novità europa –6 ottobre 2003
asgi– ires
piemonte-osservatorio per l'immigrazione in piemonte www.piemonteimmigrazione.it/IPO3.html
Nella sentenza Akrich la Corte ribadisce la propria giurisprudenza in
tema di ricongiungimento familiare di cittadino extracomunitario coniugato con
un cittadino comunitario. Come già stabilito nella sentenza Singh tale diritto
può essere fatto valere anche nei confronti del proprio Stato di cittadinanza
quando dopo che il cittadino ha lavorato in un altro Stato membro, rientra nel
proprio Paese. Il coniuge extracomunitario gode, in forza della normativa
comunitaria, di un diritto di ingresso e di soggiorno che può fare valere
direttamente nei confronti dello Stato membro di cui il lavoratore è cittadino.
La Corte precisa che il rifiuto del Regno unito non può basarsi sulla presunta
natura abusiva del soggiorno in un altro Stato membro ad opera dei coniugi in
questione. Ciò che conta è che al momento della richiesta di ingresso in uno
Stato membro il coniuge extracomunitario sia legittimamente soggiornante in uno
Stato comunitario. La Corte ricorda che le intenzioni del cittadino che vuole
cercare occupazione in un altro Stato membro non sono pertinenti per valutare
la situazione giuridica della coppia al momento del ritorno nello Stato membro
d’origine. Un comportamento del genere non può costituire un abuso anche se il
coniuge extracomunitario, nel momento in cui la coppia si è stabilita in un
altro Stato membro, non era titolare di un diritto di soggiorno nello Stato
d'origine. La Corte dichiara che si verificherebbe un abuso se i diritti
derivanti dal diritto comunitario fossero stati richiamati nell'ambito di
matrimoni di comodo contratti al fine di eludere le disposizioni nazionali in
materia d'immigrazione. La Corte osserva comunque che, anche nel caso in cui il
coniuge non goda dei diritti derivanti dal diritto comunitario, in quanto non
ha soggiornato legalmente in uno Stato comunitario, le autorità dello Stato
d’origine devono tuttavia tener conto del diritto al rispetto della vita
familiare ai sensi dell’art. 8 della Convenzione sui diritti dell’uomo. La
Corte arriva quindi ad affermare che sulla base del sistema europeo dei diritti
fondamentali l’espulsione o il respingimento
del coniuge di un cittadino comunitario può avvenire solo se è rispettato il
diritto alla vita familiare sancito dall’art. 8 CEDU.
La Corte di Giustizia ha adottato lo scorso 2 ottobre una sentenza interpretando gli articoli del Trattato sulla cittadinanza europea, il diritto di circolazione e il divieto di discriminazione. La sentenza prende origine dalla richiesta di cambiamento di nome presentata dai coniugi Avello (spagnolo) e Weber (belga) per i loro figli aventi doppia cittadinanza belga e spagnola. Essendo nati in Belgio, sono stati registrati all’anagrafe secondo le leggi di tale Stato, con il cognome del marito. Presso il locale consolato spagnolo invece sono stati registrati con il primo cognome del padre e con il cognome della madre secondo la legge spagnola. I coniugi hanno chiesto alle autorità belghe di poter cambiare il cognome dei figli seguendo la legge spagnola. La Corte di Giustizia, dopo aver constatato che la causa rientra nel campo di applicazione del diritto comunitario rationae personae (sentenza 11 luglio 2002, causa C-224/98, D'Hoop, Racc. pag. I-6191; sentenza 17 settembre 2002, causa C-413/99, Baumbast e R., Racc. pag. I-7091; sentenza 20 settembre 2001, causa C-184/99, Grzelczyk, Racc. pag. I-6193, punto 31, nonché D'Hoop, cit., punto 28) e rationae materiae (sentenze 24 novembre 1998, causa C-274/96, Bickel e Franz, Racc. pag. I-7637, nonché cit. sentenze Grzelczyk e D'Hoop) afferma che “sebbene, allo stato attuale del diritto comunitario, le norme che disciplinano il cognome di una persona rientrino nella competenza degli Stati membri, questi ultimi, nell'esercizio di tale competenza, devono tuttavia rispettare il diritto comunitario (v., per analogia, sentenza 2 dicembre 1997, causa C-336/94, Dafeki, Racc. pag. I-6761, punti 16-20), e, in particolare, le disposizioni del Trattato relative alla libertà, riconosciuta a ogni cittadino dell'Unione, di circolare e di soggiornare sul territorio degli Stati membri (v., in particolare, sentenza 23 novembre 2000, causa C-135/99, Elsen, Racc. pag. I-10409, punto 33)”. La Corte quindi, ritiene che l’amministrazione belga abbia violato il divieto di discriminazione sancito dall’art. 12 del Trattato poiché ha trattato la situazione di coloro che possiedono una doppia cittadinanza allo stesso modo di quella di coloro che possiedono la sola cittadinanza belga mentre le fattispecie sono diverse. Il divieto di discriminazione risulta violato infatti sia da trattamenti diversi di fattispecie uguali sia da trattamenti uguali di fattispecie diverse. Il Belgio dovrà quindi permettere in situazioni analoghe che i figli possano essere registrati secondo la legge di uno dei due Stati di cittadinanza.
