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*** REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia –
prima sezione - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso n. 363/04 proposto da **, rappresentato e difeso dagli avv.ti
Pasquale Cerbo e Rocco Pietro Sicari ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Milano, via F.
Sforza n.5; contro MINISTERO DELL’INTERNO, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avvocatura dello Stato ed elettivamente
domiciliato presso la sua sede in Milano, via Freguglia
n. 1; per l'annullamento del provvedimento di
rigetto dell’istanza di concessione della cittadinanza italiana prot. n. K10.51064 del 9.10.2003,
notificato in data 7.11.2003. Visto il ricorso con
i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio
dell’amministrazione intimata; Viste le memorie delle parti depositate a sostegno delle
rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udito il ref. Elena Quadri,
designato relatore per l’udienza dell’11.11.2004; Uditi i difensori delle parti; Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue: FATTO Il ricorrente vive a
** con i genitori, è nato in *** nel 1982 e risiede legalmente in Italia
dal 1990, dove è giunto insieme alla madre ed alla sorella minore per
ricostruire l’originario nucleo familiare con il padre, che li aveva preceduti
di alcuni anni nell’espatrio. I genitori sono
proprietari della casa di abitazione, svolgono entrambi attività lavorativa e
godono di un reddito complessivo ampiamente superiore al livello minimo
necessario all’esenzione dalla spesa sanitaria; la sorella è iscritta alla
facoltà di ingegneria civile, mentre il ricorrente è titolare di diploma di
scuola dell’obbligo ed attualmente lavora, avendo stipulato due contratti di
lavoro a tempo determinato, il primo con validità 1.12.2003-31.8.2004 ed il
secondo con validità annuale dal 15.9.2004. Con il presente
gravame il ricorrente impugna il provvedimento indicato in epigrafe, con il
quale il Ministero dell’Interno respingeva l’istanza di cittadinanza italiana
dal medesimo presentata ai sensi dell’art. 9, comma 1, lettera f), della legge
5.2.1992, n. A sostegno del
proprio gravame il ricorrente deduce il seguente, articolato, motivo di
diritto: 1.
Eccesso di potere per violazione
del principio di ragionevolezza, per travisamento dei fatti e per carenza di
motivazione, atteso che l’amministrazione avrebbe travisato i fatti paragonando
la condizione del ricorrente a quella di un adulto ed omettendo di considerare la posizione dell’interessato,
giovane e convivente con una famiglia dotata di reddito più che dignitoso. Si è costituita in
giudizio l’amministrazione intimata, che ha chiesto il rigetto del gravame per
infondatezza nel merito. Successivamente le
parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni. Alla pubblica
udienza dell’11.11.2004 il gravame è stato, quindi, trattenuto per la
decisione. DIRITTO Con il ricorso all’esame
il ricorrente impugna il provvedimento descritto in epigrafe, relativo al
diniego sull’istanza di cittadinanza italiana dal medesimo presentata ai sensi
dell’art. 9, comma 1, lettera f), della legge 5.2.1992, n. 91. Il ricorrente
lamenta l’illegittimità del provvedimento impugnato per eccesso di potere per
travisamento dei fatti, irragionevolezza e carenza di motivazione. Per la difesa
dell’amministrazione intimata, al contrario, il Ministero avrebbe
legittimamente negato la cittadinanza sulla base di valutazioni ampiamente
discrezionali e fondate. Il ricorso va
accolto. Nel proprio provvedimento il Ministero dell'Interno ha
premesso "che il cittadino
straniero il quale chiede di essere ammesso nella comunità politica nazionale,
è tenuto, tra l'altro come anche ribadito dal Consiglio di Stato a documentare
tanto la disponibilità di adeguati mezzi economici quanto il corretto
adempimento degli obblighi fiscali"; ha quindi evidenziato che
dalla "documentazione esibita a
corredo della domanda…… si evince che l'interessato non svolge alcuna attività
lavorativa e, al suo sostentamento provvede il padre; atteso pertanto che
l’interessato non risulta disporre di autonomi mezzi di sostentamento";
ha infine concluso per il rigetto dell'istanza tenuto conto "che con l'attribuzione della cittadinanza il
richiedente potrebbe usufruire di eventuali provvidenze previste per i
