Flussi 2006 - Serve subito una
regolarizzazione generalizzata, restando in Italia!
Tempi di attesa lunghissimi. Migliaia di persone ostaggio dei datori di lavoro, costantemente a rischio espulsione, che dovranno ritornare clandestinamente al loro paese.
Il Progetto Melting Pot chiede al Governo che venga modificato il testo del decreto flussi bis.
Va data la possibilità ai lavoratori immigrati per i quali è stata presentata la domanda di assunzione dall’estero, da parte di una datore di lavoro nell’arco dell’anno 2006, di poter regolarizzare la loro situazione subito e rimanendo in Italia, senza dover uscire clandestinamente per far ritorno al proprio paese.
Questo sarebbe possibile ed esiste già un precedente: il DPCM 16 ottobre 1998 “Integrazione al decreto interministeriale 24 dicembre 1997 recante programmazione dei flussi di ingresso per l’anno 1998 di cittadini stranieri non comunitari”, firmato il 16 ottobre 1998 dall’allora Presidente Prodi.
Il punto della situazione
Che la situazione in merito all’esame delle domande spedite il 14 marzo, per
l’assunzione dall’estero di lavoratori extracomunitari, fosse tragica si era capito
.
Ora, a conferma di questo, arriva anche il grido di aiuto della Prefettura di
Bologna che dichiara apertamente l’emergenza: carenza di personale,
eccessivo lavoro arretrato e tutte le altre pratiche “ordinarie normali”da
smaltire. Ma la situazione di Bologna potrebbe essere
la cartina al tornasole dell’intero territorio nazionale.
Infatti, per chi ha partecipato all’ultimo decreto flussi per l’assegnazione
delle 170 mila quote ancora tutto tace. La scelta di usare i
moduli a lettura ottica ed affidare la gestione della spedizione delle domande
a Poste Italiane S.P.A., si è rivelata un flop. Diversi sono i problemi
derivanti dalla lettura dei dati e, di conseguenza, la velocità dell’esamina
delle richieste è notevolmente rallentata. Quando finalmente le pratiche (per
oltre 2 mesi ferme alle Poste) sono arrivate alle prefetture, il personale si è
rivelato insufficiente a smaltirle. A luglio, il Viminale ha ammesso che del
primo decreto flussi "risultano definite 30mila domande", per lo più stagionali. La legge prevede che i permessi vengano
rilasciati in 40 giorni, in realtà si può aspettare anche un anno...
C’è poi un altro elemento da valutare attentamente, prima che la situazione
diventi completamente ingestibile da ogni amministrazione.
Più di 500mila domande da smaltire
Alle 170 mila domande spedite il 14 marzo scorso, vanno ora aggiunte le 350
mila stabilite con decreto flussi bis di prossima
pubblicazione e altri 30.000 lavoratori stagionali, previsti dal DPCM del 14 luglio 2006
pubblicato in G.U. il 10 agosto.
Arriviamo quindi ad un totale di circa 520 mila persone (senza
contare i 30mila stagionali), in attesa dell’autorizzazione.
Questo vuol dire che nel giro di due anni – questo è il tempo
credibile per smaltire un numero simile di domande – mezzo milione di persone
saranno costrette a uscire clandestinamente dall’Italia,
rischiando un’espulsione proprio nel momento in cui arriva la possibilità di
mettersi in regola.
Tutti sanno che il presupposto per cui il lavoratore straniero, di cui il
datore di lavoro chiede l’assunzione, “sia all’estero” è una farsa. Si trova invece in Italia e sta lavorando in nero
proprio per quel datore di lavoro. Per questo, nella lunga attesa che si
concludano le istruttorie per assegnare le quota previste dal decreto flussi, i
migranti si trovano ostaggio del proprio “padrone”. Egli può decidere se
portare avanti la domanda e a quali condizioni. E’ un potere fortissimo nei
confronti di un immigrato irregolare. Infatti, il
tanto sospirato permesso di soggiorno potrà essere rilasciato solo se
il datore di lavoro, che aveva presentato la domanda, si recherà presso lo
Sportello Unico a perfezionare il contratto di soggiorno.
Per molti problemi… una soluzione
senza rischi
I problemi che l’allargamento delle quote porta con se sono molti.
Se già ora, con 170mila domande gli uffici competenti sono in tilt, cosa
succederà aggiungendone altre 350mila?
I tempi di attesa saranno lunghissimi, calcolati in due anni circa. Si tratta
di una mole di lavoro immensa che interessa non solo uffici in Italia ma anche
all’estero, come consolati ed ambasciate, a cui non sempre è facile accedere.
520mila persone dovranno uscire clandestinamente dall’Italia per andare a
ritirare il nulla osta al proprio paese di origine.
Quindi, dopo la fila durata giorni davanti agli uffici postali italiani, i
lavoratori stranieri dovranno probabilmente affrontare una situazione simile
davanti ai consolati italiani all’estero. Per chi uscirà dalle frontiere
terrestri dell’Italia le probabilità di farcela sono maggiori di chi invece
dovrà prendere una nave o un aereo, dove i controlli sono rigorosi. Come ultima
considerazione, va sottolineata la condizione di ricattabilità a cui molti
lavoratori sono sottoposti durante la lunga attesa, da parte del datore di
lavoro..
Questa realtà di attesa drammatica, vissuta da
migliaia di famiglie, imprese grandi e piccole, è emersa con la tragica storia
di Iris Palacios Cruz, la baby sitter dell’Honduras morta all’Argentario per
salvare la bambina di cui si prendeva cura.
In quel momento, di fronte alla morte, le parole dette sono state tante. Ma ora
servono dei fatti concreti, altrimenti saremo di fronte all’ennesima ipocrisia
di che ignora migliaia di persone in una situazione di incertezza e precarietà
fino all’ultimo minuto.
Una vera soluzione sarebbe rappresentata da
una sanatoria o regolarizzazione di tutte queste persone, restando in Italia,
senza essere costrette ad uscire clandestinamente.
Questa sarebbe una risposta reale e di buon senso, nei confronti di tutte
quelle persone che non sanno quale sarà il loro futuro, che vivono situazioni
di schiavitù nel nostro paese.
Per sottoscrivere questa richiesta scrivete a redazione@meltingpot.org