GUERRA GLOBALE AL TERRORISMO, “BUFALE” E DIRITTI UMANI.
Si ripetono con cadenza regolare gli scoop giornalistici che rendono pubbliche indagini di magistratura e polizia volte ad accertare la presenza, anche nel nostro paese, di terroristi e fiancheggiatori legati a gruppi islamici fondamentalisti. Già dopo uno sbarco di clandestini nei pressi di Catania, lo scorso mese di marzo, si era parlato della presenza di “terroristi internazionali”. Spesso, però dopo alcune settimane, i casi si sgonfiano, ed a carico degli indagati rimane solo il tradizionale corollario di accuse che si rivolgono ad immigrati privi di permesso di soggiorno, che hanno tentato la via dell’ingresso clandestino o che, dopo avere raggiunto lo status di regolarità, favoriscono l’ingresso e la permanenza nella clandestinità di loro connazionali.
Il sensazionalismo con il quale si
diffondono queste notizie nuoce al risultato delle indagini quando i sospetti
si rivelano fondati, e distrugge la vita delle persone coinvolte quando, magari
dopo qualche mese, si accerta la loro totale estraneità alle
organizzazioni terroristiche.
Questo clima contribuisce anche a rendere
“sospetta” la posizione di molti potenziali richiedenti asilo, che
fuggono da zone di conflitto dove è stata segnalata la presenza di
terroristi, al punto che anche nella delicata fase di identificazione si
registra la “collaborazione” delle autorità consolari dei
paesi di provenienza, che visitano gli immigrati anche quando fanno richiesta
di asilo, come è successo il mese scorso a Siracusa con alcuni profughi
liberiani scampati alla strage di Capo Rossello, prassi vietata da tutte le
convenzioni internazionali in materia; ed anche gli operatori che assistono gli
immigrati nella procedura di asilo sono destinatari di una “attenzione
particolare” da parte degli organi di polizia, con il rischio di gravi
violazioni della privacy e con effetti negativi sulla loro attività di
mediazione e di assistenza.
Dopo la clamorosa vicenda degli immigrati
scambiati per terroristi all’interno della chiesa di San Petronio a
Bologna, in Sicilia si è verificato un caso ancora più grave.
Dopo essere stati fermati nel mese di agosto a bordo di una nave giunta nel
porto di Gela, 15 pakistani sono stati accusati di essere terroristi, e rinchiusi
in carcere, a Caltanissetta, proprio in coincidenza con l’anniversario
dell’11 settembre, sulla base di una segnalazione giunta alla
magistratura da parte dei servizi segreti italiani ed americani.
Come si sta accertando, dall’ampia
documentazione fornita dalle famiglie degli interessati, e in base alle
dichiarazioni delle autorità pakistane, anche in questo caso si tratta
di persone che nulla hanno avuto a che fare con i terroristi, e lo stesso
governo pakistano, nel corso di una visita del sottosegretario Boniver a
Karachi, ha chiesto al governo italiano la loro liberazione. Come conferma
anche l’ANSA, secondo le autorità pakistane si tratterebbe di
“ clandestini entrati illegalmente in Italia per motivi economici”.
Quindici persone, immigrati clandestini o
marinai stranieri imbarcati su una nave sequestrata poco importa,sono da oltre
un mese detenuti come terroristi, e – per quanto risulta - rimangono
ancora in carcere anche se la loro posizione sembra chiarita; non sappiamo da
quali interpreti siano stati assistiti e come siano state raccolte le loro
dichiarazioni.
Tutti i quindici pakistani rischiano adesso
di essere espulsi come normali clandestini; con la conseguenza che la loro
scomparsa, o il loro rimpatrio coatto porrebbe definitivamente una pietra su
tutta la penosa vicenda. Non si hanno peraltro notizie delle frenetiche
ricerche di materiale radioattivo che si sarebbe dovuto trovare a bordo della
nave sulla quale si trovavano i pakistani, e sembra ormai confermata soltanto
la presenza di un regolare carico di piombo.
Chiediamo che prima di essere espulsi gli
immigrati pakistani possano esercitare pienamente i loro diritti di difesa con
l’assistenza di interpreti indipendenti, e che sull’intera vicenda
venga fatta piena luce, anche per stabilire eventuali depistaggi provenienti
dai servizi segreti.
Senza la presenza di un interprete
indipendente, che conosca bene la lingua degli indagati, il pur meritorio
lavoro del difensore di ufficio rischia di venire sostanzialmente vanificato.
In base all’art. 13 della Convenzione
Europea a salvaguardia dei diritti dell’uomo, ogni persona ha diritto
“ad un ricorso effettivo davanti un istanza nazionale anche quando la
violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio
delle loro funzioni ufficiali”. Non sappiamo se ci sarà il tempo
per fare valere questa, ed altre forti limitazioni del diritto di difesa,
davanti ai giudici di Strasburgo.
Intanto però i mezzi di informazione
hanno potuto impunemente legare alla notizia dell’arresto dei quindici
pakistani la colossale “bufala” della presenza di materiale
nucleare a bordo del mercantile, come se si fosse alla vigilia di un attacco
atomico all’Europa.
Chiediamo che, piuttosto di alimentare
pericolose ideologie securitarie, i mezzi di informazione rettifichino le
informazioni false precedentemente fornite, e magari ne citino le fonti. Non si
può essere garantisti a senso unico, solo quando è imputato un
membro del governo o un parlamentare.
Il diritto alla libertà personale e
la riserva di un tempestivo controllo giurisdizionale sui casi di fermo, la
presunzione di innocenza ed il diritto di difesa ( che si esplica nel diritto
alla comprensione linguistica di tutti i documenti processuali), sono valori
fondamentali dello stato democratico, sanciti per tutte le persone umane dalla
Costituzione e dalle Convenzioni internazionali, come la libertà di
associazione ed il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa.
Crediamo che questi stessi valori debbano rimanere baluardi invalicabili per qualunque
società democratica che voglia contrastare efficacemente il diffondersi
del terrorismo internazionale. L’imbarbarimento delle regole di azione
dei pubblici poteri è esattamente il risultato che vogliono produrre i
terroristi per minare alla radice la nostra società.
Chiediamo che le nuove normative per la
salvaguardia della sicurezza interna dei paesi europei non svuotino il
fondamentale diritto di chiedere asilo, auspicando che sia garantita una
interpretazione equilibrata e non distorcente delle clausole di esclusione
previste dalla Convenzione di Ginevra. Come in precedenza, eserciteremo anche
in questo caso il nostro diritto di vigilanza sul rispetto delle regole
procedurali.
Esprimiamo la forte preoccupazione che
-come già avvenuto in passato- si voglia utilizzare questa nuova
emergenza terrorismo per comprimere ulteriormente la libertà di
circolazione e di associazione, per criminalizzare qualunque forma di devianza
o il dissenso sociale, per considerare tutti i migranti, soprattutto se di fede
diversa dalla nostra e temporaneamente privi di un permesso di soggiorno, se
non come criminali, come potenziali terroristi.
Se questo avvenisse, come purtroppo ci
sembra avvenga in casi sempre più frequenti, si produrrebbero effetti
devastanti sui rapporti di convivenza tra gli italiani e gli immigrati vittime
di questo pregiudizio; e questo, con tutti i processi di esclusione sociale
indotti dalla nuova legge Bossi-Fini,
rischia di diffondere nel tempo, tra gli immigrati deprivati di tutti i
loro diritti e della loro stessa identità, un pericoloso stato
d’animo che potrebbe comportare più consistenti e fondati allarmi
terroristici.
Fulvio Vassallo Paleologo
Università di Palermo