(Sergio
Briguglio 23/10/2002)
PROPOSTE PER L’AGGIORNAMENTO
DELLE DISPOSIZIONI REGOLAMENTARI IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE E ASILO
Accesso al permesso di soggiorno per lavoro subordinato
L’inserimento lavorativo di immigrati in Italia
riguarda principalmente attivita’ caratterizzate da bassa qualificazione.
Per tali attivita’, in considerazione del carattere fiduciale del
rapporto di lavoro, l’idea che un contratto possa essere stipulato senza
un previo incontro diretto tra datore di lavoro e lavoratore non e’
realistica. Questo fatto e’ alla base dell’alto tasso di
irregolarita’ del flusso migratorio nel nostro paese: i lavoratori
immigrati sono forzati a cercare tramite un ingresso e/o un soggiorno illegale
le opportunita’ di incontro con potenziali datori di lavoro. Una volta
creato, di fatto, il rapporto di lavoro, il lavoratore e’ costretto a
tornare in patria per ottenere un regolare visto di ingresso per lavoro, o ad
attendere, in condizioni di soggiorno illegale, la successiva sanatoria.
Un notevole miglioramento della situazione si otterrebbe
consentendo la stipula del contratto di soggiorno a coloro che siano legalmente
presenti in Italia ad altro titolo, senza esigere il temporaneo rimpatrio.
Canali legali quali l’ingresso per turismo o per visita ai familiari,
comunque soggetti alla verifica dei normali requisiti, potrebbero essere
vantaggiosamente utilizzati per l’incontro tra le parti.
Una disposizione di questo tipo non contrasterebbe in alcun
modo con lo spirito delle norme sul contratto di soggiorno o sui soggiorni a
titolo diverso dal lavoro (le condizioni per accedere al primo o ai secondi
resterebbero immutate). Completerebbe, piuttosto, quanto gia’ previsto
dal Regolamento all’art. 39, co. 7, che consente la conversione sul posto
di permessi ad altro titolo in permesso per lavoro autonomo in presenza dei
requisiti.
Proposta tecnica: Consentire la conversione di qualunque permesso
di soggiorno in permesso per lavoro subordinato, nell’ambito delle quote
fissate dai decreti di programmazione dei flussi, previa
stipula del contratto di soggiorno per lavoro.
Conversione dei permessi di soggiorno per
studio
La legge prevede che lo studente, previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro, ovvero previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti per lo svolgimento di lavoro autonomo, possa convertire il permesso di soggiorno per studio in un permesso per lavoro (subordinato o autonomo), nel rispetto delle quote fissate dal decreto di programmazione dei flussi. Non esistono, tuttavia, disposizioni atte a stabilire un criterio di precedenza delle richieste di conversione del permesso (per altro, scarsamente numerose) rispetto a quelle relative a nuovi ingressi di lavoratori dall’estero. Non potendosi rinnovare il permesso per motivi di studio una volta conseguito il titolo, ovvero oltre il terzo anno fuori corso, lo studente rischia di non poter usufruire della conversione del permesso e della conseguente stabilizzazione del soggiorno in Italia. E’ opportuno che le richieste di conversione di permessi di soggiorno per studio in permessi per lavoro siano esaminate con precedenza rispetto alle domande relative a nuovi ingressi.
Proposta
tecnica: Esaminare le domande di
conversione di permesso di soggiorno per studio in permesso per lavoro
subordinato o autonomo con carattere di priorita’ rispetto alle domande
relative a nuovi ingressi.
Conversione dei permessi di soggiorno in
permessi di soggiorno per lavoro autonomo
La Legge 189/2002 ha modificato il Testo Unico stabilendo che l’attestazione della sussistenza dei requisiti per lo svolgimento di lavoro autonomo debba essere rilasciata dalla Rappresentanza diplomatica italiana nel paese d’origine dello straniero. La cosa e’ evidentemente priva di senso nel caso di richiedenti gia’ regolarmente soggiornanti in Italia (es.: studenti, ex art. 6, co. 1 T.U.; stranieri in possesso di altro permesso di soggiorno, ex art. 39, co. 7 Regolamento), trattandosi di requisiti certificabili da amministrazioni operanti nel territorio dello Stato.
