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Tar Lombardia, Sez. di Brescia, Ordinanza n. 296 del 12 aprile 2008, Pres.
Conti, Rel. Gambato Spisani. D.D. – Questura di Brescia, Ministero
dellinterno.
Massima e/o
decisione:
Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale
1435 del 2007, proposto da D. D., rappresentato e difeso dall'avv. Francesca
Pontoglio, con domicilio eletto presso Francesca Pontoglio in Brescia, via D.
Mille, 45/A;
Contro Questura di Brescia, Ministero dell'interno, rappresentati e difesi
dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Brescia, via S. Caterina, 6;
per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento 10 luglio 2007 CAT.A12/Imm.ne/2007/2 sezione, con il quale
il questore di Brescia ha denegato al ricorrente il rinnovo del permesso di
soggiorno;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Questura di Brescia;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno;
Relatore nella Camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2008 il dott.
Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
Fatto
In data 7 dicembre 2006, il ricorrente - cittadino extracomunitario senegalese
- inoltrava al Questore della Provincia di Brescia istanza per il rinnovo del
proprio permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro autonomo;
riceveva con il provvedimento meglio indicato in epigrafe un diniego, motivato
con riguardo all'aver subito una condanna, pronunciata con decreto penale del
G.i.p. T. Brescia 1504/06 esecutivo il 3 novembre 2006, per il reato previsto e
punito dall'art. 171 della legge n. 633/1941, ossia per una violazione del diritto
di autore, condanna ritenuta automaticamente ostativa al richiesto rinnovo ai
sensi dell'art. 26, comma 7-bis del d.lgs. n. 286/1998, nel testo introdotto
dalla legge 30 luglio 2002, n. 189; avverso tale provvedimento, proponeva
ricorso a questo tribunale, deducendo fra l'altro un motivo volto, nella
sostanza, a censurare la normativa posta a base del diniego sotto i profili di
illegittimit costituzionale meglio indicati in prosieguo, chiedendo a questo
giudice di sollevare la relativa questione. Di conseguenza, questo giudice,
ritenendo la questione stessa rilevante e non manifestamente infondata, nei
termini di cui appresso, con ordinanza 25 gennaio 2008, n. 93, accoglieva la
domanda cautelare sospendendo il provvedimento impugnato sino all'esito del giudizio
di costituzionalit.
Diritto
Il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la dedotta
questione di legittimit costituzionale dell'art. 26, comma 7-bis del d.lgs. n.
286/1998 nel testo introdotto dall'art. 21 della legge 30 luglio 2002, n. 189,
nella parte in cui prevede che la condanna con provvedimento irrevocabile per
alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del titolo III, capo III, sezione
II della legge 22 aprile 1941, n. 633 e successive modificazioni, relativi alla
tutela del diritto di autore, e degli articoli 473 e 474 del codice penale
comporti la revoca del permesso di soggiorno - e quindi, per implicito, ma
inequivocabilmente, il diniego del suo rinnovo alla scadenza, come avvenuto nel
caso di specie, per la condanna riportata di cui in narrativa.
A) Quanto alla rilevanza della questione.
1) Ritiene il Collegio che - cos come richiesto dall'art. 25 della legge 11
marzo 1953, n. 87 - della norma denunciata debba allo stato degli atti
ragionevolmente farsi applicazione nel presente giudizio a quo. Infatti,
l'impugnato provvedimento di diniego si fonda in via esclusiva sulla norma
stessa, per cui delle due l'una.
2) Se la norma venisse dichiarata incostituzionale, il ricorso dovrebbe
senz'altro essere accolto, e ne conseguirebbe l'annullamento dell'atto
impugnato con obbligo dell'amministrazione di riesaminare la fattispecie alla
luce delle residue norme che disciplinano il soggiorno dello straniero in
Italia.
3) Se invece la norma venisse ritenuta conforme a Costituzione, il ricorso
dovrebbe essere senz'altro respinto, perch come si detto esso configura un
automatismo fra la riportata condanna e la privazione del titolo di soggiorno,
atto che quindi si configura in tal caso come dovuto e non soggetto a
discrezionalit alcuna.
