REPUBBLICA ITALIANA

IL TRIBUNALE DI GENOVA

SEZIONE PER LE CONTROVERSIE IN MATERIA DI LAVORO

 

riunito in camera di consiglio nelle persone dei Sigg. Magistrati:

Dott.ssa Maria Ida SCOTTO

Presidente relatore

Dott.ssa Paola ZAMPIERI

Giudice

Dott.ssa Francesca PARODI

Giudice

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nella causa iscritta al n.  11/2009 R.G. Reclamo

promossa con reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. da:

INPS

           Avv. Fuochi -Capurso

           reclamante

 

CHAWQUI AHMED

Avv. Fiorini - Faure

                                                                                             reclamato

 

Visti gli atti,

a scioglimento della riserva,

osserva quanto segue.

            Con ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato in data 17 marzo 2009 il sig. Ahmed CHAWQUI, cittadino marocchino titolare di permesso di soggiorno dallĠ8 agosto 2001, chiedeva ordinarsi allĠINPS la corresponsione in suo favore dellĠassegno di invaliditˆ civile, avendo lĠIstituto rifiutato la prestazione, pur in presenza del riconoscimento in via amministrativa del requisito santario, per non essere il richiedente titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

            LĠINPS si costituiva in giudizio eccependo:

-       lĠintervenuta decadenza ai sensi dellĠart. 42 co. 3Ħ decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;

-       lĠinsussitenza del fumus, non  essendo il ricorrente titolare di carta di soggiorno (oggi permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo) e non essendo stato dedotta la sussistenza del requisito della permanenza legale in Italia da almeno 5 anni (requisito comunque necessario, a prescindere dal requisito reddituale) per ottenere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo;

-       lĠinsussistenza del periculum in mora, avendo il ricorrente atteso oltre un anno dalla data della visita della competente Commissione medica della A.S.L. (13 novembre 2007).

             Il Giudice di prime cure accoglieva il ricorso, ritenendo che  il termine di decadenza semestrale, anche ove applicabile, dovesse essere fatto decorrere dalla comunicazione INPS del 21 ottobre 2008 con cui lĠIstituto aveva dichiarato che il ricorrente poteva ottenere la pensione di invaliditˆ soltanto a fonte del rilascio del permesso di soggiorno Ce di lungo periodo, con conseguente tempestivitˆ del ricorso, depositato il 17 marzo 2009.

             Quanto al fumus il Giudice affermava che  lĠassegno di invaliditˆ civile rientrava nelle prestazioni e servizi sociali per i quali, ai  sensi dellĠart. 80 co. 19Ħ legge n. 388/00,   richiesta la sola titolaritˆ da almeno un anno del permesso di soggiorno. Il Giudice ravvisava poi il periculum nel fatto che il ricorrente fosse privo di fonti di sostentamento e rischiasse di non vedersi rinnovare il permesso di soggiorno.

             Con ricorso depositato in data 6 maggio 2009 lĠINPS ha proposto reclamo avverso il provvedimento pronunciato dal Giudice di prime cure, ribadendo le eccezioni giˆ formulate nella propria precedente difesa.

            LĠINPS insiste in primo luogo nellĠeccezione di decadenza ai sensi dellĠart. 42 co. 3Ħ decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, 

            La norma citata, dopo aver abrogato le disposizioni in materia di ricorso amministrativo avverso i provvedimenti emanati in esito alle procedure in materia di riconoscimento dei benefici previsti per gli invalidi civili, stabilisce che Òla domanda giudiziale  proposta, a pena di decadenza, avanti alla competente autoritˆ giudiziaria entro e non oltre sei mesi dalla data di comunicazione all'interessato del provvedimento emanato in sede amministrativaÓ.

            Come  noto, il procedimento per il riconoscimento delle provvidenze economiche previste per gli invalidi civili consta di una prima fase, volta allĠaccertamento della sussistenza del requisito sanitario, e, in caso di esito favorevole di questa prima fase, di una successiva seconda fase  di  verifica della sussistenza dei requisiti socio - economici.

