CNEL - Indici di integrazione degli immigrati in Italia
Quarto Rapporto
Cosa si può misurare dell’integrazione degli immigrati e come
Il Quarto Rapporto sugli indici di integrazione degli immigrati in Italia è stato curato dall’équipe del Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes su incarico del CNEL-Organismo Nazionale di Coordinamento delle politiche di integrazione sociale dei lavoratori stranieri.
Misurare il grado di integrazione dei cittadini stranieri nei diversi territori è un’impresa al tempo stesso ambiziosa e problematica, tanto più che lo stesso termine “integrazione” può assumere i significati più diversi. Per sgombrare il campo dagli equivoci conviene, innanzi tutto, precisare cosa il Rapporto CNEL ha inteso effettivamente misurare.
Senza entrare nel merito delle discussioni teoriche, sono stati individuati tre fattori statisticamente registrabili che sicuramente hanno significative connessioni con l’integrazione: si tratta degli indici di valutazione che sono stati denominati di “polarizzazione” (ovvero di consistenza della presenza), di “stabilità sociale” e infine di “inserimento lavorativo”, ciascuno dei quali si divide in sette indicatori statistici dedicati alla rilevazione di aspetti molto concreti della vita degli immigrati.
Griglia degli indici e degli indicatori
Indice sintetico di integrazione |
||
Polarizzazione |
Stabilità sociale |
Inserimento lavorativo |
Presenza |
Ricongiungimento familiare |
Vitalità mercato lavorativo |
Incidenza |
Scolarizzazione superiore |
Assorbimento mercato lavoro |
Incremento |
Disagio abitativo |
Fabbisogno manodopera |
Permanenza |
Insediamento familiare |
Imprenditorialità |
Soggiorno stabile |
Acquisizione cittadinanza |
Retribuzione media pro-capite |
Lunga residenza |
Devianza |
Impiego dipendente |
Ricettività migratoria interna |
Natalità |
Disoccupazione generale |
FONTE: CNEL/Dossier Statistico Immigrazione. Quarto Rapporto sugli indici di integrazione
Per ogni indicatore è stata stilata la graduatoria delle regioni e delle province sulla base dei valori registrati e, quindi, è stato applicato un sistema di punteggio, da 1 a 100, per misurare la distanza tra le diverse posizioni. Sono state così elaborate le graduatorie particolari per i singoli indicatori, completate da tre graduatorie specifiche per ciascuno dei tre indici e, infine, da una graduatoria riassuntiva, che costituisce la misurazione del grado di integrazione complessiva.
I punteggi dei territori, in cui sono insediati gli immigrati, sono ripartiti in cinque fasce di intensità (massima, alta, media, bassa, minima) e per facilitare la percezione del diverso posizionamento sono stati trasposti in cartine con diversi colori, il cui gradiente rende otticamente rilevanti le differenze.
Il Rapporto CNEL – conviene ribadirlo - è in grado di misurare solo le condizioni che possono di per sé favorire il processo di integrazione ma non l’integrazione vera e propria, che, essendo una realtà esistenziale, sfugge alla misurazione statistica.
Anche quando una regione o una provincia esercita un notevole potere di attrazione dei flussi migratori e garantisce condizioni favorevoli per l’inserimento sociale e occupazionale, non per questo si può ritenere che siano stati superati tutti i problemi di esclusione e che si sia realizzato un benessere generalizzato, poiché ciò non scaturisce automaticamente attraverso i tre indici “ambientali” presi in considerazione ma chiama in gioco anche altri fattori.
Se questo è vero, è anche indubbio che in un territorio con un insieme di caratteristiche positive si può ragionevolmente presumere che il processo di integrazione sia più agevolmente realizzabile e che si possa parlare di contesti dal potenziale di integrazione più elevato. Che gli immigrati dispongano di un alloggio adeguato e di un lavoro, che vivano in famiglia e i loro figli li abbiano potuti raggiungere, che siano bassi gli addebiti giudiziari nei loro confronti, che si stabiliscano maggiormente in determinati territori - per limitarci solo ad alcuni degli indicatori prescelti - non può non essere connesso con maggiori possibilità di integrazione. A tal fine gli aspetti economico-produttivi dei territori di arrivo costituiscono un presupposto comprensibilmente importante ma non sufficiente a garantire l’integrazione e, proprio per questo, i 21 indicatori utilizzati rilevano anche aspetti più prettamente sociali.
Vi sono anche altri fattori dell’integrazione che il Rapporto non ha inteso misurare. L’intento non è stato quello di assegnare la pagella ai singoli contesti territoriali italiani ma di prendere atto delle informazioni derivanti da una serie di numeri, cercando di capire perché alcuni territori vengano a trovarsi prima o dopo di altri, incentivando così un giudizio comparativo che, senza far torto ad alcun contesto territoriale e tanto meno ai rispettivi amministratori locali, può incentivare la riflessione.
