Sentenza 350/2008 |
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Giudizio |
GIUDIZIO
DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE |
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Presidente
FLICK
- Redattore DE SIERVO |
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Camera
di Consiglio del 24/09/2008 Decisione del 22/10/2008 |
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Deposito del
24/10/2008 Pubblicazione in G. U. |
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Norme
impugnate: |
Artt.
1, 3, 4, 8, c. 1, lett. e), f), h) ed i), e 2, 9, c. 1, lett. c), e 2, e
12 della legge della Regione Lombardia 03/03/2006, n. 6 |
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Massime: |
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Titoli: |
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Atti
decisi: |
ord.
2, 15, 65, 66, 67, 100, 101, 102, 103 e 127/2008 |
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SENTENZA
N. 350 ANNO
2008 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: - Giovanni Maria FLICK Presidente - Francesco AMIRANTE
Giudice - Ugo DE
SIERVO - Paolo MADDALENA - Alfio FINOCCHIARO - Alfonso QUARANTA - Luigi MAZZELLA - Gaetano SILVESTRI - Sabino CASSESE - Maria Rita SAULLE - Giuseppe TESAURO - Paolo Maria NAPOLITANO ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimit costituzionale
degli articoli 1; 3; 4; 8, comma 1, lettere e), f), h) ed i) e comma 2; 9,
comma 1, lettera c), e comma 2; e 12 della legge della Regione
Lombardia 3 marzo 2006, n. 6 (Norme per l'insediamento e la gestione di
centri di telefonia in sede fissa), promossi con ordinanze del 20 settembre
2007 (numero 2 ordinanze), del 29 ottobre 2007, del 26 novembre 2007 (numero
3 ordinanze), del 10 dicembre 2007 (numero 2 ordinanze), del 27 dicembre 2007
e del 22 gennaio 2008, dal Tribunale amministrativo regionale per la
Lombardia, Sezione IV di Milano, iscritte ai numeri 2, 15, 65, 66, 67, 100,
101, 102, 103 e 127 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale
della Repubblica nn. 7, 8, 13, 16,e 19, prima serie speciale, dell'anno 2008. Visto
l'atto
di intervento della Regione Lombardia; udito nella camera di
consiglio del 24 settembre 2008 il Giudice relatore Ugo De Siervo. Ritenuto in
fatto 1.
– Con dieci distinte ordinanze (r.o. nn. 2, 15, 65, 66, 67, 100, 101,
102, 103 e 127 del 2008), adottate nel corso di altrettanti giudizi, il
Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, Sezione IV di Milano, ha
sollevato questione di legittimit costituzionale degli articoli 1; 4; 8,
commi 1, lettere e), f), h) ed i), e 2; 9, commi
1, lettera c), e 2; e 12 della legge della Regione Lombardia 3 marzo 2006,
n. 6 (Norme per l'insediamento e la gestione di centri di telefonia in sede
fissa), in riferimento agli articoli 3, 15, 41 e 117 della Costituzione. 2. – Il rimettente
riferisce che i ricorrenti sono titolari di centri di telefonia gi attivi
alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 6 del 2006 e che nei
loro confronti stata disposta, con ordinanze delle rispettive
amministrazioni comunali, la cessazione dell'attivit per mancata
conformazione ai nuovi requisiti (in prevalenza igienico-sanitari e di
sicurezza dei locali) disposti dalla predetta legge regionale. Ci
in applicazione delle seguenti censurate disposizioni della legge regionale
n. 6 del 2006: l'art. 1, nella parte in cui riporta la materia oggetto di
trattazione alla legislazione residuale regionale sul commercio; l'art. 4,
che introduce un sistema generalizzato di autorizzazione comunale per
l'esercizio dell'attivit; l'art. 8, nella parte (comma 1, lettere e, f, h ed i, e comma 2) in
cui introduce – con immediata modifica dei regolamenti comunali vigenti
– numerosi nuovi requisiti igienico-sanitari e di sicurezza dei locali;
gli artt. 9, primo comma, lettera c) e secondo comma, e 12,
che prevedono che i centri di telefonia gi funzionanti si debbano adeguare
alle nuove prescrizioni entro un anno, andando altrimenti incontro alla
revoca dell'autorizzazione. 3. – In punto di rilevanza, il
rimettente riferisce che i provvedimenti impugnati hanno intimato ai
ricorrenti la cessazione immediata dell'attivit per mancato tempestivo
adeguamento ai nuovi requisiti di cui sopra e che la legge regionale non ha
lasciato o consentito alcuna mediazione discrezionale in capo alla
procedente autorit amministrativa la quale ha dovuto emettere il
provvedimento (in tutto vincolato nel contenuto) di cessazione immediata
dell'attivit alla scadenza del perentorio termine annuale fissato. Il rimettente
riferisce altres di aver adottato un'ordinanza cautelare di sospensione del
provvedimento di cessazione dell'attivit di centri di telefonia con
efficacia limitata al periodo di tempo necessario a che la Corte
costituzionale si pronunci. 4. –Il TAR rimettente individua le
disposizioni costituzionali di cui si sospetta la violazione nell'art. 117,
in relazione ai vincoli dell'ordinamento comunitario ed al sistema di
riparto delle competenze legislative Stato-Regione; negli artt. 3 e 41, in
relazione, in particolare, ai rilevanti ostacoli che le restrittive prescrizioni
in materia igienico-sanitaria introdotte dalla legge regionale di che
trattasi, da applicare anche retroattivamente alle preesistenti gestioni di
centri di telefonia, determinano sulla libert di iniziativa economica di
questi ultimi; nell'art. 15 sulla libert di comunicazione. 4.1. – L'asserita violazione dell'art.
