Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, Sent. n. 28873 del 9
dicembre 2008, Pres. Carbone, Rel. Forte.
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 28 ottobre 2004 nella cancelleria del Tribunale di
Reggio Emilia, J. C. A. M., premesso di essere espatriato dalla Repubblica
socialista di Cuba in data 4 marzo 2003 e di non esservi rientrato da allora,
perdendo, per la sua assenza dal paese per oltre undici mesi, le prerogative di
cittadino cubano, tra le quali il diritto al rientro definitivo nel suo paese,
chiedeva di dichiarare il suo stato di apolide.
Il Tribunale adito disponeva la notificazione del ricorso al Ministero
dell'interno, che si costituiva ed eccepiva l'incompetenza per territorio in
favore del Tribunale di Bologna, ai sensi dell'art. 25 c.p.c., deducendo la
inammissibilit della domanda proposta con rito camerale.
Il ricorso era accolto dal Tribunale di Reggio Emilia con decreto del 22 giugno
2005, anzitutto denegando la improponibilit della domanda in sede giudiziaria,
per essere il ricorrente legittimato a chiedere anche in via amministrativa al
Ministero dell'interno il certificato di apolidia, ai sensi dell'art. 17 del
D.P.R. 12 ottobre 1993 n. 572, previo accertamento della situazione
dell'istante.
Pertanto, nel procedimento giurisdizionale, lo stesso Ministero dell'interno
evocato in causa non aveva un interesse a contraddire l'accertamento della
apolidia del ricorrente, intervenendo nell'azione di stato a tutela di
interessi pubblici il solo P.M., con il cui parere, correttamente, poteva
procedersi in sede di volontaria giurisdizione e con rito camerale ad accertare
l'esistenza della pretesa apolidia.
Il tribunale dichiarava apolide il M., ricorrendo i presupposti dell'art. 1
della Convenzione di New York del 28 settembre 1954, per il quale "the
term means a person who is not considered as a national by any State under the
operation of its law" (il termine significa una persona che non
considerata come cittadino da nessuno Stato, ai sensi della legge nazionale).
La legge cubana, prodotta in atti, priva della protezione tipica di chi
riconosciuto come cittadino e della stessa facolt di rientro nel proprio paese
di origine, senza limiti temporali, il soggetto che si sia allontanato per
oltre undici mesi dal territorio dello Stato, rimanendo all'estero.
Avverso tale decreto stato proposto reclamo alla Corte di appello di Bologna
con ricorso del 9 settembre 2005, dal Ministero dell'interno che, riaffermata
la propria legittimazione passiva nella controversia, ha eccepito ancora l'incompetenza
territoriale del Tribunale di Reggio Emilia e l'improponibilit del ricorso,
dovendo l'interessato prima esperire il procedimento di cui all'art. 17 del
D.P.R. n. 572 del 1993 e infine la inapplicabilit del rito camerale; il M. ha
resistito in sede di reclamo, replicando a tutte le censure del Ministero. Con
decreto del 31 gennaio 2006, la Corte d'appello di Bologna ha dichiarato
improponibile il ricorso, in quanto, come osservato dal P.G., "per
l'accertamento della apolidia, la legge prevede una apposita procedura",
cio quella dell'art. 17 del D.P.R. 12 ottobre 1993 n. 572, norma del
regolamento di esecuzione della legge 5 febbraio 1992 n. 91 sulla cittadinanza.
Tale norma prevede che il Ministero dell'interno "pu certificare la
condizione di apolidia, su istanza dell'interessato, corredata della seguente
documentazione: a) atto di nascita; b) documentazione relativa alla residenza
in Italia; c) ogni documento idoneo a dimostrare lo stato di apolide. facolt
del Ministero dell'interno di richiedere, a seconda dei casi, altri
documenti".
Da tale norma, la Corte di merito ha dedotto la sussistenza della
legittimazione passiva del Ministero dell'interno che, potendo certificare la
apolidia che il ricorrente intende fare accertare dai giudici, facendo valere
un proprio diritto (art. 81 c.p.c.) nei confronti dell'unico soggetto di natura
pubblica, cui riservato l'accertamento documentale della situazione per
poterla certificare e che quindi legittimato a resistere nel processo,
potendo anche proporre reclamo, ai sensi dell'art. 739 c.p.c.
