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ORDINANZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

19 dicembre 2008 (*)

«Art. 104, n. 3, del regolamento di procedura – Direttiva 2004/38/CE –Artt. 18 CE e 39 CE – Diritto al rispetto della vita familiare – Diritto di soggiorno di un cittadino di un paese terzo che è entrato nel territorio di uno Stato membro chiedendo asilo e che ha successivamente preso in moglie una cittadina di un altro Stato membro»

Nel procedimento C‑551/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Verwaltungsgerichtshof (Austria) con decisione 22 novembre 2007, pervenuta in cancelleria l’11 dicembre 2007, nella causa

Deniz Sahin

contro

Bundesminister für Inneres,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta dal sig. A. Ó Caoimh, presidente di sezione, dai sigg. J. N. Cunha Rodrigues (relatore) e J. Klučka, giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig. R. Grass

intendendo statuire con ordinanza motivata in conformità dell’art. 104, n. 3, primo comma, del suo regolamento di procedura,

sentito l’avvocato generale,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77, nonché – rettifiche – GU 2004, L 229, pag. 35; GU 2005, L 197, pag. 34, e GU 2007, L 204, pag. 28; in prosieguo: la «direttiva»), degli artt. 18 CE e 39 CE nonché del diritto fondamentale al rispetto della vita familiare.

2        Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra il sig. Sahin, cittadino turco, e il Bundesminister für Inneres (Ministro federale degli Interni; in prosieguo: il «Bundesminister») per omesso rilascio di una carta di soggiorno permanente.

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

3        L’art. 1 della direttiva enuncia quanto segue:

«La presente direttiva determina:

a)      le modalità d’esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati membri da parte dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari;

b)      il diritto di soggiorno permanente nel territorio degli Stati membri dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari;

c)      le limitazioni dei suddetti diritti per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica».

4        L’art. 2 precisa che, ai fini della direttiva,

«(...) si intende per:

1)      “cittadino dell’Unione”: qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro;

2)      “familiare”:

a)      il coniuge;

b)      il partner che abbia contratto con il cittadino dell’Unione un’unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l’unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante;

c)      i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b);

d)      gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b);

3)      “Stato membro ospitante”: lo Stato membro nel quale il cittadino dell’Unione si reca al fine di esercitare il diritto di libera circolazione o di soggiorno».

5        Il successivo art. 3 dispone:

«1.      La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2 che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo.

2.      Senza pregiudizio del diritto personale di libera circolazione e di soggiorno dell’interessato lo Stato membro ospitante, conformemente alla sua legislazione nazionale, agevola l’ingresso e il soggiorno delle seguenti persone:

a)      ogni altro familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, non definito all’articolo 2, punto 2, se è a carico o convive, nel paese di provenienza, con il cittadino dell’Unione titolare del diritto di soggiorno a titolo principale o se gravi motivi di salute impongono che il cittadino dell’Unione lo assista personalmente;

b)      il partner con cui il cittadino dell’Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata.

Lo Stato membro ospitante effettua un esame approfondito della situazione personale e giustifica l’eventuale rifiuto del loro ingresso o soggiorno».

6        L’art. 6 della direttiva recita così:

«1.      I cittadini dell’Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio di un altro Stato membro per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o formalità, salvo il possesso di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità.

2.      Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano anche ai familiari in possesso di un passaporto in corso di validità non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che accompagnino o raggiungano il cittadino dell’Unione».

7        Ai sensi dell’art. 7, nn. 1 e 2, della direttiva:

«1.      Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:

a)      di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; o

b)      di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante; o

c)      –       di essere iscritto presso un istituto pubblico o privato, riconosciuto o finanziato dallo Stato membro ospitante in base alla sua legislazione o prassi amministrativa, per seguirvi a titolo principale un corso di studi inclusa una formazione professionale;

         –       di disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di assicurare all’autorità nazionale competente, con una dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta equivalente, di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il suo periodo di soggiorno; o

d)      di essere un familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione rispondente alle condizioni di cui alle lettere a), b) o c).

