Roma - A tre anni dalla Bossi-Fini, il 74% degli stranieri regolarizzati
continua a svolgere un’occupazione a norma. Lo afferma un’indagine realizzata
dalla Fondazione Ismu e promossa dal ministero del Welfare, sull’esito
dell’operazione che fra il 2002 e il 2003 ha permesso a 635 mila immigrati di
vivere e lavorare nel rispetto della legge nel nostro paese. La "grande
regolarizzazione, la piu’ ampia che abbia mai interessato i paesi europei", e’
giudicata positivamente dai ricercatori che pero’ segnalano la necessita’ di
"definire percorsi ordinari di regolarizzazione" e non di ricorrere a
provvedimenti straordinari o una tantum che danno piu’ l’idea di "lassismo e di
cedimento".
L’indagine ricorda che le domande presentate sono state oltre 700 mila, di
cui 135 mila solo nel mezzogiorno. Circa il 52% riguardavano il lavoro
subordinato, il 27,6% il lavoro domestico, il 20,4% attivita’ di assistenza; in
totale il 46% sono state presentate da donne. Le domande accolte sono state il
93,2%. A distanza di un anno il 98,5% dei lavoratori stranieri ha ottenuto il
rinnovo del permesso; il 48,3% di essi ha mantenuto il rapporto di lavoro con il
datore originario mentre il 40% ha rinnovato il permesso sulla base di un
rapporto di lavoro con un nuovo datore. Quasi il 3% degli intervistati ha invece
dichiarato di aver fatto ricorso alla frode, cioe’ ha fatto figurare un datore
di lavoro fittizio.
Un po’ diversa la situazione nel Mezzogiorno. Delle 135 mila domande
presentate in sede di regolarizzazione, ne sono state ammesse il 92,1%. Allo
scadere del permesso di soggiorno, l’ 89,6% dei lavoratori stranieri ha ottenuto
il rinnovo. Di questi, il 60% con il datore originario, il 26,8% con un nuovo
datore, mentre quasi il 2% ha dichiarato di aver fatto ricorso alla frode. Le
domande di regolarizzazione si sono distribuite per 1/5 nelle aree meridionali e
insulari del paese, per 1/3 nel Centro e per la meta’ nella ripartizione
settentrionale. A livello regionale, il primato spetta alla Lombardia (1/4 di
tutte le domande). Questa distribuzione a livello nazionale - osservano i
ricercatori - significa che l’economia informale e il lavoro nero, unica
possibilita’ di impiego per le forze di lavoro irregolarmente presenti sul
territorio, assumono un peso consistente in tutto il territorio italiano e non
solo nel Mezzogiorno. La graduatoria per nazionalita’ mostra una prevalenza di
stranieri provenienti da paesi dell’Est: Romania, Ucraina, Albania, Moldavia,
che hanno raddoppiato la consistenza numerica.
Molto alta la componente femminile: il 46% del totale, percentuale che sale
al 48% nel Mezzogiorno. Il dato ha dimostrato che le donne non si spostano piu’
solo per ricongiungimenti familiari, ma anche e sempre piu’ per a progetti
individuali di natura lavorativa. L’eta’ media dei regolarizzandi e’ stata nel
complesso elevata: 32 anni. Rispetto ai redditi, permangono le differenze di
genere: gli uomini guadagnano in media circa mille euro mensili mentre le donne
(molto probabilmente per il ricorso diffuso al part-time) si fermano a 743.
L’occupazione dei 2/3 degli immigrati si concentra in sei tipi di condizione
professionale: operaio nell’industria (11%), nel terziario (8%) e nell’edilizia
(12%); titolare di attivita’ commerciale (7%); addetto alla
ristorazione/alberghi (11%); domestico a ore (9%) e assistente familiare
(7%).