Novitý Europa ñ marzo 2003
ASGIñProvincia di Torino Progetto Atlante a cura di Chiara Favilli
http://www.provincia.torino.it/xatlante/00start.htm
Il 6 febbraio 2003 la Corte di Strasburgo ha deciso il
caso Jakupovic
c. Austria (causa n. 36757/97) sulla violazione dellíart. 8 della
Convenzione da parte di un divieto di soggiorno e conseguente espulsione. Le
autoritý austriache hanno imposto a Jakupovic, cittadino bosniaco di 16 anni,
un divieto di soggiorno per 10 anni poichÈ il ricorrente era stato condannato
due volte nel 1995 e nel 1996 a 10 settimane e 5 mesi per furto. Il
provvedimento di restrizione del soggiorno si giustificava quindi per motivi di
tutela dellíordine pubblico tali da prevalere sullíinteresse del ricorrente a
restare in Austria. La Corte ha dovuto valutare se líinterferenza nel diritto
alla vita privata e familiare fosse necessaria in una societý democratica
(ultima parte dellíart. 8), ossia se il provvedimento restrittivo del soggiorno
fosse il risultato di un corretto bilanciamento degli interessi rilevanti: il
diritto del ricorrente al rispetto della vita privata e familiare da una parte
e della tutela dellíordine pubblico dallíaltra. Al momento dellíespulsione il
ricorrente risultava residente in Austria da soli 4 anni, dopo esservi giunto
allíetý di 11 anni. Nonostante la sua situazione fosse quindi molto diversa da
quella degli stranieri di seconda generazione avendo anche frequentato scuole
nel proprio Paese del quale risultava conoscere bene la lingua e la cultura, il
provvedimento di espulsione risultava comunque incidere gravemente sulla sua
vita privata e familiare. In Austria, infatti, viveva con la madre, il
fratello, il patrigno, due sorellastre e aveva una relazione con A.S.,
cittadina austriaca, dalla quale aveva avuto un figlio. Mentre in Bosnia non
aveva alcun legame stretto di parentela: il padre, infatti, pur essendo rimasto
in Bosnia come sottolineato dalle autoritý austriache Ë stato dichiarato
scomparso dopo la fine della conflitto di quel Paese. La Corte ritiene quindi
che vi devono essere forti ragioni per giustificare líespulsione di una persona
di 16 anni verso un Paese che ha recentemente avuto un conflitto armato e le
cui condizioni di vita sono ancora avverse e con nessuna prova di legami
familiari. La Corte afferma che le due condanne per furto, anche considerando
quei procedimenti penali conclusi per risarcimento della vittima da parte del
ricorrente, per le quali sono state disposte solo condanne di detenzione
condizionale non possono essere considerate gravi in quanto non comprendono
elementi di violenza. Líunico aspetto che potrebbe indicare la tendenza del
ricorrente ad un comportamento violento era il divieto di possesso di armi
disposto nel 1995 ma questo, sebbene atto rilevante non puÚ essere comparato
con la sentenza per un atto di violenza. La Corte, poi, non ritiene di
considerare la relazione con A.S. un elemento da prendere in considerazione
perchÈ il ricorrente non ha dimostrato che la relazione sia iniziata prima del
settembre 1995 quando Ë stato disposto il divieto di soggiorno ossia dal
momento a partire dal quale egli sapeva che la sua permanenza in Austria
sarebbe stata illegittima. Tutto questo premesso la Corte ritiene che le autoritý
austriache hanno ecceduto nel loro margine di apprezzamento ai sensi dellíart.
8 in quanto le ragioni a giustificazione del divieto di soggiorno non sono
state adeguatamente valutate. Líinterferenza con il diritto alla vita privata e
familiare non Ë quindi proporzionata allo scopo perseguito e vi Ë quindi
violazione dellíart. 8. La Corte ha poi deciso che la sentenza costituisce giý
giusta soddisfazione per il danno non economico sofferto dal ricorrente per il
quale non riconosce quindi ulteriore risarcimento da parte del Governo.
