I criteri di
ammissione dei migranti per lavoro, tra normativa italiana e armonizzazione
europea: la difficile gestazione del diritto di immigrazione
1. Lasimmetria asilo-immigrazione. 2.
Mercato ideale e mercato reale. 3. La politica migratoria italiana dal 1987 ad
oggi. 4. Una politica alternativa. 5. Le esperienze simili: sponsorizzazione e
auto-sponsorizzazione. 6. La conversione turismo-lavoro. 7. Verso un diritto di
immigrazione? Le incerte prospettive del processo di armonizzazione europea.
1. Lasimmetria asilo-immigrazione
I flussi migratori verso i paesi ad
economia avanzata vengono tipicamente classificati in base ai motivi principali
che li determinano, distinguendo almeno in prima approssimazione - tra flussi
di rifugiati (in fuga da persecuzioni) e flussi di immigrati (alla ricerca di
migliori condizioni economiche). Questa classificazione pu apparire forzata
quando si tenti di applicarla al singolo migrante, dato che spesso le ragioni
che ne hanno determinato la partenza sono una miscela di bisogni economici
inappagati e di diritti fondamentali non rispettati. Essa per corrisponde al diverso assetto giuridico
sviluppato dagli Stati in risposta a ciascuna componente del flusso migratorio.
Mentre, infatti, alla fuga dalle condizioni di persecuzione corrisponde, negli
ordinamenti nazionali dei paesi ad economia avanzata e nellordinamento
internazionale, un preciso diritto il diritto dasilo , nessun ordinamento
prevede un corrispondente diritto di immigrazione per coloro che fuggano
da condizioni economiche insopportabili n, a maggior ragione, per coloro che
aspirino, pi semplicemente, a un incremento del proprio benessere[1].
Questa asimmetria ha conseguenze piuttosto modeste sulle condizioni di
inserimento, nel paese ospitante, del rifugiato o dellimmigrato per lavoro:
non vi un significativo privilegio del primo rispetto al secondo, dal momento
che la condizione del rifugiato , sotto molti aspetti, equiparata dalle
convenzioni internazionali alla pi favorevole tra quelle previste per i
cittadini stranieri[2], e
questultima, tipicamente, corrisponde proprio alla condizione del lavoratore
immigrato. Le conseguenze sono invece evidentissime in relazione allammissione
nel paese darrivo. Lo straniero rifugiato matura il diritto dasilo in seguito
a circostanze che prescindono dalla situazione o dalle scelte contingenti del
paese in cui si rifugia. Lo si considera quindi, al momento dellarrivo, il
massimo conoscitore della sua condizione[3].
Chi si dichiari perseguitato quindi ammesso nel territorio dello stato,
almeno fino a quando la sua richiesta di asilo si riveli, in seguito a un esame
pi approfondito, infondata[4].
La mancanza di un diritto di
immigrazione, invece, fa s che lammissione dellimmigrato nel territorio
dello stato sia fondata prioritariamente sulla convenienza del paese darrivo:
non pi la condizione soggettiva dello straniero a determinare la decisione
sul suo ingresso, e non vi alcun automatismo che lo protegga sia pure
temporaneamente dallallontanamento[5].
2. Mercato ideale e mercato reale
A chi spetta stabilire che cosa sia
conveniente, con riferimento al flusso di immigrazione per motivi economici?
Una prima, plausibile risposta che la decisione sia lasciata alla libera
composizione degli interessi degli attori in gioco (stranieri migranti che
offrono lavoro[6] e datori di
lavoro residenti che lo domandano): devono essere, cio, determinate dal
mercato. Un mercato del lavoro aperto ai lavoratori immigrati, tuttavia, pu
presentare costi sociali non ben rappresentati dal sistema dei prezzi le
cosiddette esternalit negative. Le pi importanti tra queste esternalit
corrispondono ad altrettanti beni pubblici potenzialmente minacciati
dallimmigrazione: la sicurezza pubblica, il benessere delle fasce deboli della
popolazione attiva, le strutture dello stato sociale. Alla base di questa
minaccia vi la distanza fisica
ed economica tra i paesi di emigrazione e quelli di immigrazione. Questa
distanza, infatti, fa s, tipicamente, che il migrante in arrivo risulti
incognito alle autorit preposte alla salvaguardia dellordine pubblico, privo
di risorse economiche e scarsamente informato sul paese darrivo. La prima di
queste caratteristiche spesso percepita come un fattore di rischio per la
sicurezza pubblica: vi un timore diffuso, e talvolta fondato, che uno
straniero dal passato difficilmente ricostruibile risulti vettore di attivit
criminali o possa esserne, comunque, facilmente attratto.
La seconda caratteristica la povert
delle risorse pu fare del lavoratore straniero un concorrente molto
aggressivo per i lavoratori nazionali meno qualificati, dal momento che si
traduce in un salario di ingresso (la soglia minima per linstaurazione di un
rapporto di lavoro appetibile per il lavoratore) molto pi basso di quello di
lavoratori sindacalizzati o comunque protetti dal sistema di solidariet
familiare.
La terza caratteristica la mancanza di
informazione sul paese di arrivo e, in particolare, sulla situazione del
mercato del lavoro e sullesistenza e localizzazione di effettive opportunit
di impiego determina, se combinata con la povert di risorse, un forte
rischio di fallimento del progetto migratorio: ove non riesca a raggiungere in
un tempo ragionevole un inserimento lavorativo sufficientemente remunerato,
possibile che il migrante si trovi per lentit delle spese di viaggio o per
limpossibilit di ripianare i debiti eventualmente contratti per migrare
nelloggettiva impossibilit di rimpatriare e cada in condizioni di grave indigenza.
In unottica un po astratta di lassaiz faire, la societ di
accoglienza potrebbe accettare supinamente questa situazione, attendendo che la
marginalit di queste fasce di immigrazione non inserita agisca come fattore
repulsivo rispetto a ulteriore immigrazione di soggetti con le stesse
caratteristiche: un equilibrio sarebbe allora comunque raggiunto, a spese della
sofferenza di un certo numero di individui deboli. Tuttavia, il mancato accesso
di questi soggetti ad un sufficiente livello di risorse comporterebbe
limpossibilit, per loro, di godere di diritti elementari e, in definitiva, la
destabilizzazione dellordinamento sociale. Assodata limpraticabilit di
questa indifferenza istituzionale, alle autorit non resterebbe che
soccorrere con misure di assistenza gli immigrati a rischio di esclusione
sociale (per ipotesi, qui, liberi di soggiornare). Si perderebbe per, questa
volta, leffetto di repulsione, rispetto a nuovi ingressi, dellesperienza
diffusa di insuccesso. Il problema, in assenza di qualunque meccanismo di
controreazione, si ripresenterebbe immutato con la successiva ondata
migratoria, e le strutture dello stato sociale potrebbero essere messe in
ginocchio.
Lesistenza di queste esternalit
negative (o, pi semplicemente, il rischio che esse si presentino) giustifica
un intervento correttivo statale rispetto al puro meccanismo di mercato.
Riguardo al problema della sicurezza, le misure da adottare non possono che
coincidere con quelle gi messe in atto nellazione di repressione della
criminalit autoctona e, per altro verso, nel controllo dellidentit e degli
eventuali precedenti penali o collegamenti con organizzazioni criminali di
qualunque straniero in ingresso (il turista, per esempio). Quale che sia
leffettivo livello di efficacia di queste misure, non vi , comunque, alcun
elemento ulteriore che debba essere introdotto con riferimento specifico alla
migrazione per lavoro.
Riguardo alla protezione dei lavoratori
nazionali pi deboli, una attenuazione della concorrenza esercitata dai
lavoratori stranieri pu essere conseguita imponendo e verificando il rispetto
degli standard minimi di trattamento previsti dalle leggi o dalla
contrattazione collettiva. E un problema col quale ogni economia che presenti
un significativo tasso di disoccupazione involontaria deve fare i conti. I
lavoratori privi di occupazione regolare (gli outsiders del mercato del
lavoro) hanno infatti interesse a pattuire retribuzioni pi basse, in modo da
neutralizzare lo svantaggio che deriva loro, ai fini dellaccesso a
unoccupazione regolare, dagli alti costi di sostituzione dei lavoratori
occupati (gli insiders), protetti dalle limitazioni della facolt di
recesso del datore di lavoro. Quanto sia opportuno il mantenimento di un
sistema di tutele inderogabili (minimi retributivi e alti costi di
sostituzione) che di fatto equivale a proteggere gli insiders dalla
concorrenza di tutti gli outsiders (anche quelli nazionali) questione
ampiamente dibattuta in questi anni, che esorbita dal tema limitato di questo
saggio. Ai fini per della nostra trattazione, resta vero che, assumendo che il
livello di tutela sia determinato in modo esogeno, la presenza di lavoratori
migranti non altera il quadro delle disposizioni da applicare, n quello delle
misure necessarie per attuarle.
Peculiarmente collegato al fenomeno
dellimmigrazione per lavoro invece lintervento richiesto a salvaguardia
dello stato sociale. E da notare, sulla base di quanto detto sopra, come sia
il concorso di due caratteristiche del migrante la mancanza di informazione
adeguata e quella di risorse a determinare le condizioni per il fallimento
del progetto migratorio dello straniero. Leventuale incapacit di rimpatriare
con le proprie forze non si tradurrebbe, infatti, di per s, in un rischio di
emarginazione per migranti perfettamente informati sullofferta di lavoro, dal
momento che essi non avrebbero difficolt a trovare inserimento (ovvero si
asterrebbero proprio dal migrare, in caso di inserimento impossibile); cos
pure, linsuccesso conseguente a un difetto di informazione non nuocerebbe
troppo a immigrati capaci di invertire per tempo la rotta. E sufficiente
allora porre rimedio a uno solo di questi due aspetti; lintervento correttivo
pu consistere, cio, nel condizionare lammissione dellimmigrato al
soddisfacimento di opportuni requisiti che facciano riferimento al possesso di
uninformazione sufficiente o, in alternativa, di capacit di rimpatrio
adeguate.
3. La politica migratoria italiana dal
1987 ad oggi
In Italia, dal 1987 vale a dire,
dallentrata in vigore della prima legge di rilievo sullimmigrazione, la l.
943/1986 a oggi, il Legislatore si dimostrato molto affezionato alla prima
delle sue possibilit appena considerate. Sulla base di disposizioni che hanno
resistito a tutte le riforme in materia, lingresso di lavoratori stranieri
stato generalmente condizionato, mediante la procedura di preventiva
autorizzazione al lavoro[7]
(o di procedure equivalenti[8]), allesistenza di una proposta di
contratto di lavoro avanzata da parte di un datore di lavoro, con lintento di
evitare che limmigrato possa trovarsi, in Italia, incapace di trovare
sistemazione lavorativa. Per legge o per regolamento, sono stati poi introdotti
requisiti aggiuntivi che garantiscano la solidit di quel contratto (ad
esempio, una adeguata capacit economica del datore di lavoro[9])
o prevengano le conseguenze di una possibile incompletezza di informazione in
relazione ad altri mercati comunque significativi per la valutazione, da parte
del lavoratore, delle condizioni di inserimento (la garanzia di un alloggio a
disposizione del lavoratore[10]).
Rispetto a questo quadro di riferimento,
la normativa italiana ha offerto allesecutivo alcune altre manopole mediante
le quali introdurre ulteriori restrizioni o rilassamenti delle condizioni di
ingresso. Tra le prime, la possibilit di fissare limiti superiori al numero di
ingressi di lavoratori stranieri in un anno (le cosiddette quote)[11]
e laccertamento preventivo di indisponibilit di manodopera nazionale o
comunitaria quale condizione necessaria per lautorizzazione di un nuovo
ingresso[12]. Tra le
seconde, la pi nota quella, prevista dallart. 23 del Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dellimmigrazione e norme sulla
condizione dello straniero[13] (t.u.) prima di
essere soppressa dalla l. 189/2002 (cosiddetta legge Bossi-Fini), relativa
allingresso, nei limiti della quota appositamente fissata annualmente dal
Governo, per inserimento nel mercato del lavoro: lammissione di un
lavoratore straniero per un anno di ricerca di lavoro sul posto, condizionata
allimpegno di un garante (sponsor) riguardo allalloggiamento, al
sostentamento e allassicurazione contro i rischi in materia sanitaria del
lavoratore fino a inserimento avvenuto[14],
e alla copertura delle spese di rimpatrio in caso di insuccesso[15].
Accanto a questa forma di ingresso, va ricordata quella anchessa cancellata
dalla legge Bossi-Fini che potremmo chiamare auto-sponsorizzazione[16]: lingresso,
cio, di lavoratori iscritti in apposite liste di prenotazione[17]
e capaci di provvedere al proprio sostentamento ed alle eventuali spese di
rimpatrio[18], fino a
esaurimento della quota di ingressi per inserimento nel mercato del lavoro
eventualmente residuata ai primi sessanta giorni di applicazione del decreto di
programmazione dei flussi.
