PRESENTAZIONE
DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE 2003
Saluto e ringrazio S. E. mons. Garsia, Presidente emerito della Fondazione Migrantes, il Ministro dellInterno on.Pisanu e i relatori che con i loro contributi ci aiuteranno a cogliere la ricchezza di dati e soprattutto di provocazioni che il Dossier Statistico Immigrazione 2003 ci consegna come motivo di riflessione, impegno e denuncia. Saluto e ringrazio tutti voi, anche a nome di Mons. Petris direttore generale Fondazione Migrantes e di Mons. Di Tora direttore Caritas diocesana di Roma, che ancora una volta, con la vostra presenza, volete esprimere lattenzione e la passione che continuate a manifestare nei confronti della dignit di persone costrette, il pi delle volte, ad emigrare da territori di estrema povert e conflittualit.
La presentazione di questo Dossier statistico 2003 sull'immigrazione in Italia offre qualche opportunit aggiuntiva rispetto alla consueta riflessione, che pure va fatta e sar fatta in questo incontro, sulle cifre, sulle tendenze e sulle prospettive del fenomeno. Intendo dire che nelle ultime settimane, in sede politica e nella pubblica opinione, ci sono stati fatti e dichiarazioni che reclamano l'attenzione di chi, come a noi accade, non svolge soltanto un compito di registrazione dei fenomeni sociali ma opera all'interno di essi con un impulso di umanizzazione e di solidariet.
Prima di tutto i fatti
Drammatici e indicibili. Sulle coste meridionali dell'Europa arrivano solo i superstiti di una mortale odissea che inizia dai luoghi del maggior dissesto africano e si consuma con vere e proprie decimazioni nella traversata dei deserti e dei mari. Giustamente si invoca una risposta Europea per un maggior controllo ad integrazione degli accordi bilaterali di contenimento gi in essere con i paesi dell'altra sponda. Ma giunto il momento di chiedersi se anche in questo campo non sia il caso di prendere in esame un disegno di interventi pi organici o, come oggi si dice, strutturali. Le bare che si allineano sulle nostre banchine come stato scritto - sono "l'icona del dramma di un intero continente, l'Africa, in balia dei flutti del disordine economico mondiale". E' una sfida per la politica ed anche per la mentalit ed i costumi dei popoli europei. Se si vuole, come si afferma, stagnare l'emorragia non baster rafforzare la vigilanza e bloccare i mercanti dei nuovi schiavi, ma occorrer destinare allo sviluppo del continente africano le risorse necessarie per un tempo adeguato. Il turbamento della coscienza europea si supera solo se si affronta con decisione la sostanza della tragedia africana. E' una prova di solidariet che non chiede altre parole ma concrete manifestazioni di una volont che ancora non si sono avute.
Poi le dichiarazioni
Che pure hanno un valore quando si presentano come autorevoli ed impegnative. E' il caso di quelle rese dal Vice Presidente del Consiglio ai primi d'ottobre a proposito dell'introduzione in Italia del voto amministrativo per gli immigrati regolari ed anche per un possibile superamento del sistema delle "quote". Le cronache si sono esercitate nella ricerca dei motivi contingenti di una simile presa di posizione, che stata variamente collegata ad esigenze particolari connesse agli equilibri ed alle tensioni in atto tra i partiti. E' questo un profilo che non ci appartiene e neppure pu interessarci, dati la nostra collocazione ecclesiale e gli atteggiamenti pastorali che ne conseguono. Ci interessa invece - e lo diciamo esplicitamente - il contenuto della proposta che, nel frattempo, ha preso la forma di un disegno di legge su cui, come sugli altri testi gi depositati, dovr pronunciarsi il Parlamento. E' insomma auspicabile al riguardo una positiva ricerca di convergenze, che appare del resto necessaria trattandosi di una riforma costituzionale che non gode, in partenza, di una maggioranza costituita e dovr quindi cercare consensi sul campo. Pu ricavarsene l'indice di un incipiente sentire comune su un tema impegnativo come quello dell'immigrazione, del modo di intenderla, delle soluzioni da approntare ai problemi che pone. Crediamo che nessuno oggi sia in grado di prefigurare i tempi e i modi di approdo della proposta ed bene mantenere al riguardo un atteggiamento di prudenza. Ma intanto doveroso prendere atto che un dibattito si aperto su un versante fin qui poco esplorato e che comporta scostamenti significativi dagli ormeggi abituali.
In realt oggi in Italia esistono almeno 750.000 immigrati presenti da pi di 6 anni e solo 150.000
hanno avuto la carta di soggiorno, mentre migliaia di immigrati vivono la lunga
attesa burocratica per avere accesso a uno strumento di cui hanno diritto.