La lettera della norma, conferendo al Ministero il potere di certificare la
condizione di apolide, prevede un atto di detta amministrazione, cui
demandata la valutazione sia dei documenti comprovanti le condizioni personali
del ricorrente che delle esigenze internazionali che consentono nel caso il
riconoscimento della mancanza di ogni cittadinanza, negando l'esistenza di un
atto dovuto e di una posizione di diritto soggettivo, dovendo qualificarsi come
interesse legittimo quello del ricorrente a ottenere la certazione dello stato
di apolide. Quanto detto, ad avviso dei giudici di merito, non esclude una
tutela giurisdizionale dello straniero che si dichiara apolide, riconosciuta
anche dalla sentenza della C.Cost. 4 agosto 2003 n. 293, anche se vi solo un
interesse legittimo alla certificazione di detto stato personale di assenza di
ogni cittadinanza, il cui rifiuto dalla P.A. pu impugnarsi dinanzi a giudice
amministrativo con improponibilit conseguente del ricorso del M. al Tribunale
ordinario, con assorbimento di ogni altra questione proposta nel reclamo e equa
compensazione delle spese tra le parti. Avverso tale decreto propone ricorso il
M. di due motivi e resistono l'Ufficio territoriale del governo di Bologna e il
Ministero dell'Interno con controricorso, nel quale dedotta l'inammissibilit
e infondatezza della avversa impugnazione.
Motivi della decisione
1.1. In via pregiudiziale, il M. chiede a questa Corte di accertare
l'ammissibilit, solo genericamente contestata dai controricorrenti, del suo
ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111, 7 comma, della Cost. contro
un provvedimento della Corte di appello di Bologna, che decreto e non
sentenza, anche se pronunciato all'esito di un contraddittorio tra le parti e
relativo ad uno stato personale.
La questione prospettata dallo stesso ricorrente e dal P.G. in udienza
comunque rilevabile d'ufficio e incidente sui singoli motivi d'impugnazione,
compreso quello che deduce la violazione delle norme sulla giurisdizione, sulla
quale nessuna decisione potrebbe essere presa ove il ricorso si ritenesse
precluso, per non essere ricorribile il provvedimento della Corte bolognese non
costituente sentenza, e da ritenere privo di ogni carattere decisorio e definitivo.
1.2. Il primo motivo di ricorso eccepisce il difetto di legittimazione passiva
del Ministero dell'interno, che la Corte bolognese ha desunto da una norma da
essa qualificata erroneamente di legge, ma che in realt solo regolamentare,
cio l'art. 17 del D.P.R. 12 ottobre 1993 n. 572, regolamento di esecuzione
della legge 5 febbraio 1992 n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza, che
non disciplina un potere di detto Ministero in relazione allo stato che il M.
chiede di accertare.
L'amministrazione evocata in causa non pu impedire l'accertamento dello status
in sede giurisdizionale, riservata al giudice ordinario, ai sensi dell'art. 9
del c.p.c. e dall'art. 2 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 in ragione della
riserva di legge, che si applica sia alla materia degli stati personali che a
quella del diritto di agire in giudizio.
Ove la norma regolamentare citata, che conferisce poteri certificatori al
Ministero dell'interno in materia di apolidia, rendesse inammissibile l'azione
dinanzi al giudice ordinario, tale conseguenza contrasterebbe con l'art. 4
delle preleggi, escludendo una tutela giurisdizionale a mezzo di una norma
regolamentare in contrasto con la legge che, come detto, quella n. 91 del
1992, il cui art. 25 prevede la emanazione successiva delle disposizioni
necessarie per l'esecuzione di essa, ma non consente l'adizione di una
disciplina in contrasto con i precetti legislativi contenuti nelle norme
primarie. La norma regolamentare, se letta nei sensi di cui al decreto
impugnato, contrasta con le norme della dichiarazione universale dei diritti
umani (artt. 6 e 15) e con il patto internazionale relativo ai diritti civili e
politici, aperto alla firma a New York il 16 e 19 dicembre 1966, e ratificato
dalla legge 25 ottobre 1997 n. 881, che riconoscono il diritto al
riconoscimento del proprio stato personale.
Ad avviso del ricorrente, la norma regolamentare di cui sopra, se fosse
preclusiva dell'azione dinanzi al tribunale ordinario, come ritenuto nel
provvedimento impugnato, contrasterebbe con l'art. 9 c.p.c. sulla competenza
del tribunale ordinario in materia di status, con l'art. 2 delle legge 20 marzo
1865 n. 2248, che attribuisce alla giurisdizione ordinaria tutte la cause e le
materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico, con
gli artt. 7, comma 3, e 8, comma 2, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, che
escludono ogni potere del Tribunale amministrativo regionale di decidere
questioni pregiudiziali sullo stato della persona, pure in caso di
giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi.