La griglia utilizzata, che nel corso di questi anni ha conosciuto un continuo perfezionamento, non ha un carattere definitivo neppure in questo Quarto Rapporto, non solo perché sono risultati disponibili diversi indicatori di per sé significativi ma anche perché altri, che si era intenzionati ad utilizzare, si sono rivelati non del tutto attendibili o adatti alla comparazione. Uno studio di questo tipo non può che avere un carattere provvisorio, nonostante la sua complessità e il notevole perfezionamento rispetto alle edizioni precedenti e, perciò, il CNEL condivide con l’équipe del Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes la necessità di continuare un paziente lavoro sulle fonti per migliorare sempre più il metodo di misurazione.
In una ricerca così delicata, per il tema affrontato e le conseguenti valutazioni, è indispensabile utilizzare dati sedimentati e perciò l’anno più recente al quale è stato fatto riferimento è il 2003, anno peraltro significativo perché ha consentito di registrare i contratti di lavoro dei lavoratori regolarizzati nell’anno precedente. Alla fine del 2003 la popolazione straniera regolare era stimabile attorno a 2.600.000 unità.
Nel Terzo Rapporto sugli indici di integrazione ai primi 10 posti si trovavano 7 regioni del Nord e 3 del Centro. In questo Quarto Rapporto la proporzione tra le aree territoriali è rimasta la stessa, ma i protagonisti sono in parte cambiati. Il fatto che quasi tutte le stesse regioni continuino ad essere inserite tra le prime dieci attesta che è possibile disporre di una certa base oggettiva per la misurazione del potenziale di integrazione nei relativi territori, nonostante la modifica di alcuni indicatori.
Al primo posto si colloca il Veneto e al secondo le Marche mentre il terzo posto spetta all’Emilia Romagna, seguita dal Trentino Alto Adige, dal Friuli Venezia Giulia e dalla Lombardia, sesta in graduatoria, regioni tutte comprese in un intervallo ridotto (100 punti di differenza). Nella fascia alta, sempre tra i top ten, si inseriscono anche il Piemonte, l’Umbria, la Valle d’Aosta (che subentra alla Liguria) e, nella fascia media, la Toscana. Proprio la Toscana e le Marche conoscono una conferma mentre l’Umbria sostituisce il Lazio, che perde cinque posti in classifica, così come la Lombardia. L’andamento che accomuna la Lombardia e il Lazio attesta le complessità di ordine gestionale del fenomeno migratorio con le quali queste due grandi regioni sono alle prese, pur continuando ad essere in ogni caso i maggiori poli di attrazione degli immigrati.
Vediamo di capire le ragioni di questa graduatoria, prendendo atto che tra la regione prima classificata (Veneto con 1.5432 punti) e l’ultima (Campania con 464 punti) la differenza è di circa 1.000 punti.
Differenze in graduatoria tra Terzo e Quarto Rapporto CNEL: prime 10 Regioni
Terzo Rapporto CNEL (2004) |
Quarto Rapporto CNEL (2005) |
Punti assegnati |
Fascia di graduatoria |
1. Lombardia |
1. Veneto |
1.542 |
Massima 1.327-1.500 punti |
2. Veneto |
2. Marche |
1.504 |
|
3. Emilia Romagna |
3. Emilia Romagna |
1.502 |
|
4. Toscana |
4. Trentino Alto Adige |
1.462 |
|
5. Piemonte |
5. Friuli Venezia Giulia |
1.426 |
|
6. Marche |
6. Lombardia |
1.420 |
|
7. Friuli Venezia Giulia |
7. Piemonte |
1.285 |
Alta 1.112-1.326 punti |
8. Lazio |
8. Umbria |
1.209 |
|
9. Trentino Alto Adige |
9. Valle d’Aosta |
1.191 |
|
10. Liguria |
10. Toscana |
1.111 |
Media 896-1.111 pp. |
FONTE: CNEL/Dossier Statistico Immigrazione. Quarto Rapporto sugli indici di integrazione
Il primo posto per potenziale di integrazione è spettato al Veneto a seguito del consolidamento di una serie di condizioni strutturali atte a favorire l’inserimento positivo degli immigrati nel tessuto socio-lavorativo locale, per cui il cambio di guardia con la Lombardia non desta eccessive meraviglie. Questa è una regione “di punta” del ricco e produttivo Nord Est, dalla funzione trainante in forza della piccola e media impresa manifatturiera. Nel 2003 il tasso regionale di disoccupazione è stato tra i più bassi in Italia (3,4% contro la media nazionale dell’8,7%) e il fabbisogno di manodopera straniera delle aziende piuttosto consistente, in quanto una ogni cinque nuove assunzioni a tempo indeterminato ha riguardato un immigrato (una ogni sei a livello nazionale). Dopo il 2003 si è determinata, in regione, qualche battuta d’arresto che ha portato a porre in atto anche strategie di delocalizzazione, ma sono già riscontrabili segnali di ripresa. Questi, però, tardano a riflettersi sull’occupazione dei lavoratori immigrati, il cui impiego secondo i dati di Unioncamere nel 2005 è diminuito nel settore alimentare e in quello delle macchine elettriche ed elettroniche. Treviso è la prima provincia, non solo del Veneto ma di tutta Italia; anche Vicenza si colloca nella fascia massima, mentre tutte le altre province venete, eccetto Rovigo, trovano spazio nella fascia alta.
