lavorativa subordinata
o autonoma e l’iscrizione a corsi di studio di ogni ordine e grado;
·
il
permesso di soggiorno e’ rilasciato o rinnovato anche in assenza di
passaporto o di altro documento di viaggio;
·
lo
status del beneficiario della protezione umanitaria e’ equiparato a
quello del rifugiato per quanto attiene il diritto all’unita’
familiare (ricongiungimento e coesione sul posto: art. 29, co. 3, e art. 30,
co. 1, lettera c, T.U.) e il rilascio di documenti sostitutivi;
·
il
rinnovo del permesso di soggiorno puo’ essere deciso dal questore, nei
casi in cui sia evidente la permanenza delle condizioni che ne hanno motivato
il rilascio, ovvero, su richiesta del questore, dalla Commissione territoriale;
ove la Commissione intenda assumere una decisione negativa sulla richiesta di
rinnovo, il richiedente deve poter godere delle stesse garanzie previste per la
procedura di esame della domanda di asilo (audizione, assistenza in sede di
audizione, acquisizione elementi di prova, verbalizzazione, notificazione);
·
il
titolare di un permesso di soggiorno per motivi di protezione umanitaria che
non ha più titolo per godere di tale protezione ma che possegga i
requisiti per il rilascio di altro permesso puo’ chiedere e ottenere la
conversione del suo permesso di soggiorno; la richiesta conversione in permesso
per lavoro e’ esaminata con precedenza rispetto alle domande relative a nuovi
ingressi.
21. Compiti della Commissione nazionale
E’ opportuno che la formazione dei membri delle
commissioni territoriali sia effettuata nel modo piu’ adeguato.
Proposta tecnica: Stabilire che nell’ambito della formazione
dei membri delle commissioni territoriali la Commissione nazionale si avvalga
anche dell’ausilio dell’ACNUR e di altri enti o organismi
specializzati.
22. Rispetto della riserva di legge stabilita
dall’art. 10 della Costituzione
L’articolo 10 della Costituzione stabilisce, al
secondo paragrafo, che la condizione giuridica dello straniero e’
regolata per legge. E’ necessaria, perche’ questa disposizione non
sia violata, una piena trasparenza in relazione alla emanazione e alla
pubblicizzazione delle circolari applicative che incidono su detta condizione
giuridica.
Proposta tecnica: Stabilire le modalita’ di pubblicazione,
anche mediante Internet, in tempo reale, di tutte le circolari ministeriali che
concorrano, nei fatti, a definire la condizione giuridica dello straniero.
[1] Nota bene: l’esistenza di un pericolo per l’ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato e’ uno dei presupposti riportati dall’art. 1, co. 4 della Legge 39/1990.