1.3. Il secondo motivo di ricorso deduce violazione dal decreto dell'art. 360
n. 1 c.p.c., per avere denegato la giurisdizione del giudice ordinario nella
materia.
Ad avviso della Corte bolognese, la disciplina di cui al citato art. 17 del
D.P.R. 572 del 1993, conferendo al Ministero dell'interno un potere
discrezionale di rilascio della certificazione dello stato di apolide, esclude
un diritto soggettivo dell'istante a ottenere tale certificazione, riconoscendo
solo un interesse legittimo alla stessa, tutelabile davanti al giudice
amministrativo.
Ad avviso del ricorrente, in base alla norma regolamentare, non solo s'
accertata la legittimazione passiva del Ministero ma si anche dichiarato
improponibile il ricorso al giudice ordinario, dovendosi negare tale
preclusione che deriverebbe dal carattere di interesse legittimo, che avrebbe
la posizione che si intende tutelare, per almeno tre profili: a) la materia
degli stati personali attiene a diritti soggettivi; b) la certificazione
amministrativa di cui al regolamento ha natura diversa dall'accertamento
giurisdizionale; c) incompatibile la questione di stato con la tutela dinanzi
al giudice amministrativo, che sulla stessa non pu pronunciarsi.
In ordine al primo profilo, la condizione di apolide comporta l'esistenza di
diritti riconosciuti anche da accordi sovranazionali, che nessuna norma, per
giunta regolamentare, pu degradare a interessi legittimi, come rilevato dalla
dottrina, che riconosce il doppio binario, amministrativo e giurisdizionale,
per l'accertamento dello stato di apolidia.
La convenzione internazionale citata del 1954, relativa agli apolidi, segue di
pochissimo quella di Ginevra del 28 luglio 1951, sui rifugiati politici, ed
informata a principi analoghi.
Se si riconosce la giurisdizione del giudice ordinario nella materia dei
rifugiati politici, essa non pu negarsi in quella oggetto del presente
ricorso; una preclusione regolamentare, effetto del potere del Ministero
dell'interno di "certificare" lo stato di apolide risultante da prove
documentali, costituisce violazione di legge, dovendosi negare, per il
ricorrente, la stessa legittimazione a stare in giudizio del Ministero, se
fondata esclusivamente su detta norma secondaria.
La certificazione di cui al regolamento, emessa solo in base ai documenti
prodotti dalla parte interessata ed rilasciata ove la P.A. possa ritenere
dimostrata l'apolidia dell'istante in base a tali atti.
L'accertamento dell'apolidia in sede giurisdizionale soccorre proprio allorquando
la prova documentale manchi, potendo il giudice ordinario avvalersi di ogni
strumento istruttorio per accertare lo stato del ricorrente, dichiarandolo con
una sentenza definitiva anche se instabile, perch emessa rebus sic stantibus.
In ogni caso, se il ricorrente dovesse impugnare un provvedimento negativo del
Ministero, comunque, ai sensi dei citati artt. 7 e 8 della legge n. 1034 del
1971, il giudice amministrativo dovrebbe rimettere a quello ordinario la
risoluzione della questione di stato, che la P.A. pu solo certificare e non
concedere o autorizzare.
2.1. Deve pregiudizialmente negarsi la legittimazione processuale della
Prefettura di Bologna a stare in giudizio in questa sede, non essendo stata
parte del procedimento di merito, nel quale ha resistito il solo Ministero
dell'Interno, che ha proposto il reclamo in base al quale si emesso il
provvedimento oggetto di ricorso per cassazione, correttamente neppure
notificato a detto Ufficio territoriale del governo.
Unico legittimato a resistere in questa sede quindi il Ministero
dell'interno, per essere stato il solo soggetto parte del giudizio di merito
(Cass. 14 febbraio 2007 n. 3345 e Cass. 7 marzo 2006 n. 4864; sui rapporti tra
Ufficio territoriale del Governo, quale ufficio periferico del Ministero
dell'interno, e quest'ultimo, cfr. Cass. 14 febbraio 2006 n. 3144).
2.2. Il ricorso, come chiesto dal ricorrente e dal P.G. in udienza, deve
dichiararsi ammissibile, anche se impugna un provvedimento che non una
sentenza, ai sensi dell'art. 111, comma 7, della Cost.