Colpisce il secondo posto delle Marche, regione di medie dimensioni dell’Italia centrale, che precede le altre regioni del Nord Est e due grandi regioni del vecchio triangolo industriale del Nord Ovest, quali la Lombardia e il Piemonte. Le Marche, collocate in ottima posizione in tutti e tre gli indici, sorprendono in particolare per gli aspetti del mercato occupazionale, quali l’elevato tasso di attività, la disoccupazione giunta a livello minimale, il ruolo rilevante delle industrie di trasformazione, il fabbisogno di personale, la maggiore propensione alle iniziative imprenditoriali. Queste dinamiche positive del quadriennio 2000-2003, che hanno contraddistinto l’andamento nelle province di Macerata e Pesaro-Urbino, si sono riverberate anche su quella di Ancona, che si è segnalata per un minor tasso di disoccupazione complessiva, per l’elevato fabbisogno di manodopera immigrata, per la vitalità del mercato occupazionale, per l’entità della retribuzione media annua pro capite dei lavoratori stranieri, per cui nella graduatoria complessiva Ancona precede Macerata e Pesaro-Urbino (rispettivamente 13°, 18° e 27° posto).
L’Emilia Romagna, terza regione italiana per numero di immigrati e per la loro incidenza sulla popolazione complessiva (6,5%), si colloca ai vertici della graduatoria anche per altri indicatori e rappresenta nel panorama nazionale uno dei territori di approdo stabile più appetibili per la popolazione immigrata. In particolare vanno segnalati il notevolissimo tasso di scolarizzazione dei giovani immigrati in età da scuola media superiore e il tasso di devianza ridottissimo (terza regione per esiguità di coinvolgimento, con appena 4,3 denunciati ogni 100 soggiornanti nel 2003). Anche i valori degli altri indicatori di inserimento sociale sono, in regione, sempre superiori alla media italiana. Quanto all’indice di integrazione complessiva Reggio Emilia e Parma si collocano nella fascia massima e tutte le altre province nella fascia alta.
Da questa analisi emerge una più intensa capacità di polarizzazione nelle aree ad industrializzazione diffusa, con un grande fabbisogno di manodopera immigrata da parte soprattutto delle piccole imprese, e anche una notevole capacità di intervento a sostegno di questa presenza aggiuntiva da parte degli enti locali.
Il felice equilibrio tra il soddisfacente grado di inserimento sociale e le interessanti prospettive occupazionali giustifica le altre posizioni in graduatoria.
Il Friuli Venezia Giulia riporta il punteggio più alto nell’inserimento sociale e vede Pordenone al secondo posto tra tutte le province attestandosi anche come il contesto a più ridotta disoccupazione in regione (2,6%). Tra le province capoluoghi regionali Trieste è la quarta in graduatoria per potenzialità di integrazione, con 1.070 punti, dopo Trento, Ancona e Bolzano (tra 1.150 e 1.200 punti).
Il Trentino Alto Adige realizza la migliore performance nell’inserimento lavorativo, grazie al ridotto tasso di disoccupazione (2,4%), che equivale in pratica ad un regime di piena occupazione (con il valore più basso, pari al 2,0%, a Bolzano, provincia in terza posizione per quanto riguarda la disoccupazione dopo Lecco e Bergamo, rispettivamente con l’1,3% e l’1,9%). Trento riesce a collocarsi nella fascia alta della graduatoria dell’integrazione, mentre Bolzano, distaccata di circa 50 punti, è la prima provincia della fascia media.
La Lombardia, seppure sesta in graduatoria, vede tre sue province (Brescia, Cremona e Bergamo) inserite nella fascia massima dell’indice di integrazione e tutte le altre nella fascia alta, salvo Pavia che trova collocazione in quella media. L’importanza di questa regione nel panorama migratorio, e specialmente quella del capoluogo, un vero e proprio “polmone economico”, è da tutti riconosciuta e nel Rapporto CNEL se ne riportano le spiegazioni dettagliate. Milano e Roma sono le due “province capitali”, i massimi poli di attrazione dei flussi migratori. Sarebbe superficiale, basandosi su una collocazione di metà classifica, sottovalutare il ruolo fondamentale di queste due province: l’una il pulsante economico del paese e, con le vicine province, anche dell’immigrazione; l’altra il massimo polo interculturale e anche il massimo polo per i servizi. E’ vero però che, proprio a causa dell’alto numero di immigrati, è molto difficile che questi contesti risultino all’apice per tutti gli indicatori.