117 della Costituzione sarebbe, innanzitutto, suffragata dall'errato
inquadramento materiale delle disposizioni censurate. L'art. 1, infatti,
riconduce la relativa normativa al commercio. Diversamente, il giudice a
quo
esclude che la erogazione di servizi di telefonia in sede fissa, in locali
aperti al pubblico, rientri nelle previsioni legislative relative all'attivit
commerciale. Ci sarebbe confermato dal divieto, contenuto nella legge
censurata, di affiancare – come in passato – attivit commerciali
di supporto, salvo la sola vendita di schede telefoniche e l'installazione
di distributori automatici di bevande ed alimenti. Per il Tribunale rimettente, invece,
l'attivit presa in considerazione dalla legge regionale sarebbe
riconducibile alla materia di competenza concorrente dell'ordinamento delle
comunicazioni e, pi specificamente, al servizio di comunicazione
elettronica di cui all'art. 2, paragrafo 1, lettera c) della direttiva
7 marzo 2002, n. 2002/21/CE, recepito dal decreto legislativo 1
agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche). 4.2. – Il diverso inquadramento
materiale determinerebbe una serie di limiti e vincoli sul legislatore
regionale. Innanzitutto,
la rilevata matrice europea di tale normativa comporta l'applicabilit, ex art. 117, primo
comma, della Costituzione, del principio di proporzionalit. In secondo
luogo, trattandosi di materia concorrente, il legislatore regionale non pu
disattendere i limiti della legislazione statale di principio. Infine,
occorrerebbe anche considerare alcuni profili trasversali di legislazione
esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, della Costituzione, con
specifico riguardo alla tutela della concorrenza (lettera e) nonch alla
salvaguardia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale
(lettera m). Il rimettente ricorda che l'art. 3, comma 1,
del surrichiamato codice delle comunicazioni garantisce i diritti
inderogabili di libert delle persone nell'uso dei mezzi di comunicazione
elettronica, con espresso riferimento al regime di libera concorrenza.
Inoltre, i principi di derivazione comunitaria e costituzionale risultano
espressamente ribaditi dall'art. 4 del medesimo codice, il quale prevede al
comma 1 che la disciplina delle reti e dei servizi sia volta a salvaguardare
i diritti costituzionalmente garantiti di libert di comunicazione, nonch
di libert di iniziativa economica e suo esercizio in regime di concorrenza,
garantendo un accesso al mercato delle reti e servizi di comunicazione
elettronica secondo criteri di obiettivit, trasparenza, non discriminazione
e proporzionalit. Al tempo stesso, il comma 3 dello stesso art.
4 dispone che la suddetta disciplina diretta anche a promuovere la
semplificazione dei procedimenti amministrativi e la partecipazione ad essi
dei soggetti interessati, attraverso l'adozione di procedure tempestive, non
discriminatorie e trasparenti nei confronti delle imprese che forniscono reti
e servizi di comunicazione elettronica. 4.3. – Per il rimettente, il legislatore
lombardo – regolando l'intero settore dei centri di telefonia in sede
fissa – ha introdotto un regime autorizzativo ulteriore e duplicativo
rispetto al sistema delineato in sede comunitaria e recepito con il decreto
legislativo n. 259/2003. Ci mentre il comma 2 dell'art. 3 del codice
configura la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica come di
preminente interesse generale e libera, salve solo le limitazioni derivanti
da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato, della protezione
civile, della salute pubblica e della tutela dell'ambiente e della
riservatezza e protezione dei dati personali, poste da specifiche
disposizioni di legge o da disposizioni regolamentari di attuazione. Lo
stesso codice prevede che l'espletamento di tali servizi venga subordinato ad
una sola autorizzazione generale, in armonia con la normativa europea. In
particolare, tale autorizzazione consegue alla presentazione di una
dichiarazione dell'interessato (a seguito della quale possibile iniziare
l'attivit) contenente l'intenzione di procedere alla fornitura (art. 25,
comma 3), mentre il potere del Ministero competente di vietare il prosieguo
dell'attivit medesima pu essere esercitato entro e non oltre sessanta
giorni secondo il modulo procedimentale della dichiarazione di inizio
attivit ex art. 19, legge 7 agosto 1990, n. 241 (art. 25, comma 4). Il giudice rimettente sostiene che la
previsione di un ulteriore titolo abilitativo comunque abbia alterato il
regime di sostanziale libert di fornitura dei servizi de quibus cos come