Infatti il decreto impugnato che, in contraddittorio tra il ricorrente e il
Ministero dell'interno, ha dichiarato improponibile la domanda rivolta al
Tribunale ordinario, di accertamento della condizione di apolide cio di uno
stato personale, costituendo quest'ultimo l'oggetto della controversia e il
presupposto di una serie di posizioni soggettive, attive e passive, con natura
di diritti, del soggetto che ha proposto la domanda in sede di merito, ha
natura decisoria e definitiva, anche se modificabile nel tempo perch emesso
rebus sic stantibus, come ogni pronuncia di tale tipo, instabile perch
relativa a situazioni personali, che possono sempre cambiare.
Da tali rilievi sulla natura del decreto impugnato, consegue la ricorribilit
di esso per cassazione ai sensi del citato art. 111, comma 7, Cost., essendo
stato emesso all'esito di una procedura contenziosa in camera di consiglio,
rito sulla cui utilizzazione nessuna impugnazione si propone in questa sede.
In ordine ai procedimenti camerali contenziosi, come quello concluso dal
provvedimento impugnato, che relativo a diritti soggettivi e a status, se ne
afferma la natura decisoria e definitiva e la impugnabilit per cassazione
(S.U. 6 febbraio 2006 n. 2447 e 26 gennaio 2005 n. 1521, tra altre), salvo che
abbiano natura cautelare (S.U. 7 marzo 2008 n. 6172). Tale ricorribilit per
cassazione emerge in relazione alla situazione analoga relativa allo stato di
rifugiato politico e ai provvedimenti che lo riconoscono (Cass. 20 dicembre 2007
n. 26822, 15 gennaio 2007 n. 747, S.U. 16 ottobre 2006 n. 22216, Cass. 11
gennaio 2006 n. 396, 2 febbraio 2005 n. 2091, 28 aprile 2000 n. 5417) e in
tutte le controversie in cui siano in discussione modifiche successive degli
effetti accessori delle sentenze di separazione o divorzio, decise, con rito
camerale, da decreti impugnabili per violazione di legge.
Neppure si posto il problema dell'ammissibilit del ricorso per cassazione,
per il profilo ora esposto della natura del provvedimento impugnato, questa
Corte con la sentenza del 27 febbraio 2008 n. 5212, che ha accolto il ricorso
del Ministero dell'interno avverso una ordinanza della Corte d'appello di
Trento, che aveva confermato la dichiarazione di apolidia decisa in primo
grado, ritenendo nulla la notifica al ricorrente dell'atto introduttivo del
rito camerale svoltosi in primo grado, nella contumacia del Ministero stesso, e
quindi senza contraddittorio il procedimento, sul presupposto implicito della
ricorribilit in questa sede del provvedimento impugnato che nel caso non era
una sentenza.
Altrettanto a dire, sia pure in riferimento ad una sentenza emessa all'esito
di un rito ordinario dalla Corte d'appello di Perugia, che ha denegato
lapolidia dell'istante, il cui ricorso in cassazione stato rigettato, perch
privo di fondamento (Cass. 28 giugno 2007 n. 14918); la scelta del rito
ordinario e della sentenza per la decisione, ha escluso in radice problemi
sulla ricorribilit della pronuncia, che ha ad oggetto, anche essa, lo stato di
apolidia.
In quanto relativa allo stato di apolidia, ogni decisione in un procedimento
contenzioso, camerale o ordinario, per l'accertamento dello stato di apolodia,
pur se decreto o ordinanza, ricorribile per cassazione, come la sentenza con
contenuto identico. Di regola, peraltro, si nega la ricorribilit in questa
sede dei decreti c.d. di volontaria giurisdizione, emessi cio in procedimenti
non contenziosi e relativi a condizioni di fatto di minori ma non incidenti sul
loro stato personale, come quelli in materia di potest genitoriale o di
affidamento temporaneo degli stessi (Cass. 5 febbraio 2008 n. 2576, S.U. 4
novembre 2003 n. 16568, 7 maggio 1998 n. 4614, e contra solo Cass. 6 aprile
1995 n. 4035).
Nel caso, la decisione chiesta alla Corte d'appello di Bologna stata emessa,
all'esito d'un procedimento contenzioso camerale in contraddittorio tra il
ricorrente e il Ministero dell'interno, il quale, per la facolt che ha di
riconoscere in via amministrativa la cittadinanza (L. 5 febbraio 1992 n. 91),
stato ritenuto legittimato nella presente causa, in base a detta legge e al
regolamento di esecuzione di essa, che gli consentono di certificare la
condizione di apolide, su istanza dell'interessato.
