Africa Insieme nota che le Questure di Pisa e di Lucca danno una interpretazione
particolare del combinato disposto dagli articoli 4 comma 3 e 5 comma 5 del
Dlgs 286, cos come modificato dalla legge 189/2002 e come chiarito dal
Messaggio telegrafico n. 300/C2003/1851/P/12.22211/1^div. del 9.9. 2003.
Nella maggior parte
dei casi negano infatti il rinnovo del soggiorno a chi abbia commesso un reato.
E assolutamente indifferente che il reato sia stato commesso prima o dopo
lentrata in vigore della legge 189. Non si tiene neppure conto del fatto che
il reato stesso sia stato compiuto prima del rilascio o del rinnovo dellultimo
soggiorno. Il reato / condanna pu
anche risalire a dieci o dodici anni fa.
E indifferente che
ci sia stata condanna patteggiata o meno ed anche la gravit della condanna.
E indifferente
anche che la condanna sia definitiva oppure no.
E indifferente
anche che linserimento sociale (lavoro e casa) della persona sia pi o meno
buono.
Non ci si richiama
a nessuna sentenza del giudice che attesti la pericolosit sociale del
soggetto, ma, eventualmente, a mere segnalazioni di polizia.
Ci sembra che a
decidere fra il s e il no a domande di rinnovo, peraltro simili come
condizioni attuali e di partenza, siano considerazioni extralegali e prive di
riferimenti normativi precisi.
Ad esempio Lucca
impone a chiunque voglia rinnovare il soggiorno ed abbia nel suo passato una,
seppur minimo, reato, di diventare un delatore, Pisa procede in forma pi
rizomatica: oltre al metodo lucchese (rinnovo del soggiorno come premio per la
delazione), agiscono simpatie o antipatie personali, desideri di vendetta,
appartenenza della persona a categorie momentaneamente inserite in progetti
miliardari ( ad esempio una volta tanto essere nomade/rom abitante al Campo e
quindi inserito nel progetto regionale gestito dal Comune Le citt sottili
pu fare la differenza in positivo:
il Rom che abbia commesso uno o pi reati si regolarizza, gli altri, nelle stesse condizioni, ricevono un
rifiuto )
Prima della
risposta alla domanda di rinnovo di chi abbia avuto i problemi sopra accennati
passano dagli otto ai dodici mesi. Poi arriva il rifiuto cui si pu rispondere
soltanto con costosi e lentissimi ricorsi al TAR.
Queste procedure
generano sofferenza sociale ed umana: si interrompono, infatti, difficili
percorsi di inserimento, si crea quindi marginalit e nuove fasce di persone
impedite, per lungo tempo (la procedura consuma da uno a due anni) di
guadagnarsi da vivere onestamente. Spesso, dopo un anno di attesa senza
soggiorno e quindi senza lavoro,
queste persone non sono pi in grado di affrontare le spese di un
ricorso al TAR. Diventano cos di nuovo clandestini, con tutto ci che questo
comporta.
Umanamente si
genera un senso di ingiustizia e unumiliazione intollerabili in chi, dopo
essersi inseriti nel mondo del lavoro, aver superato vecchie amicizie e tanti
pregiudizi, dopo, magari, una sentenza del giudice che ha decretato la sua non
pericolosit sociale e quindi dopo aver rinnovato il proprio soggiorno gi tre
quattro volte dopo il reato, si trova ad un rifiuto: un brutto schiaffo
che ricaccia indietro di anni e
per cui non si vedono motivazioni accettabili.
Linterpretazione
data dalle questure della Toscana cui facciamo qui riferimento allarga in
negativo la discrezionalit nei tempi, nella tipologia dei reati, nel grado di
giudizio: non si distingue fra denunciato o indagato o imputato o semplicemente
oggetto di segnalazione poliziesca.
Ci chiediamo e
chiediamo agli altri
a) se questo accada anche nel resto di Italia
b) che cosa si stia facendo altrove che non siano i semplici ricorsi al
TAR
c) se non si ritiene che anche questa materia debba essere oggetto di
segnalazioni al Ministero, convegni e documenti che cerchino di modificare la
norma, da un lato, ma anche di limitare i danni di una interpretazione
restrittiva e discrezionale, oltre che illegittima, della norma stessa.