2.      Il diritto di soggiorno di cui al paragrafo 1 è esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnino o raggiungano nello Stato membro ospitante il cittadino dell’Unione, purché questi risponda alla condizioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c)».

8        L’art. 9 della direttiva è formulato nei seguenti termini:

«1.      Quando la durata del soggiorno previsto è superiore a tre mesi, gli Stati membri rilasciano una carta di soggiorno ai familiari del cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro.

2.      Il termine entro il quale deve essere presentata la domanda per il rilascio della carta di soggiorno non può essere inferiore a tre mesi dall’arrivo.

3.      L’inadempimento dell’obbligo di richiedere la carta di soggiorno rende l’interessato passibile di sanzioni proporzionate e non discriminatorie».

9        L’art. 10 della direttiva così prevede:

«1.      Il diritto di soggiorno dei familiari del cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro è comprovato dal rilascio di un documento denominato “carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione”, che deve avvenire non oltre i sei mesi successivi alla presentazione della domanda. Una ricevuta della domanda di una carta di soggiorno è rilasciata immediatamente.

2.      Ai fini del rilascio della carta di soggiorno, gli Stati membri possono prescrivere la presentazione dei seguenti documenti:

a)      un passaporto in corso di validità;

b)      un documento che attesti la qualità di familiare o l’esistenza di un’unione registrata;

c)      l’attestato d’iscrizione o, in mancanza di un sistema di iscrizione, qualsiasi prova del soggiorno nello Stato membro ospitante del cittadino dell’Unione che gli interessati accompagnano o raggiungono;

d)      nei casi di cui all’articolo 2, punto 2, lettere c) e d), la prova documentale che le condizioni di cui a tale disposizione sono soddisfatti;

(…)».

10      L’art. 27 della direttiva dispone, ai nn. 1 e 2, quanto segue:

«1.      Fatte salve le disposizioni del presente capo, gli Stati membri possono limitare la libertà di circolazione di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Tali motivi non possono essere invocati per fini economici.

2.      I provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza rispettano il principio di proporzionalità e sono adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale della persona nei riguardi della quale essi sono applicati. La sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’adozione di tali provvedimenti.

Il comportamento personale deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società. Giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non sono prese in considerazione».

11      L’art. 35 della direttiva precisa:

«Gli Stati membri possono adottare le misure necessarie per rifiutare, estinguere o revocare un diritto conferito dalla presente direttiva, in caso di abuso di diritto o frode, quale ad esempio un matrimonio fittizio. Qualsiasi misura di questo tipo è proporzionata ed è soggetta alle garanzie procedurali previste agli articoli 30 e 31».

 La normativa nazionale

12      L’art. 1, n. 2, della legge in materia di stabilimento e di soggiorno (Niederlassungs- und Aufenthaltsgesetz, BGBl. I, n. 100/2005; in prosieguo: il «NAG»), nella versione applicabile alla causa principale, così dispone:

«La presente legge federale non si applica agli stranieri che:

1.      sono legittimati al soggiorno ai sensi della legge sull’asilo del 2005 [Asylgesetz 2005], BGBl. I, n. 100, o delle precedenti disposizioni in materia di asilo, salva diversa previsione dello stesso [NAG].

(...)».

13      L’art. 51 del NAG prevede quanto segue:

«I cittadini del SEE che esercitano il proprio diritto di libera circolazione e soggiornano per più di tre mesi nel territorio federale sono legittimati a stabilirsi qualora:

1.      esercitino in Austria un’attività di lavoro subordinato o autonomo;

2.      dispongano, per se stessi e per i propri familiari, di un’assicurazione malattia sufficiente e dimostrino di avere risorse economiche adeguate per provvedere al proprio mantenimento, in modo da non gravare sul sistema previdenziale austriaco fintantoché saranno stabiliti nel territorio federale; o

3.      seguano un corso di studi presso scuole o istituti di formazione pubblici o privati legalmente riconosciuti e soddisfino i requisiti di cui al punto 2».