Inoltre, 350.000 persone immigrate sono presenti sul territorio nazionale da
almeno 10 anni e di queste solo 100.000 di cui il 90% in seguito a matrimonio
con italiani - hanno ottenuto la cittadinanza. L'idea del voto agli immigrati regolari pu
essere tradotta in vario modo. Si pu operare sulla Costituzione, sulle leggi
ordinarie, sulle regole di acquisizione delle cittadinanza. Ci si pu fermare
all'elettorato attivo o si pu giungere all'elettorato passivo, come sarebbe
giusto e desiderabile. Ma non ci si pu accostare all'idea del voto agli
immigrati, o comunque ad un loro coinvolgimento partecipativo nella vita delle
comunit, se prima non si presa confidenza con il concetto di integrazione
delle persone nella societ
in cui si innestano. Una carenza di sensibilit su questo versante avevamo evidenziato quando, in
sintonia con l'avviso dei Vescovi italiani, abbiamo rilevato il carattere
restrittivo dell'ultima legge votata in materia dal Parlamento. Non era, il
nostro, un atteggiamento corrispondente alla caricatura che se ne faceva:
quella che lo dipingeva come favorevole ad un'apertura indiscriminata e
incontrollata. Non eravamo e non siamo contrari a politiche che includano forme
efficaci di controllo alle frontiere sia su scala nazionale che comunitaria.
Non accettiamo invece una visione delle migrazioni che riduca tutto a questione
d'ordine pubblico e l'abbiamo contrastata sia sotto il governo attuale che i
precedenti. Per questo anche ultimamente abbiamo segnalato ritardi, incertezze
e limiti del corso delle "regolarizzazioni", cos come abbiamo espresso preoccupazioni per
una tendenza europea che sembra promettere solo inasprimenti e respingimenti di
massa, con un allarme speciale per la sorte dei rifugiati.
A maggior ragione non potevamo tacere, e non abbiamo taciuto, in presenza di affermazioni e scelte che rivelavano tracce evidenti di una cultura chiusa ed esclusivista, come quella che subisce l'immigrazione come una infezione inevitabile dalla quale liberarsi al pi presto. Non era tanto il legame tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno a creare apprensione, quanto le pulsioni miranti a rendere tale rapporto il pi precario ed il pi breve possibile. Il richiamo di questi precedenti consente di mettere a fuoco in modo appropriato l'apprezzamento per una scelta - quella del voto - che non avrebbe significato se non presupponesse uno scenario d'immigrazione non pi basato sulla precariet ma sulla (relativa) stabilit e quindi sull'integrazione delle persone, delle famiglie, dei gruppi nelle societ di arrivo.
Alla presa in considerazione di una prospettiva
di integrazione si pu
arrivare da vie diverse:
-
ci pu essere
una motivazione umanitaria o di giustizia;
-
e ci pu essere
una motivazione di realismo politico che vede l'integrazione come un argine al
disordine sociale.
Con la filosofia semplice di Papa Giovanni
XXIII noi diciamo che conta non il punto di provenienza ma quello di arrivo. Il
voto agli immigrati non pu non essere, sotto tale profilo, che il riflesso di
una scelta di campo, appunto, per un'integrazione graduale ma senza
ripensamenti di quanti vengono da noi; perch noi ne abbiamo bisogno e perch
hanno il diritto di essere considerati come esseri umani e non come strumenti "usa
e getta".
Sono sotto gli occhi di tutti, del resto, episodi e situazioni in cui l'integrazione funziona e produce effetti positivi in ogni direzione. I "Fratellastri d'Italia", come li chiama il recente libro di Corrado Giustiniani (Laterza 2003) analizza e mette in bella copia ci che i nostri Centri d'ascolto e di accoglienza constatano ogni giorno:
-
un popolo
altro da noi vive e lavora in
mezzo a noi, spesso completando e spesso sostituendo le nostre funzioni;
-
una crescente
presenza di immigrati imprenditori, venuti su dal nulla affrontano i rischi del mercato;
-
e non mancano
neppure, come rivela il libro citato, casi di immigrati che hanno voluto
scrivere le loro storie nella nostra lingua, qualificandosi come veri "ambasciatori
di culture";
-
o casi
controcorrente come quello che si verifica nel Nord Est, un'area comunemente
assegnata alla pratica della xenofobia ma dove, esattamente a Monfalcone,
l'assessorato ai lavori pubblici del comune retto da un ingegnere senegalese.
Dalle constatazioni che precedono trae forza
l'istanza di provvedere da subito a garantire agli immigrati, prima ancora del
voto, le condizioni di agibilit civile indispensabili per una vita dignitosa;
e quindi:
-
la copertura
sanitaria,
-
la praticabilit
dell'istruzione,
-
la tutela delle
famiglie,
-
l'accesso
all'abitazione,
-
il sostegno sociale
nei casi di estremo bisogno.
