Segretario, nel 2004 gli immigrati iscritti alla Cgil sono stati più di 170mila con un aumento di oltre il 30% rispetto al 2003. In alcune categorie, poi, e in diverse regioni, non ci sarebbe stato un saldo finale positivo del tesseramento senza l’iscrizione al sindacato dei lavoratori stranieri. Come valuta questo fenomeno?
Il crescere degli iscritti della Cgil anche fra i lavoratori immigrati rispecchia, da qualche anno, il cambiamento in atto. La Cgil non può non rappresentare, in maniera sempre maggiore, l’aumentata partecipazione dei lavoratori stranieri al mondo produttivo italiano, grazie alla sua capillare e costante presenza nei luoghi di lavoro. Siamo il sindacato maggiormente rappresentativo fra i lavoratori immigrati anche perché la nostra azione sindacale è stata in grado di garantire la parità di trattamento con i lavoratori italiani, evitando accordi separati. Altra cosa, invece, è valorizzare le specificità della manodopera straniera, prevedendo la possibilità di accumulo delle ferie o il richiamo alle armi nei paesi d’origine senza perdere il posto di lavoro. Tutte cose che vengono contrattate a un secondo livello, territoriale e aziendale.
E’ di qualche settimana fa il via libera del consiglio dei ministri all’ingresso di ulteriori 20mila lavoratori stagionali. E' la riprova che il fabbisogno di manodopera straniera è superiore rispetto alle quote previste dal decreto flussi. Come andrebbero ripensate a suo avviso le politiche in materia di immigrazione?
I flussi programmati dal governo non possono funzionare, perché è impensabile un incontro fra domanda ed offerta di lavoro a distanza, come il decreto prevede. Invece di ricorrere a tali misure, bisogna istituire un permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro, per dare una risposta reale alla domanda di manodopera delle imprese italiane attraverso la via legale, spezzando il circuito perverso proibizionismo-clandestinità-lavoro nero.
Quella del permesso di lavoro per ricerca di soggiorno, in effetti, sarebbe una soluzione innovativa, alla quale starebbero pensando persino gli esperti del Viminale
Premesso che tutta la normativa in materia di immigrazione promossa da questo governo è sbagliata, penso tuttavia che l’introduzione di questo tipo di permesso di soggiorno possa rappresentare un avvicinamento ai reali bisogni del paese e dei cittadini immigrati. Spero che facciano sul serio e che i contrasti interni al governo (soprattutto con la Lega) non vanifichino i suggerimenti degli esperti. Non sarebbe la prima volta.
Se un immigrato vuole lavorare in Italia ma non ha un’occupazione prima di entrare nel nostro paese, la Bossi-Fini lo costringe ad arrivare come clandestino. E’ un paradosso o è l’inevitabile conseguenza di una legge che punta più sul contenimento del fenomeno migratorio che su una politica di accoglienza?
Il governo ha sbagliato tutta la sua politica verso l’immigrazione, facendo una legge dannosa e inutile, che spinge alla illegalità e impone rigidità (come un contratto a tempo indeterminato) proprio nel momento in cui il nostro mercato del lavoro è assalito da una precarizzazione selvaggia, provocata, tra l’altro, dalla legge 30. Si chiede agli immigrati una differenza di trattamento anche nelle condizioni di accesso al lavoro, prefigurando così l’ennesima ingiustizia.
La maggior parte delle risorse stanziate nella Finanziaria per l’immigrazione sono destinate quasi solo alla repressione (apertura di nuovi cpt e rimpatri forzati). Anche su questo fronte il sindacato chiede un cambio di rotta?
Una relazione recente della Corte dei Conti segnala che nel 2004 oltre 115 milioni di euro sono stati spesi per il contrasto all’immigrazione clandestina, mentre solo 29 milioni di euro sono stati destinati alle politiche di sostegno all’immigrazione regolare. Mi sembra la migliore dimostrazione di come le politiche del governo necessitino di un cambiamento radicale di rotta: servono maggiori risorse per l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati, che rappresentano una vera opportunità per il nostro mercato del lavoro e per il paese.
Quali sono a suo avviso gli altri punti della Bossi-Fini che dovrebbero essere riscritti da un governo di centro-sinistra?
Per la Cgil la legge Bossi–Fini va abrogata e deve essere riscritta in toto una nuova pagina delle politiche per l’immigrazione del nostro paese. Non credo quindi si tratti di apportare modifiche o aggiustamenti perché questa legge trasuda uno spirito ideologico e punitivo, senza offrire opportunità di lavoro e di integrazione ai cittadini immigrati.
Secondo i dati Inail, nel 2004 sono cresciuti gli infortuni globali denunciati da extracomunitari, con oltre 115 mila casi registrati, di cui 164 mortali. E un picco di incidenti si registra nel settore edilizio dove, peraltro, oltre la metà dei lavoratori immigrati lavora al nero. Cosa si può fare per invertire questa tendenza?
Quello della sicurezza sul lavoro è uno dei grandi problemi irrisolti del nostro paese, una vera e propria vergogna. Se è del 3% il numero degli infortuni per i lavoratori italiani, per gli immigrati il dato sale al 10%. Bisogna correre ai ripari. Serve prima di tutto un’azione di contrasto più efficace al lavoro nero e irregolare, incentivando le convenienze fiscali e previdenziali sia per gli imprenditori che per i lavoratori stranieri. Non è ammissibile, inoltre, che gli immigrati siano chiamati a svolgere le mansioni più pericolose, spesso in assenza delle norme, anche quelle minime, sulla sicurezza. Occorre inoltre che i cartelli di segnaletica antinfortunistica siano scritti in diverse lingue. Sono solo alcuni esempi.
E’ di qualche giorno fa la presa di posizione di Nicolò Pollari, capo del Sismi, per il quale il contrasto all’immigrazione clandestina passa attraverso una dura azione di contrasto al lavoro nero. Lei, segretario, è dello stesso avviso?
Il governo non ha fatto nulla per contrastare il lavoro nero. Clandestinità è sinonimo di lavoro irregolare; è ovvio infatti che se ai cittadini immigrati è offerta la opportunità di una presenza regolare sul territorio, questa sarà anche una misura per combattere il lavoro nero. Non si tratta solo, quindi, di esercitare una azione di contrasto ma di assumere un'ottica propositiva di accoglienza nei confronti di chi arriva sul nostro territorio.
Come valuta la battaglia portata avanti da alcune amministrazioni comunali per concedere il diritto di voto agli immigrati a partire dai consigli di circoscrizione?
La Cgil da molto tempo è favorevole al diritto di voto amministrativo attivo e passivo per i cittadini immigrati. Siamo convinti che questi ultimi contribuiscono alla vita sociale, culturale ed economica delle comunità in cui vivono e quindi hanno diritto – come tutti gli altri – ad avere voce in capitolo per scegliere chi li amministra e le politiche del proprio territorio.
Alcune amministrazioni locali, in sede di definizione dello statuto, hanno introdotto la possibilità di voto per i cittadini immigrati, residenti da un certo numero di anni. Ma non può essere solo una possibilità lasciata alla sensibilità dei singoli enti locali. Serve una legge nazionale che regoli questo diritto. Mesi fa il vicepresidente del Consiglio Fini ha dichiarato di essere d’accordo. E’ passato molto tempo e nulla è accaduto. Spiace che solo ad alcuni amministratori di centrosinistra stia a cuore questo diritto. La Cgil non rinuncerà a battersi per chiedere una legge che garantisca ai cittadini immigrati la possibilità di votare.