La domanda del M. tende, nella fattispecie, a un accertamento negativo di
qualsiasi cittadinanza dell'istante e attiene alla condizione di apolidia, in
assenza del cui riconoscimento formale, non sono operativi alcuni diritti che
sorgono per l'apolide per la legge dello Stato ove egli abitualmente vive.
Infatti lo statuto dell'apolide, analogo a quello di rifugiato politico,
comporta, in alcune materie, lo stesso trattamento dello straniero in genere,
al di fuori di ogni principio di reciprocit (art. 16 delle Preleggi), mentre,
in altre materie (ad es. libert religiosa, diritto di stare in giudizio,
diritti di propriet industriale), d luogo al riconoscimento degli stessi
diritti del cittadino.
Agli apolidi, lo Stato di residenza deve riconoscere, in base agli accordi
internazionali, il diritto al rilascio di atti di identit o di carta
provvisoria di viaggio, sostitutivi di quelli rilasciati agli stranieri dalle
loro autorit nazionali e, inoltre, come per ogni straniero, il diritto di
rimanere nel territorio nazionale, sia pure condizionato al rilascio del permesso
di soggiorno, ottenibile con un lavoro stabile, che comporta quello
all'assistenza sanitaria e alla previdenza sociale, riconoscendo la facolt
dell'apolide di chiedere la cittadinanza italiana, dopo cinque anni di
permanenza nel territorio dello Stato (art. 9, lett. e, della legge 5 febbraio
1992 n. 91).
In realt, non vi una norma primaria o di legge che regoli l'accertamento in
sede amministrativa dello stato di apolide, termine che indica una mera
condizione negativa in fatto o in diritto della persona priva di ogni
cittadinanza, con tutte le difficolt probatorie di tali vicende non positive.
Tale condizione per riconosciuta dalla Convenzione di New York del 28
settembre 1954, ratificata in Italia con legge 1 febbraio 1962 n. 306, per la
quale apolide colui che si trova in un paese di cui non cittadino,
provenendo da altro paese del quale ha formalmente o sostanzialmente perso la
cittadinanza, tanto che non vi pu pi rientrare in via definitiva. A fronte di
tale situazione, le norme regolamentari di esecuzione della Legge n. 92 del
1991 (art. 17 del D.P.R. 12 ottobre 1993 n. 572), legittimamente conferiscono
al Ministero dell'interno il potere di certificazione, cio di accertamento e
attestazione con valore legale, della condizione d'apolide, su istanza
dell'interessato e sulla base della documentazione da lui allegata ed
eventualmente di altri documenti di cui l'amministrazione pu sollecitare
l'esibizione al richiedente, comprovanti in diritto lo stato che si vuole
certificato.
A tale norma secondaria, in violazione dell'art. 111, 1 comma, Cost., i
giudici di merito, hanno collegato l'improponibilit della domanda loro
rivolta, ai sensi dell'art. 9 del c.p.c., ricavando da essa il riconoscimento
del solo interesse legittimo dell'istante a ottenere la certificazione del
Ministero.
Come esattamente osservato da questa Corte, sia pure in riferimento ad altra
situazione e allo stato di invalidit, l'attivit di certificazione di una
condizione personale da parte della P.A. non pu essere discrezionale e non pu
affievolire da diritto a interesse legittimo la posizione soggettiva del
ricorrente (S.U. 17 dicembre 1999 n. 912).
Una corretta lettura della citata norma regolamentare per la quale "il
Ministero dell'Interno pu certificare la condizione di apolidia", in base
alla documentazione allegata dall'istante, comprendente ogni documento idoneo a
dimostrare legalmente tale stato, induce a ritenere che la certificazione possa
negarsi, solo quando non sia documentalmente provata la situazione che si
chiede di attestare o allorch il Ministero eserciti la sua facolt di chiedere
altri documenti (cos il capoverso dell'art. 17 del D.P.R. n. 572 del 1993).
Solo la certezza desumibile da prove documentali ovvero da atti scritti (ad es.
dichiarazione di perdita della cittadinanza dello Stato di provenienza) che
l'istante una "stateless person", come si legge nella convenzione
di New York ovvero, nella lingua diplomatica, "une personne qu'aucun Etat
ne considre comme son ressortissant par application de sa lgislation", e
non sia uno straniero con cittadinanza di altro paese, autorizza il Ministero
al rilascio dovuto all'istante della certificazione.