Lesame di come queste disposizioni e
lapplicazione che ne stata data abbiano giocato nellinfluenzare landamento
dellimmigrazione in Italia importante per operare previsioni su quanto
deriver dallapplicazione della legge Bossi-Fini e per giudicare landamento
del confronto in corso, in sede europea, sullarmonizzazione delle condizioni
di ingresso e soggiorno per lavoro degli immigrati.
La politica di controllo dei flussi
migratori presenta, in Italia, dal 1987 ad oggi, cinque fasi. La prima fase,
dal 1987 al 1990, regolata dalla l. 943/1986. Lingresso del lavoratore
condizionato alla sua preventiva chiamata da parte di un datore di lavoro,
possibile solo quando sia stata accertata lindisponibilit di manodopera
residente a ricoprire quello specifico posto di lavoro[19].
Si registra, in quegli anni, un flusso stimabile in circa 13.000 lavoratori per
anno[20].
La seconda fase (1991-1996) regolata
dalla l. 39/1990 (la cosiddetta legge Martelli). Il Governo potrebbe imporre,
con il decreto annuale di programmazione dei flussi, un limite superiore al
numero di ingressi; nei fatti, tuttavia, non lo impone. La condizione resta
cos quella del preventivo impegno allassunzione, a valle dellaccertamento di
indisponibilit, cui viene aggiunta, con i decreti ministeriali di
programmazione dei flussi, quella dellofferta di un alloggio adeguato per il
lavoratore da parte del datore di lavoro[21].
I decreti di programmazione di quegli anni, per, impediscono lassunzione di
lavoratori residenti allestero in tutti i casi in cui vi sia possibilit di
occupare nel posto di lavoro altro cittadino extracomunitario gi regolarmente
residente in Italia[22].
A causa dellalto numero di immigrati formalmente disoccupati, sono permesse
cos, nei fatti, solo le assunzioni di lavoratori da adibire a servizi
domestici, per le quali, anche per i lavoratori italiani, consentita la
chiamata nominativa[23],
senza riguardo per la graduatoria dei lavoratori disoccupati iscritti nelle
liste di collocamento. Negli ultimi anni di questa seconda fase, le assunzioni
sono anche condizionate, dalle circolari di applicazione dei decreti di
programmazione, al fatto che il datore di lavoro sia in possesso di un reddito
sufficientemente alto[24].
Gli
ingressi per lavoro ammontano, durante lintero periodo, a circa 22.000 per
anno.
Nel biennio 1997-1998 (terza fase),
vigente ancora la legge Martelli, il Governo impone formalmente un tetto al
numero di ingressi per anno. Si tratta per di limiti determinati come semplice
estrapolazione dei valori registrati negli anni precedenti[25].
Permanendo invariate le altre condizioni per lammissione per lavoro,
probabile, cos, che questo vincolo non abbia comportato un effettivo
restringimento del canale di ingresso. In media, sono ammessi, nel biennio,
circa 20.000 lavoratori per anno.
La quarta fase, dal 1999 al 2001,
caratterizzata dallapplicazione della l. 40/1998 (la cosiddetta legge
Turco-Napolitano)[26].
Scompare la condizione di accertamento di indisponibilit, mentre limposizione
di tetti sul numero di ingressi diventa la norma. Le altre condizioni restano
sostanzialmente immutate, pur acquistando il rango di disposizioni
regolamentari ( il caso del reddito in capo al datore di lavoro) o, addirittura,
di legge (la sistemazione alloggiativa del lavoratore). La generalizzazione
dellesonero dallaccertamento di indisponibilit provocherebbe, di per s, un
innalzamento significativo del numero degli ingressi e lampliamento della
relativa tipologia, quanto a settori di impiego; cos il rispetto del tetto
stabilito dai decreti di programmazione dei flussi (e determinato con banale
riproposizione dei valori fissati negli anni precedenti) a risultare, nei
fatti, la condizione pi restrittiva. Oltre agli ingressi per chiamata
nominativa in media, circa 22.000 per anno[27]
, nel 2000 e nel 2001 vengono ammessi 15.000 lavoratori per anno per inserimento
nel mercato del lavoro (lingresso per ricerca di lavoro protetto da sponsor). Nello stesso
biennio, nei limiti di quote destinate (e non pienamente utilizzate) a paesi
che hanno stipulato accordi con lItalia per il contrasto dellimmigrazione
clandestina[28], viene
anche ammesso, per auto-sponsorizzazione, un certo numero di lavoratori
albanesi, marocchini e tunisini (circa 3500 ingressi, ad esempio, nel 2000).
La quinta fase, nel triennio 2002-2004,
regolata da una parziale applicazione della legge Bossi-Fini. Soppressa la
possibilit di ingresso per inserimento nel mercato del lavoro (con
sponsorizzazione o auto-sponsorizzazione), la regolamentazione degli ingressi
per chiamata da parte di un datore di lavoro non registra rilevanti
innovazioni: un po per la sostanziale coincidenza al di l della propaganda
politica tra la disciplina originale (legge Turco-Napolitano) e quella
riformata[29]; un po
perch, nelle more dellemanazione dei regolamenti di attuazione della nuova
legge, la seconda non pu dispiegare appieno i pochi elementi peculiari. I
decreti di programmazione dei flussi (nella forma di decreti di programmazione
transitoria[30]) ammettono
circa 14.000 lavoratori
subordinati[31] per il
2002,10.000 per il 2003, 27.000 per il 2004[32].
Accanto a questo quadro corrispondente
allapplicazione delle disposizioni a regime, sono state adottate, nello
stesso periodo, cinque sanatorie, rese necessarie dal disagio determinato
dallalto numero di stranieri privi di permesso di soggiorno, ma di fatto
stabilmente inseriti nella societ e nel mercato del lavoro. Pur variando, tra
una sanatoria e laltra, le condizioni per ottenere il permesso di soggiorno,
unapplicazione via via pi rilassata delle norme corrispondenti ha finito,
volta per volta, per includere quasi integralmente, tra i beneficiari del
provvedimento di sanatoria, il bacino di immigrati in condizioni illegali
accumulatosi fino alla scadenza dei termini utili per fruirne. Hanno cos
ottenuto la regolarizzazione della propria posizione circa 120.000 stranieri
nel 1987, 220.000 nel 1990, 250.000 nel 1996, 240.000 nel 1999, 650.000 nel
2002[33].
Dalle cifre appena riportate ricaviamo
che il numero di posizioni sanate, tra gli stranieri che abbiano fatto ingresso
nel periodo 1991-2002, di circa 1.140.000, con una media di 95.000 per anno[34];
lingresso legale per lavoro subordinato ha riguardato invece circa 246.000
immigrati (20.500 per anno)[35].
Si vede allora che non possibile considerare le sanatorie come interventi
meramente correttivi di una situazione determinata, a grandi linee, dalle norme
a regime. E vero il contrario: oltre quattro quinti degli accessi a un
permesso di soggiorno per lavoro subordinato hanno avuto luogo grazie a un
provvedimento di sanatoria[36];
meno di un quinto attraverso un ingresso basato sulla richiesta da parte di un
datore di lavoro.
Questa conclusione rafforzata dal dato
qualitativo ricavato dallesperienza di tutte gli organismi associazioni,
sindacati, istituzioni ecclesiali, etc.
che lavorano a contatto con immigrati. E noto che le chiamate
nominative di lavoratori residenti allestero riguardano in realt, nella
stragrande maggioranza dei casi, lavoratori di fatto gi presenti in Italia,
per lo pi illegalmente, a seguito di un ingresso clandestino o del
prolungamento irregolare di un soggiorno legale. In altri termini, anche nel
caso degli ingressi formalmente legali per lavoro (con chiamata nominativa), si
in presenza, in genere, di regolarizzazioni camuffate di situazioni
originariamente illegali. Se ne pu concludere che, tra coloro che sono
arrivati a conquistare un permesso di soggiorno per lavoro, la percentuale di
quelli che hanno dato vita ad un aggiramento delle norme relative alle
condizioni di ingresso per lavoro compresa tra lottanta e il cento per
cento.
Il difetto, qui, potrebbe essere
associato, in linea di principio, a ciascuno dei requisiti imposti nei diversi
periodi. Possiamo avvalerci del fatto che le varie fasi siano state
caratterizzate da combinazioni diverse di quei requisiti per valutare
separatamente leffettiva rilevanza di ognuno di essi. Notiamo cos che i
limiti numerici non hanno agito fino al 1997; che i requisiti di reddito e
alloggio non erano in vigore prima dellentrata in vigore della legge Martelli;
che laccertamento di indisponibilit stato soppresso dalla legge
Turco-Napolitano (e non ancora rientrato in vigore, dopo lapprovazione della
legge Bossi-Fini, nelle more dellemanazione del Regolamento di attuazione[37]).
La sostanziale costanza del fenomeno dellelusione delle norme in tutto il
periodo considerato indica allora come la causa principale di esso sia da
ricercare nellunica disposizione che rimasta in piedi durante lintero
periodo: quella che impone al datore di lavoro di impegnarsi ad assumere lo
straniero quando ancora questi risiede allestero prima, cio, del suo
ingresso formale in Italia come lavoratore immigrato. Non difficile, del
resto, individuare le ragioni per cui questa disposizione induca a una
violazione delle prescrizioni di legge. Linserimento di immigrati
nelleconomia italiana riguarda, infatti, prevalentemente il settore dei
servizi alla persona (la collaborazione familiare, lassistenza domiciliare
agli invalidi, la cura di bambini e anziani) e quello della piccola impresa.
Entrambi questi settori sono basati su rapporti di lavoro con un forte
contenuto fiduciale: perch il rapporto si costituisca indispensabile un
incontro diretto tra datore di lavoro e lavoratore. Un lavoratore che attenda
dallestero la chiamata da parte di un datore di lavoro, senza che un incontro
vi sia stato, pu attenderla inutilmente per tutta la vita. E indotto cos ad
entrare in qualunque modo in Italia per trovare sul posto unopportunit di
inserimento. Se gli possibile fare ingresso legalmente (per turismo, per
esempio), utilizza il tempo che ha a disposizione per cercare lavoro e, se
questo non basta, si trattiene oltre i termini del soggiorno legale, finch la
ricerca non coronata da successo. Se non riesce a entrare legalmente,
percorre, con la stessa finalit, vie di accesso clandestino. Una volta trovata
unoccupazione (in condizioni comunque illegali, data la mancanza di un
permesso di soggiorno che lo abiliti allo svolgimento di attivit lavorativa[38]),
il lavoratore regolarizza la propria posizione di soggiorno e di lavoro grazie
alla prima sanatoria utile o alluso improprio (rectius, forzato), di
cui si detto, della richiesta da parte del datore di lavoro. In questultimo
caso, il lavoratore torner temporaneamente in patria, rientrando in Italia
dopo aver ottenuto il visto di ingresso per lavoro subordinato.
4. Una politica alternativa
Con riferimento al problema generale del
rimedio degli effetti negativi della distanza originaria, lerrore della
politica migratoria fin qui adottata sta evidentemente nel considerare
lesistenza di un contratto anteriore allingresso come rimedio contro lincompletezza
di informazione. Essa invece pu essere, al pi, leffetto di un rimedio
appropriato, che per la disposizione di legge non indica come effettuare. Un
tale rimedio, ove si voglia comunque impedire che lonere della ricerca di
inserimento gravi su un migrante considerato come soggetto a rischio di
fallimento
(e, quindi, potenziale minaccia per il sistema di welfare), dovrebbe
consistere in un dispositivo che permetta un incontro tra domanda e offerta di
lavoro, senza per affidarlo alliniziativa e alla mobilit dei lavoratori. Si
potrebbe pensare allora ad attivit di reclutamento allestero da parte dei
datori di lavoro (disciplinate dal nuovo art. 23 t.u.[39]).
Attivit del genere, probabilmente alla portata della grande impresa, sembrano
per troppo rischiose per piccole imprese e del tutto improponibili per le
famiglie i pi tipici, cio, tra i soggetti da cui proviene la domanda di
lavoro[40].
Lincontro tra domanda e offerta
potrebbe, in alternativa, essere affidato ai servizi di agenzie di intermediazione,
sia pure nei limiti piuttosto angusti consentiti dalla normativa vigente[41].
E noto che a livello informale (e illegale) questi servizi sono molto attivi e
riescono a collocare dai paesi dellEst e non solo da quelli - lavoratori in
posizione irregolare perfino nei paesi dellItalia meridionale. Tuttavia, si
tratta di processi di inserimento non molto diversi da quelli utilizzati a
livello individuale dai migranti che vengono a cercare lavoro sul posto
illegalmente. Anche chi collocato da una di queste agenzie, infatti, entra
in Italia senza alcuna certezza sulla costituzione del rapporto di lavoro. Sar
solo lincontro faccia a faccia tra datore di lavoro e lavoratore a decidere
della vita di questo rapporto, senza che la preventiva intermediazione
dellagenzia possa o voglia giocare un ruolo di garanzia per alcuna delle
parti.
