Caro
Filippo,
l'integrazione
e' richiesta nei casi in cui sia necessaria, in base alle nuove norme
regolamentari, l'esistenza di un contratto di soggiorno per lavoro: in
occasione, cioe', della stipula di un nuovo contratto di lavoro con uno
straniero e ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro
subordinato.
Non e'
richiesta, per esempio, per i rapporti a termine che le parti non vogliano
rinnovare. Ne' in quei casi in cui il lavoratore potra' ottenere una carta di
soggiorno prima di stipulare un nuovo contratto e di rinnovare il permesso.
La
disposizione in questione e' a mio parere illegittima: viola infatti il
principio di parita' tra lavoratore straniero regolarmente soggiornante e
lavoratore nazionale, sancita dalla Conv. OIL 143/1975 (ratificata con legge
dall'Italia) e dall'art. 2 T.U.
Ora,
il disposto di una Convenzione OIL ratificata con legge ha semplice forza di
legge ordinaria, e potrebbe benissimo essere superato, nel caso generale, da
una legge successiva di segno contrario. In questo caso, pero', devono essere
presi in considerazione due argomenti:
a) il
dettato della Convenzione e' contraddetto non da una disposizione di legge, ma
da una di regolamento (non richiesta, di per se' dalla L. 189/2002); e un
regolamento non puo' contraddire norme di legge;
b)
l'art. 10 della Costituzione impone che la condizione giuridica dello straniero
sia regolata dalla legge in conformita' con le convenzioni internazionali
ratificate dall'Italia. Neanche una nuova legge dovrebbe quindi poter contrastare
quanto stabilito, per gli stranieri, da quella Convenzione, se non in forza di
disposizioni di rango superiore (es.: norme comunitarie).
La
cosa si potrebbe risolvere - credo, ma e' opportuno un parere dell'ASGI su
questo - per via giudiziaria, ricorrendo contro un diniego di rinnovo del
permesso di soggiorno motivato dalla mancata integrazione, e chiedendo al TAR
di sollevare la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 13, co. 2
bis, DPR 394/1999 (come modificato da DPR 334/2004). Ovvero ricorrendo contro
la sanzione comminata, ai sensi dell'art. 36 bis dello stesso DPR, al datore di
lavoro che abbia stipulato un nuovo contratto di lavoro non rispondente alle
condizioni previste per un contratto di soggiorno per lavoro.
La
prima di queste vie e' piu' facile, perche' non sara' difficile incorrere in
dinieghi di questo genere. Ma e' anche piu' rischiosa per il lavoratore. La
seconda non presenterebbe rischi per il lavoratore (si presta quindi a una
buona causa pilota), ma e' piu' difficile da percorrere, perche' non e' affatto
ovvio che qualcuno possa o voglia applicare una sanzione al datore di lavoro
perche' il contratto non e' del tipo "contratto di soggiorno".
Giro
questo messaggio, per conoscenza, a Silvia Canciani, chiedendo che lo inoltri
alla rete ASGI.
Ciao
sergio
Ciao
Sergio,
Su
questa vicenda dei rinnovi dei permesi in relazione al contratto di soggiorno e
alle due certificazioni richieste (casa e viaggio di ritorno) che fanno capo al
datore di lavoro, cosa puoi dirmi? Hai scritto qualcosa? Hai una casistica?
Grazie
Grazie
mille
filippo
Filippo
Miraglia
Responsabile
Immigrazione ARCI
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