cittadini in stato di indigenza che graverebbero ulteriormente sul bilancio
dello Stato e che, d'altro canto, non è dato rilevare la sussistenza di
benemerenze o circostanze tali da poter comunque giustificare l'attribuzione
dell'invocato beneficio”. Il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana
costituisce senza dubbio manifestazione di un potere ampiamente discrezionale,
che presuppone l'accertamento di un interesse pubblico da valutarsi in
relazione ai fini propri della società nazionale e non sul semplice riferimento
all'interesse privato di chi si risolve a domandare la cittadinanza per il
soddisfacimento di personali esigenze (cfr. Cons. di Stato, sez. IV, 17 luglio 2000 n. 3958; TAR
Bologna, sez. I, 27 febbraio 2003 n. 158). In tale contesto ben possono
assumere rilievo considerazioni anche di carattere economico-patrimoniale
relative al possesso, da parte del richiedente, di adeguate fonti di
sussistenza, sufficienti per consentirgli di far fronte ai doveri che derivano
dall'appartenenza alla comunità nazionale, compresi quelli della solidarietà
economica e sociale (cfr. TAR Veneto, Sez. III, 28 novembre 2003 n. 5948), il che legittima il
diniego della cittadinanza nei confronti di chi sia titolare di redditi annui
inferiori a quelli previsti dall’art. 3 del D.L. n. 382/1989, convertito con
modificazioni dalla legge n. 8/1990, per l'esenzione dalla partecipazione alla
spesa sanitaria in favore dei titolari di pensioni di vecchiaia (cfr. TAR Milano, 7 marzo 2002, n. 988). Ciò non significa, peraltro, che gli unici redditi
suscettibili di considerazione, nell'ambito del procedimento finalizzato alla
concessione della cittadinanza, siano quelli direttamente prodotti dal
richiedente; la giurisprudenza amministrativa ha affermato in proposito che,
ove l'interessato sia inserito in un nucleo familiare, si deve tenere conto, al
fine di valutare la capacità di far fronte ai doveri di solidarietà economica e
sociale, anche dei redditi di cui il soggetto possa fruire in quanto
partecipante del nucleo in questione. E può dirsi, ad esempio, nel caso della
casalinga che non svolga altra attività, ma che possa avvalersi di un adeguato
reddito del marito convivente (cfr. TAR Milano, sez.
I, 1 marzo 2004 n. 798; TAR Veneto, sez. III, n. 5948/2003), o nel caso del
richiedente di giovane età, inserito in un nucleo familiare, che non abbia
ancora acquisito una posizione di indipendenza lavorativa e reddituale
(cfr. TAR Liguria, 6 novembre 2003 n. 1458, TAR
Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 18 giugno 2004, n. 1364). L’odierno ricorrente
è proprio in questa situazione, perché è titolare di un mero contratto a tempo
determinato e non gode ancora di certo reddito proprio, ma fruisce del reddito
familiare, essendo a carico dei genitori. L’amministrazione avrebbe dovuto considerare tale stato di
fatto al fine di valutare se il reddito assicurato dalla famiglia fosse
sufficiente a garantire il rispetto dei doveri che derivano dall'appartenenza
alla comunità nazionale ed a supportare la domanda intesa ad ottenere la
concessione della cittadinanza italiana. Di tale valutazione non c’è traccia nel provvedimento del
Ministero dell'Interno, che si è limitato a rilevare l’insussistenza di
autonomi mezzi di sostentamento del richiedente. Il provvedimento impugnato è dunque viziato dalla censurata
carenza istruttoria e di motivazione. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso va
accolto, disponendosi, per l’effetto, l’annullamento del provvedimento
impugnato, salve le ulteriori determinazioni dell’amministrazione. Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale
compensazione tra le parti delle spese di giudizio. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia –
prima sezione – accoglie il ricorso in epigrafe e dispone l’annullamento
dell’atto impugnato. Spese compensate. La presente sentenza sarà eseguita dall’amministrazione ed è
depositata presso la segreteria del Tribunale che provvederà a darne
comunicazione alle parti. Così deciso, in Milano, l’11.11.2004, dal Tribunale
Amministrativo Regionale per la Lombardia, in Camera di Consiglio, con
l'intervento dei Signori: Ezio Maria Barbieri Presidente Elena Quadri giudice est. Riccardo Giani giudice |
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