Il Piemonte, che guida il secondo gruppo delle regioni classificate nei primi dieci posti, è rappresentato nella fascia alta dalle province di Biella, Vercelli, Cuneo, Alessandria e Novara, tutte con più di 1.000 punti.
L’Umbria, salita dal 15° all’8° posto rispetto al precedente Rapporto sull’integrazione, ha Perugia nella fascia alta e Terni in quella media.
La Toscana, seppure decima in graduatoria, riesce ad inserire non solo la provincia di Prato nella fascia massima, ma anche Siena (prima di Milano), Arezzo e Pistoia nella fascia alta.
La seconda parte della graduatoria si apre con l’Abruzzo in fascia media, all’undicesima posizione con 1.083 punti, e si chiude con la Campania, non senza una certa sorpresa per l’ultimo posto, collocazione sulla quale si ritornerà precisando già qui, in linea generale, che se nel Meridione non fosse così diffuso il lavoro nero, la collocazione in graduatoria sarebbe stata ben più soddisfacente. Un’attenzione particolare meritano due “regioni-limite” incluse nella fascia media della graduatoria: l’Abruzzo e il Lazio, che fanno perno principalmente sull’area romano-laziale.
L’Abruzzo, che è il primo rappresentante del Meridione e anche l’unica regione di quell’area a collocarsi nella fascia media, si conferma quale territorio capace di offrire, sotto diversi profili, un positivo potenziale di integrazione, tanto da essere assimilabile alle zone centro-settentrionali. La regione è andata confermandosi come un crescente polo di attrazione, tant’è che negli ultimi quindici anni la popolazione straniera è aumentata di dieci volte, con un ritmo più sostenuto rispetto al resto del Paese. E’ Teramo l’unica provincia in fascia alta, seppure nelle ultime posizioni, con 1.042 punti, mentre Pescara e Chieti si trovano rispettivamente nella fascia media e nella fascia bassa.
Differenze in graduatoria tra Terzo e Quarto Rapporto CNEL: seconde 10 Regioni
Terzo Rapporto CNEL (2004) |
Quarto Rapporto CNEL (2005) |
Punti assegnati |
Fascia di graduatoria |
1. Campania |
1. Abruzzo |
1.083 |
Media 896-1.111 punti |
2. Sardegna |
2. Liguria |
1.050 |
|
3. Abruzzo |
3. Lazio |
921 |
|
4. Calabria |
4. Sardegna |
747 |
Bassa 681-895 punti |
5. Umbria |
5. Puglia |
720 |
|
6. Val d’Aosta |
6. Basilicata |
649 |
|
7. Sicilia |
7. Molise |
635 |
Minima 464-680 punti |
8. Molise |
8. Sicilia |
628 |
|
9. Basilicata |
9. Calabria |
511 |
|
10. Puglia |
10. Campania |
464 |
FONTE: CNEL/Dossier Statistico Immigrazione. Quarto Rapporto sugli indici di integrazione
Il Lazio è appena 13° in graduatoria, pur essendo stato e continuando ad essere l’area di maggiore concentrazione e attrazione degli immigrati, specialmente per la presenza di Roma: è stato calcolato che, affinché nel 2030 il numero degli abitanti della Capitale possa restare invariato, l’incidenza dei residenti stranieri dovrà salire al 17%, la stessa che già oggi si registra in Canada. Anche in questo caso l’inserimento occupazionale non è così brillante a causa della diffusione del lavoro nero, ma non mancano i segni di un forte dinamismo, ad esempio nelle iniziative imprenditoriali degli immigrati e nelle loro capacità economiche, evidenziato dal fatto che nel 2004 il 62% del totale delle rimesse, pari a 1 miliardo e 303 milioni di euro, ha avuto origine nella provincia di Roma. Per comprendere il collocamento non pienamente soddisfacente in graduatoria del Lazio va anche ricordato che l’elevata percentuale (12%) di soggiornanti per motivi religiosi altera in senso negativo la media percentuale della popolazione immigrata in regione per quanto riguarda la presenza dei minori, la scolarizzazione, i motivi del soggiorno, lo stato civile degli immigrati, l’incidenza della forza lavoro e altri aspetti ancora, che sono stati utilizzati come indicatori nel Rapporto. Tra le province laziali, Roma è la prima con 952 punti, con Viterbo distanziata ma sempre in fascia media, mentre Frosinone e Latina si trovano in fascia bassa.
Nella fascia bassa la prima regione è la Sardegna: mentre la provincia di Oristano riesce a inserirsi nella fascia media, quelle di Cagliari e di Nuoro scendono nella fascia minima.