B) Quanto alla non manifesta infondatezza della questione.
1) Il Collegio deve premettere che la qualificazione giuridica della
conseguenza sfavorevole disposta dalla norma denunciata a carico dello
straniero condannato non unanime, potendo trattarsi o di una pena accessoria,
come ritenuto dalla giurisprudenza prevalente, ovvero di una misura di
sicurezza, ovvero di una generica sanzione amministrativa accessoria. Sembra
peraltro al Collegio che due caratteristiche della fattispecie prescindano dalla
sua qualificazione e siano determinanti per ritenerne l'incostituzionalit.
2) In primo luogo, appare evidente che revocare il permesso di soggiorno o - il
che lo stesso - negarne il rinnovo a chi si trovi nella situazione descritta
dalla norma significhi limitarne la libert personale, garantita dall'art. 13
della Costituzione come libert fisica di movimento in linea di principio anche
ai non cittadini. E' infatti evidente che lo straniero in tal modo privato
del titolo che gli consente di trattenersi in modo lecito sul territorio
nazionale, e deve quindi fisicamente allontanarsene. In tali termini allora,
come ritenuto da costante giurisprudenza di codesta Corte, di fronte
all'incisione di beni di tal pregio, il controllo di costituzionalit delle norme
di legge contestate deve avvenire in modo da garantire che il sacrificio della
libert sia giustificato dall'effettiva realizzazione di altri valori
costituzionali o non vada incontro a ostacoli insormontabili costituiti dalla
protezione di altri valori costituzionali (cos espressamente la sentenza 24
febbraio 1995, n. 58, che cita come precedenti le sentenze nn. 63 del 1994, 81
del 1993, 368 del 1992, 366 del 1991).
3) In secondo luogo, la norma cos come configurata integra senza dubbio una
fattispecie di presunzione di pericolosit in senso ampio, ovvero secondo la
giurisprudenza di codesta Corte null'altro che l'obbligatoria ed automatica
applicazione della misura in tali ipotesi, indipendentemente da qualsiasi altra
considerazione e da eventuali ulteriori accertamenti (cos espressamente Corte
cost. 27 luglio 1982, n. 139).
4) Ci premesso, si osserva allora come per insegnamento di codesta Corte le
fattispecie di pericolosit presunta siano contrastanti anzitutto con l'art. 3
della Costituzione, in quanto impongono identico trattamento di fattispecie che
ben possono differire da caso a caso. Ci stato affermato in primo luogo
nelle sentenze relative alle misure di sicurezza personali, 27 luglio 1982, n.
139 e 28 luglio 1983, n. 249 per tutte, rispetto alle quali il raffronto si
ritiene omogeneo per quanto gi osservato, data la loro natura di limitazione
alla libert personale comune a quella della fattispecie in esame.
5) Ci stato affermato anche con riferimento alla destituzione di diritto
prevista dall'art. 85 del T.U. impiegati civili dello Stato, rispetto alla
quale, nella sentenza 14 ottobre 1988, n. 971, codesta Corte ebbe anzi modo di
osservare come l'ordinamento appaia vieppi orientato, oggi, verso la
esclusione di sanzioni rigide, avulse da un confacente rapporto di adeguatezza
col caso concreto ed ha osservato esser ci largamente tendenziale - in
adempimento del principio di eguaglianza e come, ove la conseguenza
sfavorevole sia applicata nell'esercizio dell'azione amministrativa sia leso
anche il canone del suo buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione.
Sulla stessa linea si colloca da ultimo la recentissima sentenza 27 febbraio
2008, n. 32, la quale, come pure noto, ha dichiarato illegittime per
contrasto con l'art. 3 Cost. le norme della legge fallimentare che comminavano
a carico del fallito, per il solo fatto di esser stato dichiarato tale, una
serie di incapacit personali, ritenendosi che in proposito l'automatismo
comporti identico trattamento di situazioni che sono, o possono essere,
diverse, e quindi vanno valutate caso per caso.