Le norme belghe che richiedono ai veicoli dei possessori ivi residenti
di essere immatricolati in Belgio sono contrarie al principio della libera
circolazione dei lavoratori (causa C-232/01). La causa prende origine da un
processo intentato contro il sig. Van Lent che possedeva un veicolo aziendale
lussemburghese pur essendo residente in Belgio. La Corte di Giustizia ha
affermato che in assenza di una norma di armonizzazione gli Stati membri
possono prescrivere le condizioni di immatricolazione dei veicoli nel proprio
territorio ma devono, però, rispettare le norme sulla libera circolazione dei
lavoratori. Queste disposizioni sono intese a facilitare lo svolgimento di
un’attività lavorativa nel territorio comunitario da parte di cittadini
comunitari e vietano qualsiasi norma che possa ostacolare tale obbiettivo. Le
difficoltà determinate dalle regole belghe potrebbero scoraggiare un datore di
lavoro di un altro Stato membro dall’assumere un lavoratore belga e dissuadere
il cittadino belga dall’esercitare il diritto alla libera circolazione. La
Corte esclude che la normativa in questione possa essere giustificata da
esigenze di tutela della sicurezza stradale e della lotta all’elusione delle
tasse statali. (si veda anche recentemente 10 luglio 2003 Sentenza della Corte
nella causa C-246/00 Commissione delle Comunità europee contro Regno dei Paesi
Bassi).
Nella sentenza Köbler la Corte dichiara che la normativa austriaca
sull’indennità speciale di anzianità di servizio prevista per i professori universitari a condizione che abbiano svolto 15
anni di servizio esclusivamente in Austra è contraria alle norme sulla libera
circolazione dei lavoratori. Così statuendo la Corte dichiara erronea
l’interpretazione del diritto comunitario effettuata dal giudice di ultima
istanza austriaco che invece aveva ritenuto tale normativa compatibile con il
Trattato in quanto veniva a configurarsi come un premio fedeltà. Nella
fattispecie però dichiara non ammissibile la richiesta di risarcimento danni
causata da una violazione del diritto comunitario (configurabile anche allorché
un organo giurisdizionale di ultimo grado viola una norma di diritto
comunitario) in quanto manca l’ultima delle tre condizioni richieste affinché
tale azione sia fondata: la norma giuridica violata deve essere preordinata a
conferire diritti ai singoli; deve esistere un nesso di causalità tra la
violazione dell’obbligo incombente allo Stato e il danno subito; la violazione
dev’essere sufficientemente caratterizzata, il che avviene nel casi di
violazione grave e manifesta del diritto vigente. La Corte constata che in
questo caso la violazione del diritto comunitario non può essere qualificata
come manifesta poiché non si era mai pronunciata prima sull’eventuale giustificazione
di una misura intesa a favorire la fedeltà di un lavoratore verso il proprio
datore di lavoro (un premio di fedeltà) e, quindi, tale soluzione non era
manifesta per il giudice nazionale.