delineato in via primaria dall'ordinamento comunitario, ed in via attuativa
dalla norma statale di recepimento, con conseguenti aggravamenti
procedimentali vietati dai citati artt. 3 e 4 del decreto n. 259/2003. Peraltro – prosegue il rimettente
– molte delle limitazioni previste dalla legge censurata sembrano
afferire a materie comunque estranee a quella potest legislativa residuale
che la Regione Lombardia ha, invece, inteso nella specie esercitare: questo
con particolare riferimento alle esigenze della difesa e della sicurezza
dello Stato ed alla tutela dell'ambiente, di competenza esclusiva del
legislatore statale, nonch alle esigenze di protezione civile e di salute
pubblica, di competenza concorrente. 4.4. – In relazione ai requisiti
igienico-sanitari e di sicurezza dei locali, per il giudice a quo la contestata
legge regionale reca contenuti di dettaglio che integrano in modo automatico
e simultaneo tutti i regolamenti di igiene delle autorit sanitarie e dei
comuni in territorio lombardo [], e ci senza che la legislazione statale di
riferimento consenta, all'interno di tale regolamentazione locale,
l'inserimento eteronomo di contenuti dispositivi e di dettaglio direttamente
prestabiliti da leggi regionali. N sussisterebbero nella legislazione
vigente prescrizioni cos restrittive neanche per i locali ove vi maggiore
concentrazione di persone per un tempo di permanenza maggiore, come teatri,
cinema o nei locali ove viene svolta attivit di somministrazione di alimenti
e bevande. Da tutto ci discende la necessit che la
potest legislativa regionale concorrente venga esercitata nel rispetto dei
principi fondamentali di cui agli articoli 3 e 41 della Costituzione, nonch del principio di proporzionalit. 4.5. – Il
giudice rimettente ritiene che la questione presenti profili di non manifesta
infondatezza anche nella parte in cui sancita l'applicazione retroattiva
delle nuove disposizioni, senza neppure delineare la possibilit di proroghe
per consentire agli esercizi preesistenti di continuare l'attivit. Secondo la consolidata giurisprudenza
costituzionale, la possibilit del legislatore di incidere con norme
retroattive su situazioni sostanziali ormai radicate da leggi precedenti,
sarebbe subordinata al rigoroso vaglio di razionalit del nuovo regolamento
di interessi. Per il giudice a quo nella specie non
sussiste una sicura rispondenza dello ius superveniens a criteri di
ragionevolezza, in relazione alle modalit con cui la nuova normativa incide
sui legittimi affidamenti dei titolari dei preesistenti centri di telefonia e
sulle loro disponibilit finanziarie. Ne discenderebbe una lesione della
libert di iniziativa economica privata presidiata dall'art. 41 della
Costituzione, anche in relazione alla tutela della concorrenza garantita
dall'ordinamento europeo. 5. – Con atto depositato il 26 febbraio
2008, intervenuta nel presente giudizio (in relazione alle questioni
sollevate con l'ordinanza r.o. n. 2 del 2008) la Regione Lombardia che, con
riserva di successive allegazioni e argomentazioni, ha eccepito, in via preliminare,
l'inammissibilit delle sollevate questioni di legittimit costituzionale
sostenendo, comunque, la loro infondatezza nel merito. 6. – Con memoria
depositata il 24 luglio 2008 la Regione Lombardia ha presentato una ampia
memoria ad integrazione del suo precedente atto di intervento. 6.1. – La difesa regionale reputa le
questioni in oggetto inammissibili per evidente difetto di motivazione sulla
rilevanza, avendo il rimettente omesso di descrivere alcuni elementi decisivi
della fattispecie che ha originato il giudizio principale (le osservazioni si
riferirebbero anche alle altre ordinanze che hanno, in maniera
sostanzialmente identica, censurato le norme).
In
particolare, nell'ordinanza di rinvio non sarebbero rinvenibili informazioni
sulle autorizzazioni eventualmente ottenute, n sulle motivazioni sottese
all'impugnato provvedimento di cessazione dell'attivit di centri di
telefonia. Inoltre, altro motivo di inammissibilit sarebbe il mancato
riferimento ad una autorizzazione negata, mentre nell'ordinanza di rimessione
ci si riferisce solo ad una ordinanza di chiusura del centro di telefonia.
Sarebbero del pari inammissibili le censure sollevate in riferimento
all'art. 15 Cost. per la loro mancata motivazione. Generiche sarebbero altres le censure
formulate in riferimento all'art. 8 della legge regionale, dal momento che
non si chiarirebbero analiticamente gli asseriti motivi di incostituzionalit
delle quattro distinte prescrizioni legislative. 7.