Unico potere discrezionale, di tipo tecnico, del Ministero dell'interno
quello di valutare i documenti prodotti dall'interessato per provare la
situazione di apolidia dedotta in domanda, e eventualmente di richiederne
altra, ma una volta ritenuta esistere la prova documentale di tale condizione,
l'amministrazione, quale organo dello Stato che ospita l'istante, deve
attestare lo stato di apolidia, che non conferito da essa ma solo
riconosciuto e certificato, come esattamente scritto nella norma del
regolamento citato.
Correttamente pertanto la Corte Costituzionale ha ritenuto sussistere per
l'apolide la facolt alternativa di ottenere "il riconoscimento
amministrativo o giudiziale" della sua condizione, non potendo l'assenza
di certificazione amministrativa precludere il procedimento giurisdizionale di
riconoscimento dei diritti dell'apolide che, in quanto accertamento negativo di
ogni cittadinanza, incide sui diritti soggettivi dell'istante, come tali
oggetto della giurisdizione del giudice ordinario (che decide su di essi di
regola con sentenza: S.U. 27 gennaio 1995 n. 1000 e 7 luglio 1993 n. 7441).
Solo il giudice ordinario pu essere adito a tutela di tali posizioni
soggettive, ai sensi degli artt. 24, 25 e 113 della Cost. (su tale diritto,
anche dell'apolide, cfr. S.U. 8 febbraio 2001 n. 46 e Cass. 28 giugno 2007 n.
14918).
2.2. Sono quindi ricorribili per cassazione i provvedimenti che incidono anche
negativamente sullo stato di cittadino, costituente un carattere permanente
della persona, cui si connettono pi diritti e tale il decreto oggetto di
ricorso, in apparenza solo preclusivo dell'azione dinanzi al giudice ordinario,
ma in sostanza negante l'esistenza stessa del "diritto" al
riconoscimento dell'apolidia che, in negativo, corrisponde a quello della
cittadinanza, la cui tutela in sede giurisdizionale dal giudice ordinario non
negabile (art. 9 c.p.c. e 113 Cost,).
L'affermazione esplicita del decreto impugnato, circa l'esistenza di un mero
interesse legittimo ad essere qualificato apolide da un provvedimento
amministrativo impugnabile al T.A.R., per il soggetto che domandi il
riconoscimento della detta condizione, costituisce accertamento definitivo e
decisorio ricorribile per cassazione, anche se formalmente sembra solo
precludere al ricorrente il riconoscimento giudiziario di una situazione,
contrastata dalla stessa P.A. che ha il potere di certificarla, se vi sia la
prova documentale di essa, quale anche il provvedimento che accolga la
domanda dell'istante.
Il decreto denega diritti spettanti al ricorrente e tutelabili in sede di
giurisdizione ordinaria, con l'affermazione della loro non riconoscibilit
diretta dai giudici ordinari; esso definisce tali posizioni soggettive del
ricorrente interessi legittimi e denegando allo stesso la legittimazione a
chiedere al Tribunale ordinario la tutela della sua condizione, con il
riconoscimento negativo di ogni cittadinanza da provare a sua cura, con i mezzi
istruttori di legge. Pertanto il provvedimento impugnato una pronuncia
decisoria e definitiva, come tale ricorribile per cassazione ai sensi dell'art.
111, 7 comma, Cost. (in tale senso tutte le sentenze citate relative agli
status, comprese le due sulla condizione d'apolide). In conclusione, il
ricorso, deve dichiararsi ammissibile, per essere decisorio il decreto emesso
all'esito di un procedimento contenzioso camerale, con il quale si denegato
il diritto all'accertamento della condizione di apolide, affermandosi
l'esistenza di un interesse legittimo a tale accertamento, da tutelare con
ricorso al giudice amministrativo.
Tale provvedimento anche definitivo, ma instabile, in ordine agli effetti
preclusivi alla acquisizione dei diritti conseguenti al riconoscimento della
apolidia del ricorrente, perch l'affermata improponibilit della domanda con
decreto, invece che con sentenza, non pu precludere una nuova istanza
dell'interessato nei medesimi sensi.