Riconoscimento
delle qualifiche dei lavoratori comunitari
Nel 1983 la sig.ra Burbaud di cittadinanza portoghese con una laurea in
legge dell’Università di Lisbona aveva otttenuto la qualifica di amminstratore
di ospedale dalla Scuola nazionale di salute pubblica di Lisbona e aveva
lavorato in tale qualifica nel servizio pubblico portoghese fino al novembre
1989. Sulla base di tale qualifica la Burbaud ha chiesto di essere ammessa in qualità
di dirigente del servizio pubblico francese ma era stata esclusa in quanto le
veniva richiesto di passare un esame di ingresso della Scuola nazionale di
sanità pubblica. La direttiva sul riconoscimento delle qualifiche richiede che
il cittadino comunitario abbia completato un corso di studi secondari di almeno
tre anni che attribuisca la qualifica professionale richiesta per svolgere una
professione regolamentata. La Corte ha considerato che l’occupazione come
dirigente negli ospedali pubblici francesi sia qualificabile come una
professione regolamentata per la quale è richiesto un diploma. Spetta alla
Corte nazionale stabilire se la qualificazione portoghese sia un diploma e se i
due corsi di formazione siano equivalenti rispetto a durata e materie insegnate.
Se sono equivalenti allora la direttiva preclude alla Francia di richedere alla
Burbaud di accedere al servizio pubblico previa frequentazione dei corsi della
scuola francese e superamento del relativo esame finale. Si tratta di un
ostacolo alla libertà di circolazione dei lavoratori incompatibile con il
Trattato. La Corte osserva che le specifiche caratteristiche di tale sistema di
reclutamento pone i cittadini che hanno ottenuto analoghe qualifhce in un altro
Stato membro in svantaggio e li dissuade dall’esercitare i loro diritti in
qualità di lavoratori di libera circolazione. Tale restrizione non può essere
giustificata dall’esigenza di selezionare i migliori in quanto ogni
giustificazione deve non andare oltre quanto necessario a raggiungere lo scopo
il che evidentemente non avviene nella fattispecie nella quale l’esame di
ingresso ha l’effetto di squalificare i possessori di diplomi equivalenti.
Il 22 settembre nell’ambito del Consiglio Concorrenza,
i Ministri hanno approvato la direttiva
sul ricongiungimento familiare dei cittadini non comunitari. L’approvazione conclude un procedimento
normativo che si è rivelato particolarmente lento e tortuoso. Si ricorderà che
una prima proposta era stata presentata dalla Commissione il 1 dicembre 1999
(COM (1999) 638), modificata in seguito al parere (meramente consultivo) del
Parlamento europeo con la proposta COM (2000) 624 del 10 ottobre 2000. Poiché
anche su questa proposta, come del resto anche nella proposta originaria, i
Governi non sono stati capaci di trovare un accordo che consentisse l’adozione
all’unanimità, la Commissione ha presentato la proposta modificata COM (2002)
225 del 3 maggio 2002 che è stata ora approvata. Lo scopo della direttiva è di
fissare le condizioni in base alle quali il diritto al ricongiungimento
familiare è garantito ai cittadini di Paesi terzi residenti legalmente nel
territorio degli Stati membri. Le difficoltà del negoziato si sono riflesse nel
contenuto della direttiva nella quale le norme di autentica armonizzazione sono
limitate e nessuna di tipo sostanziale. La soluzione adottata per raggiungere
un accordo è stata quella di impoverire la portata armonizzatrice e lasciare
agli Stati la facoltà di recepire le parti che hanno suscitato i maggiori
problemi quali le categorie di familiari con i quali è possibile
ricongiungersi, i requisiti per la richiesta di ricongiungimento e il
trattamento dei familiari ricongiunti. La direttiva deve essere recepita dagli
Stati membri entro il 3 aprile 2005. Una prima analisi della direttiva e del
suo impatto sull’ordinamento italiano è stata ultimata tra gli altri da Sergio
Briguglio. Sulle critiche alla direttiva si possono richiedere informazioni
al Movimento europeo
per il diritto a vivere in famiglia.