            LĠimpianto originario del procedimento in questione, disciplinato dal D.P.R. 21 settembre 1994 n. 698 prevedeva distinti ricorsi amministrativi lĠuno in relazione allĠesito sfavorevole del verbale di visita (art. 3 co. 2Ħ),  lĠaltro in relazione allĠeventuale provvedimento negativo conclusivo della successiva fase di verifica dei requisiti socio economici (art. 6).

             Il venir meno dei ricorsi amministrativi non incide peraltro sullĠautonomia delle due fasi del procedimento per la concessione delle provvidenze per gli invalidi civili.

             LĠinvalido cui venga comunicato lĠesito favorevole di una visita medica non ha alcun interesse ed alcun motivo per impugnare un atto a lui favorevole, quale  appunto il verbale di visita conclusosi con il riconoscimento della condizione di invaliditˆ.

             LĠunico provvedimento impugnabile   quello di eventuale successiva reiezione del beneficio per insussistenza dei requisiti socio – economici.

            Tale provvedimento pu˜ certamente intervenire, secondo noti principi generali, anche per silenzio – rigetto.

            AffinchŽ, per˜, possa maturarsi la decadenza prevista dallĠart. 42 D.L. n.  269/03,  necessario che il provvedimento di rigetto sia esplicito e venga comunicato allĠinteressato, poichŽ il dies a quo del termine semestrale di decadenza  individuato dalla legge nella data di comunicazione all'interessato del provvedimento emanato in sede amministrativa e, secondo altrettanto noti principi generali, le norme che stabiliscono decadenze sono di stretta interpretazione.

            Nella specie  pacifico (e comunque  documentalmente provato) che allĠesito della visita medica della Commissione medica della ASL il reclamato sia stato riconosciuto invalido al 75% e che lĠassegno di invaliditˆ non sia stato poi liquidato dallĠINPS per essere il richiedente un cittadino marocchino privo della carta di soggiorno (oggi permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo).

            Non consta peraltro che lĠINPS abbia mai comunicato  al reclamato alcun esplicito provvedimento di reiezione della domanda: non costituiscono, infatti, provvedimenti di rigetto nŽ la comunicazione INPS del 21 aprile 2008 (che   una mera richiesta di documenti), nŽ la dichiarazione INPS del 21 ottobre 2008 (che  una dichiarazione rilasciata dallĠIstituto Òa richiesta dellĠinteressatoÓ al fine del rinnovo del permesso di soggiorno e che  comunque anteriore di soli cinque mesi rispetto al deposito del ricorso giudiziale).

            LĠeccezione di decadenza  dunque infondata.

            Venendo quindi al merito della controversia, dispone lĠart.. 80 co. 19Ħ  legge n. 388/00 che Òai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l'assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concesse alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno; per le altre prestazioni e servizi sociali l'equiparazione con i cittadini italiani e' consentita a favore degli stranieri che siano almeno titolari di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno. Sono fatte salve le disposizioni previste dal decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237, e dagli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioniÓ.

            LĠart. 41 d. lgs. 286/1998 dispone a sua volta che Ògli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonchŽ i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale,incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigentiÓ.

            Il raccordo tra le due norme rende palese che la finalitˆ perseguita dal legislatore  stata quella di innovare il quadro normativo previgente, riducendo la platea dei beneficiari delle prestazioni assistenziali e limitandola ai soli titolari di carta di soggiorno.

            Per quanto  riguarda la normativa internazionale e comunitaria invocata dal reclamato, l'art. 6 della Convenzione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) n. 97 del 1949 (ratificata e resa esecutiva dalla legge 2 agosto 1952, n. 1305) vincola gli Stati aderenti ad assicurare agli immigrati trattamenti in materia di sicurezza sociale non meno favorevoli di quelli riconosciuti ai propri cittadini, mentre l'art. 10 della Convenzione OIL n. 143 del 1975 (ratificata e resa esecutiva dalla legge 10 aprile 1981, n. 158) garantisce ai lavoratori migranti paritˆ di opportunitˆ e di trattamento anche in materia di sicurezza sociale.