Sul fronte delle attivit di
intermediazione legale tra parti distanti tali, cio, da dar luogo a una
promessa di assunzione prima dellingresso, in assenza di un incontro diretto
tra le parti lesperienza italiana molto modesta. Merita attenzione, per,
il caso del Progetto Albania, condotto dallOrganizzazione internazionale
per le migrazioni (Oim), in collaborazione col Ministero del lavoro italiano e
con quello albanese. Nellambito di questo progetto, lOim provvedeva, nel
corso del 2000, a certificare la qualificazione professionale di ciascuno degli
iscritti circa cinquemila in una lista di prenotazione raccolta dal
Ministero del lavoro albanese. La certificazione operata dallOim aveva lo
scopo di facilitare le chiamate nominative di lavoratori albanesi da parte
degli imprenditori italiani. LOim stessa, quindi, reclamizzava la lista di
lavoratori qualificati presso molte importanti associazioni imprenditoriali del
Centro-Nord. Si trattava, in questo caso, di una effettiva opera di
intermediazione, giacch, proprio sulla base del processo di certificazione e
di promozione completato dallOim, la chiamata del lavoratore sarebbe potuta
avvenire al buio (col lavoratore, cio ancora in patria). Questa grande mole
di lavoro dava luogo per, alla fine dellintero processo, a poco pi di
sessanta chiamate nominative![42]
Limpraticabilit o, rispettivamente, la
scarsa efficacia delle attivit di reclutamento e di intermediazione spinge a
cercare una cura alternativa per il fallimento del mercato. Piuttosto che a
compensare lincompletezza dellinformazione, si pu allora puntare a prevenire
le situazioni in cui la debolezza dellimmigrato che non trovi inserimento
lavorativo gli impedisca di rimpatriare, riaffidando, al contempo, alla
mobilit dei lavoratori stranieri il compito di colmare la distanza fisica tra
domanda e offerta di lavoro. Si tratta, a questo scopo, di stabilire una soglia
minima di risorse economiche, al di sotto della quale la condizione di
inserimento sociale della persona sia da considerare inaccettabilmente
precaria. Tale soglia, in nome di un principio generale di uguaglianza rispetto
ai diritti fondamentali, sar strettamente correlata alla soglia minima al di
sotto della quale scatta, per i cittadini nazionali, il diritto ad interventi
di natura assistenziale; potr ad esempio corrispondere alla disponibilit di
una idonea sistemazione alloggiativa, di mezzi di sostentamento in misura pari
allimporto dellassegno sociale[43]
e di una assicurazione contro il rischio di malattia. Lingresso e il
successivo soggiorno del lavoratore straniero potrebbero essere consentiti a
chiunque sia in grado di dimostrare la disponibilit della quota di risorse
minime per tutta la durata del soggiorno in questione. Disposizioni di questo
genere sono gi presenti nella normativa italiana, e di ogni altro paese
avanzato, in relazione ai soggiorni di breve durata (ad esempio, per turismo)[44].
Sono disposizioni largamente sperimentate: in Italia si contano circa 400.000
ingressi allanno per soggiorni di questo tipo, da paesi non appartenenti
allUnione europea per i quali valga lobbligo di visto, con una punta, in
tempi recenti, di circa 500.000 ingressi nel 2000 (in occasione del Giubileo).
Linnovazione qui consisterebbe nellapplicazione ampia di queste disposizioni
al problema dellaccesso legale al lavoro: lo straniero che faccia ingresso
sulla base della propria volont e del soddisfacimento del requisito di
disponibilit di risorse sufficienti sarebbe autorizzato a intraprendere
attivit lavorative (anche occasionali), a prolungare il proprio soggiorno in
presenza di rinnovata disponibilit di risorse, e a stabilizzarlo a titolo di
lavoro subordinato una volta reperita una solida opportunit di inserimento[45].
Potremmo allora battezzare convenzionalmente questa modalit di ammissione conversione
turismo-lavoro.
Differentemente dal caso in cui a cadere
al di sotto della soglia minima siano le condizioni del cittadino nazionale
situazione che esigerebbe lintervento assistenziale pubblico , ove a trovarsi
in difficolt fosse il lavoratore straniero in fase di soggiorno precario
(prima, cio, della stabilizzazione), lo stato, esaurite le misure di primo soccorso,
sarebbe legittimato ad imporne il rimpatrio, non essendo tenuto a sobbarcarsi
lonere del mantenimento di una persona non appartenente alla comunit, n
invitata a soggiornare sulla base di stime di fabbisogno di manodopera, qui del
tutto assenti.
Una volta perfezionata la stabilizzazione
del soggiorno, a seguito di un pieno inserimento lavorativo, il lavoratore
straniero dovrebbe invece godere della tutela previdenziale a parit di
condizioni con il lavoratore nazionale. Quanto alla copertura assistenziale si
potrebbe prevedere sia la piena parificazione col cittadino, sia in modo meno
drastico e, perci, pi facilmente condivisibile una graduazione fondata
sullanzianit di inserimento lavorativo e sociale (a condizione che la piena
parificazione con il lavoratore nazionale sia raggiunta in tempi
ragionevolmente brevi).
5. Le esperienze simili:
sponsorizzazione e auto-sponsorizzazione
Si gi osservato come la legge
Turco-Napolitano abbia reso possibili forme di ricerca di lavoro sul posto simili
a quella qui proposta, poi soppresse dalla legge Bossi-Fini: la
sponsorizzazione e lauto-sponsorizzazione. A dimostrazione della
ragionevolezza del quadro da esse rappresentato, queste forme di ingresso,
bench utilizzate in via puramente sperimentale, hanno avuto un grande
successo. Come si detto, lingresso per inserimento nel mercato del lavoro
dietro prestazione di garanzia da parte di uno sponsor stato
consentito per la prima volta nel 2000 entro il tetto di 15.000 ingressi. A
dispetto della novit e delle molte incertezze, in fase di prima applicazione,
in relazione alla documentazione da produrre, il tetto stato raggiunto entro
pochi giorni. Il decreto di programmazione dei flussi per il 2001 ha
confermato, per un improvvido eccesso di cautela, lo stesso limite numerico. Il
tetto, questa volta, stato raggiunto entro poche ore, destinando al diniego
la maggior parte delle numerosissime domande (forse 150.000[46])
presentate da aspiranti sponsor.
CՏ da dire, nellesaminare questi dati,
che in molti casi quasi tutti, probabilmente, quelli corrispondenti a domande
presentate da sponsor italiani la prestazione di garanzia mirava a
riportare alla legalit rapporti di lavoro gi nati irregolarmente, a
somiglianza di quanto verificatosi per le chiamate nominative. Era cio il
datore di lavoro a proporsi come sponsor di un lavoratore solo
formalmente in attesa nel proprio paese. La ragione di questo
comportamento, ancora una volta elusivo rispetto alle disposizioni di legge,
pu essere rintracciata, oltre che negli argomenti esposti in precedenza, nella
necessit di aggirare le restrizioni derivanti, in relazione al normale
ingresso per chiamata nominativa, dai limiti numerici imposti dai decreti di
programmazione dei flussi e, in misura minore, dal requisito relativo al
reddito del datore di lavoro[47].
Difficilmente, per questi casi, si pu trarre la conclusione che lingresso
condizionato alla prestazione di garanzia sia un buon canale per consentire la
ricerca di lavoro sul posto in forma originariamente legale. Questo rilievo non
impedisce per di considerare positivamente questa forma di ingresso in
relazione alle domande presentate da sponsor stranieri regolarmente
soggiornanti in Italia. Si ha a che fare, in questi casi, con effettive catene
migratorie, nelle quali lingresso legale del lavoratore straniero non
necessariamente preceduto da un periodo di soggiorno illegale[48].
E da notare come, per i casi di uso
proprio dello strumento della sponsorizzazione, il dispositivo si avvicini
molto a quello della conversione turismo-lavoro. In entrambi i casi, infatti,
il lavoratore ammesso se il suo sostentamento in fase di ricerca di lavoro
garantito. La differenza principale sta nel fatto che, nellambito della
sponsorizzazione, il sostentamento deve necessariamente essere garantito da un
terzo. Il limite evidente di questa previsione rappresentato dal fatto che lo
straniero che aspiri a migrare in Italia per cercare lavoro e non abbia alcun
contatto con un potenziale sponsor un parente gi inserito, per esempio
si trova comunque indotto a conquistare attraverso il soggiorno illegale un
simile contatto e, successivamente, unammissione formalmente legale.
Il superamento di questo limite era
potenzialmente consentito, allinterno della legge Turco-Napolitano, dalle
disposizioni che permettevano, sotto certe condizioni, lingresso per auto-sponsorizzazione. Tuttavia,
essendo richiesto, per quel tipo di ingresso, il mancato raggiungimento del
tetto fissato per gli ingressi associati a prestazione di garanzia e
liscrizione del lavoratore in una lista di prenotazione nel consolato
italiano, lesiguit dei tetti fissati e la mancata istituzione di liste ha
fatto s che, nel caso generale, lo strumento non sia stato utilizzato.
Eccezioni (di carattere sperimentale,
appunto) si sono avute come detto per i paesi cui erano state assegnate,
per gli anni 2000 e 2001, quote riservate: Albania, Tunisia e Marocco.
Nellambito degli accordi di collaborazione stipulati con lItalia erano state
istituite, per quei paesi, liste di prenotazione allestite, in realt, dalle
autorit di ciascuno dei paesi, non dai corrispondenti consolati italiani. I
decreti di programmazione dei flussi avevano autorizzato ingressi di lavoratori
iscritti in quelle liste, alle condizioni previste per lauto-sponsorizzazione, in caso di
mancato raggiungimento dei tetti fissati per la sponsorizzazione.
Pur essendo esaurite in pochissimo tempo
le quote generali per sponsorizzazione (quelle, cio, fissate senza riferimento
alla provenienza dei lavoratori), la condizione favorevole di mancato
esaurimento si registra nel 2000 con riferimento alle quote riservate per
ciascuno dei tre paesi citati[49].
Per quanto riguarda lAlbania, in particolare, sono cos ammessi per
auto-sponsorizzazione circa milleduecento dei lavoratori iscritti nella lista
raccolta dal locale Ministero del lavoro. Non esistono purtroppo dati ufficiali
sullesito della ricerca di lavoro da parte dei lavoratori cos entrati.
Tuttavia, sulla base di quanto riportato dallOim[50],
si pu presumere che il tasso di insuccesso sia stato inferiore al 5-10%[51].
Emerge, allora, chiaramente lefficacia di questo strumento nel consentire un
percorso interamente legale di inserimento lavorativo, e lincomparabile
superiorit di esso rispetto alla soluzione rappresentata dallagenzia di
intermediazione (una sessantina di ingressi su chiamata nominativa,
nellambito del progetto curato dallOim, a partire dalla stessa lista).
6. La conversione turismo-lavoro
Rispetto alle esperienze gi maturate di
ingresso condizionato a sponsorizzazione o auto-sponsorizzazione, lapproccio
fondato sulla conversione turismo-lavoro rimuove il requisito relativo al
rispetto di un tetto numerico fissato con il decreto di programmazione e,
quindi, quello relativo alliscrizione in una lista di prenotazione. Riduce
cos fortemente la necessit di intervento pubblico.
La principale obiezione che pu essere
mossa a una proposta di questo genere che essa non sembra in grado, di per
s, di garantire allo stato la concreta possibilit di allontanare lo straniero
le cui risorse, fallito il tentativo di inserimento lavorativo, cadano al di
sotto della soglia minima. Trovandosi in queste condizioni, infatti, lo
straniero potrebbe sottrarsi al controllo periodico del possesso dei requisiti
economici previsti per il rinnovo del permesso di soggiorno[52].
E necessario allora che le norme sullingresso e sulla possibilit di
permanenza legale siano affiancate da disposizioni che consentano allo stato di
procedere, al rimpatrio di chi sia trovato in flagrante violazione delle norme
sul soggiorno. Uno dei principali ostacoli allattuazione di queste
disposizioni rappresentato dalla distruzione o dalloccultamento, da parte
dello straniero, del proprio passaporto cosa che rende assai difficile
lindividuazione del paese di appartenenza o di provenienza, i soli tenuti a
riammettere lespulso nel proprio territorio[53].
Il ricorso a costose misure detentive finalizzate allaccertamento della
nazionalit della persona da allontanare[54]
pu essere reso superfluo dalla conservazione, per ciascuno dei lavoratori
stranieri ammessi, di una fotocopia del passaporto e delle impronte digitali[55]
(o di altro analogo segno di riconoscimento non equivoco). Ogni altro onere per
lerario pu poi essere evitato imponendo, in ingresso, il deposito dei mezzi
necessari ad acquistare un biglietto per il rimpatrio o di una corrispondente
fideiussione[56].