Nella sentenza pronunciata nel caso Mamatkulov
e Abdurasulovic c. Turchia (cause nn. 46827/99 and 46951/99) lo scorso 6 febbraio 2003 la Corte ha
sostenuto che non sono state prodotte prove sufficienti che lí estradizione
verso líUzbekistan dei due ricorrenti costituisca una violazione dellíart. 3
della Convenzione (protezione contro la tortura o trattamenti disumani o
degradanti) in particolare perchÈ sono state prodotte prove relative al
trattamento in generale dei detenuti e non alla situazione specifica dei
ricorrenti. Tuttavia la Corte, a maggioranza, ha ritenuto che la Turchia abbia
violato líart. 34 della Convenzione sullíesercizio efficace del diritto di
ricorso non rispettando la misura provvisoria indicata dalla Corte ai sensi
dellíart. 39 del Regolamento della Corte avendo estradato i due ricorrenti
verso líUzbekistan nelle more del procedimento. Si tratta di uníimportantissima
decisione che costituisce un cambiamento di giurisprudenza della Corte. La
Corte afferma che il fatto che il Governo turco non abbia rispettato la misura
provvisoria disposta dalla Corte ai sensi dellíart. 39, par. 1, fa sorgere il
problema della violazione dellíart. 34 della Convenzione sullíeffettivitý dei
ricorsi. I ricorrenti, infatti, una volta estradati non hanno potuto restare in
contatto con i rispettivi legali ed esercitare al meglio il proprio diritto di
difesa che deve, invece, essere garantito per tutta la durata del procedimento
davanti alla Corte di Strasburgo. La Corte ha esaminato il caso anche alla luce
della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati, ai principi ed alle norme
di diritto internazionale sullíefficacia delle misure provvisorie disposte da
altri Tribunali internazionali. La Corte afferma che dal 1998 il diritto di
ricorso individuale non dipende pi˜ dalla dichiarazione effettuata in tal senso
da parte degli Stati membri e che da quel momento gli individui godono di un
vero e proprio diritto sovranazionale di azione per la tutela dei diritti e
delle libertý riconosciuti dalla Convenzione. Líart. 34 esige che líesercizio
di tale diritto sia effettivo ossia che gli Stati parti non possano impedire
alla Corte di condurre un esame effettivo della causa e, quindi, che persone
che denunciano la violazione dellíart. 3 hanno diritto ad uníeffettiva
valutazione della questione se líestradizione o líespulsione costituisca
violazione dellíart. 3. Proprio a questo fine la Corte puÚ indicare agli Stati
ai sensi dellíart. 39, par. 1, del Regolamento della Corte, misure che
consentano alla Corte di condurre un esame effettivo del ricorso e di
assicurare che la tutela offerta dalla Convenzione sia effettiva oltre che
permettere al Comitato dei Ministri di verificare líesecuzione della sentenza
finale e allo Stato di adempiere il proprio obbligo di conformarsi al giudizio
finale della Corte. Nel presente caso il rispetto da parte della Turchia
della misura provvisoria avrebbe permesso la corretta preparazione della difesa
davanti alla Corte allegando fatti ulteriori come prova delle violazioni denunciate.
La Corte quindi ritiene che líestradizione dei ricorrenti nelle more del
giudizio ha reso non effettivo il diritto di ciascuno a ricorrere alla Corte e
conclude affermando che ogni Stato parte della Convenzione al quale sono
indicate le misure provvisorie per evitare che sia provocato un danno
irreparabile nella vittima della denunciata violazione deve conformarsi a tali
misure e astenersi dallíadottare qualsiasi atto o omissione che possa
pregiudicare líautoritý e líefficacia della sentenza finale.
La Corte ha depositato lo scorso 12 marzo 2003 la
sentenza sul caso Ocalan c. Turchia con la quale ha
deciso sul ricorso presentato da Ocalan contro la detenzione da lui subita e
contro la sentenza che lo condanna alla pena di morte. La sentenza fa chiarezza
su una complessa e nota vicenda che ha coinvolto anche il nostro Paese che
aveva in un primo tempo accolto il leader del PKK per poi negargli líasilo ma
senza estradarlo o espellerlo. La Corte europea ha accolto parzialmente il
ricorso sulla violazione dei seguenti articoli della Convenzione: art. 5, ß 3 e
4, per mancanza di un ricorso effettivo sulla detenzione e di una decisione di
un giudice sullíarresto; 6, ß 1 e 3, per mancanza di un giusto processo a causa
della decisione da parte di un Tribunale non indipendente e imparziale; art. 3
sul divieto di trattamenti disumani o degradanti relativamente allíinflizione
della pena di morte a seguito di un ingiusto processo.
Nel corso della plenaria del 27 marzo il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione B5-0193/2003 sui progressi compiuti nel 2002 nell'attuazione di uno spazio di libertý, sicurezza e giustizia. Si segnala tra líaltro la richiesta di adozione di un piano pluriennale relativo allíattivitý legislativa ed operativa dell'Unione per lo spazio di libertý, sicurezza e giustizia; la richiesta di creazione di un organo ad hoc composto da penalisti indipendenti sotto l'egida del Parlamento europeo per monitorare il rispetto del diritto ad un giusto processo in tutta l'Unione; la richiesta di rilascio dei detenuti europei nella base di Guantanamo; la tutela dei dati personali. Per quanto riguarda la politica di asilo, i parlamentari sollecitano le Presidenze greca e italiana a raggiungere un accordo sugli elementi chiave di una politica comune europea di immigrazione ed asilo che rispetti pienamente il diritto internazionale sui profughi e i diritti umani e che sia armonizzata sulla base di standard minimi. I deputati sottolineano che le misure antiterrorismo devono essere applicate in modo da non minare eque politiche di asilo o da allentare l'applicazione delle leggi relative ai profughi. Infine, in considerazione dell'attuale situazione, i parlamentari invitano il Consiglio, nel caso di un improvviso afflusso di rifugiati o sfollati dall'Iraq, a garantire che l'onere delle risorse umane sia ripartito fra tutti gli Stati membri dell'UE. L'Aula ìinvita infine la Commissione e il Consiglio ad adottare tutte le misure necessarie per garantire che, in caso di necessitý, alle organizzazioni di aiuto internazionali possano essere elargiti aiuti finanziari per soccorrere i profughi di guerra in aree sicure dell'Iraq o nei paesi limitrofiî.
