CONSIGLIO ITALIANO PER I RIFUGIATI
Presidente
GIOVANNI B.
CONSO
Vice Presidente
Direttore
CHRISTOPHER HEIN
Comitato Direttivo
ACLI
ARCI
AWR
CARITAS ITALIANA
CENTRO ASTALLI
CGIL
CISL
COMUNITA’ S.EGIDIO
FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE
FONDAZIONE FRANCO VERGA
FONDAZIONE MIGRANTES (CEI)
UIL
UNIONE FORENSE PER LA TUTELA DEI DIRITTI
DELL’UOMO
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COMUNICAZIONE
Roma, 21.02.03
Martedì 18 febbraio 2003 alle ore 12:00 Maher el Lababidi
e Murhaf Lababidi, fratelli della signora Mysun Lababidi, attualmente
rimpatriata in Siria, hanno incontrato la stampa presso la sede dell'Unione
forense per la tutela dei diritti umani-Studio legale Lana-Lagostena Bassi, in
via Emilio de Cavalieri, 11 a Roma. All'incontro erano presenti gli avvocati
della famiglia siriana, esponenti del Consiglio Italiano per i Rifugiati e della sezione italiana di Amnesty
International.
Maysun Lababidi, insieme al marito Muhammad Sa'id al Sakhri e ai quattro figli,
era sbarcata il 23 novembre scorso all'aeroporto di Milano Malpensa.
La famiglia proveniva da Baghdad (Iraq),
dove aveva vissuto in esilio per 11 anni. Durante i cinque giorni di permanenza
nella sala transito dell'aeroporto non è stato permesso loro di
presentare la domanda d'asilo. Il 28 novembre tutta la famiglia al-Sakhri
è stata rimpatriata in Siria. Muhammad Sa'id al Sakhri, che è ora
detenuto presso il carcere di Kafar Susa senza poter comunicare con l'esterno,
è accusato di aver militato nella Fratellanza musulmana, un movimento
illegale di opposizione attivo in Siria dalla fine degli anni '70,
l'appartenenza al quale, sulla base della legge 49 del 1980, è punibile
con la pena di morte.
I fratelli affermano, senza ombra di
dubbio, contrariamente a ciò che il Governo italiano ha sempre
sostenuto, che la famiglia al-Sakhri era intenzionata richiedere ed ha
richiesto telefonicamente al Sig. Lababidi come formulare la frase in inglese.
I due fratelli riferiscono che la famiglia non era stata informata circa il
rimpatrio in Siria. Parole testuali del fratello sono state “…se
avessero saputo di dover ritornare in Siria si sarebbero uccisi in aeroporto”. Addirittura la polizia
gli avrebbe detto che li rimandava in Sicilia. Mentre il marito continua a
rimanere in prigione, la moglie e i 4 figli sono sorvegliati 24 ore su 24, con
obbligo di firma dalla polizia ogni settimana.
Anche l’avvocato Antonio Giulio
Lana, incaricato
dal CIR di portare il caso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo a
Strasburgo, conferma che era poco verosimile che gli interessati non volessero
chiedere asilo nei cinque giorni di permanenza a Malpensa.
Christopher Hein (CIR) ha precisato che “ …questi
sono errori che non devono ripetersi. Quell’uomo ora rischia la vita.
Riteniamo che i servizi ai valichi di frontiera, previsti dalla legge, proprio
in questi casi dovrebbero essere interprellati con regolarità e prima
dei rimpatri”.
Maher el Labidi,
cognato di al-Sakhri, ha sottolineato che nei giorni in cui i congiunti erano a
Malpensa, gli è stato impedito di incontrarli per “motivi di
sicurezza”.
Il CIR e Amnesty chiedono al governo italiano un impegno
nei confronti delle autorità siriane per garantire
l’incolumità di Muhammad Sa’id al-Sakhri e la possibilità per lui e
la famiglia di rientrare in Italia con lo status di rifugiati.
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