2.3. Infine, sempre in via preliminare, va riaffermata l'ammissibilit del
ricorso per cassazione, pur se non notificato al P.G. presso la Corte d'appello
di Bologna, che intervenuto in appello, ai sensi dell'art. 70 n. 3 c.p.c.,
avendo il decreto accolto interamente le sue conclusioni; il P.G. presso la
Corte a quo nessun interesse pu avere quindi ad impugnare in via incidentale
la pronuncia oggetto di ricorso, dovendo provvedere a difendere la eventuale
legalit e legittimit della decisione in questa sede il P.G. presso questa
Suprema Corte (Cass. 5 marzo 2008 n. 5953, 28 febbraio 2007 n. 4764, 29 marzo
20066 n. 7144, tra altre).
3. Le ragioni per le quali il ricorso stato ritenuto ammissibile, per la
natura contenziosa del procedimento relativo a diritti soggettivi a base del
decreto impugnato, impongono anche l'accoglimento del secondo motivo di esso,
attinente alla giurisdizione; le stesse motivazioni impongono invece di
rigettare, in quanto infondato, il primo motivo di ricorso, che denega la
legittimazione passiva del Ministero dell'interno, preposto al riconoscimento
della cittadinanza, avente una posizione denegata in primo grado erroneamente,
avendo il potere di riconoscere in via amministrativa la condizione di
cittadino e di procedere all'accertamento negativo di essa, anche con
riferimento a Stati diversi da quello italiano, pur se limitato a mere indagini
documentali, con la conseguenza che esso vincolato a certificare l'apolidia
da una decisione giurisdizionale che l'accerti (art. 17 del citato D.P.R. n.
572 del 1973). La norma regolamentare, in quanto la legge n. 92 del 1991 di cui
attuazione prevede, all'art. 9 lett. e, il diritto dell'apolide ad avere la
cittadinanza dopo cinque anni di residenza legale in Italia, stabilisce le
modalit in via amministrativa per certificare tale condizione dello straniero
che si trovi in Italia.
Il decreto del Ministro dell'interno del 24 novembre 1994, che ha disciplinato
in via regolamentare le modalit di acquisizione della cittadinanza per
l'apolide, come precisato nella circolare esplicativa k 60 1 del 23 dicembre
1994 dello stesso Ministero, sancisce che l'apolide possa presentare la domanda
di cittadinanza, corredata "della documentazione idonea ad attestare la
sussistenza del titolo alla eventuale concessione", costituita dalla
"copia autenticata del provvedimento ricognitivo dello stato di apolidia
pronunciato dall'autorit giudiziaria italiana ovvero copia del provvedimento
ministeriale dichiarativo dell'apolidia", cos confermando la doppia
strada che gli interessati possono seguire per l'accertamento dello stato di
apolidi, cio quella giurisdizionale senza limiti di prova o quella
amministrativa, limitata alla prova documentale, che impone all'amministrazione
di certificarla.
In quanto lo straniero, privo dalla nascita ovvero privato, in diritto o in
fatto, della cittadinanza del suo paese di origine, e residente in Italia, fa
valere nel processo in cui chiede l'accertamento di tale stato, un diritto che
gli pu essere riconosciuto anche in via amministrativa se risultante da
documenti e che egli esercita in nome proprio nel processo (art. 81 c.p.c.),
suo interesse evocare in causa l'unico soggetto che, da una ricognizione
dell'apolidia in sede giurisdizionale pu restare vincolato a certificarla, ai
sensi dell'art. 17 del D.P.R. 572 del 1993, cio il Ministero dell'interno, che
quindi si correttamente ritenuto legittimato passivo nella presente azione
dai giudici di merito.
Il riconoscimento della legittimazione sostanziale passiva del Ministero
dell'interno, conferma la natura contenziosa, a prescindere dal rito camerale o
ordinario adottato, della controversia oggetto del presente giudizio e, in
quanto relativo ad una questione preliminare di merito, non incide sulla
disciplina del processo, che, come tale, ai sensi del 1 comma dell'art. 111
della Cost. non pu che essere regolato da legge, con la conseguenza che la
affermata preclusione del ricorso al giudice ordinario, affermata dalla Corte
di merito in ragione dell'art. 17 del D.P.R. n. 572 del 1993 anche se in tale
norma non prevista, porterebbe ad una regola processuale sancita in via
regolamentare invece che legislativa, in contrasto con la citata norma
costituzionale.