– Nel merito, la difesa regionale sostiene che la disciplina dei centri
di telefonia rientrerebbe pacificamente nella materia commercio, risultando
cos esclusa una competenza statale in materia, dal momento che la nozione
di servizi di comunicazione elettronica non sembra applicabile all'attivit
dei centri di telefonia. Comunque l'autorizzazione prevista dalla legge
della regione Lombardia non interferisce in alcun modo con gli scopi della
legislazione comunitaria e statale ed anzi troverebbe il suo fondamento
proprio nella previsione degli articoli 3 e 25 del Codice delle comunicazioni
che consentono la possibilit di limitare la fornitura di reti o servizi per
motivi di salute e sanit pubblica. La legge regionale censurata, pertanto, ai
fini di tutela della salute pubblica e delle condizioni igieniche in cui si
svolge il lavoro subordina l'inizio (o la prosecuzione) di tale attivit alla
sussistenza di un'autorizzazione comunale. Non vi sarebbero principi
legislativi violati dal legislatore regionale e neppure potrebbe sostenersi
che la legge regionale non possa modificare il regolamento di igiene locale. Considerato in diritto
1. – Il Tribunale amministrativo
regionale della Lombardia, Sezione IV di Milano, con le ordinanze r.o. nn. 2,
15, 65, 66, 67, 100, 101, 102, 103 e 127 del 2008, adottate nel corso di
altrettanti giudizi, ha sollevato questione di legittimit costituzionale
degli articoli 1; 4; 8, comma 1, lettere e), f), h) ed i), e comma 2; 9,
comma 1, lettera c), e comma 2; e 12 della legge della Regione
Lombardia 3 marzo 2006, n. 6 (Norme per l'insediamento e la gestione di
centri di telefonia in sede fissa), in riferimento agli articoli 3, 15, 41 e
117 della Costituzione. 2. – In tutti i
giudizi a quibus i ricorrenti, titolari di centri di telefonia gi
attivi alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 6 del 2006,
hanno impugnato i provvedimenti delle rispettive amministrazioni comunali
mediante i quali stata disposta la cessazione dell'attivit da loro svolta
per mancata conformazione ai nuovi requisiti (in prevalenza
igienico-sanitari e di sicurezza dei locali) disposti dalla predetta legge
regionale. Nell'ambito di tali giudizi il rimettente ha
eccepito l'illegittimit costituzionale delle disposizioni regionali in
attuazione delle quali sono stati adottati i provvedimenti impugnati. In particolare, il TAR censura l'art. 1,
nella parte in cui riporta la materia oggetto di trattazione alla
legislazione residuale regionale sul commercio; l'art. 4, che introduce un
sistema generalizzato di autorizzazione civica per l'esercizio
dell'attivit; l'art. 8, nella parte in cui introduce – con immediata
modifica dei regolamenti vigenti (comma 2) – i nuovi requisiti
igienico-sanitari e di sicurezza dei locali, e, specificamente, la previsione:
di un servizio igienico in uso esclusivo del personale dipendente (lettera e); di un servizio
igienico riservato al pubblico, anche prossimo al locale nel caso di esercizi
gi attivi all'entrata in vigore della presente legge, ma ad uso esclusivo
dello stesso per il locale con superficie fino a 60 metri quadrati; di un
ulteriore servizio igienico per il locale di dimensioni superiori (lettera f); uno spazio di
attesa all'interno del locale di almeno 9 metri quadrati, fino a 4 postazioni
telefoniche, provvisto di idonei sedili posizionati in modo da non ostruire
le vie di esodo (lettera h); la superficie minima (pari a 1 metro quadrato)
per ogni postazione e la sua collocazione in modo da garantire un percorso di
esodo, libero da qualsiasi ingombro, nonch la larghezza minima di 1,20 metri
(lettera i). Sono censurati, altres, gli artt. 9, comma 1,
lettera c), e comma 2, e 12, che regolano il regime transitorio per i
vecchi esercizi, nel senso che la prescritta autorizzazione revocata, senza
possibilit di proroga, quando il titolare non abbia adempiuto all'obbligo
di porsi in regola con le vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in
materia edilizia, urbanistica ed igienico-sanitaria, nonch con le
disposizioni sulla destinazione d'uso dei locali e degli edifici, prevenzione
incendi e sicurezza, preventivamente all'avvio dell'attivit come previsto
dall'articolo 4, ovvero entro un anno dall'entrata in vigore della presente
legge ai sensi dell'articolo 12. Tali disposizioni, ad avviso del rimettente,
volerebbero l'art. 117 della Costituzione, in quanto, incidendo sulla
materia (concorrente) dell'ordinamento delle comunicazioni, sarebbero
incompatibili con il principio di proporzionalit, di derivazione comunitaria
(art. 117, primo comma). Sarebbero, inoltre, lesive delle competenze
esclusive del legislatore statale in ordine alla tutela della concorrenza
di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e) Cost., ed alla
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.). Le disposizioni regionali violerebbero altres
l'art. 117, terzo comma, Cost. ponendosi in contrasto con i princpi fondamentali
dettati dal legislatore statale in ordine al regime autorizzatorio: princpi
desumibili dagli artt. 2, 3, 4 e 25 del decreto legislativo 1
agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche). Esse contrasterebbero, inoltre, con gli artt.
3 e 41 della Costituzione, dal momento che l'introduzione, con efficacia
retroattiva, di nuovi e pi rigorosi requisiti strutturali e
igienico-sanitari determinerebbe una illegittima disparit di trattamento tra
i centri di telefonia gi attivi (chiamati, in tempi brevi e con costi
elevati, ad effettuare le necessarie opere di adeguamento) e quelli aperti
successivamente all'entrata in vigore delle censurate disposizioni, con
ripercussioni negative sulla libert di iniziativa economica privata e sull'assetto
concorrenziale del mercato. Infine, ad avviso del TAR, le disposizioni in
oggetto sarebbero
incompatibili con l'art. 15 della Costituzione, introducendo misure idonee a
nuocere alla libert di comunicazione. 3. – Le ordinanze di rimessione
sollevano questioni identiche, onde i relativi giudizi vanno riuniti per
essere definiti con unica decisione. 4.
