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di CORRADO GIUSTINIANI ROMA - Il nullaosta è pronto da ieri, ma lei non lo saprà mai. Non si completerà la procedura prevista dal decreto flussi per Iris Palacios Cruz, la baby-sitter honduregna morta venerdì scorso in una baietta fra Porto Ercole e Porto Santo Stefano per salvare dallannegamento la piccola Letizia. Furtivamente, come se non fosse già adesso in Italia, Iris sarebbe dovuta volare a Tegucigalpa per presentarsi al consolato italiano, che ha già ricevuto da Roma il nullaosta. Ottenere il visto allingresso per lavoro nel nostro paese, tornare in Italia come se fosse la prima volta, prendere un appuntamento per apporrre le impronte digitali e, infine, ritirare il sospirato contratto di soggiorno. Quello che farà sua madre, Duna Esperanza. Per lei il via libera dovrebbe arrivare alla fine di settembre. La tragedia dellArgentario ha messo il sigillo, una volta per tutte, su un inganno autorizzato: con le quote non arrivano lavoratori dallestero ma, almeno nell80 per cento dei casi, lo straniero è già qui da clandestino e viene regolarizzato. Un sistema che non può andar bene, come ha dichiarato al Messaggero Giuliano Amato, che comunque è deciso a completare entro lautunno listruttoria delle domande. il ministro dellInterno sta pensando a un doppio binario dingresso: chiamata nominativa da parte del datore di lavoro per il personale più qualificato. Per gli altri, invece, corsi di formazione finanziati anche dallUnione europea nel loro paese dorigine e iscrizioni a liste presso i nostri consolati, alle quali si potrà poi attingere in funzione delle reali esigenze del nostro mercato del lavoro. La proposta del ministro non ha ancora lorganicità di un disegno di legge: Amato la vuole prima approfondire e confrontare con i partner di governo. Ma vi è forse un ostacolo: le piccole aziende, che sono lossatura del nostro sistema produttivo, davvero assumerebbero a scatola chiusa, attingendo a delle liste? E lo farebbero le famiglie, senza prima conoscere e sperimentare la persona cui affidare i propri bambini? I corsi di formazione sono certamente preziosi, e vanno incentivati, ma forse non basterebbero a convincere i nostri datori di lavoro. Unaltra via da battere potrebbe essere quella del permesso per ricerca di lavoro che uno dei maggiori esperti di immigrazione, Sergio Briguglio, ha proprio ieri tradotto in un appunto organico fatto pervenire ai tavoli del governo. Chi voglia venire a cercare lavoro in Italia, deve farlo alla luce del sole, depositando prima in un fondo le risorse finanziarie necessarie al mantenimento: almeno 400 euro al mese (limporto dellassegno sociale) più una quota per la casa (se non potrà dimostrare di essere ospitato). Da questo fondo, come da un bancomat, non potrà attingere più di una certa somma al mese. Inoltre dovrà avere un biglietto di ritorno in patria e stipulare una polizza assicurativa per la salute. Allatto dellingresso in Italia, gli verranno prese le impronte digitali. Qualora durante la permanenza violasse le nostre leggi, verrebbe rispedito in patria a sue spese e non a spese dello Stato. Il suo status ovviamente cambierà quando firmerà un contratto di lavoro. Per quanto riguarda il decreto flussi aggiuntivo, che il governo predisporrà a settembre per rispondere ad altre 350 mila domande pervenute entro il 21 luglio scorso, in aggiunta alle prime 170 mila ammesse dal decreto del governo Berlusconi, esso non prosciugherà lintero bacino di clandestinità. Molti, infatti, intimoriti dalle lunghe file alle Poste, e nella certezza che la loro richiesta non sarebbe stata accolta, hanno rinunciato a ritirare il kit per la domanda. La soluzione migliore sarebbe probabilmente quella di una regolarizzazione vera e propria, che non obbligherebbe a una migrazione biblica persone che sono già adesso in Italia, e che rischiano di abbandonare chissà per quanti mesi il posto di lavoro. Lo Stato, inoltre, incasserebbe subito ragguardevoli risorse (nellultima sanatoria, quella del 2002 della legge Bossi-Fini, le famiglie dovevano pagare 290 euro a lavoratore e le imprese 700, al netto delle spese postali). Decidere una regolarizzazione non è nè di destra nè di sinistra. Più semplicemente una necessità, che in Italia fino ad oggi si è posta cinque volte a partire dal 1986, con cadenza quadriennale. Se non si imboccherà questa strada, bisognerà comunque dare una risposta anche alle domande pervenute alle Poste dopo il 21 luglio scorso, termine da molti considerato illegittimo. Per combattere il lavoro nero, infine, appare inevitabile potenziare gli Ispettorati del lavoro, come da settimane va chiedendo leconomista Tito Boeri.
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