Seguono la Puglia (con le province di Bari e Lecce classificate però nella fascia superiore), la Basilicata (con Matera che precede Potenza), la Sicilia (con Enna, Catania, Palermo e Siracusa parimenti classificate nella classe superiore), la Calabria (dove Catanzaro si trova nella fascia superiore) e la Campania (che vede solo la provincia di Avellino emergere al di sopra della fascia minima).
I 103 posti in graduatoria (non sono incluse le ultime nuove province) sono caratterizzati da un punteggio che va da 1.356 di Treviso a 531 di Napoli.
Quarto Rapporto CNEL sugli indici di integrazione: graduatoria dei capoluoghi regionali
Graduatoria |
Provincia |
Punteggio |
Graduatoria |
Provincia |
Punteggio |
11 |
Trento |
1.200 |
53 |
Torino |
953 |
13 |
Ancona |
1.184 |
54 |
Genova |
942 |
21 |
Bolzano |
1.148 |
57 |
Firenze |
920 |
38 |
Trieste |
1.070 |
69 |
L’Aquila |
829 |
40 |
Milano |
1.060 |
75 |
Bari |
750 |
41 |
Bologna |
1.056 |
78 |
Palermo |
716 |
44 |
Perugia |
1.047 |
82 |
Catanzaro |
707 |
47 |
Venezia |
1.039 |
85 |
Campobasso |
689 |
50 |
Aosta |
978 |
94 |
Cagliari |
667 |
52 |
Roma |
952 |
97 |
Potenza |
626 |
|
103 |
Napoli |
531 |
FONTE: CNEL/Dossier Statistico Immigrazione. Quarto Rapporto sugli indici di integrazione
La fascia massima include 11 province, tutte del Nord eccetto Prato: Treviso, Pordenone, Reggio Emilia, Brescia, Vicenza e quindi, dopo Prato, Lodi, Cremona, Bergamo, Parma, Trento. Le regioni di appartenenza sono Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Trentino Alto Adige e Toscana: un predominio del Nord, si direbbe, con l’eccezione di una provincia del Centro.
Le fasce sono ovviamente contigue e quella massima va letta sinotticamente con la fascia alta, nella quale Piacenza e Ancona sono separate da Trento da appena 6 punti, per cui la diversità di fascia, utile ai fini classificatori, in questo caso è poco più che nominale. Nella fascia alta le province sono 36, delle quali 29 del Nord e 6 del Centro (le Marche con Macerata, Pesaro-Urbino e Ascoli; la Toscana con Arezzo e Pistoia; l’Umbria con Perugia) e, aspetto questo non trascurabile, una provincia dell’Abruzzo (Teramo), regione che non a caso abbiamo definito “di confine”.
Queste prime due fasce attestano che il più soddisfacente livello di inserimento, risultante dagli indicatori presi in considerazione, si realizza nelle due aree territoriali del Nord, con alcune province di eccellenza anche nel Centro. La provincia di Milano in graduatoria viene al 40° posto, distaccata di 300 punti da Treviso. Mentre tra Milano e Roma (52° posto) il distacco è di soli 108 punti. Milano è la quinta provincia, sede di capoluogo regionale, per potenzialità di integrazione.
La fascia media, della quale fa parte Roma, include altre 20 province, in prevalenza del Nord (10) e del Centro (10) e 1 sola del Meridione-Isole (Oristano). Il detto dei latini che la virtù sta nel mezzo in questo caso sarebbe fuori luogo. In alcuni casi, non solo in quello citato di Roma ma anche nel caso di altre grandi città come Torino, Genova, Firenze, il non facile obiettivo delle politiche sociali è quello di arrivare a livelli di eccellenza, livello cui aspirano anche le province di media o ridotta grandezza, che talvolta riescono a raggiungerlo più facilmente.
La fascia bassa (16 casi) e la fascia minima (19 casi) sono riservate in esclusiva alle province del Sud e delle Isole e questo non tanto per la scarsa qualità dell’accoglienza, una prerogativa di cui l’area certo non difetta, quanto per la precaria situazione economica e occupazionale, con la conseguente penuria di risorse, che privano il territorio di quella grande attrattiva che potrebbe esercitare anche nei confronti dell’insediamento immigratorio, oltre che per l’elevata diffusione del sommerso.
Napoli è la provincia classificata in graduatoria come ultima ma ciò non esclude che in quel contesto sia stato attivato un dinamismo atto a modificare la situazione. La presenza degli immigrati in Campania è andata profondamente modificandosi negli ultimi vent’anni, sia dal punto di vista quantitativo, sia per ciò che concerne i diversi modelli di insediamento. La peculiarità del contesto campano sembra essere, comunque, la netta differenza tra immigrazione urbana e periferico-rurale, legata anche alle diverse opportunità di inserimento lavorativo. In un contesto, caratterizzato da vecchi e nuovi problemi, la Regione, con una progettazione che ha coinvolto enti locali e associazioni, si è fatta carico di promuovere l’inclusione sociale degli immigrati attraverso l’incremento degli studi, gli investimenti in formazione professionale e la promozione di strutture a specifica finalizzazione interculturale (sportelli di orientamento e informazione, strutture di accoglienza, biblioteche interculturali, centri per attività interculturali, case di accoglienza per donne in difficoltà, sportelli itineranti ecc.), per cui si può ipotizzare nel futuro un miglioramento degli indicatori statistici.