La Commissione per le libertý e i diritti dei cittadini, la
giustizia e gli affari interni</Commission> ha approvato la relazione
relativa alla proposta modificata di direttiva sul ricongiungimento familiare
sulla quale il Consiglio ha giý peraltro raggiunto líaccordo politico. Si
ricorda infatti che il Parlamento interviene solo in funzione consultiva: il
Consiglio ha líobbligo di aspettare il parere del Parlamento ma puÚ liberamente
discostarsene. La relazione Ë stata depositata lo scorso 26 marzo ed Ë
verosimile che sarý allíordine del giorno della prossima plenaria.
La Commissione per le libertý e i diritti dei cittadini, la giustizia
e gli affari interni</Commission> ha approvato la relazione
sull'iniziativa della Repubblica federale di Germania per líadozione di una
direttiva del Consiglio relativa allíassistenza durante il transito nel quadro
dellíattuazione di provvedimenti di espulsione per via aerea.
La Commissione europea ha pubblicato la Comunicazione COM (2003) 152
relativa alla politica comune in materia di asilo e all'Agenda per la
protezione (Seconda relazione sull'attuazione della comunicazione COM (2000)
755 del 22 novembre 2000).
» stata presentata dalla Commissione la proposta
di Decisione del Consiglio relativa alla firma dell'accordo tra la Comunitý
europea e il governo della Regione ad amministrazione speciale di Macao della
Repubblica popolare cinese sulla riammissione delle persone in soggiorno
irregolare. Si rammenta che la proposta di decisione presentata dalla
Commissione al Consiglio apre líultima fase della procedura prevista dallíart.
300 T Ce sulla conclusione degli accordi comunitari con i Paesi terzi.
La Commissione
ha adottato la decisione
2003/209/CE del 25 marzo 2003 che istituisce un gruppo consultivo
denominato ìGruppo di esperti sulla tratta degli esseri umaniî, in GUUE L 79
del 26 marzo 2003, pp. 25-27. I venti esperti saranno nominati per un anno
dalla Commissione tra i designati dalle amministrazioni dei Paesi membri e candidati oltre che
da organizzazioni internazionali e non governative.
Nel corso del Consiglio informale di Veira il Ministro
dellíinterno britannico David Blunkett ha presentato le linee essenziali di un
progetto riguardante i richiedenti asilo. in sostanza si tratterebbe di creare
centri di ìaccoglienzaî al di fuori dellíUnione e permettere cosÏ di fare
ingresso nel territorio europeo solo quando la domanda verrý accolta. La
Spagna, líOlanda, Svezia, Finlandia e Italia sono favorevoli mentre gli altri
Paesi tra cui Germania e Portogallo sono contrari.
Il Consiglio ha anche discusso il tema
dellíimmigrazione illegale soprattutto in relazione al conflitto in Irak. Il
Consiglio ha infatti deciso di sostenere progetti volti a far sÏ che i
rifugiati rimangano in centri di accoglienza da individuare in Irak o in Stati
confinanti con líIrak ai quali líUnione assicurerý il necessario aiuto
umanitario. Il Consiglio ha deciso di stanziare a tal fine 100 000 000 Euro.