La norma regolamentare conferma solo la natura contenziosa del procedimento
derivante dalla legge del 1991 sulla cittadinanza e il carattere decisorio del
provvedimento che lo conclude, in rapporto alle situazioni soggettive
controverse, con conseguente ricorribilit per cassazione di esso, ma
logicamente solo il contesto delle norme primarie gi citate che impone detta
conclusione.
Sotto il profilo della legittimazione sostanziale, la attribuzione nel
regolamento dei poteri di sola certificazione dell'apolidia, che risulti da
documentazione (compresa quella costituita dalla copia della pronuncia
giurisdizionale di accertamento di detto stato), al Ministero dell'interno,
vincolato alle statuizioni del giudice su tale stato e quindi legittimato a
contrastare in sede giudiziaria detto accertamento che gli impone una
certificazione che esso solo pu fare (art. 81 c.p.c.), non evidenzia alcun
contrasto del regolamento di attuazione del 1993 con la legge sulla
cittadinanza del 1991 n una violazione dell'art. 4 delle Preleggi o dei
principi costituzionali sulla gerarchia delle fonti.
Di conseguenza, deve rigettarsi il primo motivo di ricorso e confermarsi la
legittimazione passiva del ministero dell'interno, controricorrente in questa
sede, quale unica parte legittimata sostanzialmente e processualmente, a
resistere in sede di legittimit.
3.2. E' invece fondato il secondo motivo di ricorso attinente alla
giurisdizione del giudice ordinario negata dal provvedimento impugnato.
Erroneamente si ritenuto insussistente il diritto di domandare al giudice
ordinario l'accertamento dello stato di apolide, cio la ricognizione negativa
della cittadinanza di qualsiasi Stato, sulla base dell'art. 17 del D.P.R. n.
572 del 1993.
Tale preclusione, non prevista da alcuna norma n legislativa n regolamentare
e solo desunta dalla Corte d'appello di Bologna, in base a una lettura non
condivisibile lettura della citata norma del regolamento di esecuzione della
legge sulla cittadinanza, contrasta, oltre che con gli artt. 10, 1 e 2 comma,
e 113 della Cost., perch denega tutela allo straniero apolide dallo Stato in
cui egli si trova stabilmente anche se la stessa prevista e imposta agli
Stati che hanno aderito alla citata Convenzione di New York del 1954, e
impedisce la tutela di diritti soggettivi dinanzi agli organi della giurisdizione
ordinaria, sancita invece dalla carta costituzionale.
La preclusione inoltre in contrasto con l'art. 9 c.p.c., per il quale il
Tribunale ordinario competente "esclusivamente" per le cause
"relative allo stato e alla capacit delle persone", e con l'art. 2
della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all E, che, allo stesso giudice ordinario
riserva le materie in cui si faccia questione di un diritto civile o politico,
la cui tutela sempre ammessa dinanzi al predetto giudice ai sensi dell'art.
113 Cost.
Altrettanto a dire in ordine al difetto di giurisdizione del giudice
amministrativo che, ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge n. 1034 del 1971,
non pu conoscere delle questioni pregiudiziali di stato, da risolvere in via
incidentale, e ovviamente non pu su di esse pronunciarsi in via principale,
anche ai sensi del gi richiamato art. 113 Cost. L'affermazione della
giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di ricognizione dello stato
di apolide comporta la fondatezza del secondo motivo di ricorso, con
conseguente cassazione del decreto impugnato e rinvio del processo alla Corte
d'appello di Bologna in diversa composizione, perch si pronunci sulla domanda
del M. in contraddittorio con il Ministero dell'interno, accertando se
l'applicazione della legge dello Stato di Cuba da cui lo stesso proviene, gli
impedisca effettivamente, per la sua assenza di oltre undici mesi dal paese di
origine, il rientro permanente nel suo paese di nascita, privandolo quindi del
diritto fondamentale di ogni cittadino di vivere nello Stato che gli riconosce
tale condizione, e decida quindi se tale situazione di fatto e di diritto possa
farlo qualificare apolide. Con la decisione in sede di rinvio, la Corte
decider anche sulla disciplina delle spese del presente giudizio di cassazione
e di quelle dell'intero procedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione e dichiara la
giurisdizione del giudice ordinario. Cassa il decreto impugnato e rinvia la
causa alla Corte d'appello di Bologna in diversa composizione, perch si
pronunci sulla domanda di accertamento dello stato di apolide del ricorrente e
sulle spese dell'intero giudizio.
Cos deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle sezioni unite della Corte
di cassazione, il 18 novembre 2008.