Proposta
tecnica: Affidare allo sportello
unico presso l’UTG il compito di rilasciare la certificazione
attestante la sussistenza dei requisiti previsti per lo svolgimento di lavoro
autonomo in caso di straniero regolarmente soggiornante in Italia.
L’art. 5, co. 9 T.U. prevede che il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno debba aver luogo (o essere negato) entro venti giorni dalla presentazione della domanda. Nei fatti, tale limite risulta raramente rispettato dall’amministrazione competente. Ne consegue un grave danno per lo straniero richiedente, che non puo’ godere, nelle more del rilascio o del rinnovo, dei diritti associati al possesso del permesso.
La Legge 189/2002 ha positivamente modificato l’art. 22 T.U., chiarendo che il diritto di esercitare attivita’ lavorativa, per il titolare di permesso che di norma abiliti al lavoro, non decade in fase di rinnovo. E’ necessario, tuttavia, che la persistenza dei diritti e delle facolta’ associate alla titolarita’ di ogni permesso sia garantita in generale. Le stesse facolta’ e gli stessi diritti devono valere nelle more del rilascio del permesso, quando sia trascorso, senza responsabilita’ dello straniero, il termine di venti giorni dall’atto della richiesta fissato dalla legge.
Proposta
tecnica: Stabilire che la ricevuta
della richiesta di rinnovo del permesso – come pure quella di rilascio,
quando siano trascorsi venti giorni dalla richiesta – e’
utilizzabile a tutti gli effetti (in particolare per il reingresso in Italia in
esenzione da visto) come permesso di soggiorno, fino alla decisione
dell’amministrazione sulla richiesta.
E’ anche necessario che sia adeguatamente considerata, ai fini del rinnovo del permesso, la condizione degli stranieri, formalmente disoccupati, che svolgono attivita’ lavorative in nero o, comunque, non riconducibili a rapporti di lavoro regolare. Qualunque forma di sanzione relativa a tali attivita’ – laddove emergano violazioni delle norme vigenti – non deve inficiare la possibilita’ di permanenza legale in Italia del lavoratore immigrato. Inoltre, nella valutazione dei mezzi di sostentamento richiesti per il rinnovo del permesso, deve essere considerata prova idonea sia la certificazione di redditi in corso, sia quella di redditi pregressi o risparmi, sia quella di sussidi.
Proposta
tecnica: Modificare l’art. 13,
co. 2 del Regolamento, disponendo che, ai fini del rinnovo del permesso di
soggiorno, deve essere dimostrata, piuttosto che la disponibilita’ di un
reddito, quella, piu’ generale, di
mezzi di sostentamento. Stabilire inoltre che tale disponibilita’
puo’ essere comprovata, oltre con atti comprovanti l’esistenza di
fonti di reddito, anche mediante esibizione di valuta o fideiussioni bancarie o
polizze fideiussorie assicurative o titoli di credito equivalenti ovvero con
titoli di servizi prepagati o con certificazione della disponibilita’ di
risparmi o di fonti di sussidio pubblico o privato.
L’art. 40, co. 9 del Regolamento stabilisce, in relazione ai lavoratori ammessi per formazione professionale in base all’art. 27, co. 1, lettera f) del Testo unico, che “l’autorizzazione al lavoro e’ rilasciata esclusivamente per la durata del periodo di addestramento dichiarata dal datore di lavoro, che non puo’ superare il biennio”. Il successivo comma 18, tuttavia, dispone che “L’autorizzazione al lavoro, il visto d’ingresso e il permesso di soggiorno di cui al presente articolo, ad eccezione dei provvedimenti relativi agli stranieri di cui al comma 9, non possono essere rinnovati e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, non possono essere utilizzati per un diverso rapporto di lavoro. I permessi di soggiorno rilasciati a norma del presente articolo non possono essere convertiti, salvo quanto previsto dall’articolo 14, comma 5.” Occorre superare l’apparente contraddizione tra le due disposizioni, chiarendo che il permesso di soggiorno rilasciato a persona ammessa per formazione professionale possa essere rinnovato, alla scadenza, a condizione che il periodo di formazione prosegua, e che possa essere utilizzato per nuovi periodi di addestramento presso lo stesso o altro datore di lavoro.