In questo modo, lo straniero che, in
qualunque modo, cada nel novero delle persone non legittimate a soggiornare nel
territorio dello stato, potrebbe, alla prima intercettazione che ne evidenzi
questa condizione, essere associato immediatamente al fascicolo impronte-passaporto-biglietto. Potrebbe cio
essere allontanato senza difficolt e senza bisogno di accordi di riammissione
con altri paesi. Allo stesso tempo, e in virt della linearit acquistata dal
procedimento di allontanamento, lo stato potrebbe ben rinunciare, nei casi in
cui lallontanamento stesso non sia motivato da reati, allapplicazione di
qualunque sanzione aggiuntiva (quella tipica il divieto di reingresso[57]),
dato che nessun danno rilevante in termini di aggravio di spesa stato
apportato dallo straniero alla collettivit.
Andrebbe, ovviamente, rispettato comunque
il diritto dello straniero di far valere le proprie ragioni contro il
provvedimento di allontanamento, ma tale rispetto non inficierebbe in alcun
modo la capacit dello stato di mantenere il pieno controllo della situazione:
se anche lo straniero, in assenza di un regime di detenzione, si sottraesse al
provvedimento, la successiva intercettazione darebbe luogo allallontanamento
immediato, essendo gi esaurito il diritto di ricorso[58].
Si osservi come, in questo contesto, il
rilevamento delle impronte digitali non assuma la connotazione di misura
vessatoria adottata da parte di uno stato pervasivo nei confronti di un
individuo gi privato di molte delle proprie prerogative. E piuttosto lo
strumento per il recupero, da parte dello stato, della quota di potere di controllo
sacrificata al rispetto della libert di movimento e di iniziativa dello
straniero. E anche, certamente, una misura discriminatoria, dato che, anche in
caso di estensione al cittadino nazionale[59],
questi non ne soffrirebbe la valenza repressiva. Ma la discriminazione
corrisponde esattamente, e nel modo pi contenuto possibile, a quella
esistente, a livello fondamentale, tra cittadino e straniero (luno dotato di
un diritto pieno di soggiorno, laltro al pi ammesso a soggiornare)
condizione che, pur sempre, si ribalterebbe a vantaggio dello straniero nel
suo paese di origine.
La costituzione del fascicolo, mirata a
garantire la possibilit di allontanare lo straniero dal territorio dello stato
senza difficolt, ove ve ne siano i presupposti, rappresenta allo stesso tempo
una buona risposta ai problemi legati alla sicurezza pubblica, se vero come
vero che lunica minaccia specifica di cui pu essere portatore, al
riguardo, lo straniero associata alla concreta possibilit di occultare la
propria identit.
Lesigenza di protezione dei lavoratori
nazionali pi deboli d invece origine ad una seconda possibile obiezione
contro il dispositivo di conversione turismo-lavoro: anche nellipotesi di un
pieno controllo del rispetto degli standard minimi di tutela dei lavoratori
previsti dalla legislazione nazionale o dalla contrattazione collettiva, la
concorrenza di una manodopera straniera ammessa senza eccessive restrizioni a
cercare lavoro nel territorio dello stato pu dar luogo, in ragione della sua forza
numerica, a una concorrenza troppo aggressiva nei confronti di quella
nazionale. Un rischio del genere potrebbe essere ridimensionato imponendo il
preventivo accertamento di indisponibilit di manodopera nazionale come
condizione necessaria per la costituzione di un rapporto di lavoro duraturo con
un lavoratore straniero (e per la conseguente stabilizzazione del soggiorno di
questi)[60].
Al di l dellapparente ragionevolezza di una misura del genere e della
facilit con cui pu captare il consenso dellelettore mediano, per, occorre
tener presente che essa, come tutte le misure di tipo protezionistico, provoca
un uso inefficiente delle risorse, e i costi che ne derivano per i consumatori
nazionali possono eccedere largamente, nel loro complesso, i benefici di cui
vengono a godere i lavoratori protetti. Perch non si riveli un boomerang per il paese di
accoglienza andrebbe quindi usata con cautela: solo possibilmente quando
sia necessario tutelare, in situazioni particolari e per tempi non troppo lunghi,
settori specifici dellofferta di lavoro nazionale.
Limposizione, invece, di un limite
numerico sugli ingressi o sulle possibilit di stabilizzazione, avulsa
dallaccertata aspirazione del lavoratore nazionale ad occupare un determinato
posto di lavoro, non sembra difendibile. E ancora meno difendibile quando
come successo con la programmazione dei flussi dal 1997 ad oggi intesa
non come strumento di tutela (sia pure astratta) del disoccupato residente, ma
come risultato di una stima del fabbisogno di manodopera non saturato
dallofferta nazionale. Il vincolo, infatti, non agisce se non quando il limite
viene superato dal numero di richieste avanzate dai datori di lavoro quando,
cio, la stima si rivela errata per difetto[61].
Un tetto numerico potrebbe ancora avere una ragion dessere se fosse
determinato sulla base di criteri diversi, quali il rispetto delle limitate
capacit di accoglienza da parte della societ, con riguardo alla disponibilit
di strutture e servizi sociali o alla necessit di proteggere la cultura locale
da uneccessiva alterazione della composizione etnica della popolazione.
Tuttavia, limitazioni di questo genere trovano in genere giustificazione solo
su una scala spaziale e temporale limitata: pu essere cio necessario evitare
concentrazioni locali eccessive di presenza straniera e/o picchi eccessivi nei
flussi in ingresso. Non quindi opportuno che le limitazioni abbiano carattere
globale; devono piuttosto tendere a ridistribuire il carico degli ingressi su
un arco di tempo pi lungo o su un territorio pi vasto.
Si vede come lassetto normativo basato
sulla conversione turismo-lavoro corrisponderebbe ad una ricombinazione ed
estensione, sia pure in chiave diversa da quella originaria, di disposizioni
gi sperimentate o da poco introdotte nella normativa. Non costituendo un salto
nel buio[62] e
comportando una significativa razionalizzazione della normativa, potrebbe
ridurre di molto le dimensioni dei flussi illegali. Perch questa aspettativa
sia fondata occorre per che il requisito delle risorse minime atte a prevenire
la caduta del migrante in uno
stato di indigenza sia dimensionato in modo equilibrato, e che la possibilit
di imporre tetti numerici sia utilizzata solo in caso di effettiva necessit.
Per un verso, infatti, nessun migrante troverebbe vantaggioso eludere un
percorso legale di fatto ritagliato sul suo stesso interesse. Per laltro, la
definizione, per eccesso di prudenza, di criteri pi restrittivi in termini
di tetti numerici o di livelli minimi di risorse troppo alti
produrrebbe invece una divaricazione tra linteresse del migrante e ci che gli
consentito fare. La migrazione illegale potrebbe ancora risultare appetibile,
e lo stato si troverebbe probabilmente a sanare domani quello che non ha autorizzato
oggi.
7. Verso un diritto di immigrazione?
Le incerte prospettive del processo di armonizzazione europea
Si pu allora concludere che la ricetta
per una gestione del fenomeno migratorio che renda inutili i flussi illegali e,
allo stesso tempo, eviti di trasformarlo in un onere o in una minaccia per la
societ del paese darrivo consiste nel lasciare che ogni individuo il
migrante, in particolare agisca liberamente per migliorare la propria
condizione finch questo non peggiori la condizione di qualcun altro in
particolare, il cittadino nazionale[63].
Le deviazioni da questo principio in senso restrittivo corrispondono proprio
alla definizione di criteri inutilmente severi, che impediscono il progresso di
alcuni soggetti i migranti senza che gli altri i cittadini nazionali ne
abbiano alcun vantaggio[64].
Dando luogo ad una fascia di situazioni proibite dalle norme a dispetto della
loro utilit, queste deviazioni promuovono, di fatto, le pratiche illegali.
Allinverso, limplementazione della ricetta
di conversione turismo-lavoro somiglia molto alla definizione di un vero e
proprio diritto di immigrazione: il migrante ha diritto ad essere
ammesso, purch non rappresenti un onere netto per il paese darrivo; e tale
condizione considerata verificata quando lo straniero soddisfi certi
requisiti, nellesame dei quali non sia lasciato alcun margine apprezzabile di
discrezionalit allamministrazione.
E ipotizzabile che questo quadro trovi
corrispondenza nella normativa e nella politica italiana? Stando ai contenuti
della riforma recentemente varata con la legge Bossi-Fini, no. Rispetto al
quadro preesistente, stata confermata limpostazione dominante, fondata sulla
stipula preventiva del contratto di lavoro. E stata invece cancellata ogni
possibilit di ingresso per sponsorizzazione o auto-sponsorizzazione.
Verosimilmente si riprodurranno cos, a dispetto di un inasprimento delle
sanzioni contro limmigrazione clandestina, le condizioni che hanno indotto per
anni i lavoratori stranieri a cercare nellillegalit la via di accesso a una
condizione di soggiorno stabilmente legale[65].
Le cose potrebbero, in linea di
principio, modificarsi in virt del processo di armonizzazione delle politiche
di immigrazione e asilo in ambito europeo, avviato con il Trattato di
Amsterdam. Allinterno di questo processo la Commissione europea ha presentato
proposte per direttive e regolamenti che toccano ormai quasi tutti gli aspetti
di rilievo della materia. In particolare, con la Proposta di direttiva del Consiglio relativa alle condizioni di
ingresso e soggiorno dei cittadini di Paesi terzi ai fini dello svolgimento di
unoccupazione retribuita e di attivit di lavoro autonomo[66] viene affrontata la materia dellautorizzazione
al soggiorno per lavoro subordinato o autonomo. Dallesame di questa proposta
emergono due aspetti interessanti, almeno per quanto riguarda il tema, qui
considerato, del lavoro subordinato. Il primo rappresentato appunto dalla
volont della Commissione europea di ridurre al massimo gli spazi di
discrezionalit lasciati allamministrazione dei singoli Stati membri
nellesame di una richiesta di permesso di soggiorno: lamministrazione cio
tenuta, secondo la proposta della Commissione, a verificare il soddisfacimento
dei requisiti previsti, ma non chiamata a valutare lopportunit
dellaccoglimento o del diniego della richiesta, se non mediante lapplicazione
fredda dei criteri oggettivi stabiliti dalla direttiva; deve inoltre
notificare la decisione in un tempo definito[67].
In caso di esito negativo, linteressato deve avere la possibilit di proporre,
avverso il provvedimento di diniego, un ricorso giurisdizionale[68].
Il secondo aspetto
rappresentato dal quadro dei requisiti stabiliti per il rilascio del permesso
di soggiorno per lavoro subordinato. Il principio guida potrebbe essere
riassunto nel modo seguente: il lavoratore straniero autorizzato a
soggiornare per lavoro subordinato quando risulti provata la necessit
economica (per lo Stato membro che lo accoglie) del suo inserimento lavorativo,
e a condizione che la sua presenza non rappresenti una minaccia per il sistema
di welfare. Pi precisamente, la condizione principale
per il rilascio del permesso lesistenza di una richiesta di assunzione da
parte di un datore di lavoro[69],
in corrispondenza alla quale sia stata accertata, con modalit e per un tempo
prestabiliti, lindisponibilit di manodopera residente o gi ammessa al
mercato del lavoro dello Stato membro[70].
Il reddito che il lavoratore ricaver da tale rapporto di lavoro deve essere
inoltre, a pena di diniego o di revoca del permesso, sufficiente al
sostentamento dello stesso lavoratore e dei familiari con lui conviventi (tale
cio da non far scattare lapplicazione delle misure di assistenza pubblica)[71],
e lo stato di disoccupazione tollerato finch la sua durata non ecceda un
limite fissato (pi cospicuo in caso di rilevante anzianit di soggiorno)[72].
Limposizione, da parte di uno Stato membro, di un tetto massimo sul numero dei
permessi rilasciabili consentita solo se motivata da considerazioni relative
alle capacit di accoglienza del paese o di una sua regione, e deve essere
accompagnata dalla definizione di criteri oggettivi da adottare, nel caso in
cui il numero di domande ecceda il tetto fissato, per la formazione delle
graduatorie[73]. La
richiesta di permesso pu essere presentata, oltre che per un lavoratore
straniero ancora soggiornante allestero, anche in relazione a uno straniero
che sia gi legalmente soggiornante nel territorio di uno Stato membro per
altri motivi, incluso il turismo[74];
la presentazione della domanda, tuttavia, non consente di prolungare il
soggiorno in attesa dellesito della procedura di esame, ove il titolo di
soggiorno di cui lo straniero in possesso giunga a scadenza[75].