Il Consiglio dell’Unione europea ha esaminato la proposta
di direttiva sulla circolazione dei cittadini dell’Unione europea compiendo
alcuni progressi nel negoziato in corso dal maggio 2001. I 15 hanno convenuto
che nei primi 3 mesi di residenza non occorre adempiere ad alcuna formalità;
che i cittadini acquisiscono un diritto di soggiorno permanente dopo 5 anni di
residenza. Il Parlamento europeo dovrà ora dare il proprio parere in seconda
lettura. In base alla proposta i cittadini europei non dovranno più possedere
un permesso di soggiorno. L’accordo ha riguardato anche le unioni non sancite
da un matrimonio che in alcuni Paesi membri sono legalmente riconosciute. In
questo caso il partner non sposato non ha un diritto automatico di ingresso ma
lo Stato lo dovrà comunque facilitarlo. La proposta prevede anche alcune
garanzie e limiti all’espulsione dei cittadini comunitari dal territorio di uno
Stato membro integrando la normativa attuale e recependo la giurisprudenza
della Corte di Giustizia e della Corte europea dei diritti umani.
I Ministri hanno concordato sull’esigenza di creare un’Agenzia per la gestione delle frontiere esterne per la quale la Commissione presenterà una proposta all’inizio di novembre 2003. Inoltre hanno deciso di giungere al più presto ad un accordo sulle proposte della Commissione relative ai dati biometrici da inserire nel modello uniforme di visto e nel modello uniforme di permesso di soggiorno per i cittadini di Paesi terzi. Hanno poi chiesto alla Commissione di presentare le proposte necessarie al finanziamento delle operazioni di rimpatrio. Infine sulla questione della possibilità di stabilire quote di ingresso europee, sollevata in particolare dal Ministro Pisanu, il Consiglio ha deciso di esaminare tale proposta quando la Commissione avrà concluso lo studio in materia atteso per la primavera del 2004.
Sulla proposta di “direttiva procedure” il Consiglio ha esaminato l’aspetto dei Paesi terzi sicuri comprendente la definizione, la procedura per la redazione della lista e la possibilità di permettere designazioni nazionali di tali Paesi. Il Consiglio ha concordato di prevedere una lista minima comune di Paesi terzi sicuri che sarà vincolante per tutti i Paesi membri. Ci sarà un esame individuale di tutte le richieste di asilo ma i Paesi membri potranno aggiungere alla lista altri Paesi membri sicuri. Tutte le delegazioni eccetto una hanno concordato sul metodo per designare tali Paesi ed in particolare che nei Paesi in questione non vi siano persecuzioni o maltrattamenti sulla base della normativa e della prassi vigente; il rispetto dei diritti sanciti dalla CEDU, dalla Convenzione internazionale contro le torture e della Convenzione di Ginevra oltre all’esistenza di rimedi effettive contro la violazione di tali diritti. La lista può essere approvata con la maggioranza qualificata e previa consultazione del PE. Il Consiglio ha incaricato i gruppi di lavoro in modo da poterla adottare insieme alla direttiva procedure. La data ultima fissata dal Consiglio europeo per raggiungere un accordo politico è la fine del 2003.
Il Consiglio ha
raggiunto un accordo generale sul regolamento che crea la rete di ufficiali che
si occupano di immigrazione (ILO). Si tratta di un rappresentante di ciascuno
Stato membro collocato all’estero dalle autorità nazionali e che stabilisce e
mantiene contatti con le autorità dello Stato ospite in modo da contribuire
alla prevenzione e alla lotta all’immigrazione illegale, il rimpatrio di immigrati
illegali e la gestione dell’immigrazione legale. Ciascuno Stato membro
assicurerà che i propri ufficiali stabiliscano i contatti con lo Stato ospite e provvedano alla definizione
delle questioni organizzative in modo da facilitare lo scambio di informazioni
in particolare relative alle reti del traffico di immigrazione illegale. La
discussione sulla creazione di una tale rete è iniziata il 28 maggio 2001
quando il Consiglio ha adottato le conclusioni sulla crezione di una rete di
ufficiali di collegamento per assicurare una risposta coordinata al problema
dei flussi di immigrazione illegale provenienti dai balcani. Il 28-29 novembre
2002, il Consiglio GAI ha adottato le conclusioni sullo sviluppo della rete di
Ufficiali di collegamento sull’immigrazione nelle quali si stabiliva che il
Consiglio avrebbe dovuto rivedere la rete ILO entro il 2003.
