Si apprende dalla
stampa locale siciliana che una piccola imbarcazione proveniente dalle coste
del nord Africa, naufragata in acque internazionali a sud di Lampedusa, dopo
un primo intervento della guardia costiera italiana, che aveva in un secondo
tempo affidato" le operazioni di soccorso ad una motovedetta tunisina,
che ha poi recuperato 29 naufraghi: al momento sembra certa soltanto la morte
per annegamento di un migrante. Nelle stesse ore, altri piccoli mezzi,
soprattutto gommoni, facevano rotta verso Pantelleria e Lampedusa ed erano
stati avvistati dalle unit della marina italiana che ne seguivano i movimenti. Gi ieri,
altri immigrati provenienti dal Pakistan, dal Kaschmir e dal Corno dAfrica
erano sbarcati indisturbati a Lampedusa, eludendo il blocco navale attivato
dalla nostra marina a protezione delle coste dellisola.
Sempre nella
stessa giornata di oggi 3 ottobre, un'altra imbarcazione carica di migranti si
dirige dalle acque maltesi verso le acque italiane, e mentre ancora si trova
nelle acque internazionali, risultano
in corso contatti tra le autorit italiane e maltesi, forse al fine
dellennesimo respingimento verso il porto di partenza. Anche se notorio a
tutti che a Malta i potenziali richiedenti asilo rimangono internati per mesi
in condizioni indegne, senza avere alcuna speranza di accesso alla procedura di
asilo.
Questi
avvenimenti, ed il tragico stillicidio di vite umane che li accompagna
dimostrano sostanzialmente due cose.
Nessun provvedimento
di legge, e nessun blocco navale pu fermare la legittima aspirazione di quanti
fuggono guerre, persecuzioni etniche e religiose, epidemie e povert endemiche
che spesso sono alimentate proprio dalle scelte di politica internazionale dei
paesi ricchi.
Da parte del
governo si era annunciata la fine dellemergenza clandestini, anche con le
pseudo intese concluse con i governi di Tunisia, Libia e Malta
( spesso limitate,
dopo le visite dei nostri ministri,ad uno scambio di corrispondenza diplomatica,
se non ad affrettate conferenze stampe congiunte). Ma gli sbarchi continuano
incessantemente, magari con numeri pi bassi, ma con una capillare
distribuzione anche sulle coste siciliane ( come nel caso di Licata, ed in
altri casi meno noti verificatisi pochi giorni fa nella Sicilia orientale, tra
Siracusa e Catania).
Una componente
molto consistente degli immigrati sbarcati in Sicilia in queste ore
costituita dea richiedenti asilo, e lItalia non ha ancora una vera legge
sullasilo ed un sistema di accoglienza degno di questo nome: i cd. centri di
accoglienza in realt sono centri di detenzione amministrativa nei quali, senza
la comunicazione di un provvedimento convalidato dal magistrato, rimangono
segregati per settimane molti richiedenti asilo. Un'altra componente degli
immigrati sbarcati in queste ore in Sicilia costituita da migranti economici
nordafricani che potrebbero entrare legalmente in Italia, solo che i flussi dei
lavoratori stagionali decisi dal governo fossero previsti anche per le regioni
meridionali.
Ma le notizie di
stampa che ci riferiscono casi veri e propri di respingimento in mare aperto,
praticato dalle nostre unit navali, nelle acque internazionali verso il
confine delle acque tunisine e maltesi, con il ricorrente strascico di morti,
dopo quelli delle tante tragedie estive, dimenticate quasi subito anche dalla
magistratura, ci fa riflettere sugli effetti perversi, e sempre pi evidenti,
del decreto 14
luglio 2003, pubblicato adesso nella Gazzetta ufficiale n.220 del 22 settembre
2003; e quindi in vigore da pochi giorni, ma in realt operativo a partire da
giugno, ben prima della formale pubblicazione della legge.
In base allart.7
di questo decreto infatti consentito alle unit della nostra marina militare,
su conformi direttive delle direzione centrale, allocata presso il Ministero
degli interni, procedere al fermo delle navi sospettate di essere utilizzate
nel trasporto di migranti clandestini, anche al fine di un loro possibile
rinvio nei porti di provenienza. Rinvio possibile dunque quando sia offerta,
in base agli accordi internazionali ed alla concreta situazione in mare, la
possibilit di una presa in consegna delle imbarcazioni cariche di clandestini,
fermate dalla nostra marina e da questa respinte verso le unit navali degli
stati confinanti che operano al limite delle loro acque territoriali.
Ma chi decide
veramente se respingere verso il mare aperto oppure scortare verso un porto
italiano, limbarcazione carica di clandestini?
Quale tutela
offerta ai potenziali richiedenti asilo imbarcati su queste imbarcazioni ? Chi
decide sulle loro vite?
Per maggiore
precisione, in base allart. 1 del decreto, il raccordo degli interventi
operativi in mare svolto dalla Direzione centrale dellimmigrazione e delle
frontiere, istituita presso il Dipartimento della pubblica sicurezza. Ancora,
secondo lo stesso decreto, la Direzione centrale esamina con immediatezza gli
interventi da effettuare anche sulla base di accordi di riammissione e di
intese conseguite con il paese del quale il natante batte bandiera, o da cui
risulta partito, nonch gli interventi da effettuare su natanti privi di
bandiera e dei quali non si conosce il porto di partenza.
Ecco, su queste
circostanze, sulle modalit di ingaggio della nostra marina nei confronti delle
povere barche dei migranti, e sul ruolo di collaborazione delle unit navali
dei paesi confinanti, circostanze mai del tutto chiarite, gi a partire dalle
stragi di migranti dello scorso giugno ai confini delle acque tunisine, con
centinaia di morti, sino a questultimo incidente avvenuto a sud di
Lampedusa, vorremmo che qualche magistrato riuscisse a fare chiarezza, senza il
ricorso alle solite tesi precostituite a favore delloperato dei nostri mezzi
militari . Anche questa sarebbe una battaglia di civilt e, forse, anche una
possibile dimostrazione di autonomia e di indipendenza della magistratura.
Fulvio Vassallo
Paleologo
ASGI
Associazione studi
giuridici sullimmigrazione
Palermo