Al Sindaco di Roma, Walter Veltroni

 

e, p.c.

 

allAssessore alla Sicurezza del Comune di Roma, Jean Lonard Touadi

 

al Presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo

 

allE.R.R.C. – European Roma Rights Center, Budapest

 

alla Sig. Dimitrina Petrova, Equal Rights Trust, London

 

 

                                                                                                         Roma, 3 novembre 2007

 

Egregio Sig. Veltroni

 

come cittadino che vive e lavora a Roma da oltre ventanni, mi sento in dovere di richiamare la Sua attenzione su alcuni comportamenti dei funzionari dellAmministrazione che sono tali da compromettere il rapporto fra cittadini e istituzioni.

 

Marted scorso, 30 ottobre, mi trovavo al campo rom di via dei Gordiani. Pareva una mattina come le altre; poi giunta una vettura dei vigili urbani, seguita da unaltra con la scritta S.O.S. – Autocentri Balduina. Ne sono scese due giovani operatrici sociali. Da loro abbiamo appreso che era in atto uno sgombero.

Le auto continuavano ad arrivare, una dopo laltra. Hanno fatto la loro comparsa alcuni personaggi vestiti come rangers americani. Latmosfera fra gli uomini del Comune – guardie municipali, funzionari in borghese - si fatta effervescente. Cameratismo, pacche sulle spalle, risate e battute.

Le confesso, sig. Sindaco, di aver provato limpressione di trovarmi sul set di un remake casereccio di qualche film di Hollywood. La divisa dei rangers quella dei tiratori scelti che arrancano allassalto di un grattacielo di Chicago, in una scena dei Blues brothers. Uno di loro ostentava una maglietta con la scritta: FBI Special New York City Department (Le allego via mail la foto, per Sua personale documentazione).

 

Osservavo incuriosito la scena, in silenzio. Ma i rangers hanno detto: chi non abita qui se ne deve andare.

In diversi anni di frequentazione del campo, non era mai accaduto. Si entrava e si circolava liberamente, come in qualsiasi angolo della citt. Ma i rangers sostengono che quello non un luogo come gli altri. Un tale, che dice di essere il capo, si messo a gridare: Questo un luogo chiuso, un luogo chiuso... Portate la ruspa.

Quellindividuo non lavevo mai incontrato, ma lo riconoscerei fra mille. Ha gli occhi piatti, privi di espressione; lo guardi fisso, cerchi di agganciare il suo sguardo e non trovi nulla su cui fare presa. Nessun riflesso, nessuna sfumatura...

Il soggetto in questione dichiara di avere poteri speciali, conferitigli direttamente da Lei. E i vigili sembrano dargli retta, lo seguono come ultracorpi.

 

Un ragazzo mi ha mostrato un documento, consegnato dai vigili il giorno precedente. firmato da un dirigente del Comune di Roma, tale dott. Alvaro.

 

La S. V. non stata in grado di rispettare le norme che regolano la civile convivenza tra gli ospiti del campo attrezzato di via dei Gordiani.

I comportamenti illeciti da Lei messi in atto escludono ogni possibilit di considerare altre soluzioni che non quella dellallontanamento dal campo di tutto il suo nucleo familiare (...)

Pertanto Lei invitata a lasciare immediatamente il campo liberando da persone e cose lunit abitativa precedentemente assegnatole.

 

Ospiti, non cittadini. Liberare il container da persone e cose. La punizione si abbatter su tutto il nucleo familiare. Il documento del dott. Alvaro ci svela che il principio della responsabilit collettiva, alla base di tutte le rappresaglie fasciste, lassioma che ispira loperato dei rangers.

 

Oltre agli altri poteri che Lei gli ha conferito, il capo dei rangers deve avere anche quello di intercettare i pensieri. Mentre ho tra le mani il documento del dott. Alvaro, si mette a urlare: Voi non sapete nemmeno cosa sono i fascisti!

Intravvedo la figura di Lazaro, uno degli anziani del campo. Nel 1941, a Kragujevac, la citt da cui provengono i rom di via dei Gordiani,  Lazaro era bambino. I nazisti lo misero di fronte a un plotone desecuzione, con la famiglia.

Furono trucidate migliaia di persone, quel giorno. Fra essi, tutti gli allievi di un liceo. Kragujevac citt martire, in Jugoslavia. Ma Lazaro non sa cosa sono i fascisti...

Tornando a noi, sig. Sindaco, converr che la questione controversa. Come potremmo denominare un processo nel quale, per una categoria di persone connotata etnicamente, le garanzie costituzionali vengono sospese e si definisce uno spazio al cui interno i giudizi della magistratura e lesecuzione delle sentenze sono anticipati dalle gride del dott. Alvaro e dallo sbrigativo intervento dei rangers?

 

Mentre vengo sospinto fuori dal campo, incrocio la ruspa. Si dirige verso il container di Ghina.

Ghina non cՏ, in ospedale. Di ragioni per stare male, ne ha parecchie.

Signor Sindaco, Lei conosce la sua storia. O almeno dovrebbe.

 

Ghina una non-cittadina (ossia: abitante senza diritti). nata in Italia e cresciuta a Roma, dove ha vissuto e frequentato le scuole. Come accade a molti giovani rom, a 18 anni non le stata riconosciuta la cittadinanza italiana. Per non rimanere in un limbo, per poter avere un documento di identit e un permesso di soggiorno, Ghina ha richiesto il passaporto del paese dei genitori, la Jugoslavia – un paese dove non aveva mai messo piede e del quale non parla la lingua.

In virt delle normative sullimmigrazione attualmente in vigore (a partire dalla Turco-Napolitano del 98) per ottenere un permesso di soggiorno richiesto un impiego regolare. Per Ghina, come per molti altri rom, adempiere a questo requisito si rivelato impossibile. scattata la trappola: un passaporto fittizio le appiccicava letichetta di straniera e si ritrovata clandestina nel paese in cui era nata e cresciuta.

Per fortuna, la legge italiana impedisce lespulsione di uno straniero che conviva con un parente (entro il quarto grado) cittadino italiano. il caso di Ghina, che vive (o meglio viveva - prima dellintervento dei rangers) con il nipote Alex, cittadino italiano. Ghina inespellibile, ai sensi di legge. Eppure... 

 

Lo Stato, che attraverso i suoi rappresentanti ci invita insistentemente al rispetto della legalit, a volte mostra di infischiarsene - delle proprie leggi. Un giorno di primavera di due anni fa, polizia e vigili urbani hanno prelevato Ghina dal container che le era stato assegnato. Insieme ad altri ragazzi – come lei nati e cresciuti in Italia – stata rinchiusa nel Centro di Permanenza Temporanea di Ponte Galeria. Dopo qualche giorno, Ghina stata scaricata dalle forze dellordine sulla pista dellaeroporto di Belgrado. Malata, senza un centesimo in tasca.

 

Mentre portavano a termine la brillante operazione, i funzionari di polizia non hanno dato peso a un dettaglio. Ghina una ragazza madre, sul suo passaporto era registrata la figlia Jessica, di quattro anni. Lespulsione ha separato Jessica dalla madre, e la bimba rimasta sola, in Italia.

Nessuno (fra le autorit dello Stato e gli innumerevoli operatori di cui dispone la Sua amministrazione, sig. Sindaco) si preoccup di questo trascurabile particolare.

Per fortuna esistono i nonni. La madre di Ghina, seriamente malata, decise di prendersi cura della bambina.

 

Alcune persone (le stesse che i rangers hanno cacciato laltro giorno dal campo, per non avere testimoni) denunciarono laccaduto. La RAI si interess alla questione, e in una trasmissione andata in onda in fascia di massimo ascolto, lallora dirigente dellUfficio Stranieri della Questura di Roma, dott. Cardona, ammise che era stato compiuto un abuso, al quale andava posto rimedio. Intervenendo in diretta, lAssessore alle politiche sociali del Comune di Roma, Raffaella Milano, promise a Ghina il sostegno e la solidariet dellAmministrazione comunale (la registrazione a Sua disposizione, sig. Sindaco, se ritenesse opportuno ascoltarla).

 

Come spesso accade, lattenzione dei media non durata a lungo. Le promesse sono rimaste tali, e Ghina rimasta in Serbia.

Alcuni mesi pi tardi, incapace di reggere a un esilio ingiusto e allancor pi ingiusta separazione dalla figlia, Ghina rientrata in Italia, clandestinamente.

 

I due anni successivi sono stati un incubo costante. Viveva chiusa nel container, svegliandosi allalba, con il terrore di un nuovo blitz della polizia e dei vigili urbani.

Poco pi di un anno fa, i suoi amici le trovarono un avvocato. In questo modo fu possibile far ricorso in Cassazione contro lespulsione del 2005, e oggi Ghina (che non ha precedenti penali ed imputata di un unico reato, il rientro clandestino in Italia) in attesa di giudizio.

 

Presentato il ricorso, Ghina si fece coraggio e prov a riprendere una parvenza di vita normale. Curava il proprio aspetto, usciva per il quartiere, si trovata un fidanzato.

Il ragazzo di Ghina era giovane come lei. Anche lui rom, anche lui poverissimo. Anche lui clandestino in patria: nato in Francia da genitori di origine serba, e cresciuto a Roma, Paolo non era stato registrato allanagrafe. Un altro cittadino invisibile dellEuropa di Shengen.

 

La primavera non porta fortuna a Ghina Marinkovic. Nel marzo di questanno, due anni esatti dopo il blitz che si era concluso con la deportazione di Ghina, Paolo scomparso. I genitori lo hanno rivisto cadavere, allIstituto di medicina legale del Verano, una decina di giorni pi tardi.

Quella mattina, era apparso sui giornali un comunicato del garante dei Diritti delle Persone Private della Libert del Comune di Roma, Gianfranco Spadaccia: Un rumeno, detenuto nel carcere di Regina Coeli, morto questa notte per cause imprecisate nell'ospedale Santo Spirito, dove era stato ricoverato con urgenza nell'estremo tentativo di salvarlo. Il cittadino rumeno, tossicodipendente, era detenuto per rapina, aveva numerosi precedenti penali ed era sotto osservazione psichiatrica per aver incendiato in passato la propria cella. Si trovava per questo in una cella dove era sorvegliato a vista.

In tutto questo, lunica cosa vera che Paolo, a Regina Coeli, lo conoscevano bene. Vi aveva trascorso alcuni anni, scontando un cumulo di condanne relative a una serie di piccoli furti commessi da minorenne. Lo conoscevano a tal punto da affidargli il ruolo di cuoco, nella cucina del carcere. E conoscevano perfettamente i suoi problemi di salute, visto che, durante la detenzione, era stato pi volte operato per la grave patologia che lo affliggeva dalla nascita e che lo ha costretto a oltre 20 interventi chirurgici, per regolare la valvola e il catetere che collegavano il suo cervello ai reni.

Allo stesso modo, non era un mistero lorigine di Paolo. Il magistrato che dispone lautopsia scrive a chiare lettere che Paolo nato in Francia, 26 anni fa.

Lautopsia fu effettuata in fretta e furia, senza aspettare che venisse notificato ai genitori il diritto di nominare un perito di fiducia, e il corpo di Paolo fu inumato a Prima Porta a tempo di record. Salvo poi scoprire, alcuni giorni dopo, che sulla lapide qualcuno aveva cambiato la data della morte, anticipandola di un giorno.

Fra le tante balle date in pasto al pubblico attraverso il comunicato del garante, cՏ anche il fatto che Paolo sarebbe morto per cause imprecisate nell'ospedale Santo Spirito.

I referti parlano chiaro: al S. Spirito, Paolo giunto cadavere. Quellimprecisione sullora del decesso (e sulla data della morte, avvenuta il giorno prima di quello dichiarato ai parenti) pare fatta apposta per sviare lattenzione da eventuali responsabilit istituzionali nella vicenda.

 

In tutto questo, non chiaro il ruolo del garante dei Diritti delle Persone Private della Libert del Comune di Roma. Non cՏ stata, infatti, nessuna rettifica del vergognoso comunicato iniziale, e nessuno sforzo - a quanto dato sapere - per chiarire le ragioni che avevano indotto le autorit carcerarie a fornire al garante informazioni fuorvianti. Eppure, su iniziativa degli amici di Ghina, la stampa aveva sollevato la questione della strana fine di un detenuto invisibile - espropriato, anche da morto, del diritto a unidentit riconosciuta.

 

Qualche mese fa incontrai nuovamente lassessore Raffaella Milano. Fu allUniversit, in unassemblea a cui partecipavo insieme ad altri amici di Ghina. Oltre a richiamare lattenzione dellassessore sulle singolari circostanze della morte di Paolo Jovanovic, le consegnammo un dossier sulla situazione di Ghina. Ci rispose sorridendo. Vedremo cosa possiamo fare.

Il 30 ottobre abbiamo visto cosa potete fare.

 

Signor Sindaco, una delle foto che Le allego ritrae una ruspa che distrugge il container di Ghina. Quando uscir dallospedale, questa ragazza non avr pi un tetto che la ripari. Inoltre, dal momento che la ruspa ha raso al suolo anche il container del nipote Alex, Ghina non potr far appello alla sua condizione di convivente con un congiunto italiano, al fine di ottenere un permesso di soggiorno.

 

Quella ruspa, che ho incrociato mentre mi cacciavano dal campo, quella ruspa che avanzava scortata da individui in uniforme in atteggiamento ilare e scherzoso, mi ha richiamato alla mente una fotografia scattata 65 anni fa, in un villaggio jugoslavo. Due militari italiani ridono, mettendosi in posa davanti a una casa appena data alle fiamme. Allepoca, per questo genere di rituali, si usava il fuoco. Oggi – Sharon docet – si preferisce il bulldozer.

 

Sebbene non possa vantare altrettanta esperienza, nel campo della semeiotica fascista, di quella del capo dei rangers del Comune di Roma, mi pare indubbio che fra i numerosi semi di intolleranza che si stanno allegramente spargendo in questi giorni vada annoverata la distruzione esemplare del container di Ghina. Che bisogno cera di accanirsi su una ragazza malata e indifesa, i cui diritti di cittadinanza non sono riconosciuti, i cui diritti umani vengono sistematicamente calpestati?

 

Non La conosco personalmente, sig. Sindaco. Non ho ragione di mettere in dubbio la Sua correttezza e la Sua sensibilit. Mi tornano in mente le parole di un grande artista, Roberto Benigni, mentre dichiara che lidea del film La vita bella stata del suo amico Walter Veltroni. Accadeva qualche anno fa.

 

Oggi, la crescita esponenziale delle ambizioni politiche del medesimo Walter Veltroni si accompagna alle decine e decine di sgomberi e deportazioni di rom che si succedono a Roma. Dal Campidoglio, si teorizza tranquillamente che i rom devono essere spostati al di fuori del raccordo anulare. Inoltre, il medesimo Walter Veltroni rivendica, il giorno in cui viene spianato il container di Ghina, tutta la responsabilit, storica, morale e politica per quellazione. Che gli ultracorpi siano davvero calati in citt?

 

Sig. Sindaco, non bello vivere sapendo che per le strade si aggirano squadre di rangers che si sostituiscono alle forze dellordine e alla magistratura e, agendo in Suo nome, comminano punizioni esemplari a persone che non sono state condannate per alcun reato.

 

A proposito di reati, qualche illegalit mi pare sia stata commessa, il 30 ottobre. A parte le automobili sequestrate perch non avevano il contrassegno di assicurazione (ma non erano posteggiate in un luogo chiuso, dove non si pu circolare?), le ruspe del Comune hanno distrutto oggetti, documenti, effetti personali di alcuni abitanti del campo (allego alcune foto che lo comprovano).

Sono stati spianati diversi container, senza altra motivazione che dare un esempio. Quei container erano in buone condizioni. Ammesso (e non concesso) che i legittimi assegnatari fossero indegni di occuparli, potevano essere usati per ospitare altre famiglie rom (funzionari e operatori del Comune sanno bene che, a causa del naturale incremento demografico e dellindisponibilit di altre soluzioni abitative, i container di via dei Gordiani sono cronicamente sovraffollati). Oltretutto, acquistare e installare i container comport una spesa considerevole; allo scopo di mostrare i muscoli, i rangers hanno arrecato un danno cospicuo al pubblico demanio.

Mi stato riferito che un ragazzo, a malapena maggiorenne, in precarie condizioni di salute (un anno fa precipit dal terzo piano di un edificio, entr in coma e venne operato alla testa), sarebbe stato malmenato nel corso delloperazione.

Infine, sono stati violati i diritti dellinfanzia (Le allego le foto dei libri di scuola di Alex Amati fra le macerie del container in cui abitava).

 

A quanto pare, il 30 ottobre in via dei Gordiani stata infranta in pi punti la Convenzione Europea dei Diritti dellUomo. Nello specifico, mi pare incontestabile che la persecuzione reiterata e continuata nei confronti di Ghina Marinkovic configuri unesplicita violazione dellart.3 della Convenzione, che vieta di sottoporre le persone a trattamento disumano e degradante.

 

Sig. Sindaco, come cittadino indignato per questi fatti, e come testimone dellaccaduto, mi permetto di ricordarLe che Suo dovere istituzionale intervenire con tempestivit affinch le responsabilit vengano accertate, gli eventuali colpevoli puniti e i danni (materiali e morali) adeguatamente risarciti.

 

RingraziandoLa per la cortese attenzione, Le porgo distinti saluti

 

 

 

 

 

                                                                                                         Roberto Pignoni

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