In una parola, tutto quel che rende
sostanziale una cittadinanza che mediante il voto riconosciuta in modo
significativo ma soltanto formale.
La segnalazione e l'apprezzamento del movimento in atto sul piano politico non copre tuttavia
l'intero orizzonte delle questioni aperte o che si aprono in prospettiva. Pi
volte abbiamo segnalato ritardi e anomalie nell'accoglienza di chi chiede
asilo, una materia per la
quale l'Italia si distingue per il perdurare di una preoccupante carenza
normativa specifica, anche se -
notizia di questi giorni finalmente ripreso liter della legge in Commissione Affari Costituzionali
della Camera.
Vorrei per segnalare, alla fine di questa
introduzione, un problema sul quale neanche noi, doveroso ammetterlo, abbiamo
ancora riflettuto a sufficienza. Intendo riferirmi all'allargamento o meglio al
completamento dell'Unione Europea ed al fatto che, conseguentemente, i
cittadini dei paesi in procinto di entrarvi saranno a tutti gli effetti
cittadini europei con i relativi diritti e doveri. Ad alcuni stati, tra cui
l'Italia, si attribuisce la volont di usufruire della clausola che consente di
dilazionare nel tempo il riconoscimento di tali diritti ed in particolare della
libert di movimento. Se ci accadesse, si verrebbe a configurare, nella realt
del paese, una nuova categoria di persone immigrate: accanto ai comunitari ed agli extra comunitari si collocherebbero infatti quelli che
potremmo chiamare i paracomunitari titolari di una cittadinanza differita: una figura non facilmente configurabile sul piano
giuridico e sicuramente portatrice di complicazioni sul piano pratico. Mi
domando perci se non sarebbe preferibile semplificare le cose fin dall'inizio
dando immediatamente respiro e consistenza ad una cittadinanza europea per
tutti gli europei.
un problema questo che, approfittando della sua presenza, sottopongo all'attenzione del Ministro sapendo che sull'argomento esistono anche in Italia punti di vista diversi; e che quindi non sarebbe pregiudicato un orientamento positivo. Proprio in questi ultimi mesi e nelle ultime vicende abbiamo avuto la conferma di una nostra antica convinzione che, terminando, vorrei ribadire. La convinzione che nel governare e nellaccompagnare le migrazioni si va sempre fuori misura quando si cerca di incidere con atti volontaristici, in genere a sfondo ideologico, su una realt che viceversa si esprime come una dimensione vitale del divenire umano. Caritas Italiana, Fondazione Migrantes e Caritas diocesana di Roma, nel presentare questa edizione del dossier 2003, ribadiscono di considerare le migrazioni contemporanee come un dato con cui convivere. E come un'opportunit da non sciupare. Non abbiamo preclusioni o pregiudizi etnico-razziali. Accettiamo tutte le misure, comprese le pi sofisticate tecnologie, per combattere il traffico delle persone e le speculazioni sulla miseria. Lavoriamo perch siano percorse strade di giustizia e di sviluppo in questo mondo tanto globalizzato quanto frammentato in isole di egoismo.
Siamo contro ogni fondamentalismo. Riteniamo essenziale da un punto di vista giuridico il rispetto di ogni legge vigente in Italia e unampia azione di educazione alla legalit diffusa. E riteniamo altres importante dal punto di vista culturale la cura e il rispetto delle radici cristiane della nostra nazione e dellEuropa stessa.
Rappresentiamo un punto di vista che si accredita non solo per l'ispirazione cristiana che ci anima ma anche per un esercizio sul campo che affronta ogni giorno la prova dei fatti e il giudizio di tutti. Sono questi i titoli che ci spingono ad insistere affinch il capitolo dell'integrazione non sia frettolosamente chiuso, magari come prezzo da pagare ad una improbabile ragion politica. Riteniamo infatti che solo nell'integrazione pu essere messo a frutto il contributo delle culture originarie degli immigrati, senza imposizione di formule di assimilazione che distruggono le identit e deformano le convivenze. Ma sappiamo altres che solo nell'integrazione si realizza una metamorfosi non superficiale e temporanea dei sopraggiunti da ospiti a nuovi cittadini; e che ci determina il superamento di equivoci, indecisioni e paure che ancora percorrono la societ e sono spesso alimentate senza motivo.
In definitiva noi crediamo che la vera integrazione sta nel rispetto e nella valorizzazione reciproca: rispettando le culture di origine degli immigrati che non si ostacola ma si facilita, in essi, la conoscenza e il rispetto per la cultura e le regole della nostra societ. Se immigrazione diventer sinonimo di coinvolgimento nei termini indicati, molte cose potranno cambiare.
Certamente in meglio. Grazie.