6) Nella specifica materia dei cittadini stranieri, identici principi sono
affermati dalla sentenza 24 febbraio 1995, n. 58 gi citata, e ad avviso del
Collegio non privo di significato come codesta stessa Corte, nella recente ordinanza
27 aprile 2007, n. 143, abbia ritenuto di condividere, come diritto vivente,
l'interpretazione del d.lgs. n. 286/1998 che esclude automatismi fra la
commissione di determinati fatti reato e il diniego di rinnovo del permesso di
soggiorno, richiedendo un apprezzamento della pericolosit del soggetto
compiuto caso per caso. Lo stesso principio poi stato accolto anche dal
legislatore nazionale, in recepimento di una direttiva europea, per gli stranieri
c.d. lungosoggiornanti, con l'art. 1 del d.lgs. 8 gennaio 2007, n. 3, che ha
modificato l'art. 9 del d.lgs. n. 286/1998. La nuova norma, al comma 4, prevede
espressamente che per rilasciare o denegare il permesso di soggiorno a tali
soggetti si debba svolgere un esame concreto della loro pericolosit, ove
eventuali reati commessi sono elementi da valutare, ma non comportano
automatismi. Si tratta, ad avviso del Collegio, di una ulteriore affermazione
del principio posto dalla ricordata sentenza 14 ottobre 1988, n. 971.
7) Occorre poi aggiungere, per completezza, che alla revoca o al diniego del
permesso corrisponde la necessit che lo straniero lasci il territorio
nazionale, senza riguardo alcuno per le relazioni di affetto, famiglia o lavoro
che vi possa avere costituito, con lesione sia dei diritti fondamentali
tutelati dall'art. 2 della Costituzione, sia del principio della valenza
rieducativa della pena di cui al successivo art. 27, nel caso in cui la misura
si ritenesse pena accessoria. Nella pi volte ricordata sentenza 24 febbraio
1995, n. 58, codesta Corte ha infatti statuito che tali automatismi
frappongono ingiustificati ostacoli, non soltanto alla libert personale, ma
anche alle possibilit di sviluppo della personalit del condannato in vista dell'eventuale
superamento della sua condizione come soggetto socialmente pericoloso.
8) Va infine rilevato che la norma in esame all'evidenza ispirata
dall'intento di tutelare quel particolare elemento del patrimonio costituito
dal diritto di autore, essendo nata, per fatto notorio, come misura di
contrasto al fenomeno dei venditori non autorizzati di oggetti contraffatti,
nella specie supporti video ed audio riproducenti opere dell'ingegno
abusivamente duplicate.
Peraltro, data la levit della pena principale prevista dall'art. 171 in esame,
tale condotta appare, se commessa da un cittadino, connotata da un disvalore
non particolarmente intenso. Ove per il colpevole sia straniero, a tale pena
come detto si aggiunge la conseguenza radicalmente desocializzante della
perdita del permesso di soggiorno, in ci il Collegio ravvisa ulteriore
violazione dell'art. 3, nonch dell'art. 41, in quanto la Costituzione tutela
s l'iniziativa economica di cui il diritto di autore prodotto, ma con il
limite del rispetto della dignit e sicurezza umane, che nella specie appaiono
menomate.
P.Q.M.
Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non
manifestamente infondata, in relazione agli artt. 2, 3, 27, 41 e 97 della
Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 26, comma
7-bis del d.lgs. n. 286/1998 nel testo introdotto dall'art. 21 della legge 30
luglio 2002, n. 189, ai sensi di cui in motivazione.
Ordina la sospensione del presente giudizio e la rimessione degli atti alla Corte
costituzionale, nonch la notifica della presente ordinanza alle parti in causa
ed al Presidente del Consiglio dei ministri e la comunicazione della medesima
ai Presidenti dei due rami del Parlamento.
Cos deciso in Brescia, nella Camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2008.