Il Manifesto 14 gennaio 2005
IMMIGRAZIONE
Il cuore dei diritti comuni
FILIPPO
MIRAGLIA*
ENRICO PUGLIESE
La
discussione in corso nella sinistra sulla propria identit e sul proprio futuro
non pu fare a meno di affrontare il tema dell'immigrazione, superando il
livello retorico e ideologico che caratterizza buona parte del dibattito e
delle iniziative in materia. Le carenze attuali riguardano sia l'analisi e la
comprensione della situazione, sia l'iniziativa politica, sia il radicamento
sociale. I contributi e le esperienze di maggior valore si sono sviluppati
finora in ambiti ristretti e a volte specialistici, rischiando cos di
risultare inutilizzati, anche se ricchi di buone idee. La frammentazione degli
interventi e delle esperienze rende difficile la produzione di una piattaforma
politica alternativa. Tuttavia dalla fine degli anni `80 a oggi si realizzata
nel paese - nonostante l'assenza di una efficace politica di governo del
fenomeno e in presenza di una ideologizzazione del tema - una serie di percorsi
di integrazione sociale dei migranti che rappresentano una ricchezza per la
nostra democrazia. Il radicamento degli immigrati nella realt italiana ormai
un dato evidente sui luoghi di lavoro, nella scuola (con il peso crescente
della seconda generazione) e nei quartieri. Gli immigrati rappresentano una
componente importante della nostra societ, anche in termini d'iniziativa
politica, come dimostrano le due manifestazioni dello scorso dicembre che, pur
tra mille contraddizioni e limiti, hanno espresso la vivacit e il protagonismo
dei migranti. La frammentazione era evidente, cos come la mancanza di una
piattaforma comune. Ma gli immigrati erano in piazza in entrambi i casi.
A un reale processo d'integrazione si oppone in Italia
soprattutto una condizione giuridica e legislativa discriminatoria (che non
solo frutto della legge Bossi Fini). L'accesso degli immigrati residenti ai
diritti sociali di cittadinanza tutt'ora largamente limitato, nonostante le
dichiarazioni di principio e la stessa lettera della legislazione in materia.
L'effettivo godimento dei diritti sociali avviene attraverso una serie di
meccanismi di stratificazione civica in base allo status degli immigrati (carta
di soggiorno, permesso di soggiorno, permesso di soggiorno scaduto, assenza di
permesso di soggiorno etc.) ed negato a molti per via di ostacoli burocratici
e amministrativi, la cui portata risente del clima politico che ora
particolarmente negativo. A questo si aggiunge l'assenza di canali d'ingresso
legali che consegnano - ora come in passato - ai trafficanti di clandestini e
ai canali irregolari del fai da te, la quasi totalit dei migranti che
entrano nel nostro paese.
Quella dei migranti dunque una questione che la sinistra -
quella dei partiti e quella sociale - farebbe bene a mettere con competenza al
centro della propria agenda politica se non vuole ritrovarsi fra qualche anno
in una democrazia dalla quale sono esclusi milioni di persone. Se i 19 milioni
delle previsioni correnti per il 2050 sono esagerate, l'incremento della loro
presenza - e della loro necessit per il paese - forte. Gli immigrati non
saranno troppi ma saranno molto presto tanti . Che fare?
Innanzitutto necessario dare centralit al principio
dell'uguaglianza effettiva, a partire dalla chiusura dei Cpt e di tutte le
forme di persecuzione che la nostra confusa legislazione prevede per
l'ossessione del controllo. Non mai inutile ribadire che i centri di
detenzione amministrativa (di dubbia costituzionalit) sono stati previsti non
per chi commette reati, ma per i normali lavoratori immigrati in condizione di
irregolarit. E ci dai tempi del governo di centro sinistra. In secondo luogo
bisogna mettere in campo una proposta che corregga i guasti introdotti con la
normativa attuale in tema di ingresso e soggiorno attraverso norme pi efficaci
per i rinnovi dei permessi di soggiorno che consentano una presenza stabile.
Attualmente, dopo la maxi sanatoria Bossi-Fini, gli immigrati sono sospinti
nuovamente in condizione di clandestinit per le difficolt di rinnovo
introdotte dalla stessa Boss-Fini. Da questa contraddizione si esce prevedendo
dei meccanismi d'ingresso legali, come il visto per ricerca di lavoro,
superando cos il meccanismo astruso dell'adeguamento degli ingressi ufficiali
alle presunte (quanto indeterminabili) esigenze della domanda di lavoro. E
peggio ancora con i surreali meccanismi di funzionamento del collocamento
all'estero.
In terzo luogo necessario spostare dalle questure (e dagli
uffici di polizia) verso le amministrazioni locali le procedure per l'ingresso
e il soggiorno sia per motivi di efficienza (pensiamo alle orrende attese fuori
dagli uffici delle questure), che motivi di democrazia. Su questo aspetto -
cos come sulla questione dei rifugiati - la legge Bossi Fini ha rappresentato
un vero e proprio salto di qualit in negativo anche rispetto alla carente
legislazione preesistente. Infine bisogna ribadire il principio base secondo
cui alcuni diritti, quelli fondamentali della persona, non siano legati al suo
status giuridico cos dipendente dal caso e non dalla sua volont.Va perci
introdotto un principio di cittadinanza nuovo, legato alla residenza e non alla
nazionalit, che scardini l'impianto dell'ideologia del controllo che fino a
oggi ha prevalso nel discorso politico culturale sull'immigrazione. Su una
piattaforma avanzata, che comprenda anche questi punti, possibile costruire
un consenso ampio. Il dibattito competente, il confronto delle esperienze,
l'attenzione alla concreta realt degli immigrati, il superamento di posizioni
ideologiche e settarie possono aiutare in questa direzione.
*Responsabile immigrazione Arci