Proposta
tecnica: Chiarire che il permesso di
soggiorno rilasciato in base all’art. 27, co. 1, lettera f), del Testo
unico puo’ essere rinnovato oltre il limite dei due anni, in caso di
prosecuzione del periodo di formazione, e che puo’ essere utilizzato, una
volta scaduta la prima autorizzazione al lavoro, per nuove prestazioni di lavoro
subordinato nell’ambito di periodi di addestramento con lo stesso o con
altro datore di lavoro.
L’art. 29, co. 8 del Testo unico disciplina, a tutela del diritto all’unita’ familiare, il silenzio-assenso in relazione alla richiesta di nulla-osta al ricongiungimento. Questa disposizione e’ spesso vanificata dall’abnorme ritardo con cui molte rappresentanze diplomatiche o consolari italiane rilasciano il corrispondente visto di ingresso rispetto al termine di novanta giorni previsto dall’art. 5, co. 8 del Regolamento. Occorre estendere la disciplina del silenzio-assenso al provvedimento di rilascio del visto di ingresso per ricongiungimento familiare.
Proposta
tecnica: Stabilire che la
rappresentanza diplomatica o consolare italiana rilascia copia contrassegnata
con timbro datario e sigla del dipendente incaricato del ricevimento della
domanda di visto di ingresso per ricongiungimento familiare, e che, trascorsi
novanta giorni dalla data di presentazione della domanda senza che il visto sia
stato negato, lo straniero puo’ fare ingresso in Italia previa esibizione
del documento di viaggio e della copia degli atti contrassegnata dalla
rappresentanza, da cui risulti la data di presentazione della domanda.
La disciplina del ricongiungimento del familiare straniero con cittadino italiano non e’ ben definita, ne’ lo e’ quella relativa al rilascio di carta di soggiorno a detto familiare. In particolare,
E’ opportuno riordinare e semplificare la materia, tenendo conto, in particolare, del fatto che non puo’ essere penalizzata, da norme a regime, la condizione dello straniero che non abbia violato le disposizioni relative a ingresso e soggiorno rispetto a quella dello straniero che le abbia violate.
Proposta
tecnica: Stabilire che si prescinde
da requisiti di reddito e alloggio ai fini del ricongiungimento dello straniero
con familiare italiano, e che a ogni familiare straniero di cittadino italiano
che abbia fatto ingresso per ricongiungimento familiare o che sia comunque
autorizzato a soggiornare nel territorio dello Stato e’ rilasciata una
carta di soggiorno, senza riguardo a requisiti di reddito, alloggio e assenza
di precedenti penali.
L’art. 28, co. 1 Regolamento prevede che al minore straniero inespellibile sia rilasciato un permesso di soggiorno per minore eta’, “salvo l’iscrizione del minore degli anni quattordici nel permesso di soggiorno del genitore o dell’affidatario stranieri regolarmente soggiornanti in Italia”. Occorre perfezionare questa disposizione, coerentemente con quanto stabilito dall’art. 31, co. 2 T.U., con riferimento ai minori di eta’ compresa tra quattordici e diciotto anni
Proposta
tecnica: Stabilire che, al minore
inespellibile di eta’ compresa tra quattordici e diciotto anni, e’
rilasciato, in presenza di genitore o affidatario regolarmente soggiornanti, un
permesso di soggiorno per motivi familiari o una carta di soggiorno.
Ricorso
avverso il provvedimento di espulsione
L’art. 13, co. 8 del Testo unico, come modificato dalla L. 189/2002, fissa in “sessanta giorni dalla data del provvedimento di espulsione” il termine per la presentazione del ricorso. Occorre chiarire che la data rilevante e’ quella della notificazione del provvedimento stesso.
Proposta
tecnica: Chiarire che i sessanta
giorni per la presentazione del ricorso avverso il provvedimento di espulsione
decorrono dalla data di notificazione del provvedimento stesso.
L’art. 15, co. 1 bis del Testo unico, introdotto dalla L. 189/2002 disciplina la comunicazione al questore e all’autorita’ consolare di ogni provvedimento di custodia cautelare e di ogni sentenza definitiva di condanna a pene detentive a carico di uno straniero, finalizzata all’acquisizione dei documenti necessari per il rimpatrio. E’ opportuno chiarire che sono fatte salve le disposizioni dell’art. 2, co. 7 del Testo unico in base alle quali non si procede a informazione dell’autorita’ diplomatica del paese di appartenenza degli stranieri quando si tratti “di stranieri che abbiano presentato una domanda di asilo, di stranieri ai quali sia stato riconosciuto lo status di rifugiato, ovvero di stranieri nei cui confronti sono state adottate misure di protezione temporanea per motivi umanitari”.