Nel Centro-Nord adriatico l’arco d’eccellenza dell’integrazione
Se si traspone l’indice complessivo di integrazione su una carta geografica e si assegnano alle regioni i rispettivi valori, si ricavano anche “visivamente” tre piste di lettura che aiutano a sintetizzare i risultati del Quarto Rapporto del CNEL.
Quarto Rapporto CNEL sugli indici di integrazione: graduatoria delle aree territoriali
Graduatoria |
Area |
Punti assegnati |
Fascia di integrazione |
1 |
Nord Est |
1.952 |
massima |
2 |
Nord Ovest |
1.498 |
alta |
3 |
Centro |
1.058 |
media |
4 |
Isole |
572 |
minima |
5 |
Sud |
378 |
minima |
FONTE: CNEL/Dossier Statistico Immigrazione. Quarto Rapporto sugli indici di integrazione
1. La maggiore intensità di integrazione si riscontra nell’arco che inizia dalle regioni del Nord Est, includendole tutte, abbraccia quasi tutto il Nord Ovest (Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta) e, scendendo giù, lambisce la Toscana e piega verso l’Adriatico coinvolgendo l’Umbria e le Marche.
2. L’intensità media di integrazione si realizza lungo una linea trasversale che unisce alcune regioni tirreniche del Centro-Nord (Liguria, Toscana e Lazio) e quelle adriatiche del Sud (Abruzzo e Puglia, ad esclusione del Molise), tenendo presente che anche la Sardegna fa parte di questo gruppo.
3. Il livello basso di integrazione racchiude un arco che abbraccia tre mari (Adriatico, Ionio e Tirreno) e, partendo dal Molise, include la Campania, la Basilicata, la Calabria e la Sicilia.
Solitamente non si riscontra il carattere di uniformità in una stessa regione e tanto meno in un’area territoriale per tutti gli indicatori, con queste eccezioni: il Piemonte è collocato in fascia alta per tutti gli indici, la Liguria in fascia media, la Campania in fascia minima, il Nord Est in fascia massima e il Sud in fascia minima. A seconda dei casi si tratta di riuscire a mantenere un elevato standard anche a fronte di una immigrazione destinata ad aumentare o di riuscire a realizzare le condizioni più soddisfacenti sperimentate in alcuni contesti. Il Rapporto CNEL è stato concepito come un sussidio a disposizione di decisori pubblici per sostenerli in tale compito.
Gli indicatori statistici utilizzati nel IV Rapporto CNEL sull’integrazione
1.Indice di polarizzazione
1.1 Indicatore di presenza (% soggiornanti su totale nazionale)
1.2 Indicatore di incidenza (% soggiornanti su popolazione residente complessiva)
1.3 Indicatore di incremento (variazione % dei soggiornanti tra il 1993 e il 2003)
1.4 Indicatore di permanenza (% minori stranieri residenti sul totale degli stranieri residenti)
1.5 Indicatore di soggiorno stabile (% soggiornanti per motivi di inserimento stabile sul totale dei soggiornanti)
1.6 Indicatore di lunga residenza (% residenti stranieri da almeno 10 anni sul totale dei residenti stranieri)
1.7 Indicatore di ricettività migratoria interna (saldo % tra iscrizioni e cancellazioni anagrafiche dei residenti stranieri) |
2.Indice di stabilità sociale
2.1 Indicatore di disagio abitativo (% stranieri originari di Paesi a forte pressione migratoria in condizioni abitative di sovraffollamento grave)
2.2 Indicatore di scolarizzazione superiore (% iscritti stranieri alle scuole medie superiori sulla stima dei residenti stranieri 14-19enni)
2.3 Indicatore di devianza (% stranieri denunciati sul totale dei soggiornanti)
2.4 Indicatore di ricongiungimento familiare (% soggiornanti per motivi familiari su totale soggiornanti)