14      L’art. 52 del NAG enuncia:

«I familiari di cittadini del SEE legittimati alla libera circolazione (art. 51), i quali siano a loro volta cittadini del SEE, hanno diritto di stabilirsi [in Austria] qualora:

1.      rivestano la qualità di coniuge del cittadino del SEE legittimato alla  libera circolazione;

(...)

e accompagnino quest’ultimo ovvero si ricongiungano ad esso».

15      In applicazione dell’art. 54, n. 1, del NAG:

«I familiari di cittadini del SEE legittimati alla libera circolazione (art. 51), i quali non siano a loro volta cittadini del SEE e soddisfino le condizioni di cui all’art. 52, punti 1-3, hanno diritto di stabilirsi [in Austria]. Ad essi va rilasciata, su domanda, una carta di soggiorno permanente per la durata di dieci anni. La relativa domanda va presentata entro e non oltre tre mesi dal loro stabilimento».

16      Ai termini dell’art. 19 della legge sull’asilo del 1997 (Asylgesetz 1997, BGBl. I, n. 76):

(1)      I richiedenti asilo che si trovino nel territorio austriaco (...) sono legittimati a soggiornare ivi provvisoriamente, a meno che la loro domanda non debba essere respinta per intervenuta decisione definitiva sul punto (...).

(…).

(3)      La certificazione del diritto di soggiorno provvisorio è rilasciata d’ufficio ai richiedenti asilo che abbiano titolo a tale soggiorno (...).

(…)».

 Causa principale e questioni pregiudiziali

17      Risulta dalla decisione di rinvio che il sig. Sahin ha fatto ingresso in Austria il 15 giugno 2003 e vi ha presentato domanda di asilo il 3 ottobre successivo. Su tale domanda non è stata ancora pronunciata una decisione definitiva, sicché l’interessato gode tuttora di un diritto di soggiorno provvisorio ai sensi della legge sull’asilo del 1997.

18      Il 22 aprile 2006 il sig. Sahin ha sposato una cittadina tedesca. Sempre dalla decisione di rinvio risulta che i due convivono almeno dal 10 ottobre 2003 e che insieme a loro vive anche, dal giorno della nascita, avvenuta il 19 luglio 2005, il figlio comune.

19      Facendo riferimento al matrimonio contratto, il sig. Sahin in data 29 maggio 2006 ha chiesto il rilascio di una carta di soggiorno permanente ai sensi dell’art. 54 del NAG. Il Landeshauptmann von Niederösterreich [presidente della Provincia dell’Austria Inferiore; in prosieguo: il «Landeshauptmann»] ha respinto tale domanda sul fondamento dell’art. 1, n. 2, punto 1, del NAG.

20      Con decisione 14 marzo 2007 il Bundesminister ha respinto il ricorso interposto dal sig. Sahin contro la decisione del Landeshauptmann. Secondo il Bundesminister, il NAG – dunque anche il suo art. 54 – non sarebbe applicabile nei confronti dell’interessato, che beneficerebbe di un diritto di soggiorno provvisorio sulla base delle norme in materia di asilo. Inoltre, la moglie tedesca del sig. Sahin, la quale, per sua stessa ammissione, «vive in Austria da 3 anni» svolgendovi attività lavorativa, avrebbe esercitato il suo diritto di libera circolazione in un momento in cui il sig. Sahin già soggiornava in Austria, motivo per cui non risulterebbe rispettato il requisito – prescritto dall’art. 52, ultima frase, del NAG – dell’accompagnamento ovvero del ricongiungimento del familiare al cittadino esercente il proprio diritto alla libera circolazione. Al riguardo il Bundesminister ha fatto rinvio anche all’art. 7, n. 2, della direttiva.