– Le questioni sollevate in otto delle suddette ordinanze (r.o. nn. 2,
15, 65, 66, 101, 102, 103 e 127 del 2008) sono manifestamente inammissibili
per carente descrizione delle fattispecie concrete. Non
infatti sufficiente il pur ampio andamento argomentativo in tema di
rilevanza sviluppato in termini identici nei diversi atti di rimessione. Il
giudice a quo ha fornito solo generiche indicazioni in ordine agli effetti
delle disposizioni impugnate sulle situazioni giuridiche vantate dalle parti
ricorrenti, omettendo tuttavia la doverosa descrizione delle specifiche
violazioni asseritamente riscontrate dalle amministrazioni comunali.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'insufficiente
descrizione della fattispecie, giacch impedisce di vagliare l'effettiva
applicabilit delle censurate disposizioni ai casi dedotti, si risolve in
carente motivazione sulla rilevanza della questione, determinandone,
conseguentemente, la manifesta inammissibilit, risultando peraltro preclusa,
in virt del principio di autosufficienza dell'ordinanza di rimessione,
l'acquisizione di elementi di conoscenza attingendo direttamente al fascicolo
di causa (fra le decisioni pi recenti: ordinanze n. 224, n. 223, n. 217, n.
210 e n. 174 del 2008; n. 251 del 2007, n. 303 e n. 164 del 2006). 5. – Diversamente, nelle ordinanze r.o.
nn. 67 e 100 del 2008, il TAR riferisce espressamente che i provvedimenti
comunali di interruzione della attivit dei centri di telefonia sono stati
adottati in ragione del mancato conseguimento dell'autorizzazione prevista e
disciplinata dalla legge regionale n. 6 del 2006. In particolare, nell'ordinanza r.o. n. 67, il
rimettente non solo espressamente richiama l'ordinanza comunale di cessazione
dell'attivit emessa ai sensi e per gli effetti della l.r. 6/2006, ma
aggiunge che tale provvedimento specifica che l'attivit medesima potr
essere eventualmente ripresa solo dopo aver regolarizzato le violazioni
riscontrate durante il sopralluogo citato in premessa ed ottenuto regolare
autorizzazione ai sensi dell'art. 4 della citata legge regionale n. 6/2006. Quanto alla ordinanza r.o. n. 100 del 2008, il
rimettente riferisce che la chiusura del centro di telefonia gestito dal
ricorrente stata disposta in quanto esercitato in assenza della prescritta
autorizzazione di cui alla legge regionale 3 marzo 1996 (recte: 2006), n. 6. Dal
momento che tutta la disciplina della legge regionale n. 6 del 2006 (e tanto
pi i fondamentali artt. 4 e 9, entrambi impugnati) caratterizzata da
questa speciale e nuova autorizzazione comunale per l'insediamento e la
gestione di centri di telefonia in sede fissa, lo specifico riferimento
operato in queste due ordinanze al nuovo istituto sufficiente a
giustificare la rilevanza delle censure prospettate in relazione all'art. 4,
nonch agli artt. 9 e 12, i quali estendono la nuova disciplina ai centri di
telefonia preesistenti all'entrata in vigore della legge regionale.
Inammissibili sono, invece, le questioni di legittimit costituzionale
sollevate in relazione all'art. 8, non avendo il rimettente specificato se e
quali fossero i requisiti igienico-sanitari accertati in concreto come
mancanti, se, cio, fossero proprio quelli censurati. Tale omessa
specificazione si risolve, ancora una volta, in un difetto di motivazione
sulla rilevanza delle questioni. 6.
– Quanto al merito delle dedotte questioni di legittimit costituzionale,
il rimettente lamenta l'avvenuta configurazione, ad opera del legislatore
lombardo, di un regime autorizzativo ulteriore e duplicativo rispetto al
sistema delineato in sede comunitaria e recepito con il decreto legislativo 1
agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche). Al
fine di appurare la fondatezza delle censure prospettate, appare necessario
soffermare l'attenzione sull'inquadramento della disciplina legislativa
regionale in oggetto nelle materie di cui all'art. 117 Cost.
L'art. 1 della legge regionale n. 6 del 2006 ascrive la disciplina dei
centri in questione alla materia del commercio, come ribadito dal successivo
art. 2, comma 2, lettera a), a mente del quale per centro di telefonia in
sede fissa s'intende qualsiasi struttura ove svolta l'attivit
commerciale in via esclusiva di cessione al pubblico di servizi telefonici.
Inoltre, la successiva lettera b) dello stesso art. 2,
comma 2, considera quale cessione al pubblico di servizi telefonici ogni
attivit commerciale che importi una connessione telefonica o telematica allo
scopo di fornire servizi di telefonia vocale indipendentemente dalle
tecnologie di commutazione utilizzate, da realizzarsi nei locali o sulle
superfici aperti al pubblico e a tale scopo attrezzati, nonch l'attivit di
vendita di schede telefoniche. La difesa regionale, dal canto suo, ribadisce
che il nucleo essenziale dell'intervento legislativo regionale da
identificarsi nelle modalit di esercizio dell'attivit commerciale. Questa
collocazione materiale contestata dall'autorit rimettente che, al
contrario, riconduce i centri di telefonia tra i servizi di comunicazione
elettronica di cui all'art. 2, paragrafo 1, lettera c), della Direttiva
n. 2002/21/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio istitutiva di
un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione
elettronica), ai sensi del quale sono tali i servizi forniti di norma a
pagamento consistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di
segnali su reti di comunicazioni elettroniche, compresi i servizi di
telecomunicazioni e i servizi di trasmissione nelle reti utilizzate per la
diffusione circolare radiotelevisiva, ma ad esclusione dei servizi che
forniscono contenuti trasmessi utilizzando reti e servizi di comunicazione
elettronica o che esercitano un controllo editoriale su tali contenuti.
opportuno premettere che la pluralit degli interessi incisi dalla legge pu
determinare, sul piano del riparto della funzione legislativa tra Stato e
Regioni, una convergenza di titoli competenziali su determinate aree
materiali o su singoli oggetti. In situazioni del genere, questa Corte ha pi
volte chiarito che occorre fare riferimento all'oggetto ed alla disciplina
stabilita delle norme scrutinate, per ci che esse dispongono (sentenze n.