2.5 Indicatore di insediamento familiare (numero medio di famiglie con almeno un comp.te straniero ogni 1.000 famiglie)
2.6 Indicatore di acquisizione di cittadinanza (numero medio di acquisizioni di cittadinanza italiana ogni 1.000 soggiornanti)
2.7 Indicatore di natalità (numero medio di nuovi nati stranieri nell’anno ogni 1.000 residenti)
|
3.Indice di inserimento lavorativo
3.1 Indicatore di disoccupazione generale (tasso complessivo di disoccupazione)
3.2 Indicatore di fabbisogno relativo di manodopera straniera (% stima del fabbisogno di manodopera straniera sul totale del fabbisogno di manodopera stimato)
3.3 Indicatore del potere di assorbimento del mercato lavorativo (% assunzioni di stranieri a tempo indeterminato sul totale delle assunzioni a tempo indeterminato)
3.4 Indicatore di vitalità del mercato lavorativo (% saldi sul totale delle assunzioni relativamente ai soli stranieri)
3.5 Indicatore di impiego dipendente della forza lavoro (% dei lavoratori stranieri dipendenti iscritti all’INPS sul totale dei lavoratori stranieri iscritti all’INPS)
3.6 Indicatore di retribuzione media procapite (retribuzione media annua procapite degli assicurati stranieri all’INPS)
3.7 Indicatore di imprenditorialità (% imprese con titolari stranieri sul totale dei soggiornanti maggiorenni)
|
FONTE: CNEL/Dossier Statistico Immigrazione. Quarto Rapporto sugli indici di inserimento
Le Regioni e gli indici di integrazione: ripartizione per fasce
|
Integrazione compl. |
Polarizzazione |
Stabilità sociale |
Ins. lavorativo |
||||
|
fascia |
punteggio |
fascia |
punteggio |
fascia |
punteggio |
fascia |
punteggio |
Piemonte |
alta |
1.285 |
alta |
463 |
alta |
412 |
alta |
410 |
Valle d’Aosta |
alta |
1.191 |
media |
324 |
massima |
470 |
media |
397 |
Lombardia |
massima |
1.420 |
massima |
567 |
alta |
418 |
alta |
435 |
Liguria |
media |
1.050 |
media |
355 |
media |
361 |
media |
334 |
Nord Ovest |
alta |
1.498 |
massima |
628 |
media |
356 |
alta |
515 |
Trentino A. Adige |
massima |
1.462 |
alta |
407 |
alta |
449 |
massima |
607 |
Veneto |
massima |
1.542 |
massima |
559 |
massima |
497 |
alta |
485 |
Friuli V. Giulia |
massima |
1.426 |
media |
399 |
massima |
493 |
massima |
534 |
Emilia Romagna |
massima |
1.502 |
massima |
549 |
massima |
499 |
alta |
453 |
Nord Est |
massima |
1.952 |
massima |
648 |
massima |
666 |
massima |
637 |
Toscana |
media |
1.111 |
alta |
403 |
media |
377 |
media |
331 |
Umbria |
alta |
1.209 |
media |
399 |
alta |
466 |
media |
344 |
Marche |
massima |
1.504 |
massima |
563 |
massima |
543 |
media |
398 |
Lazio |
media |
921 |
media |
348 |
media |
358 |
bassa |
215 |
Centro |
media |
1.058 |
media |
430 |
media |
363 |
bassa |
266 |
Abruzzo |
media |
1.083 |
media |
336 |
alta |
440 |
media |
306 |
Molise |
minima |
635 |
minima |
150 |
media |
344 |
minima |
142 |
Campania |
minima |
464 |
minima |
207 |
minima |
165 |
minima |
92 |
Basilicata |
minima |
649 |
bassa |
235 |
bassa |
266 |
minima |
148 |
Puglia |
bassa |
720 |
bassa |
242 |
bassa |
294 |
minima |
184 |
Calabria |
minima |
511 |
minima |
147 |
bassa |
249 |
minima |
115 |
Sud |
minima |
378 |
minima |
168 |
minima |
118 |
minima |
93 |
Sicilia |
minima |
628 |
minima |
188 |
media |
340 |
minima |
99 |
Sardegna |
bassa |
747 |
minima |
190 |
bassa |
301 |
bassa |
256 |
Isole |
minima |
572 |
minima |
117 |
bassa |
333 |
minima |
122 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Nord Ovest |
alta |
1.498 |
massima |
628 |
media |
356 |
alta |
515 |
Nord Est |
massima |
1.952 |
massima |
648 |