Il Consiglio ha deciso di accellerare l’iter per rendere operativi ''squadre multinazionali ad hoc'' per la raccolta e lo scambio di informazioni sui terroristi. In particolare, il Consiglio ha incaricato i propri servizi interni di raggiungere un accordo in modo da rendere tali task-force operative al più presto. I gruppi saranno composti da specialisti delle autorità responsabili della lotta al terrorismo negli Stati membri ed avranno il compito di effettuare indagini sui presunti membri di formazioni terroristiche e sulle reti di sostegno alle loro attività. Tra i poteri a loro disposizione c’è anche la conduzione di cosiddette “indagini atipiche” a scopo preventivo, concentrate sulla raccolta e lo scambio di informazioni
Il Consiglio ha raggiunto un accordo politico sull’accordo tra Europol e la Federazione Russa avente ad oggetto il rafforzamento della cooperazione nella lotta al crimine transnazionale. L’accordo non include lo scambio di informazioni che sarà oggetto di un accordo separato. Tale cooperazione concerne anche l’immgirazione illegale, il traffico di esseri umani, la prostituzione e lo sfruttamento della prostituzione.
Il Consiglio ha adottato le conclusioni sul mandato d’arresto europeo (doc.
12413/03). Sul tema il Ministro della Giustizia italiano ha dichiarato che
l’Italia farà in tempo ad approvare i provvedimenti necessari entro il 31
dicembre 2003. Secondo il Ministro “i tempi parlamentari sono stretti, ma sono
tali che ci consentono di arrivare in tempo. Finora solo quattro Paesi su
Quindici hanno già recepito le norme sul mandato di cattura europeo. Castelli
ha ricordato che la Preseidnza italiana ha trasmesso un questionario a tutti i
Paesi europei per avere un quadro della situazione del sovraffollamento delle
carceri. Il Ministro ha poi affermato di aver concluso un accordo con la
Romania che consente il trasferimento di cittadini romeni condannati per
scontare la pena nel loro Paese d’origine.
Il Consiglio ha raggiunto un accordo
politico sulla proposta di regolamento su giurisdizione, riconoscimento ed
esecuzione delle decisioni in materia di matrimonio e responsabilità parentale.
Il regolamento si applica a qualsiasi organo giudicante in cause civili
relative a dovorzi, separazioni legali o annullamento di matrimoni così come
cause relative alla responsabilità parentale. Il regolamento stabilisce quale
sia l’autorità competente in tali materie e prevede che le decisioni saranno
riconosciute d eseguite in tutti gli Stati membri secondo quanto stabilito dal
Regolamento. È dsciplinata anche la sottrazione dei figli prevedendo regole che
disciplinino il ritorno di un figlio alla sua abituale residenza quando è stato
portato in un altro Stato membro. Tale obbligo di ritorno è esecutivo
immediatamente in tutti i Paesi membri senza bisogno di essere dichiarato tale
una volta che sia stato regolarmente emesso dal giudice di uno Stato membro. Il
Regolamento, che verrà adottato formalmente dopo essere stato rivisto dagli
esperti linguisti del Consiglio, entrerà in vigore il 1 agosto 2004 e sarà
applicato a partire dal 1 maggio 2005.
Il Parlamento ha approvato lo scorso 23 settembre la relazione
Olle Schmidt sull'iniziativa della Repubblica d’Austria in vista
dell’adozione di un regolamento del Consiglio che fissa i criteri di
determinazione degli Stati definibili Stati terzi sicuri ai fini
dell’assunzione della competenza per l’esame di una domanda di asilo presentata
in uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo e che stabilisce un elenco
degli Stati terzi europei sicuri. La relazione respinge l’iniziativa della
Repubblica d’Austria volta ad elaborare un elenco di Paesi terzi sicuri nel
contesto delle domande di asilo. L’elenco dei paesi terzi sicuri comprenderebbe
gli attuali 15 Stati membri dell’UE automaticamente, i 12 paesi candidati, la
Norvegia, l’Islanda e la Svizzera. I deputati ritengono che la lista non sia di
grande utilità, visto che solo la Svizzera vi potrebbe effettivamente rimanere.