La politica di ammissione fondata su
quella che abbiamo chiamato, in questo saggio, conversione turismo-lavoro ha
evidentemente molti punti di contatto con la proposta avanzata dalla
Commissione. Lelemento di maggior novit di tale proposta rispetto al quadro
attualmente vigente in Italia e negli altri paesi europei dato dal fatto
che il soggiorno legale (anche di breve durata) ad altro titolo non costituisce
un motivo ostativo allottenimento di un permesso di soggiorno per lavoro. Ci
che per distanzia in modo significativo la proposta della Commissione dal
quadro alternativo da noi prospettato la solidit di tale soggiorno: per la
Commissione non sembra esservi alcun favore esplicito per una attivit di
ricerca di lavoro sul posto. Bench nulla osti, formalmente, allincontro
diretto tra domanda e offerta di lavoro, non stabilita alcuna misura a
sostegno di tale incontro, n del progressivo inserimento dello straniero nel
mercato del lavoro. La nostra proposta, invece, prevede che il soggiorno di
breve periodo possa essere utilizzato per lo svolgimento di attivit lavorative
occasionali o, comunque, di breve durata, e che, sulla base della maturazione
di mezzi di sostentamento ulteriori, il periodo di soggiorno legale possa
essere prolungato. Una volta poi individuata una possibilit di inserimento
stabile, la richiesta di conversione del permesso legittimerebbe il titolare a
soggiornare fino alla decisione relativa, non avendo alcun rilievo leventuale
scadenza del permesso di breve durata nelle more di tale decisione.
Inoltre, mentre la disponibilit di mezzi
di sostentamento sufficienti nella nosta proposta condizione necessaria
per lammissione al soggiorno di breve periodo e per leventuale prolungamento
di tale soggiorno, essa non dovrebbe avere influenza sulla stabilit del
soggiorno successivo alla stabilizzazione per motivi di lavoro. In altri
termini, una volta che lo straniero sia stato ammesso a soggiornare come
lavoratore, sulla base poniamo dellesistenza di un contratto di lavoro, e
che abbia iniziato a contribuire al sistema previdenziale e assistenziale dello
stato che lo ospita, la sua eventuale condizione di disoccupazione o di
indigenza dovrebbe renderlo oggetto degli interventi assistenziali previsti per
i lavoratori nazionali, senza diventare invece motivo di pi radicale
esclusione[76].
Una notevole riduzione di questa distanza
si otterrebbe se venissero recepite le osservazioni avanzate dal Comitato
economico e sociale europeo in sede di formulazione del parere sulla proposta
di direttiva[77]. In
particolare, il Comitato chiede che sia istituito un apposito permesso di
soggiorno per ricerca di lavoro della durata di sei mesi. I requisiti, la cui
determinazione precisa dovrebbe essere a parere del Comitato lasciata ai
singoli Stati membri, dovrebbero comunque includere la disponibilit di mezzi
di sostentamento sufficienti e di una assicurazione contro il rischio di
malattia. Il Comitato, poi, si dichiara contrario alla previsione che il
permesso di soggiorno per lavoro possa essere revocato sulla base della
sopravvenuta condizione di disoccupazione o di indigenza, stante
linaccettabile insicurezza che questa previsione genererebbe nei lavoratori.
Osservazioni simili sono state avanzate
dalla Commissione per loccupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo[78]
in vista della formulazione di una risoluzione del Parlamento stesso sui
contenuti della proposta di direttiva. Tale risoluzione[79],
condizionando il parere favorevole allaccoglimento di alcuni emendamenti,
riprende il suggerimento relativo allistituzione del permesso di soggiorno per
ricerca di lavoro, arricchendolo con la specificazione che tale permesso
consenta anche liscrizione a corsi di formazione professionale finalizzata
alloccupazione. Pi tiepido, invece, latteggiamento rispetto al problema
della destabilizzazione del soggiorno per lavoro associata alla sopravvenuta
perdita di occupazione o di mezzi: il Parlamento si limita a chiedere che la
revoca del permesso non possa avvenire finch il lavoratore fruisce dellindennit
di disoccupazione (per la quale il lavoratore stesso ha versato contributi).
Drasticamente diversa la posizione che
emerge dal documento relativo allesame della proposta di direttiva effettuato
nellambito del Consiglio europeo[80].
I rappresentanti dei governi degli Stati membri, facenti parte del Gruppo di
lavoro Migrazione del Consiglio Giustizia e affari interni, non
solo non sembrano turbati dallo scarso sostegno che la proposta di direttiva
offre alla fase di inserimento nel mercato del lavoro da parte del lavoratore
straniero, ma esprimono, per lo pi, contrariet[81]
alla semplice ipotesi che la richiesta di permesso di soggiorno per lavoro
possa essere presentata da uno straniero gi legalmente soggiornante ad altro
titolo. Viene confermata cos la preferenza verso il mantenimento della
politica attuale, coerentemente col fatto che nessuno dei governi dichiaratisi
contrari ha promosso, in questi anni, una riforma dei meccanismi di accesso
dello straniero al mercato del lavoro[82].
Pi profondamente, i rappresentanti di
alcuni Stati membri (Irlanda, Germania, Italia, Austria e Grecia) si sono detti
contrari, con maggiore o minore intensit, a quegli aspetti della proposta
della Commissione che configurano o potrebbero configurare un diritto, in capo allo
straniero, ad ottenere il permesso di soggiorno; in altri termini, alla
definizione di un diritto di immigrazione. Lautorizzazione a
soggiornare per lavoro dovrebbe in questa logica restare atto assolutamente
discrezionale.
Con atteggiamento di segno apparentemente
opposto, il Gruppo di lavoro del Consiglio Giustizia e affari interni ha
criticato con forza non minore i punti della proposta relativi alla revoca del
permesso di soggiorno per lavoro per disoccupazione o indigenza. La motivazione
di questa opposizione va cercata per nel timore che si introducano
disposizioni di difficile applicazione, piuttosto che nella volont di dare
stabilit al soggiorno dei lavoratori stranieri.
Il periodo transitorio di cinque anni
previsto dal Trattato di Amsterdam per una prima fase di armonizzazione delle
normative nazionali in materia di immigrazione e asilo si concluso senza che
alcun accordo sia stato raggiunto sul tema dellingresso e soggiorno di
stranieri per motivi di lavoro. La proposta di direttiva da considerarsi per
il momento accantonata. Tuttavia, i suoi contenuti potrebbero essere
ripresentati e nuovamente sottoposti allesame del Parlamento e del Consiglio
europei nellambito della procedura di codecisione definita dallo stesso
Trattato di Amsterdam o da quella definita dal Trattato che istituisce una
Costituzione per lEuropa, se questo entrer in vigore. In questa prospettiva,
il destino della politica di immigrazione per lavoro nellUnione europea
dipender dagli equilibri che si stabiliranno tra le posizioni di Parlamento e
Consiglio, e dal ruolo di mediazione che la Commissione sapr giocare. Se le
posizioni dei due organi titolari del potere legislativo rimarranno quelle fin
qui esaminate, per, la conciliazione sar estremamente difficile. In ogni
caso, con la Costituzione per lEuropa in vigore, dovr essere fatta salva la
possibilit, per ciascuno Stato membro, di determinare il volume
di ingresso nel loro territorio dei cittadini di paesi terzi provenienti da
paesi terzi allo scopo di cercarvi un lavoro subordinato o autonomo[83].
Se questo verr tradotto in una consacrazione della discrzionalit degli Stati
membri, la possibilit che si arrivi in tempi brevi alla definizione di un
modello di ammissione compatibile con la nozione di diritto di immigrazione,
cos come delineata in questo saggio, risulter preclusa. In tal caso, gli
stati europei resterebbero verosimilmente impantanati in un quadro
legislativo gi rivelatosi chiaramente insufficiente.
Sergio
Briguglio
Esperto
di diritto dellimmigrazione
http://www.stranieriinitalia.com/briguglio
c.p.
65, 00044 Frascati (Roma)
+06-94005534,
333-3730814
Abstract: Si esaminano gli
aspetti principali della normativa italiana sullimmigrazione per lavoro e
dellapplicazione che ne stata data negli anni 1987-2004. Si evidenzia come
il difetto principale dellimpianto legislativo consista nel non tener conto in
modo adeguato della necessit, ai fini della costituzione del rapporto di
lavoro, di un incontro diretto tra datore di lavoro e lavoratore. Si propone un
modello di politica di immigrazione alternativo alla politica delle quote, e se ne
discutono le implicazioni con riferimento alla possibilit di definire, in
analogia con il diritto dasilo, un diritto di immigrazione. Si valutano
infine le chances di accoglimento di questa proposta alla luce degli sviluppi
del processo di armonizzazione europea della normativa sullimmigrazione.
[1] In Italia, le
disposizioni che regolano la condizione giuridica dello straniero sono in gran
parte contenute nel Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dellimmigrazione e norme sulla condizione dello straniero (dora in avanti
t.u.), di cui al d.lgs. 286/1998, emanato ai sensi dellart. 47, c. 1, l.
40/1998. Il t.u. include le disposizioni rilevanti della stessa l. 40/1998 e le
poche disposizioni gi vigenti, non incompatibili con queste. Modifiche al t.u.
sono state apportate, successivamente, dal d.lgs. 380/1998 e dal d.lgs.
113/1999 (emanati ai sensi dellart. 47, c. 2, l. 40/1998), dal d.l. 51/2002
(convertito, con modificazioni, in l. 106/2002), dal Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di
giustizia (testo A; approvato con il d.p.r. 115/2002), dalla l.
189/2002, dal d.lgs. 87/2002 (di attuazione della
direttiva 2001/51/CE, che integra le disposizioni dell'articolo 26 della
Convenzione applicativa dell'Accordo di Schengen del 14 giugno 1985), dal d.l.
242/2004 (allesame delle Camere, per la conversione in legge, al momento in
cui la stesura di questo saggio viene ultimata). Accanto a queste disposizioni
sopravvive, in materia di diritto dasilo, lart. 1 del d.l. 416/1989, convertito, con modificazioni, in l. 39/1990,
cui sono stati aggiunti sei articoli (da 1-bis a 1-septies), dalla l. 189/2002.
E stato infine emanato il d.lgs. 85/2003 (di attuazione
della direttiva 2001/55/CE, relativa alla concessione della protezione
temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati ed alla cooperazione in
ambito comunitario).
[2] La Convenzione
di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati, ad esempio, prevede questa
equiparazione in relazione a esenzione dalla condizione di reciprocit (art.
7), propriet mobiliare e immobiliare (art. 13), diritto di associazione (art.
15), accesso alle professioni dipendenti (art. 17), indipendenti (art. 18) e
liberali (art. 19), alloggio (art. 21), diritto di libero passaggio (art. 26).
La Convenzione prevede invece equiparazione con i cittadini nazionali in
relazione ad altre materie, le pi rilevanti delle quali sono il diritto di
adire i tribunali (art. 16), leducazione pubblica (art. 22), lassistenza
pubblica (art. 23), la legislazione del lavoro e sicurezza sociale (art. 24).
La normativa italiana, tuttavia, parifica gi lo straniero in generale al
cittadino per tutte queste materie, con leccezione della fruizione delle
misure di assistenza sociale: lart. 41 t.u. stabiliva la parificazione per lo
straniero titolare di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata
non inferiore a un anno; lart. 80, c. 19, l. 388/2000 ha limitato la
parificazione ai titolari di carta di soggiorno.
[3] Con la l.
189/2002 la disciplina relativa alla procedura di riconoscimento dello status
di rifugiato stata radicalmente riformata. Sono stati infatti aggiunti sei
articoli allart. 1 del d.l. 416/1989,
convertito in l. 39/1990, con i quali si dispone che il richiedente asilo che
presenti la domanda in condizioni di soggiorno irregolare o dopo essere stato
intercettato mentre eludeva i controlli di frontiera sia trattenuto in un
centro apposito. Sul piano formale, tuttavia, non previsto che lautorit
incaricata di esaminare la sua domanda debba farsi guidare da una presunzione
di manifesta infondatezza della stessa (come era invece previsto da un disegno
di legge di iniziativa governativa presentato dal Governo Prodi nel 1997).
[4] Gli artt. 32 e
33 della Convenzione di Ginevra limitano fortemente lespellibilit del
rifugiato: il rifugiato regolarmente soggiornante pu essere espulso solo per
gravi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico (art. 32, c. 1) e non,
per esempio, in seguito a condanne per reati comuni; in caso di espulsione deve
avere la possibilit di presentare ricorso prima di essere allontanato (art.
32, c. 2) e il tempo di farsi ammettere regolarmente in altro paese (art. 32,
c. 3); non pu comunque essere allontanato verso un paese nel quale corra
rischio di persecuzione a motivo della sua razza, della sua religione, della
sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue
opinioni politiche, salvo il caso di grave minaccia per la sicurezza nazionale
(art. 33). La normativa italiana recepisce esplicitamente questultima
disposizione, estendendo il divieto al caso in cui il rischio di persecuzione
sia motivato dalle condizioni personali dello straniero (art. 19, c. 1,
t.u.), e non subordinandolo allassenza di pericoli per la sicurezza nazionale.