21      Il sig. Sahin ha impugnato la decisione del Bundesminister davanti al Verwaltungsgerichtshof (Corte suprema amministrativa austriaca), che ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      a)     Se gli artt. 3, n. 1, 6, n. 2, e 7, nn. 1, lett. d), e 2, della [direttiva] debbano essere interpretati nel senso che comprendono anche i familiari, quali definiti all’art. 2, punto 2, della direttiva, che siano giunti nello Stato membro ospitante (art. 2, punto 3, della direttiva) indipendentemente dal cittadino dell’Unione ed abbiano acquisito la qualità di suoi familiari ovvero abbiano intrapreso con tale cittadino una comunione di vita soltanto dopo il loro ingresso in detto Stato.

b)      In caso di risposta positiva, se assuma rilievo a titolo integrativo il fatto che un tale familiare si trovi in una situazione di soggiorno regolare nello Stato membro ospitante al momento dell’acquisizione della qualità di familiare ovvero della costituzione della comunione di vita. In caso di soluzione affermativa, se sia sufficiente ai fini del soggiorno regolare che detto familiare sia legittimato a soggiornare in virtù unicamente del suo status di richiedente asilo.

c)      Per il caso in cui dalla soluzione dei quesiti alle lett. a) e b) risultasse che la direttiva non conferisce alcun diritto di soggiorno ad un familiare legittimato al soggiorno “semplicemente” per aver presentato una domanda di asilo, il quale sia giunto nello Stato membro ospitante in modo indipendente dal cittadino dell’Unione e abbia acquisito la qualità di suo familiare ovvero abbia intrapreso con tale cittadino una comunione di vita soltanto dopo il suo ingresso in detto Stato,: se sia nondimeno possibile desumere dagli artt. 18 CE e/o 39 CE, letti alla luce del diritto fondamentale al rispetto della vita familiare, un diritto di soggiorno in capo ad un familiare che soggiorni da poco meno di quattro anni nello Stato membro ospitante e risulti ivi sposato da un anno con persona che possiede la cittadinanza dell’Unione, con la quale convive da circa tre anni e mezzo ed ha concepito un figlio ora di venti mesi.

2)      Se gli artt. 9, n. 1, e 10, n. 1, della direttiva ostino ad una normativa nazionale ai sensi della quale i familiari di un cittadino dell’Unione che non siano cittadini di uno Stato membro e godano di un diritto di soggiorno in applicazione del diritto comunitario, segnatamente dell’art. 7, n. 2, della detta direttiva, non possono ricevere una carta di soggiorno (“carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione”) per il solo fatto di essere legittimati a soggiornare (provvisoriamente) nello Stato membro ospitante in base alla sua legislazione in materia di asilo».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazioni preliminari

22      Conformemente all’art. 104, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura, qualora la soluzione di una questione pregiudiziale sia identica ad una questione sulla quale la Corte ha già statuito, o qualora la soluzione di tale questione possa essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza, la Corte, dopo aver sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata contenente riferimento alla precedente sentenza o alla giurisprudenza pertinente.

23      La Corte ritiene che tale ipotesi ricorra nella causa principale.

 Sulla prima questione, lett. a) e b)

24      Con la prima questione, lett. a) e b), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli artt. 3, n. 1, 6, n. 2, e 7, nn. 1, lett. d), e 2, della direttiva debbano essere interpretati nel senso che riguardano anche i familiari che siano arrivati nello Stato membro ospitante indipendentemente dal cittadino dell’Unione e abbiano acquisito la qualità di suo familiare ovvero abbiano intrapreso con tale cittadino una comunione di vita soltanto dopo il loro ingresso in detto Stato. Il giudice del rinvio vorrebbe altresì sapere se rilevi il fatto che un tale familiare si trovi in una situazione di soggiorno regolare nello Stato membro ospitante al momento dell’acquisizione della qualità di familiare ovvero della costituzione della comunione di vita e, in caso affermativo, se sia sufficiente ai fini del soggiorno regolare che il suo titolo di soggiorno derivi unicamente dallo status di richiedente asilo.

25      Ai sensi del suo art. 3, n. 1, la direttiva trova applicazione a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari, quali definiti all’art. 2, punto 2, della medesima direttiva, che lo accompagnino o lo raggiungano.