450 e n. 411 del 2006), alla luce della ratio dell'intervento
legislativo nel suo complesso e nei suoi punti fondamentali, tralasciando gli
aspetti marginali e gli effetti riflessi delle norme medesime (sentenze n.
319 e n. 30 del 2005), cos da identificare correttamente e compiutamente
anche l'interesse tutelato (sentenze n. 449 del 2006 e n. 285 del 2005)
(sentenza n. 165 del 2007; analogamente sentenza n. 430 del 2007). Nel
presente giudizio, questa Corte osserva che la legge regionale scrutinata ha
come oggetto assolutamente caratterizzante la determinazione, per una
particolare categoria di esercizi qualificati come commerciali, di speciali
requisiti necessari perch i Comuni possano rilasciare un'apposita
autorizzazione ai nuovi, cos come ai preesistenti, centri di telefonia. In
assenza di questa autorizzazione, o in caso di revoca della medesima,
vietato l'esercizio dell'attivit di cessione al pubblico del servizio di
telefonia in sede fissa. Pacifica conferma di questa lettura della legge si
trova nella prassi amministrativa, ad iniziare dalle circolari esplicative
della legge censurata inviate dalla Regione ai Sindaci dei Comuni della
Lombardia. Ora,
anche prescindendosi dalla integrale sovrapposizione della analitica
disciplina legislativa alla potest regolamentare ed amministrativa propria
dei Comuni (profilo che, pur presentando aspetti problematici, non pu essere
scrutinato in questa sede, in quanto non oggetto di specifica e motivata
doglianza), appare evidente che la legge regionale si riferisce ad una
particolare attivit prevista e disciplinata dal succitato Codice delle
comunicazioni elettroniche come servizio di comunicazione elettronica, il
cui art. 1, comma 1, lettera gg), riproduce testualmente il gi riportato
art. 2, paragrafo 1, lettera c) della suddetta Direttiva comunitaria del
2002. Al
riguardo non fondata la tesi difensiva regionale secondo cui non sarebbe
applicabile la nozione di servizi di comunicazione elettronica in quanto i
centri di telefonia si limitano, svolgendo una funzione di intermediari, a
mettere a disposizione del pubblico personal computer o telefoni e
usufruiscono a loro volta dei servizi di fornitura delle reti emanati dalle
varie aziende. In
realt, tale attivit rientra specificamente nella nozione di servizio di
comunicazione elettronica come definito dal Codice, in quanto, appunto,
consistente nell'erogazione del servizio di trasmissione di segnali su reti
di comunicazione elettronica, ovvero del servizio di telecomunicazione.
Peraltro, la ratio e la lettera di tutto il Codice sono nel senso di
disciplinare l'intero arco delle comunicazioni elettroniche fino ai diritti
di accesso ai mezzi da parte degli utenti. L'art. 25 del predetto Codice, che
contempla – come si vedr meglio successivamente –
un'autorizzazione generale ed il relativo allegato n. 9 sono espliciti nel
riferirsi anche ai fornitori al pubblico di servizi di comunicazione
elettronica. In
tal senso, d'altra parte, risulta orientata la pacifica prassi amministrativa
in atto anche nella Regione Lombardia: i gestori dei centri di telefonia,
infatti, per mezzo del modello di cui al succitato allegato n. 9, denunciano
l'inizio attivit all'ispettorato territoriale del Ministero delle
Comunicazioni, ai sensi e con le modalit di cui all'art. 25, comma 2, del
predetto Codice.
Certamente, nell'attivit posta in essere dai centri di telefonia sono
rinvenibili alcuni degli elementi tipici degli esercizi commerciali, tant'
vero, ad esempio, che l'art. 6 della legge regionale in questione si occupa
proprio degli orari e delle modalit di esercizio di tale attivit (profili
ascrivibili alla materia del commercio: si vedano le sentenze n. 243 del
2005 e n. 76 del 1972). Tuttavia, trattasi di elementi accessori e
strumentali rispetto all'oggetto qualificante l'attivit svolta dai centri di
telefonia in sede fissa, consistente nella erogazione di un servizio di
comunicazione elettronica. Nei
centri di telefonia, invero, lo scambio di un servizio verso la
corresponsione di un prezzo afferisce a beni ed esigenze fondamentali della
persona e, nel contempo, della comunit, coinvolgendo interessi individuali
(correlati alla comunicazione con altre persone) e generali (difesa e
sicurezza dello Stato; protezione civile; salute pubblica; tutela
dell'ambiente; riservatezza e protezione dei dati personali), diversamente da
quanto accade nelle ordinarie attivit commerciali di cui all'art. 4 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa
al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo
1997, n. 59). 7.
