Cari Ministri, cari Sottosegretari,
desidero portare alla Vostra attenzione una questione di cui si
sta discutendo molto in questi giorni, e in modo a mio parere non del tutto
preciso.
La Direttiva 2004/38/CE stabilisce che i cittadini comunitari e i
loro familiari stranieri beneficiano comunque, a prescindere dalla loro
capacita' reddituale, del diritto di soggiorno per periodi di durata inferiore
a tre mesi.
Per soggiorni di tale durata non sono previsti adempimenti
amministrativi, e l'art. 14 della Direttiva garantisce che
"1. I cittadini dell'Unione e i loro familiari beneficiano
del diritto di soggiorno di cui all'articolo 6 finchˇ non diventano un onere
eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante."
Il D. Lgs. 30/2007 ha recepito in modo inappropriato questa
disposizione, stabilendo, all'art. 13, che
"1. I cittadini dell'Unione ed i loro familiari
beneficiano del diritto di soggiorno di cui all'articolo 6, finche' hanno le
risorse economiche di cui all'articolo 9, comma 3, che gli impediscono di
diventare un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato
membro ospitante e finche' non costituiscano un pericolo per l'ordine e la
sicurezza pubblica."
Dico che il modo e' inappropriato perche' in nessun momento, in
base all'art. 6 (quello sul soggiorno breve), e' richiesto all'interessato di
dimostrare il possesso delle risorse di cui all'art. 9, comma 3 (che concerne
invece l'iscrizione anagrafica per soggiorni di durata superiore a tre mesi).
Mi si puo' obiettare che la disposizione e' applicabile in sede di
controllo sul territorio. Tuttavia, dovendo dimostrare la disponibilita' di
risorse per il periodo di soggiorno residuo, e non essendo la durata di questo
quantificabile se non da parte dell'interessato, questi potra' agevolmente
superare il controllo dichiarando che intende proprio lasciare l'Italia in
serata...
L'unica condizione che l'Italia puo' imporre legittimamente e
ragionevolmente e' - conformemente con la Direttiva - che l'interessato non
diventi un onere eccessivo per l'assistenza pubblica, ma la violazione di
questa condizione e' dimostrabile solo a seguito di una concreta erogazione di
tale assistenza (che non sembra in cima alle priorita' dei nostri sindaci...).
Ho l'impressione che un'applicazione severa dell'art. 13, co. 1
D.Lgs. 30/2007, sempre che risulti praticabile, potrebbe provocare l'apertura
di una procedura di infrazione da parte dell'Unione europea per recepimento
inadeguato della Direttiva.
Ritengo, allo stesso tempo, che perfino un'applicazione severa di
quella disposizione finirebbe per essere priva di effetti significativi. L'art.
21 D. Lgs. 30/2007, coerentemente con gli artt. 15, 30 e 31 della Direttiva,
dispone, riguardo al provvedimento di allontanamento, che
"Il provvedimento (...) riporta le modalita' di
impugnazione, nonche' il termine per lasciare il territorio nazionale, che non
puo' essere inferiore ad un mese. Il provvedimento di allontanamento di cui al
comma 1 non puo' prevedere un divieto di reingresso sul territorio nazionale."
Salvo quindi che vi sia pericolo per l'ordine pubblico o la
sicurezza dello Stato (nel qual caso il provvedimento, adottato dal Ministro
dell'interno, puo' comportare un divieto di reingresso), l'allontanamento di
persone prive di risorse adeguate potrebe essere seguito dal loro immediato e
legittimo reingresso in Italia.
Cordiali saluti
Sergio Briguglio