Bozza
Per una carta europea
dei diritti dei migranti
L’immigrazione
irregolare
L’irregolarità è una costante di tutte le
migrazioni: il carattere più o meno aperto delle discipline in tema di ingresso e di soggiorno
nei paesi di destinazione incide, evidentemente, sulle dimensioni
dell’irregolarità, che, tuttavia, caratterizza ovunque e da sempre
i fenomeni migratori. E’, dunque, dall’approccio alle questioni
dell’irregolarità che si misura la capacità delle politiche
migratorie di assicurare l’imprescindibile tutela dei diritti
fondamentali dei migranti e, allo stesso tempo, di non allinearsi alla logica
del proibizionismo e alla
sua poco ingenua illusione che vietare equivalga ad impedire. E’, invece, questa la logica ispiratrice delle
politiche migratorie degli stati europei, una logica dalla quale discende un
approccio alle questioni dell’immigrazione irregolare univocamente segregazionista. Strumenti esecutivi delle misure di
allontanamento che comportano rilevanti compressioni dei diritti di
libertà e delle garanzie giurisdizionali dei migranti; detenzione
amministrativa disposta sulla
base di presupposti e di procedimenti in irriducibile tensione con i principi
fondamentali dello stato di diritto; meccanismi di conversione della condizione di irregolare e del relativo
illecito amministrativo in illeciti penali: le ricadute dell’approccio
segregazionista rivelano, su scala non solo nazionale, la tendenza alla criminalizzazione, di fatto o di diritto, delle migrazioni.
Un’altra
strada può essere percorsa, un altro approccio è possibile, un
approccio che sappia emanciparsi dalla filosofia dell’ordine pubblico e dal rifiuto dell’immigrazione ad essa
sotteso.
In questa prospettiva, le politiche migratorie devono, innanzi tutto, favorire
l’emersione della clandestinità. Mentre, secondo le normative vigenti, la strada che
porta il migrante dalla condizione di regolare a quella di irregolare è
facilmente percorribile, agevolata dalla precarietà del soggiorno e dalla vischiosità
delle procedure di rinnovo dei titoli abilitativi, il passaggio dalla
condizione di irregolare a quella di regolare è assolutamente precluso.
È necessario allora introdurre meccanismi che consentano di superare
questa preclusione, meccanismi che valorizzino, per un verso, il decorso del tempo
– che in tutte le epoche e in tutti gli ordinamenti giuridici adempie
alla sua naturale funzione
di saldare il diritto al fatto – e, per altro verso, la sussistenza di
concreti indici di integrazione, quali, ad esempio, la mancata commissione di
reati o il raggiungimento ex post delle condizioni che avrebbero consentito l’ingresso o il
soggiorno regolare.
E’, inoltre, indispensabile assegnare all’espulsione il
ruolo di extrema ratio
nel governo dell’irregolarità. Prevedere
l’espulsione come sanzione per qualsiasi forma di irregolarità significa condannare il
sistema, nel suo complesso, alla ineffettività e all’arbitrio,
consegnandolo alla gestione largamente discrezionale dell’autorità
di polizia, dominus
effettivo della condizione di regolarità/irregolarità dello straniero. La misura
dell’espulsione va, dunque, riservata alle ipotesi di irregolarità
più gravi e non
può essere svincolata da una valutazione della personalità dell’autore della violazione da
sanzionare e, in particolare, del suo percorso di integrazione.
E proprio nella prospettata direzione della gradualità nella disciplina degli allontanamenti si
muove il recente Libro verde
della Commissione europea, che distingue ipotesi di rimpatrio obbligatorie e
ipotesi facoltative, valorizzando forme di rimpatrio volontario rispetto a
quelle coattive.
Ridotta l’area della irregolarità ed assegnato
all’espulsione un ruolo di extrema ratio nella sua disciplina, potranno essere superate quelle
torsioni sul piano delle garanzie dei diritti fondamentali che oggi
condizionano pesantemente la condizione giuridica dei migranti: è
necessario, infatti, assicurare al destinatario di un provvedimento di
allontanamento una tutela giurisdizionale pienamente in linea con i principi
del giusto processo,
una tutela che assicuri, in termini di effettività, il diritto di difesa
dello straniero e conduca ad una decisione del giudice adottata sulla base del
contraddittorio tra le parti, idonea a ripristinare la situazione soggettiva
lesa e suscettibile di adeguato riesame.