A seguito dalla firma dei trattati di adesione, infatti, il regolamento di
Dublino II e l’acquis di Schengen si applicheranno ai dieci paesi aderenti.
Romania e Bulgaria non vi saranno comunque incluse finché il Consiglio non avrà
adottato una decisione in merito a una data successiva. Per quanto riguarda
Norvegia e Islanda, in virtù del regolamento Dublino II e dell’acquis di
Schengen, il regolamento sarà applicabile solo dopo che i due paesi avranno
notificato l’accettazione del suo contenuto e lo avranno recepito nei
rispettivi ordinamenti nazionali. L’Aula ritiene inoltre che – se davvero si
considera auspicabile un elenco comune – il concetto di paesi terzi sicuri non
dovrebbe essere oggetto di un regolamento separato, ma essere affrontato nel
quadro generale della direttiva sulle procedure d’asilo. Dovrebbe cioè esserci
un’autentica procedura d’asilo europea prima di poter identificare gli Stati
terzi sicuri.
Il Parlamento europeo ha approvato la seconda
relazione Timoth y Kirkhope sull’iniziativa della Repubblica federale di
Germania in vista dell'adozione della direttiva del Consiglio relativa all'assistenza
durante il transito nell'ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea.
Con la relazione
Carlos Coelho il Parlamento ha espresso parere favorevole sulle iniziative
della Repubblica ellenica relative alla decisione del Consiglio sulle procedure
di modifica del Manuale SIRENE e al regolamento del Consiglio sulle procedure
di modifica del Manuale SIRENE.
È stata inaugurata sabato 4 ottobre 2003 a Roma la Conferenza intergovernativa
che dovrà elaborare una modifica dei Trattati sulla base del testo adottato
dalla Convenzione sul futuro dell’Unione europea. Come previsto dall’art. 48
del Trattato UE sulla proposta di convocazione della Conferenza si sono
espresse con un parere la Commissione
europea e il Parlamento europeo con l’approvazione della relazione
José María Gil-Robles Gil-Delgado e Dimitris Tsatsos. Si veda anche il
parere della Banca
Centrale europea.
La Commissione ha presentato il 24 settembre 2003 con la comunicazione
COM(2003)558 due proposte di regolamento:
la prima che modifica il regolamento n. 1683/95 sul
modello uniforme per i visti e la seconda che modifica il regolamento (CE) n.
1030/2002 sul modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a
cittadini di Paesi terzi. L’obiettivo delle proposte è di anticipare dal
2007 al 2005 il termine per l’introduzione della fotografia, e nel contempo di
chiedere agli Stati membri di procedere in maniera armonizzata all'introduzione
di identificatori biometrici nei visti e nei permessi di soggiorno rilasciati
ai cittadini di Paesi terzi. Tali dati biometrici sono le impronte digitali
che, secondo la Commissione costituiscono la soluzione migliore per
l’effettuazione dei controlli dei precedenti, ossia l’identificazione delle
persone tramite banche dati.
L’Italia ha
presentato una proposta
di decisione del Consiglio relativa all’organizzazione di voli congiunti
per l'allontanamento dei cittadini di paesi terzi illegalmente presenti nel
territorio di due o più Stati membri, (2003/C 223/04). L’obbiettivo è pervenire
alla razionalizzazione delle operazioni di allontanamento dei cittadini di
paesi terzi, destinatari di provvedimenti di allontanamento adottati
da due o più Stati
membri, attraverso l'organizzazione di voli congiunti.
L’Italia ha presentato una proposta
di direttiva del Consiglio relativa all'assistenza durante il transito
attraverso il territorio di uno o più Stati membri, nell'ambito di
provvedimenti di allontanamento adottati dagli Stati membri nei confronti di
cittadini di paesi terzi (2003/C 223/05). L’obbiettivo della proposta è la
definizione di misure in materia di assistenza tra le autorità competenti degli
Stati membri in caso di transito scortato, attraverso il territorio di uno o
più Stati membri, di cittadini di paesi terzi destinatari di provvedimenti di
allontanamento di uno Stato membro.