26      Anche gli artt. 6 e 7 della direttiva, relativi rispettivamente al diritto di soggiorno sino a tre mesi e per un periodo superiore a tre mesi, richiedono che i familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro «accompagnino» o «raggiungano» quest’ultimo nello Stato membro ospitante per poter beneficiare di un diritto di soggiorno.

27      Nella causa all’origine della sentenza 25 luglio 2008, causa C‑127/08, Metock e a. (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 87 e 88), la Corte ha affermato che nessuna di queste disposizioni richiede che il cittadino dell’Unione abbia già costituito una famiglia nel momento in cui si trasferisce nello Stato membro ospitante affinché i suoi familiari, cittadini di paesi terzi, possano godere dei diritti istituiti dalla direttiva e che, prevedendo che i familiari del cittadino dell’Unione possano raggiungere quest’ultimo nello Stato membro ospitante, il legislatore comunitario ha ammesso, al contrario, la possibilità che il cittadino dell’Unione costituisca una famiglia solo dopo aver esercitato il suo diritto di libera circolazione.

28      Al punto 93 di detta sentenza, la Corte ha aggiunto che occorre interpretare i termini «familiari (…) che accompagnino (…) il cittadino [dell’Unione]», contenuti nell’art. 3, n. 1, della direttiva, riferendoli tanto ai familiari di un cittadino dell’Unione che abbiano fatto ingresso insieme a quest’ultimo nello Stato membro ospitante quanto a quelli che soggiornino con lui in questo Stato membro, senza che rilevi, in questo secondo caso, se i cittadini di paesi terzi siano giunti nel citato Stato membro prima o dopo del cittadino dell’Unione o prima di o dopo essere divenuti suoi familiari.

29      Al punto 95 della citata sentenza Metock e a. la Corte ha precisato che, siccome il cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, ricava dalla direttiva diritti di ingresso e di soggiorno nello Stato membro ospitante, quest’ultimo può limitare tali diritti solo nel rispetto degli artt. 27 e 35 della detta direttiva.

30      Risulta dal punto 96 della medesima sentenza che l’osservanza del citato art. 27 si impone, in particolare, quando lo Stato membro intende sanzionare il cittadino di un paese terzo per aver fatto ingresso e/o aver soggiornato nel suo territorio in violazione delle norme nazionali in materia di immigrazione, prima di divenire familiare di un cittadino dell’Unione.

31      È evidente che una persona come il sig. Sahin, il quale, prima di acquisire la qualità di familiare di un cittadino dell’Unione, era autorizzato a soggiornare provvisoriamente nel territorio di uno Stato membro da norme dello stesso diritto nazionale in attesa di una decisione definitiva sulla sua domanda di asilo, non può vedersi opporre l’art. 27 della direttiva per questo solo motivo.

32      Come la Corte ha dichiarato al punto 99 sempre della sentenza Metock e a., il cittadino di un paese terzo, coniuge di un cittadino dell’Unione che soggiorna in uno Stato membro di cui non ha la cittadinanza, il quale accompagni o raggiunga il detto cittadino dell’Unione gode delle disposizioni della direttiva, a prescindere dal luogo e dalla data del loro matrimonio nonché dalla modalità secondo la quale tale cittadino di un paese terzo ha fatto ingresso nello Stato membro ospitante.

33      Alla luce delle considerazioni sopra esposte occorre rispondere alla prima questione, lett. a) e b), che gli artt. 3, n. 1, 6, n. 2, e 7, nn. 1, lett. d), e 2, della direttiva devono essere interpretati nel senso che comprendono anche i familiari che siano giunti nello Stato membro ospitante indipendentemente dal cittadino dell’Unione ed abbiano acquisito la qualità di suoi familiari ovvero abbiano intrapreso con tale cittadino una comunione di vita soltanto dopo il loro ingresso in detto Stato. È irrilevante, a tale riguardo, che al momento dell’acquisizione della qualità di familiare ovvero della costituzione della comunione di vita un tale familiare soggiorni provvisoriamente nello Stato membro ospitante in base alla legislazione di tale Stato in materia di asilo.