Proposta
tecnica: Chiarire che, ai fini della
comunicazione alla rappresentanza diplomatica o consolare del paese di
appartenenza dello straniero sottoposto a custodia cautelare o condannato a
pene detentive, di cui all’art. 15, co. 1 bis del Testo unico, sono fatte
salve le disposizioni di cui all’art. 2, co. 7 dello stesso Testo unico.
Trattenimento
nei CPT e nei centri di identificazione per richiedenti asilo
E’ necessario che il trattenimento nei Centri di permanenza temporanea e assistenza (CPT) e quello nei Centri di identificazione per richiedenti asilo (CDI) siano disciplinati in modo da garantire il pieno rispetto dei diritti degli stranieri trattenuti e dei loro familiari. E’ opportuno a questo scopo che sia dato carattere di disposizione regolamentare alle indicazioni contenute nella Direttiva del Ministro dell’interno, recante una Carta dei diritti e dei doveri per il trattenimento della persona ospitata nei centri di permanenza temporanea.
Proposta
tecnica: Stabilire che, con
riferimento al trattenimento nei CPT e nei CDI, si applicano le seguenti
disposizioni:
-
familiari conviventi
-
difensore dello straniero
-
ministri di culto
-
personale della rappresentanza diplomatica o
consolare (per i soli CPT, e salvi i casi di deroga all'obbligo di informazione
di cui all’art. 2, co. 7 T.U.)
-
membri degli organismi autorizzati a svolgervi
attivita’ di assistenza
-
la piena informazione relativa ai suoi diritti in
relazione a trattenimento, convalida e ricorso contro il provvedimento di
espulsione o di respingimento, eventuale procedura di esame della domanda di
asilo;
-
la comunicazione alla autorita’ consolare del
Paese di appartenenza dello straniero (salvi i casi di deroga all'obbligo di
informazione di cui all’art. 2, co. 7 T.U.) e la segnalazione del
trattenimento a familiari dello straniero o a suoi conoscenti, se da lui
richiesto e limitatamente a quelli da lui indicati;
-
la tutela della salute psico-fisica;
-
la liberta’ di colloquio riservato anche con
visitatori provenienti dall'esterno e con membri degli organismi ammessi al
Centro;
-
la liberta’ di corrispondenza riservata anche
telefonica;
-
la possibilita’ di esprimersi nella propria
lingua o in altra a lui nota e di avvalersi di servizi di interpretariato;
-
la tutela dell’unita’ familiare e dei
diritti del minore;
-
la libertà di culto, l'assistenza religiosa e
le specifiche esigenze relative al culto stesso;
-
il rispetto delle caratteristiche personali, di
razza o di abitudini di vita la cui compressione possa determinare una lesione
dell’identita’;
-
la tutela dal rischio di pregiudizio derivante
dall'identita’ sessuale;
-
il recupero degli effetti e dei risparmi personali.
Permesso per richiesta di asilo
All’art. 1, co. 5 Legge 39/1990 (come modificato dalla
Legge 189/2002) e’ previsto che al richiedente asilo sia rilasciato, nei
casi in cui non si debba dar luogo al suo trattenimento, un permesso di
soggiorno valido fino alla definizione della procedura di riconoscimento.
E’ opportuno chiarire che tale termine include l’eventuale
procedura di ricorso avverso il diniego di riconoscimento.
Proposta tecnica: Stabilire esplicitamente che il permesso per
richiesta di asilo vale fino a quando la decisione sulla domanda di asilo
e’ diveuta definitiva.
Trattenimento facoltativo del richiedente asilo
L’art. 1 bis, co. 1 Legge 39/1990 (introdotto dalla
Legge 189/2002) prevede che il trattenimento facoltativo debba durare solo il
tempo necessario all’assolvimento degli adempimenti che l’hanno
motivato. Occorre comunque definire un limite superiore alla durata del
trattenimento.
Proposta tecnica: Stabilire che in nessun caso il trattenimento
facoltativo di cui all’art. 1 bis, co. 1 Legge 39/1990 possa durare
piu’ di trenta giorni.