Le disposizioni di cui allart. 32 della Convenzione trovano invece debole
riflesso nella normativa italiana, a dispetto del dettato dellart. 10, c. 2,
Cost., che vorrebbe la condizione giuridica dello straniero regolata dalla
legge in conformit con le norme e i trattati internazionali: il rifugiato, in
caso di mancato rinnovo del permesso di soggiorno, potrebbe infatti essere
espulso mediante lintimazione a lasciare lItalia entro quindici giorni (art.
13, c. 5, t.u.). Avrebbe la possibilit di presentare ricorso, ma non quella di
attendere la decisione sullo stesso (art. 13, c. 8, t.u.), n quella di farsi
ammettere regolarmente in altro paese.
[5] La normativa
italiana prevede (art. 10, c. 1, t.u.) che lo straniero sia respinto alla
frontiera quando tenti di fare ingresso nel territorio dello stato privo dei
requisiti previsti per lingresso: titolo di viaggio valido, visto di ingresso
(se richiesto), risorse sufficienti per il soggiorno (salvo che per i casi di
ingresso per lavoro), etc. Il respingimento effettuato anche quando lo
straniero sia stato condannato per determinati reati o costituisca una minaccia
per lordine pubblico o la sicurezza dello stato o di uno degli Stati dellarea
Schengen (art. 4, c. 3, t.u.), ovvero sia gravato da un divieto di reingresso
(art. 4, c. 6, t.u.). Non si applicano le disposizioni sul respingimento quando
si debba applicare la normativa relativa al diritto dasilo (art. 10, c. 4,
t.u.). Lo straniero invece espulso, oltre che nei casi in cui rappresenti una
minaccia per lordine pubblico o la sicurezza dello stato (art. 13, c. 1,
t.u.), risulti socialmente pericoloso (art. 13, c. 2, lett. c, e art. 15,
t.u.) o debba scontare pene detentive di una certa rilevanza (art. 16, t.u.),
nei casi in cui abbia fatto ingresso clandestino o soggiorni nel territorio
dello stato senza aver chiesto il permesso di soggiorno o senza averne chiesto
per tempo il rinnovo (art. 13, c. 2, lett. a e b, t.u.).
[6] Qui e nel
seguito ci si limita a considerare limmigrazione per motivi di lavoro e, in
particolare, quella per lavoro dipendente.
[7] Art. 8, l.
943/1986.
[8] Art. 22, t.u.,
successivamente modificato dallart. 18, l. 189/2002.
[9] Il requisito
previsto dallart. 30, c. 3, lett. c, d.p.r. 394/1999
(Regolamento di attuazione del t.u.), che non stabilisce per una precisa
quantificazione del reddito necessario in capo al datore di lavoro. La
circolare del Ministero del lavoro e della previdenza sociale n. 55/2000
provvede a tale quantificazione per i casi di assunzione di lavoratori domestici:
il livello di reddito varia a seconda della provincia in cui risiede il datore
di lavoro, sulla base delle tabelle corrispondenti al cosiddetto redditometro (misuratore dei
redditi introdotto, a fini fiscali, dal d.m.
10/9/1992 del Ministero delle finanze). In media, tale livello ammonta a circa
novanta milioni di vecchie lire (circa 45.000 euro), e non si discosta di molto
dai livelli gi stabiliti con analoghe circolari, ma senza un corrispondente
riferimento regolamentare, in vigenza del d.l. 416/1989, convertito in l.
39/1990.
[10] Il requisito era
stato introdotto gi col d.m. 17 Novembre 1990 recante disposizioni per la
Limitazione dei flussi programmati dei cittadini stranieri extracomunitari per
lanno 1991, emanato in attuazione dellart. 2, c. 3, d.l. 416/1989,
convertito in l. 39/1990 (v., infra, nt. 11). E stato poi
ripreso dallart. 22, c. 2, t.u., sia nella versione originale, sia in quella
risultante dalle modifiche apportate dalla l. 189/2002: la richiesta di
autorizzazione (ora di nulla-osta) al lavoro deve essere accompagnata da
documentazione relativa alle modalit di sistemazione alloggiativa del
lavoratore. La l. 189/2002, tuttavia, ha
rafforzato la prescrizione, stabilendo, al comma 1 del nuovo art. 5-bis t.u.,
che il contratto di soggiorno per lavoro subordinato deve contenere la garanzia da parte del datore di lavoro della
disponibilit di un alloggio per il lavoratore che rientri nei parametri minimi
previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
[11] Lart. 2, c. 3,
d.l. 416/1989, convertito in l. 39/1990,
stabiliva che entro il 30 ottobre di ogni anno si procedesse alla
programmazione dei flussi di ingresso in Italia per ragioni di lavoro dei
cittadini stranieri extracomunitari per lanno solare successivo, mediante
decreti adottati, di concerto, dai ministri degli affari esteri, dellinterno,
del bilancio e della programmazione sociale, del lavoro e della previdenza
sociale. Bench la legge non menzionasse esplicitamente la determinazione di
quote (massime) di ingresso, la possibilit di fissarle era garantita dalla
formulazione assolutamente generica della disposizione (e, di fatto, stata
utilizzata v. infra, nel testo). Una previsione analoga, ma con
riferimenti espliciti alla determinazione di quote massime, contenuta ora
nellart. 3, c. 4, t.u.. Il decreto o, se necessario, i decreti sono emanati
per, in questo caso, dal Presidente del Consiglio dei ministri. La versione
originale della disposizione prevedeva che, in caso di mancata emanazione, le
quote fossero fissate in conformit con i decreti emanati per lanno
precedente. La l. 189/2002 ha modificato questa disposizione, stabilendo che in
caso di mancata emanazione la quota di ingressi non deve superare quella definita
per lanno precedente.
[12] Lart. 8, c. 3,
l. 943/1986 stabiliva che, ai fini della concessione dellautorizzazione al
lavoro di uno straniero residente allestero, gli uffici provinciali del lavoro
e della massima occupazione provvedessero ad accertare lindisponibilit di
lavoratori italiani e comunitari aventi qualifiche professionali per le quali
stata richiesta lautorizzazione al lavoro.
[13] V. nt. 1.
[14] Art. 23, c. 1,
t.u.. Le disposizioni relative allingresso per inserimento nel mercato del
lavoro sono state soppresse dalla l. 189/2002, che ha radicalmente innovato
lart. 23 t.u., trasformandolo nella disciplina della maturazione, dallestero
e mediante la partecipazione a percorsi formativi, di titoli di prelazione per
lingresso in Italia per lavoro.
[15] Art. 34, c. 2,
d.p.r. 394/1999.
[16] Art. 23, c. 4,
t.u., poi sostituito, dalla l. 189/2002 con disposizione di contenuto affatto
diverso (v. nt. 14). La disposizione di cui al comma 4 dellart. 23 non faceva
parte del disegno di legge di iniziativa governativa che diede vita alla l.
40/1998 (poi confluita nel Testo Unico); fu introdotta, nel corso dellesame
del provvedimento da parte della Camera dei deputati, in base ad un emendamento
presentato dallo stesso Governo su pressione delle associazioni di volontariato
attive nel settore dellimmigrazione. Chi scrive partecip, in via informale,
alla stesura di quellemendamento.
[17] Lart. 23, c. 4,
t.u. faceva riferimento a liste da istituirsi presso le rappresentanze
diplomatiche o consolari italiane, con graduatoria basata sullanzianit di
iscrizione. Le liste avrebbero dovuto essere tenute quindi su iniziativa della
sola autorit italiana, a differenza di quelle, previste dallart. 21, c. 5,
t.u., finalizzate alla chiamata dei lavoratori da parte di datori di lavoro, da
istituirsi nellambito di intese bilaterali con i paesi di emigrazione disposti
a collaborare per la riammissione degli stranieri espulsi dallItalia.
[18] Pi
precisamente, la Direttiva del Ministro dellinterno 1 Marzo 2000 (G.U. Serie
Generale n. 64, 17 Marzo 2000), emanata ai sensi dellart. 4, c. 3, t.u.,
stabiliva, quali requisiti per lingresso ex art. 23, c. 4, t.u., la
disponibilit di mezzi per il proprio sostentamento pari almeno a met
dellimporto annuale dellassegno sociale (v. nt. 43) e delle risorse necessarie
per liscrizione al SSN o per la stipula di unassicurazione privata valida su
tutto il territorio nazionale. A questi requisiti andavano aggiunti quelli,
generali, di indicazione di idoneo alloggio nel territorio nazionale e di
disponibilit dei mezzi necessari per le spese di rimpatrio (eventualmente
dimostrabile con esibizione del biglietto di ritorno).
[19] Art. 8 l.
943/1986 (v. nt. 12).
[20] In mancanza di
dati completi stato utilizzato il dato relativo allanno 1990 (questo e gli
altri dati riportati sono tratti, salvo diversa indicazione, dalle edizioni
1991-2003 di Immigrazione - Dossier statistico, curato dalla Caritas,
ed edito da Ed. Sinnos, Roma, per gli anni 1991-1993, e da Ed. Nuova Anterem,
Roma, per gli anni 1994-2003).
[21] V. nt. 10.
[22] Art. 1, c. 1,
lett. c,
d.m. 17 Novembre 1990 (citato nella nt. 10).
[23] Art. 6, c. 2, l.
943/1986.
[24] V. nt. 9.
[25] Che fosse questo
il criterio utilizzato per la determinazione del numero massimo di ingressi fu
rivelato a chi scrive, in un colloquio informale, da un consigliere del
Ministro dellinterno del tempo.
[26] Rectius, del Testo unico
di cui al d.lgs. 286/1998 (v. nt. 1).
[27] La legge
Turco-Napolitano ha introdotto la possibilit di ingresso per lavoro
stagionale, disciplinato dallart. 24 t.u.. Lingresso autorizzato, previa
chiamata da parte di un datore di lavoro e con procedure non molto diverse da
quelle stabilite per rapporti di lavoro di lunga durata, nei limiti di apposite
quote fissate dal decreto di programmazione dei flussi. Al lavoratore straniero
rilasciato un permesso di soggiorno di durata non superiore a nove mesi, al
termine dei quali il lavoratore deve lasciare il territorio dello stato, a pena
di espulsione. Il lavoratore stagionale che rispetti lobbligo di lasciare
lItalia matura in modo piuttosto vago un diritto di precedenza per il
rientro in Italia per lavoro stagionale rispetto ai connazionali che non
abbiano ancora fatto regolare ingresso in Italia per lavoro. A partire dal
secondo anno di lavoro stagionale in Italia, pu inoltre convertire il proprio
permesso in un permesso di soggiorno per lavoro subordinato (ordinario) in
presenza di una richiesta di assunzione che lo riguardi, purch tale richiesta
rientri nella quota (ordinaria) fissata dal decreto di programmazione. In
questo saggio si considerano tuttavia solo gli ordinari ingressi per lavoro
subordinato finalizzati, cio, a un inserimento relativamente stabile nel
mercato del lavoro , dal momento che gli ingressi per lavoro stagionale
corrispondono a un flusso annuo netto nullo.
[28] Lart. 21, c. 1,
t.u. prevede che, in sede di programmazione dei flussi, possano essere
riservate, in via preferenziale, quote di ingresso ai paesi con i quali il
Ministro degli affari esteri abbia stipulato accordi finalizzati alla regolamentazione
dei flussi e soprattutto alla riammissione degli stranieri espulsi. Sulla
base di questa disposizione sono state assegnate, negli anni, quote riservate a
Tunisia, Albania, Marocco, Romania, Nigeria,
Moldavia, Sri Lanka, Egitto, Bangladesh e Pakistan.
[29] Le principali
modifiche in relazione alle condizioni per lautorizzazione (ora nulla-osta) allingresso
del lavoratore introdotte dalla l. 189/2002 (il nuovo art. 5-bis t.u. e la
riforma dellart. 22 t.u.) consistono in un rafforzamento della garanzia
relativa allalloggio (v. nt. 10) e nellimpegno, per il datore di lavoro, a
sostenere le spese delleventuale rimpatrio del lavoratore e a comunicare
qualunque variazione del rapporto di lavoro. Questi oneri costituiscono parte
integrante del cosiddetto contratto di soggiorno per lavoro subordinato. La formulazione
delle relative disposizioni non chiarisce se la stipula di un contratto
siffatto sia necessaria anche per rapporti di lavoro successivi a quello per il
quale stato autorizzato lingresso (con trasferimento degli oneri da un
datore di lavoro allaltro), o se per i rapporti successivi lo straniero sia
equiparato al lavoratore nazionale (rimanendo lonere sul primo datore di
lavoro). Il dubbio sar risolto con lentrata in vigore del Regolamento di
attuazione; nello schema di Regolamento approvato dal Governo, ma non ancora
emanato alla data in cui questo saggio viene completato, stabilito che la
costituzione di un nuovo rapporto di lavoro richieda un nuovo contratto di
soggiorno per lavoro (con trasferimento degli oneri). Questo appare
difficilmente conciliabile con il disposto dellart. 2, c. 3, t.u.