 Sulla prima questione, lett. c)

34      Tenuto conto della risposta offerta alla prima questione, lett. a) e b), non c’è motivo di rispondere al quesito di cui alla lett. c). Quest’ultimo è stato sollevato, infatti, solo per l’ipotesi che la direttiva dovesse essere interpretata nel senso che non conferisce un diritto di soggiorno a familiari che versino nella situazione del ricorrente nel procedimento principale.

 Sulla seconda questione

35      Come è stato ricordato al punto 32 della presente ordinanza, la Corte ha dichiarato, al punto 99 della citata sentenza Metock e a., che il cittadino di un paese terzo, coniuge di un cittadino dell’Unione che soggiorna in uno Stato membro di cui non ha la cittadinanza, il quale accompagni o raggiunga il detto cittadino dell’Unione, gode delle disposizioni della direttiva.

36      Come risulta dalla risposta alla prima questione, lett. a) e b), una persona che versi nella situazione del sig. Sahin gode di un diritto di soggiorno ai sensi dell’art. 7, n. 2, della direttiva.

37      Dal combinato disposto degli artt. 9, n. 1, e 10, n. 1, della direttiva risulta che la carta di soggiorno è il documento che comprova il diritto di soggiorno in uno Stato membro per una durata superiore a tre mesi dei familiari di un cittadino dell’Unione che non abbiano la cittadinanza di uno Stato membro.

38      L’art. 10, n. 2, della direttiva elenca in via tassativa i documenti che i cittadini di paesi terzi, familiari di un cittadino dell’Unione, possono essere tenuti a fornire allo Stato membro ospitante al fine di ottenere il rilascio della carta di soggiorno (v., in particolare, sentenza Metock e a., cit., punto 53).

39      Rifiutare ad un soggetto nella situazione del sig. Sahin il beneficio della carta di soggiorno come familiare di un cittadino dell’Unione per il solo fatto di essere meramente legittimato a soggiornare in via provvisoria nello Stato membro ospitante in base alla legislazione di tale Stato in materia di asilo equivarrebbe ad aggiungere un’altra condizione a quelle elencate in via tassativa all’art. 10, n. 2, della direttiva.

40      Ciò considerato, occorre rispondere alla seconda questione che gli artt. 9, n. 1, e 10 della direttiva ostano ad una normativa nazionale ai sensi della quale i familiari di un cittadino dell’Unione che non siano cittadini di uno Stato membro e godano di un diritto di soggiorno in applicazione del diritto comunitario, segnatamente dell’art. 7, n. 2, della direttiva, non possono ricevere una carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione per il solo fatto di essere legittimati a soggiornare provvisoriamente nello Stato membro ospitante in base alla legislazione di tale Stato in materia di asilo.

 Sulle spese

41      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

1)      Gli artt. 3, n. 1, 6, n. 2, e 7, nn. 1, lett. d), e 2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, devono essere interpretati nel senso che comprendono anche i familiari che siano giunti nello Stato membro ospitante indipendentemente dal cittadino dell’Unione e abbiano acquisito la qualità di suoi familiari ovvero abbiano intrapreso con tale cittadino una comunione di vita soltanto dopo il loro ingresso in detto Stato. È irrilevante, a tale riguardo, che al momento dell’acquisizione della qualità di familiare ovvero della costituzione della comunione di vita un tale familiare soggiorni provvisoriamente nello Stato membro ospitante in base alla legislazione di tale Stato in materia di asilo.

2)      Gli artt. 9, n. 1, e 10 della direttiva 2004/38 ostano ad una normativa nazionale ai sensi della quale i familiari di un cittadino dell’Unione che non siano cittadini di uno Stato membro e godano di un diritto di soggiorno in applicazione del diritto comunitario, segnatamente dell’art. 7, n. 2, della medesima direttiva, non possono ricevere una carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione per il solo fatto di essere legittimati a soggiornare provvisoriamente nello Stato membro ospitante in base alla legislazione di tale Stato in materia di asilo.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.