Trattenimento obbligatorio del richiedente asilo
L’art. 1 bis, co. 2 Legge 39/1990 (introdotto dalla
Legge 189/2002) prevede che si debba obbligatoriamente dar luogo a
trattenimento in un centro di identificazione a seguito della presentazione di
una domanda di asilo da parte dello “straniero fermato per avere eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o
subito dopo, o, comunque, in condizioni di soggiorno irregolare”. Questa
formulazione risulta ambigua, dal momento che non e’ chiaro se debba
riguardare, oltre ai casi di elusione dei controlli di frontiera, quello delle
domande presentate “da straniero comunque in condizioni di soggiorno
irregolare” ovvero solo quelle presentate “da straniero fermato
comunque in condizioni di soggiorno irregolare”. Occorre escludere la
prima possibilita’ (piu’ ampia), dal momento che verrebebro
sottoposti a trattenimento anche gli stranieri che si sono presentati
spontaneamente in questura a chiedere asilo, per i quali evidentemente non
sussiste il sospetto di un uso strumentale della richiesta di asilo ne’,
quindi, il pericolo di fuga.
Proposta tecnica: Chiarire che la disposizione di cui
all’art. 1 bis, co. 2, lettera a) Legge 39/1990 non si applica a coloro
che si presentino di propria iniziativa in questura a richiedere asilo, a
prescindere dall’eventuale carattere irregolare della loro condizione di
soggiorno.
Effetto sospensivo del ricorso in caso di procedura
semplificata
La proposta modificata di direttiva sugli
standard minimi relativi alle procedure di riconoscimento e revoca dello status
di rifugiato stabilisce che in caso di procedura accelerata eventuali deroghe
all’effetto sospensivo di un ricorso avverso il diniego di riconoscimento
dello status di rifugiato debbano essere stabilite per legge. Anche nei casi di
deroga, comunque, spetta al giudice competente per il ricorso decidere, su
istanza del richiedente o di propria iniziativa (secondo le norme stabilite
dallo Stato membro), se accordare o meno l’effetto sospensivo. Prima di
tale decisione il richiedente puo’ essere allontanato solo se vale una
delle seguenti condizioni:
- la domanda
e’ considerata inammissibile;
- il giudice ha
gia’ respinto una domanda del richiedente diretta a consentirgli di non
essere allontanato, e non sono stati addotti elementi nuovi sostanziali
relativi al richiedente stesso ne’ al suo paese d’origine;
- la domanda
e’ una domanda ripetuta, e non vi sono elementi per ritenere che la
condizione del richiedente sia cambiata ne’ che la precedente domanda sia
stata respinta ingiustamente;
- sussistono gravi
motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato.
E’ possibile adeguare, fin da ora, la normativa al
testo della proposta di direttiva, pur lasciando la competenza della decisione
sulla sospensione dell’allontanamento al prefetto.
Proposta tecnica: Stabilire che il prefetto puo’ rigettare
la richiesta di sospensione del provvedimento di allontanamento solo nei
seguenti casi:
-
domanda
inammissibile ai sensi dell’art. 1, co. 4 Legge 39/1990;
-
decisione
negativa gia’ adottata dal giudice competente per il ricorso avverso un
precedente provvedimento di espulsione, e assenza di elementi nuovi (sul
richiedente e sul suo paese);
-
domanda
ripetuta senza adduzione di alcun elemento che motivi una nuova decisione
positiva;
-
esistenza
di gravi motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato.
Effetto sospensivo del ricorso in caso di procedura
ordinaria
L’art. 1 quater, co. 5 Legge 39/1990 (introdotto dalla
Legge 189/2002) disciplina il ricorso avverso il diniego di riconoscimento per
i casi di procedura ordinaria, con un rimando ambiguo all’art. 1 ter, co.
6 della stessa legge (quello che stabilisce, per i casi di procedura
semplificata, che il ricorso non ha un effetto sospensivo automatico). E’
necessario rimuovere l’ambiguita’, chiarendo che, in caso di
procedura ordinaria, il ricorso ha effetto sospensivo automatico.
Proposta tecnica: Chiarire che il ricorso avverso la decisione
della commissione territoriale sospende, in caso di procedura ordinaria, il
provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale.