e-rassegna periodica di
agenzie e notizie
(aggiornata all 9 ottobre
2007)
Welfare: nel protocollo anche le pensioni degli immigrati
A cura del
Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento
Politiche Migratorie
Rassegna ad
uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL
Tel.
064753292- 4744753- Fax: 064744751
E-Mail polterritoriali2@uil.it n.
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Welfare: nel protocollo anche le pensioni degli
immigrati
Il
testo approvato da governo e parti sociali prospetta nuovi accordi bilaterali e
interventi normativi. Da oggi a mercoledì il referendum
Roma, 08 ottobre
2007 - Anche gli stranieri in Italia sono chiamati al voto sul “protocollo su
previdenza lavoro e competitività” siglato da governo e parti sociali, i cui
effetti (innalzamento dell'età pensionabile, tetto per i contratti a tempo
determinato, allungamento dell'indennità di disoccupazione ecc.) riguarda
infatti tutti i lavoratori, indipendentemente dalla nazionalità. Il referendum
è partito stamattina in circa trentamila seggi tra luoghi di lavoro, patronati,
comuni e circoscrizioni e si chiuderà mercoledì pomeriggio. Un motivo in più
per partecipare potrebbe essere il paragrafo dedicato dall'intesa agli
“interventi previdenziali per i lavoratori immigrati extracomunitari”, poche
righe che riguardano specialmente chi è in Italia solo di passaggio. "Il
Governo – si legge nel documento - si impegna a verificare la possibilità
di intervenire, nel rispetto delle compatibilità finanziarie, sul regime
pensionistico-previdenziale dei lavoratori immigrati extracomunitari, in primo
luogo attraverso l’ampliamento del ricorso a specifici regimi convenzionali con
i paesi di provenienza, e in subordine sul piano normativo". Le
convenzioni bilaterali vengono in aiuto di chi ha lavorato in più Paesi ma in
nessuno di questi ha maturato i requisiti per la pensione, prevedendo la
possibilità di sommare i vari periodi di contribuzione collezionati in giro per
il mondo. Se però non ci sono convenzioni, i contributi versati non vanno
perduti. Prima delle modifiche introdotte dalla Bossi-Fini, il lavoratore
poteva riscattare i contributi versati in Italia appena tornava nel suo Paese,
qualunque fosse la sua età. Oggi invece il Testo Unico prevede che, in caso di
rimpatrio, il lavoratore straniero conservi i diritti previdenziali e di
sicurezza sociale maturati in Italia, ma possa goderne solo dopo i 65 anni.
L'impegno contenuto nel protocollo potrebbe cambiare questa situazione.
(da Stranieri
in Italia)
Nuova procedura informatica per le richieste allo Sportello
Unico per l’Immigrazione
Resoconto
della riunione al Ministero dell’Interno
Si è tenuta lo scorso
5 ottobre, presso il Palazzo del Viminale una seconda riunione relativa
all’approntamento delle nuove procedure informatizzate per la presentazione
delle domande allo Sportello Unico per l’Immigrazione (che com’è noto ha
competenza su richieste relative ai decreti flussi migratori (prime istanze),
ricongiungimenti famigliari, e conversione del permesso). La prima riunione si
era tenuta lo scorso 25 settembre. Ha diretto la riunione il Prefetto Mario
Ciclosi, vice capo del dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione,
assieme ad alcuni collaboratoti. Erano presenti i responsabili immigrazione
delle Organizzazioni sindacali, datori di lavoro, ed associazioni varie
impegnate sull’immigrazione. La Uil era rappresentata da Giuseppe Casucci,
accompagnato da Angela Scalzo. Per l’Ital era presente Piero Bombardieri e due
collaboratori Ital. Il Ministero dell’interno ha deciso di avviare questa nuova
procedura - che si aggiunge al protocollo d’intesa partito lo scorso 6 dicembre
con Poste e Patronati e relativo ai rinnovi dei permessi – che eliminerà
la modalità cartacea, in fase di presentazione della domanda, che avverrà
interamente per via informatica, attraverso un portale cui potranno accedere
sia i privati cittadini, sia le associazioni ed i patronati. Una volta entrata
a regime questa nuova procedura, non sarà più possibile presentare la domanda
con il vecchio sistema cartaceo. In questo modo, almeno secondo le intenzioni
del Viminale, si dovrebbe semplificare la procedura ed accorciare i tempi, si
eliminerebbero le code agli uffici postali, e si dovrebbe essere sempre in
grado di monitorare l’iter della propria pratica. La riunione è cominciata con
la presentazione di una bozza di protocollo tra le parti in cui viene definita
la collaborazione nell’ambito della nuova procedura. In pratica qualsiasi
cittadino può accedere al portale, richiedere login e password, scaricare un
programma adatto (java), attendere l’accreditamento via email e poi procedere a
scaricare i moduli per la compilazione della domanda che andrà poi direttamente
allo sportello unico immigrazione. Sarà anche possibile conoscere
successivamente lo stato dell’iter della pratica. Le parti firmatarie del
protocollo si impegneranno a:
a) fornire ai
datori di lavoro ed ai cittadini stranieri interessati assistenza ed
informazioni nella compilazione dei moduli informatici;
b) attivare le
necessarie sinergie tra Sportelli Unici per l’Immigrazione ed i firmatari del
protocollo che operano nel territorio, per l’attuazione della predetta
collaborazione, anche per il tramite dei Consigli Territoriali per
l’Immigrazione.
E’ a livello territoriale, dunque, che
gli sportelli dei sindacati, dei patronati, delle associazioni e dei datori di
lavoro, dovranno collaborare con gli sportelli unici, in fase di presentazione
della domanda ed eventualmente – in caso di problemi – anche nella
fase di trattamento della pratica. La procedura, comunque, non è semplice e
richiede l’aiuto di helpdesk e di operatori. Considerato cosa succede in fase
di uscita del decreto flussi, il rischio è che il semplice cittadino venga
penalizzato nella corsa alle quote. In alternativa è più semplice rivolgersi a
sportelli sindacali, patronati, associazioni di datori di lavoro, associazioni
varie, che possono rappresentare (tramite delega) più persone e che
assisteranno in forma gratuita il datore di lavoro nella fase di compilazione e
presentazione della domanda. Per evitare l’intromissione di faccendieri, le
associazioni firmatarie indicheranno a livello territoriale i nominativi dei
funzionari incaricati per questo lavoro. Non è possibile inoltre per nessun
privato rappresentare terzi. La lista verrà inviata al Prefetto
territorialmente competente, che rilascerà specifiche credenziali ad operare. Da
parte Uil è stato fatto notare come il semplice cittadino che voglia presentare
da solo la richiesta potrebbe essere penalizzato in fase di corsa alle quote,
una situazione che ha a che vedere con l’effetto lotteria del meccanismo
adottato finora, che va assolutamente modificato se si vogliono evitare
discriminazioni per i meno abili. E’ comunque importante, ha detto la Uil, che
si proceda ad una semplificazione delle procedure di avvio della domanda anche
per contrastare le attività dei faccendieri che comunque, non sono
completamente fuori gioco anche con questa procedura. La Uil ha aderito
all’iniziativa insieme ad Ital, salvo suggerimenti e correttivi da apportare al
protocollo stesso per renderlo più funzionale. Si è anche richiesto di
utilizzare moduli formativi per gli operatori e di avviare una fase di
sperimentazione per evitare gli enormi problemi creatisi nell’ambito del
protocollo con le Poste (rinnovi). Vista la differente specificità delle varie
associazioni, è stato richiesto da molti di stipulare differenti protocolli
d’intesa: uno dedicato a sindacati e patronati, il secondo ai datori di lavoro,
il terzo alle associazioni di volontariato. Il Viminale ha dato 10 giorni di
tempo per inviare proposte correttive dei protocolli d’accordo od altre
osservazioni alla mail mario.ciclosi@interno.it I Patronati presenti nel CEPA si
riuniranno l’11 ottobre per valutare un documento comune da sottoporre anche a
Cgil, Cisl e Uil in un incontro che dobbiamo concordare noi.
A cura del Dipartimento Politiche
Migratorie UIL
Parere favorevole della Commissione Affari Costituzionali della Camera
Ingressi più facili
per i ricercatori
Per ricercatori e professori stranieri sarà più facile entrare in Italia. La I commissione
della Camera ha dato parere favorevole allo schema di decreto legislativo che recepisce una direttiva europea sull'argomento.
(ANSA) Roma, 5 ottobre 2007 - Per
ricercatori e professori universitari stranieri sarà più facile entrare in Italia.
La commissione Affari costituzionali della Camera ha dato parere favorevole
allo schema di decreto legislativo in materia varato dal governo a fine luglio.
Il decreto recepisce la direttiva europea 2005/71/CE che ha lo scopo di
unificare la procedura per l'ingresso nei singoli Paesi di docenti e
ricercatori stranieri. Nel provvedimento si prevede di estrapolare professori,
docenti e ricercatori dalle quote degli immigrati stabilite ai fini degli
ingressi e si delinea una procedura un po' più semplice di quella prevista per
i "migranti economici", cioè gli stranieri che arrivano in Italia
alla ricerca di un lavoro. Nel sud del mondo infatti, ha spiegato la relatrice
Mercedes Frias, i fondi stanziati per la ricerca sono quasi inesistenti.
Pertanto l'unica possibilità di lavorare, per gli accademici extracomunitari, è
quella di venire in Europa. Ma per riuscirci devono disporre di un titolo di
studio universitario e avere un contatto con una facoltà o un Istituto di
ricerca con il quale stipulano una “Convenzione di accoglienza” nella quale tra
l'altro dovrà essere precisato il contenuto della ricerca e il trattamento
economico che percepiranno. Quello che la commissione parlamentare chiede al
governo italiano è di inserire nel decreto di recepimento della direttiva anche
la possibilità di computare questi anni di lavoro, che potranno essere
prorogati fino all'esaurimento del progetto di ricerca, ai fini del rilascio
del permesso di soggiorno lungo (già carta di soggiorno). Durante questo
periodo gli accademici stranieri potranno anche insegnare e viaggiare in Europa
senza problemi. Avranno anche loro la possibilità di richiedere il
ricongiungimento familiare, ma il Prc chiede che non venga inserito tra le
condizioni per ottenerlo quello di reddito minimo perché i ricercatori, come
ben si sa anche in Italia, non ricevono stipendi proprio altissimi.
Fortress Europe:
rapporto sui morti da migrazione
In vent’anni quasi 11
mila migranti morti mentre inseguivano il “sogno Europa”
Millecento morti nel
2007
Europa,
ottobre 2007 - Morire di frontiera. Accade da vent'anni lungo i confini
dell'Europa. Sono soprattutto naufragi, ma non mancano incidenti stradali,
morti di stenti nel deserto come tra le nevi dei valichi montuosi, piuttosto
che uccisi da un'esplosione negli ultimi campi minati in Grecia, dagli spari
dell'esercito turco o dalle violenze della polizia in Libia. Fortress Europe è
una rassegna stampa che dal 1988 ad oggi fa memoria delle vittime della
frontiera: 10.355 morti documentate, tra cui si contano 3.615 dispersi. Nel Mar
Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico verso le Canarie e nell'Indiano verso
Mayotte, sono annegate 7.245 persone. Quasi la metà delle salme (3.615) non
sono mai state recuperate. Nel Canale di Sicilia tra la Libia, l'Egitto, la Tunisia,
Malta e l'Italia le vittime sono 2.430, tra cui 1.503 dispersi. Altre 64
persone sono morte navigando dall'Algeria verso la Sardegna. Lungo le rotte che
vanno dal Marocco, dall'Algeria, dal Sahara occidentale, dalla Mauritania e dal
Senegal alla Spagna, puntando verso le isole Canarie o attraversando lo stretto
di Gibilterra, sono morte almeno 3.325 persone di cui 1.478 risultano disperse.
Nell'Egeo invece, tra la Turchia e la Grecia, hanno perso la vita 733 migranti,
tra i quali si contano 369 dispersi. Infine, nel Mare Adriatico, tra l'Albania,
il Montenegro e l'Italia, negli anni passati sono morte 553 persone, delle
quali 250 sono disperse. E almeno 587 migranti sono annegati sulle rotte per
l'isola francese di Mayotte, nell'oceano Indiano. Il mare non si attraversa
soltanto su imbarcazioni di fortuna, ma anche sui mercantili, dove spesso
viaggiano molti migranti, nascosti nella stiva o in qualche container. Ma anche
qui le condizioni di sicurezza restano bassissime: 140 le morti accertate per
soffocamento o annegamento. Per chi viaggia da sud il Sahara è un pericoloso
passaggio obbligato per arrivare al mare. Il grande deserto separa l'Africa
occidentale e il Corno d'Africa dal Mediterraneo. Si attraversa sui camion e
sui fuoristrada che battono le piste tra Sudan, Chad, Niger e Mali da un lato e
Libia e Algeria dall'altro. Qui dal 1996 sono morte almeno 1.113 persone. Ma
stando alle testimonianze dei sopravvissuti, quasi ogni viaggio conta i suoi
morti. Pertanto le vittime censite sulla stampa potrebbero essere solo una
sottostima. Tra i morti si contano anche le vittime delle deportazioni
collettive praticate dai governi di Tripoli, Algeri e Rabat, abituati da anni
ad abbandonare a se stessi gruppi di centinaia di persone in zone frontaliere
in pieno deserto. In Libia si registrano gravi episodi di violenze contro i
migranti. Non esistono dati sulla cronaca nera. Nel 2006 Human rights watch
e Afvic hanno accusato Tripoli di arresti arbitrari e torture nei
centri di detenzione per stranieri, tre dei quali sono stati finanziati
dall'Italia. Nel settembre 2000 a Zawiyah, nel nord-ovest del Paese, vennero
uccisi almeno 560 migranti nel corso di sommosse razziste. Viaggiando nascosti
nei tir hanno perso la vita in seguito ad incidenti stradali, per soffocamento
o schiacchiati dal peso delle merci 281 persone. E almeno 180 migranti sono
annegati attraversando i fiumi frontalieri: la maggior parte nell'Oder-Neisse
tra Polonia e Germania, nell'Evros tra Turchia e Grecia, nel Sava tra Bosnia e
Croazia e nel Morava, tra Slovacchia e Rep. Ceca. Altre 112 persone sono invece
morte di freddo percorrendo a piedi i valichi della frontiera, soprattutto in
Turchia e Grecia. In Grecia, al
confine nord-orientale con la Turchia, nella provincia di Evros, esistono
ancora i campi minati. Qui, tentando di attraversare a piedi il confine, sono
rimaste uccise 88 persone. Sotto gli spari della polizia di frontiera, sono
morte ammazzati 92 migranti, di cui 35 soltanto a Ceuta e Melilla, le due
enclaves spagnole in Marocco, e altri 28 al confine turco con l'Iran. Ma ad
uccidere sono anche le procedure di espulsione in Francia, Belgio, Germania,
Spagna, Svizzera e l'esternalizzazione dei controlli delle frontiere in Marocco
e Libia. Infine 41 persone sono morte assiderate, viaggiando nascoste nel vano
carrello di aerei diretti negli scali europei. E altre 23 hanno perso la vita
viaggiando nascoste sotto i treni che attraversano il tunnel della Manica, per
raggiungere l'Inghilterra, cadendo lungo i binari o rimanendo fulminati scavalcando
la recinzione del terminal francese, oltre a 12 morti investiti dai treni in
altre frontiere e 3 annegati nel Canale della Manica
Il Sahara è un passaggio obbligato. E
più pericoloso del mare. Il grande deserto separa l'Africa occidentale e il
Corno d'Africa dai Paesi del Mediterraneo (Libia, Tunisia, Algeria e Marocco)
da dove è facile imbarcarsi clandestinamente per l'Italia e la Spagna. Il
Sahara si attraversa sui camion e sui fuoristrada che battono le piste tra
Sudan, Chad, Niger e Mali da un lato e Libia e Algeria dall'altro. Qui dal 1996
sono morte almeno 1.113 persone. Ma stando alle testimonianze dei
sopravvissuti, quasi ogni viaggio conta i suoi morti. Le vittime censite sulla
stampa potrebbero quindi essere soltanto una sottostima. Tra i morti si contano
anche le vittime delle deportazioni collettive praticate dai governi di
Tripoli, Algeri e Rabat, abituati da anni ad abbandonare a se stessi gruppi di
centinaia di persone in zone frontaliere in pieno deserto
A cura di Fortress Europe
Lombardia, straniere il 92% delle badanti
Sono 137mila le badanti in Lombardia, una ogni 13 anziani. Di loro, il 92% è straniero,
provenienti per lo più dall'Est europeo o dall'America latina. Lo rivela una
ricerca dell'Irs (Istituto di ricerca sociale).
da La Repubblica-Milano
Milano, 4 ottobre
2007 - Un esercito di 137mila donne, per lo più dell'est o latino
americane. Non sono sempre giovani e piacenti, ma basta vederle all'opera per
capire che sono quasi sempre armate di grande pazienza e di umiltà. Per loro i
lombardi spendono un miliardo e 600 milioni di euro all'anno, una media di
mille euro al mese a famiglia. Sono le badanti, arrivano dai confini del mondo
agiato e finiscono nelle case private a curare gli anziani, spesso per 24 ore
al giorno, vitto e alloggio incluso nel prezzo. Quegli anziani che in un caso
su due non sono autosufficienti: pensionati soli, malati, invalidi ai quali le
famiglie, con i ritmi serrati del lavoro e i figli da crescere, fanno fatica a
garantire una presenza costante nell´arco del giorno, un aiuto nelle piccole
incombenze quotidiane, un controllo della cura personale e un´assistenza per
far fronte ai disagi e alle malattie che aumentano con l'età. Senza le badanti,
sarebbe il tracollo. Per le famiglie e per il sistema sanitario pubblico.
Eppure, solo una badante su tre ha le garanzie di un contratto di lavoro in
regola e del permesso di soggiorno. Il mercato è ormai stabile, saturo: in un
anno sono aumentate solo del 4 per cento. Nel 92 per cento dei casi sono
straniere. Il loro stipendio viaggia fra gli 850 e i 1.268 euro al mese, a
seconda che siano ingaggiate "in nero" o che abbiano l´assunzione
regolare, quindi la retribuzione minima prevista dal contratto nazionale di
lavoro delle colf. In ogni caso una cifra troppo alta per almeno un anziano su
tre, visto che, numeri alla mano, un terzo delle pensioni di vecchiaia -
l´unica fonte di reddito per oltre mezzo milione di lombardi - non supera i 500
euro al mese. I conti in tasca alle famiglie e ai loro vecchi li hanno fatti
gli economisti dell'Irs, l´Istituto di ricerca sociale che da due anni, con il
progetto "Qualifi-care", varato in collaborazione con Caritas
Ambrosiana e Cgil lombardia, sta sperimentando nei Comuni di Sesto San Giovanni
e di Brescia, nuove strategie per far emergere il lavoro nero delle badanti e
er consentire a chi le assume con tutti i crismi di avere in cambio un lavoro
qualificato. Qui sono nati albi professionali e corsi di formazione. I
contratti di lavoro firmati sono stati 558. A Brescia, spiegava ieri
l´assessore ai Servizi sociali del Comune, hanno fatto anche di più: «Abbiamo
stanziato 900.000 euro per dare un contributo mensile di 500 euro al mese alle
famiglie che assumono una badante. Finora, versiamo il bonus a 200 persone».
L´Irs ha verificato che in Lombardia, con 1.841.882 anziani di età superiore a
65 anni, ci siano 7,5 badanti ogni cento pensionati. Tra Milano e provincia,
stiamo parlando di oltre 85mila «assistenti familiari». I milanesi spendono
oltre un miliardo di euro l´anno per i loro stipendi, che il nuovo contratto a
fatto salire da 900 a 1.268 euro al mese. «Una cifra notevole, considerando che
in nero una badante può costare 3 o 400 euro in meno. Comunque, un affare -
spiega Sergio Pasquinelli dell´Irs - considerando che la retta media delle case
di cura lombarde è di 1.600 euro, con punte anche di 2.500-2800 euro al mese».
«Il lavoro privato di cura è sempre una relazione fra due soggetti deboli, il
datore di lavoro, cioè l´anziano, e il lavoratore, cioè una donna straniera,
ancora clandestina nel 41 per cento dei casi, senza contratto per un altro 20
per cento - ha spiegato don Roberto Davanzo -. «Il welfare pubblico offre
sempre meno garanzie e le famiglie vengono lasciate sole con i loro vecchi da
curare e i costi crescenti da affrontare. La Regione potrebbe creare un
"Fondo per la non autosufficienza" per sostenere le famiglie che
scelgono l´assistenza domiciliare invece del ricovero».
di Zita Dazzi, Metropoli-Repubblica
Dati dell'Agenzia regionale del lavoro FVG
In Friuli 15mila lavoratrici
dipendenti straniere
Il tasso di
crescita, negli ultimi sei anni, è stato del 192,3% (109,5% per gli uomini). Le
immigrate sono impiegate principalmente nel settore domestico, nelle pulizie,
nei servizi sociali, negli alberghi e nell'industria
tessile e alimentare
(ANSA) Udine, 5 ottobre 2007 - Sono
circa 15 mila le donne immigrate che risultano occupate come dipendenti in
Friuli Venezia Giulia. Il tasso di crescita dal 2000 al 2006 è pari al 192,3
per cento, maggiore anche a quello degli uomini, che si attesta al 109,5 per
cento. I dati emergono da una ricerca condotta nel 2007 dall'Agenzia regionale
del lavoro e della formazione professionale sulle dinamiche occupazionali dei
lavoratori immigrati nel periodo 2000-2006. Si tratta di dati che, accanto a
quelli forniti dall'indagine dell'Ires, Istituto regionale di ricerche
economico-sociali, tracciano il quadro del mondo delle donne migranti in Friuli
Venezia Giulia, al quale è stato dedicato un convegno a Udine. Organizzato
dalle direzioni regionali Pari opportunità e Cultura, l'evento ha approfondito
bisogni e opportunità del mondo femminile migrante, che in regione è sempre
maggiormente inserito nel mondo del lavoro. Le donne migranti occupate sono
infatti triplicate in sei anni. L'Ires rivela che, mentre nel 2000 le donne
immigrate che lavoravano in Friuli Venezia Giulia si attestavano sulle 5 mila
unità, nel 2006 erano già 15 mila, una crescita che le ha portate a diventare
il 38,7% della forza lavoro straniera, contro il 30% del 2000. I dati
dell'Agenzia regionale del lavoro tracciano anche la mappatura territoriale:
sono le province di Trieste e di Udine quelle a maggiore presenza di immigrate
(rispettivamente il 41,3 e il 39,5 per cento), Pordenone si ferma al 38,6 e
infine Gorizia (25,6), provincia dove la percentuale è sbilanciata a favore
degli uomini, considerato il massiccio afflusso di bengalesi impiegati nelle
costruzioni navali. Le donne sono impiegate invece principalmente nel settore
domestico (92,6 per cento), nelle pulizie (72,2), servizi sociali (68,4),
alberghi e ristorazione (67,2), industria tessile (52,4), industria alimentare
(50).