massima |
666 |
massima |
637 |
Centro |
media |
1.058 |
media |
430 |
media |
363 |
bassa |
266 |
Sud |
minima |
378 |
minima |
168 |
minima |
118 |
minima |
93 |
Isole |
minima |
572 |
minima |
117 |
bassa |
333 |
minima |
122 |
FONTE: CNEL/Dossier Statistico Immigrazione. Quarto Rapporto sugli indici di inserimento
Graduatoria delle province italiane nel Quarto Rapporto CNEL sugli indici di integrazione
Fascia massima |
Fascia alta |
Fascia bassa |
||||||
1 |
Treviso |
1.356,1 |
12 |
Piacenza |
1.184,4 |
69 |
L'Aquila |
829,1 |
2 |
Pordenone |
1.295,9 |
13 |
Ancona |
1.184,0 |
70 |
Frosinone |
817,6 |
3 |
Reggio E. |
1.283,2 |
14 |
Modena |
1.169,6 |
71 |
Grosseto |
813,4 |
4 |
Brescia |
1.271,7 |
15 |
Mantova |
1.168,6 |
72 |
Enna |
791,1 |
5 |
Vicenza |
1.269,4 |
16 |
Forlì-Cesena |
1.167,3 |
73 |
Latina |
771,2 |
6 |
Prato |
1.239,3 |
17 |
Lecco |
1.165,7 |
74 |
Taranto |
758,7 |
7 |
Lodi |
1.235,5 |
18 |
Macerata |
1.164,9 |
75 |
Bari |
750,5 |
8 |
Cremona |
1.230,3 |
19 |
Rimini |
1.164,8 |
76 |
Sassari |
742,2 |
9 |
Bergamo |
1.207,8 |
20 |
Biella |
1.150,5 |
77 |
Catania |
727,6 |
10 |
Parma |
1.204,6 |
21 |
Bolzano |
1.144,8 |
78 |
Palermo |
716,4 |
11 |
Trento |
1.200,7 |
22 |
Vercelli |
1.142,2 |
79 |
Isernia |
714,2 |
|
|
|
23 |
Verona |
1.135,0 |
80 |
Avellino |
707,9 |
|
|
|
24 |
Padova |
1.131,7 |
81 |
Siracusa |
707,8 |
|
|
|
25 |
Cuneo |
1.131,1 |
82 |
Catanzaro |
707,4 |
Fascia media |
26 |
Alessandria |
1.119,7 |
83 |
Lecce |
699,8 |
||
48 |
Pavia |
1.016,5 |
27 |
Pesaro-Urbino |
1.113,4 |
84 |
Matera |
699,1 |
49 |
Rovigo |
1.015,2 |
28 |
Sondrio |
1.113,1 |
Fascia minima |
||
50 |
Aosta |
978,6 |
29 |
Gorizia |
1.103,0 |
85 |
Campobasso |
689,4 |
51 |
Pescara |
967,9 |
30 |
Como |
1.102,2 |
86 |
Trapani |
686,1 |
52 |
Roma |
952,3 |
31 |
Udine |
1.098,6 |
87 |
Nuoro |
680,6 |
53 |
Torino |
943,1 |
32 |
Varese |
1.097,8 |
88 |
Messina |
672,9 |
54 |
Genova |
942,9 |
33 |
Ascoli |
1.093,8 |
89 |
Cosenza |
668,5 |
55 |
Pisa |
939,2 |
34 |
Asti |
1.088,2 |
90 |
Benevento |
663,3 |
56 |
Livorno |
936,9 |
35 |
Ferrara |
1.085,1 |
91 |
Agrigento |
662,0 |
57 |
Firenze |
920,9 |
36 |
Ravenna |
1.078,5 |
92 |
Crotone |
659,6 |
58 |
Verbano* |
919,4 |
37 |
Novara |
1.076,3 |
93 |
Foggia |
649,7 |
59 |
Chieti |
919,0 |
38 |
Trieste |
1.070,5 |
94 |
Cagliari |
647,5 |
60 |
Terni |
918,6 |
39 |
Siena |
1.068,8 |
95 |
Ragusa |
642,6 |
61 |
Imperia |
911,9 |
40 |
Milano |
1.060,3 |
96 |
Caserta |
627,0 |
62 |
La Spezia |
904,0 |
41 |
Bologna |
1.056,8 |
97 |
Potenza |
626,3 |
63 |
Savona |
902,8 |
42 |
Arezzo |
1.051,3 |
98 |
Caltanissetta |
621,3 |
64 |
Rieti |
892,2 |
43 |
Belluno |
1.047,9 |
99 |
Reggio C. |
595,4 |
65 |
Lucca |
890,7 |
44 |
Perugia |
1.047,5 |
100 |
Salerno |
581,8 |
66 |
Oristano |
889,8 |
45 |
Pistoia |
1.046,9 |
101 |
Brindisi |
574,7 |
67 |
Massa C. |
885,2 |
46 |
Teramo |
1.042,3 |
102 |
Vibo Valentia |
570,6 |
68 |
Viterbo |
877,0 |
47 |
Venezia |
1.039,0 |
103 |
Napoli |
531,3 |
|
||||||||
Fasce d’integrazione |
Bassa 696-861 |
Alta 1.026-1.191 |
||||||
Minima 531-696 |
Media 861-1.026 |
Massima 1.191-1.356 |
* Verbano-Cusio-Ossola
FONTE: CNEL/Dossier Statistico Immigrazione. Quarto Rapporto sugli indici di inserimento
INDICE SINTETICO DI INTEGRAZIONE: CARTOGRAFIA DELLE REGIONI
FONTE: CNEL/Dossier Statistico Immigrazione. Quarto Rapporto sugli indici di inserimento
INDICE SINTETICO DI INTEGRAZIONE: CARTOGRAFIA DELLE PROVINCE
FONTE: CNEL/Dossier Statistico Immigrazione. Quarto Rapporto sugli indici di integrazione