(equiparazione del lavoratore straniero regolarmente soggiornante in Italia con
il lavoratore italiano, in attuazione della Convenzione OIL n. 143/1975). Una
seconda modifica apportata dalla l. 189/2002 consiste in un parziale ripristino
della condizione di accertamento di indisponibilit di manodopera nazionale o
comunitaria, temperata per dalla previsione che laccertamento si concluda entro
venti giorni dalla richiesta e dalla disposizione del Regolamento non ancora
emeanto, come detto sul carattere non vincolante, ai fini dellassunzione del
lavoratore straniero, delleventuale accertamento di disponibilit. E da
ritenere che limpatto pi significativo delle nuove disposizioni si avr, pi
che sullingresso di lavoratori stranieri (chiamati nominativamente), sulla
stabilit del loro soggiorno. Oltre a quanto gi detto sulla necessit di
reiterazione del contratto di soggiorno per lavoro, rilevano i limiti pi
stringenti per la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno (deve aver
luogo almeno novanta giorni prima della scadenza del permesso, anzich trenta,
come previsto dalla legge Turco-Napolitano), la minor durata del permesso di
soggiorno per lavoro (sia in sede di primo rilascio, sia in sede di rinnovo) e
il margine pi limitato per la ricerca di una nuova occupazione in caso di
cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento o per dimissioni (di norma
sei mesi, anzich un anno).
[30] Stabilita cio
dal Presidente del Consiglio dei ministri, con proprio decreto, in caso di
mancata emanazione del decreto ordinario, nei limiti delle quote fissate per
lanno precedente (art. 3, c. 4, t.u.; v. nt. 11).
[31] Sulla base di
quanto disposto dallart. 21, c. 1, t.u. (come modificato dalla l. 189/2002),
una quota di 4.000 ingressi stata riservata a cittadini argentini di origine
italiana per parte di almeno uno dei genitori (fino al terzo grado, in linea
retta di ascendenza). Quote pi modeste sono state riservate ad oriundi anche
negli anni successivi; nel 2004, in particolare, oltre agli argentini sono
stati presi in considerazione anche i cittadini venezuelani e uruguayani.
[32] Al momento non
sono noti i dati relativi agli ingressi effettivi, anche se presumibile che
le quote siano state esaurite, come sempre negli ultimi anni, in brevissimo
tempo.
[33] Le disposizioni
transitorie su cui si sono fondate le sanatorie citate sono contenute,
rispettivamente, nella l. 943/1986, nel d.l. 416/1989, convertito in l.
39/1990, nel d.l. 489/1985 (reiterato pi volte d.l. 22/1996, d.l. 132/1996,
d.l. 269/1996 , ma non convertito in legge; effetti prodotti fatti salvi dalla
l. 617/1996), nel d.p.c.m. 16 Ottobre 1998 (effetti estesi dal d.lgs. 113/1999),
nella l. 189/2002 e nel d.l. 195/2002 (convertito in l. 222/2002).
[34] Si considerato
il periodo periodo 1991-2002 per evitare le incertezze relative agli ingressi
nel periodo 1987-1990 e allo stock di immigrati illegali costituitosi dopo
il 2002. Nel dato relativo alla sanatoria del 2002 sono state incluse anche le
domande di regolarizzazione non ancora evase al momento in cui questo saggio
viene completato.
[35] Sono stati
esclusi dal computo gli ingressi per inserimento nel mercato del lavoro, dal
momento che sembrano doversi considerare uneccezione rispetto alla forma
normale di ingresso legale per lavoro subordinato.
[36] I permessi di
soggiorno rilasciati, in occasione delle sanatorie, per motivi diversi dal
lavoro subordinato costituiscono una frazione trascurabile del totale.
[37] V. nt. 29.
[38] Lassumere alle
proprie dipendenze lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno
sanzionato dallart. 22, c. 12, t.u. (come modificato dalla l. 189/2002).
Linfrazione punita con larresto da
tre mesi ad un anno e con lammenda di 5000
euro per ogni lavoratore impiegato.
[39] La l. 189/2002
ha sostituito il vecchio art. 23 (quello sullingresso per inserimento nel
mercato del lavoro) con un articolo totalmente innovato, che disciplina la
maturazione, da parte dei lavoratori stranieri residenti allestero, di titoli
di prelazione per lingresso. I lavoratori che frequentino con successo corsi
di formazione eventualmente organizzati nei paesi di emigrazione, nellambito
di collaborazioni tra una lunga serie di soggetti (ministeri, regioni,
province, enti locali, organizzazioni nazionali degli imprenditori e dei
lavoratori, organismi internazionali, enti e associazioni attive da almeno tre
anni nel campo dellimmigrazione), guadagnano il diritto di essere chiamati,
con un certo grado di precedenza, dai datori di lavoro che, volendo assumere un
lavoratore straniero, non ne conoscano alcuno (art. 23, c. 3, t.u.). Pi
importante la previsione (non ancora in vigore) di cui allart. 34, cc. 7 e 8,
d.p.r. 394/1999 (come modificato dallo schema di Regolamento attuativo della l.
189/2002 approvato dal Governo v. nt. 29): i lavoratori che abbiano maturato
i titoli di prelazione vengono iscritti in apposite liste; il decreto di
programmazione dei flussi pu riservare una quota degli ingressi per lavoro
subordinato agli iscritti in tali liste o, addirittura, stabilire che le
chiamate dalle stesse liste possano aver luogo senza limiti numerici.
[40] Una esperienza
pionieristica stata tentata dalla Regione Lazio. Non sono stati pubblicati
a quanto risulti a chi scrive i dati relativi alle chiamate effettuate a
conclusione dei corsi di formazione. Fonti ufficiose riportano, per, numeri
irrisori.
[41] Dal 24 Ottobre
2003 la materia disciplinata dal Titolo II del d.lgs. 276/2003.
[42] Questi e gli
altri dati relativi al Progetto Albania sono citati a memoria, sulla base di
quanto esposto da rappresentanti dellOim durante un incontro al Centro Studi
Politica Internazionale (Cespi), a Roma, nellAprile 2002.
[43] La concessione
dellassegno sociale disciplinata dallart. 3, cc. 6 e 7, l. 335/1995.
Lassegno concesso a persone di et superiore a sessantacinque anni il cui
reddito sia al di sotto di una determinata soglia.
[44] Direttiva del
Ministro dellinterno 1 Marzo 2003 (v. nt. 18).
[45] La possibilit
di convertire un permesso di soggiorno per turismo (o, pi in generale, per
motivi diversi dal lavoro) in un permesso di soggiorno per lavoro prevista
dallart. 39, c. 7, d.p.r. 394/1999, con riferimento al solo lavoro autonomo ed
entro i limiti numerici fissati, per gli ingressi corrispondenti, dal decreto
di programmazione dei flussi. Lo schema di Regolamento attuativo della l.
189/2002 approvato dal Governo v. nt. 29 modifica il d.p.r. 394/1999
sopprimendo questa disposizione.
[46] In mancanza di
dati ufficiali del Ministero dellinterno, la stima basata su informazioni
relative a un ristretto numero di province.
[47] Il livello
minimo di reddito per poter procedere alla chiamata nominativa di un lavoratore
domestico era stato fissato, dalla Circolare del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale n. 55/2000, intorno ai novanta milioni di vecchie lire (v.
nt. 9). Ai fini della prestazione di garanzia per lingresso per inserimento
nel mercato del lavoro, invece, il Vademecum su Ingresso
in Italia di cittadini extracomunitari per lavoro per lanno 2000, diramato
dal Ministero dellinterno, fissava, per il reddito minimo necessario in caso
di sponsor senza altri familiari a carico, il valore dellimporto annuo
dellassegno sociale (circa otto milioni di vecchie lire).
[48] Non vi sono
elementi di fatto, a parere di chi ha seguito sul campo lapplicazione delle
norme sulla sponsorizzazione, per ritenere che i casi di domande presentate da
sponsor stranieri corrispondessero in larga misura ad abusi o alla copertura di
situazioni nate comunque in modo illegale. Paradossalmente, proprio lalto
numero di siffatte domande (circa met del totale) stato guardato con
sospetto da chi ha guidato la stesura del disegno di legge Bossi-Fini (si veda,
in proposito, il resoconto dellaudizione del Prefetto Pansa, Direttore centrale della Polizia stradale, ferroviaria,
postale, di frontiera e dell'immigrazione della Polizia di Stato, nel
corso della seduta del 10 Aprile 2003 della Commissione affari costituzionali
della Camera, nellambito dellesame parlamentare del disegno di legge).
Listituto della sposnorizzazione stato cos soppresso a dispetto (o, forse,
a causa) del soffio di legalit che aveva
iniettato nel fenomeno dellimmigrazione per lavoro.
[49] Le quote
riservate potevano essere utilizzate sia per ingressi con chiamata nominativa
da prte di un datore di lavoro, sia per ingressi con sponsorizzazione.
[50] V. nt. 42.
[51] LOim, che aveva
come detto certificato la qualificazione di ciascuno di quei lavoratori,
offre loro, allatto dellingresso, la propria assistenza per il superamento
delle difficolt che possano presentarsi in Italia. Dei lavoratori entrati,
solo un terzo circa prende effettivamente contatto, nei mesi seguenti, con
lOim, chiedendo aiuto per questioni burocratiche o di altro genere; lOim
fornisce laiuto richiesto, e registra, per ogni contatto, il recapito del
lavoratore in Italia. Degli altri due terzi lOim perde le tracce; ma non
sembra infondata lipotesi che abbiano raggiunto un inserimento lavorativo con
le proprie forze Qualche tempo dopo, infatti, avendo organizzato corsi di
formazione professionale per i lavoratori albanesi, e temendo di doverli
cancellare per mancanza di iscritti, lOim raggiunge tutti i circa quattrocento
lavoratori di cui conosce un recapito, invitandoli ad iscriversi ai corsi. Tre
quarti degli intervistati declina linvito, per aver gi trovato lavoro; gli
altri accettano di iscriversi. Degli iscritti, successivamente, riescono a
trovare occupazione una settantina; i rimanenti restano disoccupati. Fino a
prova contraria (relativa allesito della ricerca di lavoro da parte degli
ottocento lavoratori con i quali lOim non ha avuto contatti), possiamo cos
presumere che la percentuale di insuccessi, nei casi di ricerca di lavoro auto-sponsorizzata, sia quindi non
superiore al 7.5% (trenta su quattrocento); e si pu ipotizzare addirittura che
sia non molto superiore al 2.5% (trenta su milleduecento).
[52] Gi sulla base
delle disposizioni vigenti, il rinnovo del permesso di soggiorno in genere
condizionato anche alla dimostrazione di disponibilit di un reddito da fonti
lecite sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi a carico
(art. 13, c. 2, d.p.r. 394/1999).
[53] Lart. 13, c.
12, t.u. stabilisce che, salvo il caso in cui vi sia rischio di persecuzione,
lo straniero espulso rinviato allo Stato di appartenenza, ovvero, quando ci
non sia possibile, allo Stato di provenienza. Una disposizione dal contenuto
analogo era gi contenuta nel d.l. 416/1989, convertito in l. 39/1990. La
distruzione o loccultamento del passaporto hanno costituito quindi,
comprensibilmente, una pratica molto diffusa tra gli immigrati in condizioni di
soggiorno illegale. Per porre rimedio alla oggettiva difficolt che da questa
pratica deriva in sede di esecuzione del provvedimento di espulsione, il
Legislatore ha tentato dapprima di sanzionare penalmente il mancato adoperarsi
dello straniero ai fini dellottenimento di un nuovo passaporto (d.l. 187/1993,
convertito in l. 296/1993). Giustiziata questa norma dalla Corte Costituzionale
(C. Cost. 6 Febbraio 1995 n. 34, G. U. 15 Febbraio 1995), per lassenza di
definizione certa della soglia di negligenza al sopra della quale scatti la
punibilit, ci si rivolti (art. 11, c. 4, t.u.) allo strumento degli accordi
di riammissione con i paesi di emigrazione accordi in base ai quali la
controparte collabora attivamente, in cambio di vantaggi economici e/o relativi
alla determinazione dei flussi in ingresso (art. 21, c. 1, t.u.; v. nt. 28)
allidentificazione dello straniero da espellere e al rilascio di un documento
di viaggio sostitutivo.