Il 1 settembre è divenuto operativo DubliNET,
il sistema di trasmissione dei dati relativi ai richiedenti asilo tra i Paesi
membri più Norvegia e Islanda, previsto dal Regolamento Dublino II sullo stato
responsabile dell’esame di una domanda di asilo e che sostituisce la
Convenzione di Dublino. Il sistema è conmpatibile con Eurodac operativo dal 15
gennaio 2003 sulla comparazione delle impronte digitali dei richiedenti asilo
in modo da identificare chi ha già inoltrato una richiesta in uno Stato membro.
Il 2 ottobre 2003
la Commissione ha adottato la decisione
relativa all’accettazione da parte dell’Irlanda della direttiva 2001/55/CE
sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di
afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi
tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze
dell'accoglienza degli stessi.
La rete RAXEN
dell’Osservatorio europeo di Vienna è stata estesa ad altri 10 National Focal
Points relativi ai Paesi dell’Europa Centrale ed Orientale. Alla gara hanno
risposto in 20 offerte per i 10 Paesi costituiti dagli 8 Paesi in adesione,
Repubblic Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia e Repubblica Slovacca, e
Slovenia più Romania e Bulgaria.
Si terrà a Bruxelles il 30 e 31 ottobre prossimi la Conferenza
sull Fondo europeo rifugiati per fare il punto sulla prima fase
dell’attuazione che finirà il 1 ottobre 2004 e raccogliere informazioni e
suggerimenti sulla prossima fase. La Commissione intende adottare un nuovo
programma entro la fine del 2003 in modo che sia operativo a partire dal 1
gennaio 2005. Le iscrizioni devono essere effettuate al seguente indirizzo http://scic.cec.eu.int/scic/owa/WEB_MTKF.reg_form?confID=03JAIFER
mentre altre informazioni possono essere richieste a: JAI-EUROPEAN-REFUGEE-FUND@cec.eu.int
Si teerrà a Lecco dal 9 all’11 ottobre la Conferenza europea sulla "Cooperazione
giudiziaria in materia di diritto di famiglia internazionale". La
Conferenza é aperta ai rappresentanti degli Stati membri dell'Unione Europea e
degli Stati aderenti, nonché ai professionisti della materia e alle
associazioni e istituzioni interessate all'argomento. Tra i temi all'ordine del
giorno vi sarà la cooperazione in casi di diritto di accesso e di sottrazione
di minori. In tale contesto verrà discusso il futuro Regolamento del
Consiglio nell'ambito della potestà dei genitori ('Il Regolamento II bis di
Bruxelles'), che probabilmente sarà approvato contemporaneamente alla
celebrazione della Conferenza. La Conferenza fornirà inoltre l'opportunità di
analizzare l'applicazione del Regolamento del Consiglio n. 1347/2000 ('Il
Regolamento II di Bruxelles'), entrato in vigore il 1° marzo 2001. La Conferenza
solleverà inoltre la questione della necessità di una legislazione comunitaria
nel campo del diritto di famiglia, con particolare riguardo alle leggi
applicabili in materia di divorzio ('Roma 3') e del regime patrimoniale della
famiglia. Informazioni organizzative:
Cinzia
Bettega e Cinzia Giaccaja, Ministero della Giustizia - Ufficio coordinamento
attività internazionale.
Tel +39 06 68852528 – 2783; Fax +39 06 68853055; e-mail: cinzia.bettega@giustizia.it;
cinzia.giaccaja@giustizia.it
Si terrà a Kiev il
9 e 10 ottobre 2003 la IV conferenza regionale del Consiglio d’Europa su “Migration
policies on the eve of the EU enlargement: what challenges for future
co-operation within the East European region”. Sull’attività del Comitato
Europeo sull’immigrazione del Consiglio d’Europea si veda: http://www.coe.int/T/E/Social_Cohesion/Migration/European_Committee_on_Migration/Main%20Fields%20of%20Activity.asp#TopOfPage
Il Protocollo
n. 12 della Convenzione europea dei diritti umani sul divieto di
discriminazione è stato ratificato da 5 Stati: Bosnia Erzegovina, Croazia,
Cipro, Georgia e San Marino. Il Protocollo, firmato da 27 Paesi, tra i quali
anche l’Italia, necessita di 10 ratifiche per entrare in vigore.