Demografia
Dal crescente boom di nascite
arriva il segnale premonitore
Di Gian Carlo
Blangiardo, Dipartimento di Statistica Università Milano - Bicocca
Raddoppierà
nell’arco del prossimo decennio. La popolazione straniera residente nel nostro
Paese, cresciuta mediamente dal 2003 di 300-350 mila unità all’anno, passerà
dagli attuali 2,8 milioni a quasi 5,5 milioni nel 2016. E’ aperto il dibattito
sugli sviluppi che, a meno di significative (quanto improbabili) inversioni di
tendenza, questa escalation potrà mettere in evidenza. In questa
propsettiva, la conoscenza dell’evoluzione e della futura struttura per età
della popolazione straniera può essere di fondamentale importanza. Nell’ambito
della Fondazione Ismu, è stato svolto un esercizio di previsione e simulazione
con il quale – sulla base di parametri che recepiscono gli attuali livelli
di sopravvivenza e di fecndità della popolazione straniera residente – si
mettono in rilievo, secondo diverse ipotesi sul flusso netto di nuovi ingressi,
gli aspetti quantitativi e le trasformazioni strutturali attese per il prossimo
futuro. In particolare, le prospettive delineate dall’Ismu segnano il passaggio
dai circa 2,8 milioni di immigrati provenienti dai cosiddetti Paesi a forte
pressione migratoria (Pfpm) e residenti in Italia al 1° gennaio 2007 a poco
meno di 5,5 milioni al 1° gennaio 2016, nel caso minimale di 200 mila ingressi
netti annui, oppure a quasi 6 milioni nel caso di 250 mila e persino a circa 7
milioni in presenza di 350 mila ingressi netti annui che, come ricordato, sono
sostanzialmente i valori che hanno caratterizzato la dinamica più recente. Al
tempo stesso – alimentato da una frequenza annua di nascite che potrebbe
salire al doppio o persino quasi al triplo di quella attuale – la
popolazione dei minorenni finirebbe col subire un effetto moltiplicativo ancora
più esasperato: le 636 mila unità stimate al 1° gennaio 2007 si attesterebbero
nel 2016 tra un minimo di 1 milione 381 mila unità e un massimo di 1 milione
706 mila. Inoltre, nei prossimi due quinquenni potrebbero affacciarsi alla
maggiore età da 350 mila a più di 400 mila figli di immigrati (in funzione
delle diverse ipotesi sui flussi d’ingresso), con le relative problematiche
legate alla cittadinanza e a un’adeguata risposta ai bisogni e alle attese del
mondo giovanile. L’insieme delle simulazioni consente di determinare e valutare
le trasformazioni che si preannunciano sotto il profilo della distribuzione per
sesso ed età della popolazione straniera residente in Italia e proveniente dai
Pfpm: nel prossimo decennio è verosimile attendersi, da un lato, una riduzione
del rapporto di mascolinità (dai 112 maschi per 100 femmine del giorno d’oggi,
ai 107 – 108 del 2016), dall’altro un generalizzato ringiovanimento alla
base della piramide delle età per via del maggior peso dei minorenni, al cui
interno si dovrebbero triplicare i potenziali frequentanti le scuole elementari
(+186% tra il 1° gennaio 2007 e la stessa data del 2016), mentre si
raddoppierebbero quelli delle medie inferiori (+125%) e delle superiori (+94%).
In parallelo, l’evoluzione del prossimo decennio lascia intravedere un
sensibile invecchiamento della componente straniera in età attiva. La
percentuale di ultra 45enni passerebbe infatti dall’attuale 14,2 % al 23-25%,
mentre si ridurrebbe di quasi 10 punti percentuali il peso relativo dei
25-44enni, la componente notoriamente più produttiva e più capace di recepire
le innovazioni e le trasformazioni del mercato del lavoro. Paradossalmente, il
processo di maturazione (e di integrazione) della popolazione immigrata sembra
destinato a tradursi in cambiamenti strutturali che, in ultima analisi,
finiranno per affievolire proprio quelle argomentazioni sulla funzionalità
economica degli immigrati che rappresentano oggi il <punto di forza> nel
ricorrente dibattito sull’utilità della presenza straniera nel nostro Paese.
(il Sole-24 Ore del
24 settembre 2007)
Primarie, è straniero il 4% dei candidati
Domenica 14 ottobre, anche tre milioni di
immigrati regolari potranno eleggere i loro rappresentanti nell'assemblea
costituente del Partito democratico.