– Questa Corte, nella sentenza n. 336 del 2005, ha gi riconosciuto
come il Codice delle comunicazioni elettroniche, al fine di adeguarsi alla
normativa comunitaria, in generale ha inteso perseguire l'obiettivo della
liberalizzazione e semplificazione delle procedure anche al fine di garantire
l'attuazione delle regole della concorrenza.
Nella medesima sentenza si anche affermato che le disposizioni del
suddetto Codice intervengono in molteplici ambiti materiali, diversamente tra
loro caratterizzati in relazione al riparto della competenza legislativa fra
Stato e Regioni: sono, infatti, rinvenibili in questo settore titoli di
competenza esclusiva statale (ordinamento civile, coordinamento
informativo statistico ed informatico dei dati dell'amministrazione statale,
regionale e locale, tutela della concorrenza), e titoli di competenza
legislativa ripartita (tutela della salute, ordinamento della
comunicazione, governo del territorio). Vengono, infine, in rilievo anche
materie di competenza legislativa residuale delle Regioni, quali, in
particolare, l'industria ed il commercio (alle quali la pronuncia del
2005 non dava particolare rilievo, in quanto estranee agli ambiti allora
presi in considerazione). Non
invece pertinente, in questa sede, l'evocazione dell'art. 117, secondo
comma, lettera m), della Costituzione, in quanto la disciplina regionale dei
centri di telefonia non incide sulla determinazione degli standard strutturali e
qualitativi di prestazioni che, concernendo il soddisfacimento di diritti
civili e sociali, devono essere garantiti, con carattere di generalit, a
tutti gli aventi diritto (sentenza n. 168 del 2008; si vedano altres le
sentenze n. 50 del 2008; n. 387 del 2007 e n. 248 del 2006). Nel
presente giudizio, per le ragioni illustrate sopra, viene in rilievo la
disciplina dettata dal Codice delle comunicazioni elettroniche, e in
particolare, dall'art. 3, il quale espressamente fissa i principi generali
del settore delle comunicazioni elettroniche. In
questa sede, di particolare rilievo appaiono le disposizioni del comma 1, che
garantisce i diritti inderogabili di libert delle persone nell'uso dei
mezzi di comunicazione elettronica, nonch il diritto di iniziativa economica
ed il suo esercizio in regime di concorrenza, nel settore delle comunicazioni
elettroniche, nonch del comma 2, secondo cui la fornitura di reti e
servizi di comunicazione elettronica, che di preminente interesse generale,
libera. evidente che disposizioni del genere sono espressione della
competenza esclusiva dello Stato in tema di tutela della concorrenza e di
ordinamento civile, prima ancora di costituire principi fondamentali in
tema di ordinamento della comunicazione. Ci
non toglie che lo stesso Codice, al comma 3 del medesimo art. 3, preveda
anche la possibilit di porre limitazioni derivanti da esigenze della difesa
e della sicurezza dello Stato, della protezione civile, della salute pubblica
e della tutela dell'ambiente e della riservatezza e protezione dei dati
personali. Limitazioni, tuttavia, che devono essere poste da specifiche
disposizioni di legge o da disposizioni regolamentari di attuazione. Dal
canto suo, il successivo art. 4 pone fra gli obiettivi generali della
disciplina di reti e servizi di comunicazione elettronica la garanzia di un
accesso al mercato delle reti e servizi di comunicazione elettronica secondo
criteri di obiettivit, trasparenza, non discriminazione e proporzionalit,
nonch la promozione della semplificazione dei procedimenti amministrativi e
la partecipazione ad essi dei soggetti interessati, attraverso l'adozione di
procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti nei confronti delle
imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica. 8.
– I principi generali del Codice trovano concretizzazione nella
previsione di una autorizzazione generale che l'art. 25 del Codice richiede
per lo svolgimento dell'attivit di fornitura di servizi di comunicazione
elettronica. Tale autorizzazione consegue alla presentazione al Ministero
per le comunicazioni da parte degli interessati di una apposita dichiarazione
contenente l'intenzione di iniziare la fornitura di reti o servizi di
comunicazione elettronica, unitamente alle informazioni strettamente
necessarie per consentire al Ministero di tenere un elenco aggiornato dei
fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica ed integrata da
quanto appositamente richiesto dall'allegato n. 9 del Codice.
Coerente rispetto al principio di libert nell'attivit di fornitura
ed all'obiettivo della massima semplificazione dei procedimenti la
circostanza che la dichiarazione costituisca denuncia di inizio attivit, di
modo che l'impresa abilitata ad iniziare la propria attivit a decorrere
dall'avvenuta presentazione della dichiarazione; il Ministero pu solo
disporre, entro il termine di sessanta giorni, se del caso, con
provvedimento motivato da notificare agli interessati entro il medesimo
termine, il divieto di prosecuzione dell'attivit laddove verifichi
d'ufficio la mancanza dei requisiti richiesti (art. 25, comma 4).
Rispetto a questo quadro normativo istituito dallo Stato membro (si
tratta della definizione di autorizzazione generale secondo l'art. 2, comma
2, lettera a, della Direttiva 7 marzo 2002, n.2002/20/CE), si pone in
palese contrasto la censurata legge regionale. Essa, infatti, in nome della
propria competenza legislativa in materia di commercio, pretende di
disciplinare organicamente l'insediamento e la gestione di centri di
telefonia in sede fissa, prevedendo, all'art. 4, la necessit di uno
speciale provvedimento autorizzatorio, diverso ed ulteriore rispetto a quello
previsto dall'art. 25 del Codice che il Comune chiamato a concedere o
negare entro novanta giorni dalla presentazione della domanda, e al cui
rilascio subordinato l'esercizio dell'attivit.