Il Praesidium della Convenzione sul futuro dellíEuropa ha
presentato gli articoli della seconda parte della Costituzione europea relativi
allo
spazio di libertý, sicurezza e giustizia oltre allíart. 31. Da notare che
cosÏ come richiesto dai gruppi di lavoro sulla semplificazione e sullo spazio
di libertý, sicurezza e giustizia e come confermato dal dibattito in plenaria,
la proposta del Praesidium
prevede líeliminazione del cosiddetto terzo pilastro unificando sotto la
rubrica spazio di libertý, sicurezza e giustizia tutta líattivitý dellíUnione
in materia di circolazione delle persone, immigrazione, asilo, cooperazione
giudiziaria sia penale che civile. Questo non equivale perÚ ad una
equiparazione con tutte le altre politiche in quanto líart. 31, collocato nella
prima parte, definisce quali atti possono essere adottati in materia e, in
parte, secondo quale procedura. Sebbene la proposta preveda líestensione del
voto a maggioranza qualificata e della procedura di codecisione (detta ora
ìlegislativaî) sono diversi i casi per i quali Ë prevista líunanimitý oltre
allíiniziativa legislativa da parte degli Stati membri. Gli articoli sono stati
presentati nella plenaria del 3 e 4 aprile durante la quale si Ë tenuto anche
il dibattito a partire dai 733
emendamenti presentati. La parte iniziale della discussione ha riguardato
líeliminazione della struttura a pilastri ed il mantenimento dellíart. 31:
alcuni infatti propongono di eliminarlo in modo da rendere perfetta la
comunitarizzazione del settore altri invece ritengono che, per la delicatezza
delle materia trattate, occorra mantenere regole procedurali specifiche. Tra i
singoli temi discussi i punti pi˜ controversi e per i quali si prevedono ulteriori chiarimenti sono
líistituzione della procura europea e della guardia comune di frontiera mentre
sullíimmigrazione e líasilo si Ë avuta una discussione limitata e senza troppe
divergenze.
Il Consiglio dei Ministri del 28 marzo ha adottato 4
provvedimenti di attuazione di altrettante direttive europee in materia di
asilo, immigrazione e discriminazione. Si tratta di un decreto legislativo per
il recepimento della direttiva 2001/55/CE relativa alla concessione della
protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati ed alla
cooperazione in ambito comunitario; un decreto legislativo per il recepimento
della direttiva 2001/51/CE, che integra le disposizioni dell'articolo 26 della
Convenzione applicativa dell'Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 (sanzioni
applicabili ai vettori che violino i controlli); uno schema di decreto
legislativo di attuazione della direttiva 2000/43 sulla paritý di trattamento
fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica in tutti i
settori, pubblici e privati; uno schema di decreto legislativo per líattuazione
della direttiva 2000/78 che stabilisce un quadro generale per la paritý di
trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro contro ogni
forma di discriminazione legata a religione, convinzioni personali, handicap,
etý, tendenze sessuali. Si rammenta che per tutti e quattro i provvedimenti si
Ë trattato di un atto dovuto da parte del Governo tra líaltro adottato in uno
degli ultimi Consigli utili: tali direttive erano state recepite dalla L. 1 marzo 2002,
n. 39, comunitaria per il 2001 proprio delegando il Governo ad emanare
decreti legislativi entro un anno dallíentrata in vigore della legge. Il
termine risulta essere il 10 aprile 2003. La contemporaneitý con líemergenza
profughi dallíIrak risulta essere quindi una mera coincidenza a dispetto di
quanto sostenuto dai mezzi di
informazione. Mentre per le direttive 2001/55 e 2001/51 la comunitaria
delegava il Governo allíemanazione direttamente dei decreti legislativi (all.
A) per le direttive sulla discriminazione líart. 29 ha richiesto un preventivo
esame parlamentare (all. B). CosÏ il Governo ha presentato i due schemi di
decreti legislativi che adesso verranno trasmessi alle competenti commissioni
parlamentari perchÈ esprimano il loro parere: la comunitaria ha previsto un
termine di 30 giorni che se utilizzato dalle commissioni comporterebbe un
ritardo rispetto ai tempi previsti dalla comunitaria.
» stata pubblicata nella GUUE L 50 del 25 febbraio
2003, pp. 1-10, il Regolamento
343/2003 del 18 febbraio 2003 che stabilisce i criteri e i meccanismi per
la determinazione dello Stato competente per líesame di una domanda díasilo
presentata in uno Stato membro da parte di un cittadino di un Paese terzo.
» stata pubblicata nella GUUE L 67 del 12 marzo 2003,
pp. 27-30, la Decisione
2003/170/GAI del 27 febbraio 2003 relativa all'utilizzo comune degli
ufficiali di collegamento distaccati all'estero dalle autoritý degli Stati
membri incaricate dell'applicazione della legge
Il Governo tedesco rispondendo ad una interrogazione del Parlamento ha
affermato che anche dopo l'ingresso di Polonia e Repubblica ceca nell'Unione
europea, nel maggio 2004, verranno mantenuti i controlli alle frontiere con la
Germania e potranno essere aboliti solo dopo un certo periodo.
LíOsservatorio europeo sul razzismo e la xenofobia ha aperto la ricerca di due esperti nazionali distaccati per partecipare allo sviluppo dellíOsservatorio. La domanda deve essere inviata entro il 30 maggio 2003.
Si segnala il sito del Migration Police
Institution dove Ë possibile trovare numerose informazioni e analisi sul
fenomeno dellíimmigrazione in Europea e nel mondo. In evidenza sono adesso le
possibili conseguenze della guerra in Irak sullíafflusso di profughi verso
líEuropa.