Roma 8 ottobre 2007
- prossimo 14 ottobre
circa tre milioni di cittadini stranieri con un regolare permesso di soggiorno
che vivono in Italia potranno eleggere per la prima volta i loro rappresentanti
all'assemblea costituente di un partito italiano: il Partito Democratico (Pd),
che riunisce le principali forze politiche del centrosinistra del Paese. Ma c'è
un'altra novità: si potranno eleggere anche stranieri, sia nelle cinque liste
nazionali in competizione (a sostegno dei candidati Rosy Bindi, Walter
Veltroni, Enrico Letta, Mario Adinolfi, Piergiorgio Gawronski) che in quelle
regionali. Gli stranieri in lista sono 1.400, il 4% dei 35mila candidati in
tutta Italia. Anche se i dati non sono ancora definitivi perché alcune liste
non sono ancora state inserite nel sistema informatico. La corsa al voto,
intanto, è già iniziata anche per gli immigrati. Alcuni sfideranno personaggi
italiani di chiara fama, come Enrico Gasbarra, Francesco Rutelli, Gianni
Borgna, Paolo Gentiloni e addirittura il registra Ettore Scola. I candidati di origine
straniera sono maggiormente presenti nelle regioni del centro, principalmente
Lazio e Toscana, e del Nord, mentre sono meno numerosi al Sud. Sono cittadini
senegalesi, filippini, cinesi, ecuadoriani, albanesi, romeni ma anche ucraini,
etiopi, bulgari. Tra di loro ci sono capi comunità, portieri in pensione e
casalinghe desiderose di partecipare alla nascita del nuovo Pd. Nel quartiere
Prenestino, a Roma, c'è addirittura una lista composta da soli cinesi, mentre a
Prato, in Toscana, un'altra è formata da romeni. In caso di vittoria gli
eletti, insieme ai colleghi italiani, andranno a far parte dei 2.400 componenti
dell'Assemblea nazionale o dei 4.800 di quelle regionali. Al di là delle
statistiche, però, restano basse le possibilità di vincere. “Sfido personaggi
molto più influenti di me – fa notare un candidato indiano - . E anche se
sarò eletto siederò al lato di D'Alema o Rutelli. Come posso sperare di
impormi?”. Perché candidarsi allora? “Io ho tante idee che riguardano gli
immigrati, come riformare la legge Bossi-Fini e proporre la creazione di un
sottosegretariato unico per l'immigrazione. Spero di essere eletto. Ma anche in
caso contrario continuerò comunque a lottare per i nostri diritti”. Molti
candidati stanno già cercando l'appoggio delle proprie comunità, e organizzano
feste ed eventi per pubblicizzarsi ed informare sulle modalità di voto. C'è
anche chi ha scritto alla stampa per spiegare le ragioni della propria
candidatura. Tra le proposte degli stranieri ce ne sono molte legate alle
problematiche più diffuse tra gli immigrati, come le norme sui ricongiungimenti
familiari o sulla cittadinanza. “Il principio dello ‘ius sanguinis', che lega
la cittadinanza del bambino nato in Italia a quella di sua madre, dovrebbe
essere sostituito con quello dello ‘ius soli', che lega il neonato al
territorio ” afferma ad esempio un capolista cinese. Altre proposte, meno
specifiche, riguardano la partecipazione degli stranieri alla vita politica
italiana. “Questa delle primarie – spiega una candidata camerunese - è ad
oggi l'unica vera opportunità di dare risalto alle questioni sull'immigrazione,
almeno finché ci daranno il diritto di voto alle elezioni amministrative”. I seggi resteranno aperti domenica 14
ottobre dalle 7 alle 20. Potranno votare tutti i cittadini stranieri che
abbiano compiuto i 16 anni di età e siano in possesso di un regolare permesso
di soggiorno; in mancanza di questo basterà presentare, insieme ad un documento
di riconoscimento, il cedolino di richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno.
La quota di partecipazione ammonta ad un euro.