Inoltre, il conseguimento del provvedimento autorizzatorio
subordinato dal citato art. 4 alla sussistenza di requisiti alquanto eterogenei (morali per i titolari ed
i gestori – art. 3; di disponibilit dei locali – art. 4; di
caratteristiche igienico-sanitarie, di presenza di sufficienti misure di
sicurezza dei luoghi di lavoro e di prevenzione degli incendi– art. 8;
di natura urbanistica – art. 7; ecc.), i quali si sovrappongono,
largamente ed in diversi ambiti, ai requisiti previsti dal Codice e dalle leggi
a cui questo rinvia e, soprattutto, contraddicono palesemente l'unicit del
procedimento autorizzativo e le collegate esigenze di semplificazione e
tempestivit dei procedimenti. Non
vi dubbio che il comma 1 dell'art. 25 del Codice (riproducendo quanto in generale
determinato dal comma 3 dell'art. 3 del medesimo testo) prevede che la
libert nella fornitura di servizi di comunicazione elettronica possa essere
limitata anche da specifiche disposizioni che siano giustificate da
esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato e della sanit pubblica,
compatibilmente con le esigenze della tutela dell'ambiente e della protezione
civile. Tuttavia, queste disposizioni possono solo integrare la procedura
autorizzativa prevista dall'art. 25 (d'altra parte, lo stesso allegato 9 al
Codice prevede che il dichiarante, al momento della richiesta di
autorizzazione, debba garantire anche il rispetto delle condizioni che
possono essere imposte alle imprese in virt di altre normative non di
settore) o temporaneamente ad essa sommarsi in casi di emergenza (si veda il
primo comma dell'art. 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, recante
Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, convertito,
con modificazioni, nella legge 31 luglio 2005, n. 155, che fino al 31
dicembre 2008 prevede la necessit anche di una licenza del Questore).
Confligge, dunque, con le scelte operate dal legislatore statale in
tema di liberalizzazione dei servizi di comunicazione elettronica e di
semplificazione procedimentale la introduzione, ad opera del legislatore
regionale, di un vero e proprio autonomo procedimento autorizzatorio per lo
svolgimento dell'attivit dei centri di telefonia; ferma restando la
possibilit per i Comuni, tramite la loro potest regolamentare, e le
Regioni, tramite la loro potest legislativa, di disciplinare specifici
profili incidenti anche su questo settore. Deve
pertanto essere dichiarata l'illegittimit costituzionale, per violazione dei
criteri di riparto delle competenze di cui all'art. 117 della
Costituzione, degli artt. 1, 4, 9, comma 1, lettera c), e comma 2, e 12,
della legge regionale n. 6 del 2006. 9.
– Pur restando escluse dall'oggetto del giudizio le altre norme della
legge della Regione Lombardia, non validamente impugnate, questa Corte rileva
che la riscontrata illegittimit costituzionale degli artt. 1, 4, 9, comma 1,
lettera c), e comma 2, e 12, non pu che estendersi all'intera legge
regionale n. 6 del 2006. Invero,
l'assetto normativo concepito dal legislatore lombardo s'irradia dalle
suddette disposizioni che configurano l'autorizzazione ivi prevista quale
nucleo essenziale del prescelto regime amministrativo. Tutti gli altri
articoli della legge regionale censurata risultano avvinti da un
inscindibile rapporto strumentale alle disposizioni dichiarate
incostituzionali. E, pertanto, il vizio d'incostituzionalit si proietta
sull'intera disciplina dei centri di telefonia, determinandone la complessiva
caducazione ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 10.
– Le residue censure, riferite agli altri parametri evocati, restano
assorbite. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE
COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi; a) dichiara
la
illegittimit costituzionale degli artt. 1, 4, 9, comma 1, lettera c), e
comma 2, e 12, della legge della Regione Lombardia 3 marzo 2006, n. 6 (Norme
per l'insediamento e la gestione di centri di telefonia in sede fissa); b) dichiara, ai sensi
dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimit
costituzionale delle restanti disposizioni della legge della Regione
Lombardia n. 6 del 2006; c)
dichiara
la manifesta inammissibilit delle questioni di legittimit costituzionale
sollevate, in riferimento agli articoli 3, 15, 41 e 117 della Costituzione,
con
le ordinanze r.o. nn. 67 e 100 del 2008 dal Tribunale amministrativo
regionale della Lombardia nei confronti dell'art. 8, comma 1, lettere e), f),
h) ed i), e comma 2, della legge della Regione Lombardia n. 6 del 2006; d)
dichiara
la manifesta inammissibilit delle questioni di legittimit costituzionale
sollevate dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia con le
ordinanze r.o. nn. 2, 15, 65, 66, 101, 102, 103 e 127 del 2008. Cos deciso in
Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22
ottobre 2008. F.to: Giovanni
Maria FLICK, Presidente Ugo DE
SIERVO, Redattore Maria
Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere Depositata
in Cancelleria il 24 ottobre 2008. Il
Cancelliere F.to:
FRUSCELLA |