[54] Lart. 14, c. 1,
t.u. dispone che, quando non possibile eseguire con immediatezza
lespulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento,
perch occorre procedere [...] ad accertamenti supplementari in ordine alla sua
identit o nazionalit, ovvero allacquisizione di documenti per il viaggio,
il questore dispone il trattenimento dello straniero in un Centro di
permanenza temporanea ed assistenza per il tempo strettamente necessario. Tale
tempo non pu superare (proroghe incluse) il limite di sessanta giorni (art.
14, c. 5, t.u., come modificato dalla l. 189/2002; il limite massimo previsto
dalla legge Turco-Napolitano era di trenta giorni). Il trattenimento
sottoposto alla convalida dellautorit giudiziaria; la proroga adottata
direttamente da tale autorit su richiesta del questore.
[55] Lart. 6, c. 4,
t.u., nella sua formulazione originale, prevedeva che lo straniero della cui
identit vi fosse motivo di dubitare potesse essere sottoposto a rilievi
segnaletici. La legge Bossi-Fini ha modificato questa disposizione rendendo
obbligatoria la misura ed aggiungendo ai rilievi segnaletici quelli fotodattiloscopici.
La stessa legge, introducendo i nuovi commi 2 bis e 4 bis dellart. 5 t.u., ha
stabilito che lo straniero sia sottoposto a rilievi fotodattiloscopici in sede
di rilascio e di rinnovo del permesso. Lart. 2, c. 5, d.l. 195/2002,
convertito in l. 222/2002, ha stabilito per che queste disposizioni non si applicano allo straniero che richiede il permesso di
soggiorno per visite, affari, turismo o altri motivi diversi dai motivi
familiari o di lavoro o di studio, di durata non superiore a tre mesi, ovvero
per cure mediche, o che ne richiede il rinnovo. Oltre ai casi previsti dalla
legislazione nazionale, il Regolamento del Consiglio europeo che istituisce il
sistema Eurodac per il confronto delle impronte digitali dei richiedenti
asilo e di taluni altri cittadini di paesi terzi, al fine di agevolare
l'attuazione della convenzione di Dublino stabilisce che sia sottoposto a
rilievi fotodattiloscopici anche lo straniero che chieda asilo, quello che
abbia attraversato illegalmente la frontiera e non sia stato respinto e quello
che, trovato in condizioni di soggiorno illegale nel territorio dello stato
chieda di non essere rimpatriato affermando che vi si troverebbe in pericolo.
[56] Lart. 2 della
Direttiva del Ministro dellinterno 1 Marzo 2000 impone, tra i requisiti per
lingresso, la disponibilit della somma
occorrente per il rimpatrio, comprovabile anche con lesibizione del biglietto
di ritorno (nota: rispetto a quanto si propone nel testo, la disposizione
vigente non richiede il deposito della somma o del biglietto, ma solo la
dimostrazione della corrispondente disponibilit al momento dellingresso).
[57] Lart. 13, c.
13, t.u., come modificato dalla l. 189/2002, stabilisce che lo straniero espulso non pu rientrare nel territorio dello
stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dellinterno, a pena di
arresto da sei mesi ad un anno e nuova espulsione con accompagnamento immediato
alla frontiera. Il divieto vale per
dieci anni, salvo che col provvedimento di espulsione non sia fissato un periodo
pi breve, ma comunque non inferiore a cinque anni (art. 13, c. 14, t.u., come
modificato dalla l. 189/2002). Le
corrispondenti disposizioni originali (legge Turco-Napolitano) prevedevano
larresto da due a sei mesi, e un divieto di cinque anni (con possibilit, per
il giudice, di fissare, in sede di decisione sul ricorso avverso il
provvedimento di espulsione, un termine pi breve, ma comunque non inferiore a
tre anni).
[58] La legge
Turco-Napolitano prevedeva (art. 13, c. 8, t.u.) la possibilit di ricorso
avverso il provvedimento di espulsione per soggiorno illegale davanti al
Tribunale ordinario entro cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento
(trenta giorni in caso di espulsione con accompagnamento coattivo alla
frontiera). La legge Bossi-Fini, anche in ragione dellestensione della
fattispecie di espulsione con accompagnamento coattivo alla frontiera, ha
esteso il termine per la presentazione del ricorso a sessanta giorni (art. 13,
c. 8, t.u., come modificato dalla l. 189/2002). Il d.l.
51/2002 (convertito in l. 106/2002), introducendo il nuovo comma 5 bis dopo
lart. 13, c. 5, t.u., ha disposto che il provvedimento di accompagnamento
coattivo alla frontiera sia sottoposto a convalida dellautorit giudiziaria.
Col d.l. 241/2004 (allesame delle Camere per la conversione in legge, mentre
questo saggio viene ultimato) tale comma stato infine modificato, prevedendo
che in attesa della convalida laccompagnamento alla frontiera resti sospeso;
la competenza della convalida dellaccompagnamento e della decisione sul
ricorso avverso il provvedimento di espulsione vengono inoltre attribuite al
giudice di pace.
[59] Lart. 2, c. 7,
d.l. 195/2002 (convertito in l. 222/2002) dispone che i
cittadini italiani siano sottoposti a rilievi dattiloscopici allatto della
consegna della carta didentit elettronica, prevista dallart. 36 del Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
documentazione amministrativa di cui al d.p.r. 445/2000.
[60] Un parziale
ripristino di questo requisito ha avuto luogo con lapprovazione della l.
189/2002, che ha modificato in tal senso lart. 22 t.u.. Lo schema di
Regolamento di attuazione della l. 189/2002, tuttavia, sancendo il carattere
non vincolante dellaccertamento (v. nt. 29), limita di molto la portata della
disposizione di legge.
[61] Recentemente
stata positivamente avviata una riflessione, in ambito politico, sulleffettiva
convenienza dellimposizione di un limite numerico. Alcuni esponenti
dellattuale maggioranza (in particolare, il Vicepresidente del Consiglio dei
Ministri Fini, il Sottosegretario al Ministero dellinterno Mantovano e altri)
hanno prospettato sia pure in modo non privo di ambiguit la possibilit
che si proceda a riformare la normativa italiana, con il superamento del meccanismo
delle quote. Paradossalmente e a testimonianza dellimmaturit della
riflessione il Governo italiano si dichiarato pi volte a sostegno
delladozione, in sede europea, di questo stesso meccanismo. E da notare,
infine, come lingresso per lavoro al di fuori delle quote programmate gi
consentito, dalla legislazione vigente, con riferimento a determinate categorie
(art. 27, c. 1, t.u.) tra le altre, ricercatori e professori universitari
(lett. c),
traduttori ed interpreti (lett. d), lavoratori dipendenti da un appaltatore
residente allestero trasferite in Italia per la realizzazione di opere o
servizi oggetto di un contratto dappalto (lett. i), sportivi
professionisti (lett. p), artisti e lavoratori dello spettacolo (lett. l-o), infermieri professionali
(lett. r-bis, aggiunta dalla l. 189/2002). Val la pena di osservare
come, anche in virt dellampliamento della nozione di appalto genuino
apportato dalle disposizioni di cui allart. 29, c. 1, d.lgs. 276/2003, la
previsione relativa agli ingressi di lavoratori dipendenti dallappaltatore
avente sede allestero offra una via efficace, in molti casi, per laggiramento
del vincolo delle quote per un novero molto ampio di settori lavorativi.
[62] E opportuno
rilevare come due elementi importanti della proposta che qui viene avanzata
erano contenuti in altrettanti emendamenti approvati in sede di esame
parlamentare della proposta di legge A.C. 5808, presentata, durante la scorsa
legislatura, dai deputati Fini ed altri, facenti parte, a quel tempo, dellopposizione.
La maggioranza di allora (di centro-sinistra) non si limit a sopprimere quasi
tutte le disposizioni della proposta, ma introdusse una serie di propri
emendamenti alla normativa vigente sull'immigrazione. Uno dei due emendamenti
citati stabiliva che lammontare delle risorse necessarie per lingresso in
Italia fosse pari allimporto dellassegno sociale per il numero di mesi di
soggiorno, a prescindere dal motivo di soggiorno (di breve durata), in tal modo
abbassando il livello richiesto per lingresso per turismo. Il secondo
emendamento del quale chi scrive era stato estensore aggiungeva, allart.
5, c. 9, t.u. il seguente periodo: L'esistenza di una richiesta di
autorizzazione al lavoro o della prestazione di garanzia di cui all'articolo 23
per il lavoratore straniero che rientri nell'ambito delle quote fissate dai
decreti di cui al comma 4 dell'articolo 3, considerata condizione sufficiente
per la conversione di un permesso di soggiorno rilasciato ad altro titolo,
rispettivamente, in permesso di soggiorno per lavoro subordinato, anche a
carattere stagionale, o per inserimento nel mercato del lavoro.. Si noti che
lemendamento ebbe parere favorevole anche da parte del gruppo di Forza Italia
(allora allopposizione). La proposta di legge, cos approvata dalla Camera dei
deputati non fu mai esaminata dal Senato.
[63] Oltre a
incorporare le risposte ai problemi correlati alla difesa dei beni pubblici
ritenuti meritevoli di tutela, questa soluzione, col rendere inutile
limmigrazione illegale, rende inutili le richieste di asilo abusive (mirate
cio solo ad evitare i provvedimenti previsti in caso di ingresso o soggiorno
illegale). Leffettiva portata del fenomeno delle richieste abusive
tuttaltro che accertata. Il timore, per, che esso mini la capacit dello
stato di controllare i flussi migratori alla base della progressiva erosione
del diritto dasilo nella normativa italiana (il comma 6 dellart. 1-ter
aggiunto al d.l. 416/1989 dalla l. 189/2002 ha
reso immediatamente esecutivo, anche in pendenza di ricorso, il provvedimento
di allontanamento dal territorio dello stato conseguente al rigetto della
richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato), come pure nellambito
del processo europeo di armonizzazione delle politiche in materia di
immigrazione e asilo (si veda levoluzione della Proposta di direttiva del
Consiglio recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai
fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, dalla versione
originaria, COM(2000)578 in G. U. dellUnione europea C 62 E 27 Febbraio 2001,
a quella modificata, COM(2002)326 in G. U. dellUnione europea C 291 E 26
Novembre 2002, fino alla versione su cui stato raggiunto laccordo del
Consiglio europeo, consultabile alla pagina di Maggio 2004 del sito web http://www.stranieriinitalia.com/briguglio).
Una politica migratoria basata sulla conversione turismo-lavoro, alleggerendo il problema delle domande
di asilo abusive consentirebbe di invertire questo processo di erosione,
dannosissimo per i richiedenti asilo bona fide.
[64] Costringono
quindi, evidentemente, il sistema a restare lontano dalle condizioni di
ottimalit paretiana.
[65] Il ripensamento
sullopportunit dellimposizione di limiti numerici (v. nt. 61) non sembra al
momento estendersi alla validit degli altri requisiti per lingresso dei
lavoratori. Non quindi messa in discussione, in particolare, la condizione
relativa alla preesistenza di una proposta di contratto da parte di un datore
di lavoro condizione che, come discusso sopra, ha reso impraticabili, per i
lavoratori stranieri, le vie di migrazione legale.
[66] COM(2001)386 in
Gazzetta Ufficiale dellUnione europea C 332 E del 27 novembre 2002.
[67] Art. 29, c. 1.
[68] Art. 29, c. 4.
[69] Art. 5, c. 3,
lett. b).
[70] Art. 6.
[71] Art. 5, c. 3,
lett. h).
[72] Art. 10, c. 3.
[73] Art. 26.
[74] Art. 5, c. 2.
[75] Questa
precisazione contenuta nel Commento agli articoli (art. 5, c. 2), che
accompagna la proposta di direttiva.
[76] Salva la possibilit
come detto nel 4 di condizionare al conseguimento di una certa anzianit
di inserimento lavorativo e sociale la piena parificazione con il cittadino
nazionale ai fini della fruizione delle misure di assistenza sociale.
[77] Parere del
Comitato economico e sociale, G. U. dellUnione europea C 080 03 Aprile 2002.
[78] Parere approvato
il 28 Maggio 2002, in Rapporto della Commissione per le libert e i diritti dei
cittadini, la giustizia e gli affari interni, PE A5-0010/2003.
[79] Risoluzione
legislativa del Parlamento europeo, del 12 Febbraio 2003, in G. U. dellUnione
europea C 043 19 Febbraio 2004.
[80] Il documento,
del 25 Novembre 2003, consultabile alla pagina di Luglio 2004 del sito web http://www.stranieriinitalia.com/briguglio.
[81] Contrariet
espressa dai rappresentanti dei governi di Spagna, Italia, Olanda, Austria,
Finlandia, Regno unito e Grecia.
[82] Il Governo
italiano, anzi, come spiegato, ne ha promosso una, varata con la l. 189/2002, che
ha cancellato la possibilit di ingresso per inserimento nel mercato del
lavoro.
[83] Art. III-168, c.
5, nella numerazione attuale (provvisoria) del Trattato.