            Fermo il principio costituzionale per cui il nostro ordinamento si adegua agli accordi internazionali e dunque anche alle convenzioni OIL, deve peraltro rilevarsi che da tali atti non nascono posizioni soggettive direttamente tutelabili dinanzi al giudice nazionale, poichŽ tali convenzioni stabiliscono degli obblighi cui il legislatore nazionale deve attenersi e non diritti soggettivi in capo agli stranieri.

            Del resto le convenzioni citate presuppongono la condizione di lavoratore (o, quanto meno, di aspirante lavoratore) dello straniero, mentre lo stesso reclamato afferma di non lavorare e di essere incollocabile al lavoro.

            Il reclamato invoca poi lĠart. 1 Regolamento CE n. 859/2003 del 14 maggio 2003 che dispone che le disposizioni del Regolamento CE 1408/71 e del Regolamento CE 574/72 si applicano anche ai  cittadini dei paesi terzi ed ai loro familiari purchŽ Òsiano in situazione di soggiorno legale nel territorio di uno stato membroÓ.           

            Il Regolamento CEE n. 1408/71 del 14 giugno 1971, di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale nazionale, si applica, secondo quanto indicato dallĠarticolo 4, paragrafo 1, alle legislazioni concernenti le prestazioni per invaliditˆ, vecchiaia e superstiti, alle prestazioni di malattia e maternitˆ, alle prestazioni familiari e per disoccupazione, agli assegni per morte nonchŽ alle prestazioni per infortuni sul lavoro e malattie professionali.

            La disciplina del Regolamento 1408/71  stata ampliata dal Regolamento CE 1247/1992 e poi dal Regolamento CE 647/2005, in vigore dal 5 maggio 2005 (e dunque applicabile ratione temporis alla fattispecie).

            Il Regolamento CE 1408/71 nel testo attualmente in vigore prevede una nuova disciplina in materia di prestazioni speciali in denaro non contributive secondo lĠorientamento espresso al riguardo dalla Corte di Giustizia delle Comunitˆ Europee, nelle sentenze Jauch dellĠ8 marzo 2001 nella causa C-215/99 e Leclere, Deaconescu del 31 maggio 2001 nella causa C-43/99.

            Tale nuova disciplina assimila lĠassegno per lĠassistenza personale e continuativa al titolare di pensione di inabilitˆ ad una prestazione per malattia in denaro, con la conseguenza che detto assegno deve essere corrisposto - ove ne sussistano i presupposti – al beneficiario, titolare di pensione di inabilitˆ, anche se residente in uno Stato membro diverso.

            LĠart. 1 del regolamento CE n. 859/2003 del 14 maggio 2003 invocato dal reclamato estende effettivamente  le previsioni dei regolamenti CEE 1408/71 e 574/72 (ed oggi del regolamento CE 547/05) ai cittadini di paesi terzi e ai loro familiari e superstiti, cui tali disposizioni non siano applicabili unicamente in ragione della loro nazionalitˆ e che si trovino in situazione di soggiorno legale nel territorio di uno Stato membro.

            Il medesimo articolo esclude peraltro espressamente tale estensione per le situazioni in cui non tutti gli elementi si collochino allĠinterno dello Stato medesimo.

            La portata della previsione  chiarita dal dodicesimo considerando, in cui si ribadisce che non opera lĠestensione in una situazione i cui elementi si collochino tutti allĠinterno di uno Stato membro e in cui la situazione del cittadino di un paese terzo presenta unicamente legami con un paese terzo e uno Stato membro.

            I regolamenti comunitari invocati dal reclamato non possono dunque trovare applicazione alla presente fattispecie, perchŽ, a quanto consta, la situazione del reclamato non presenta legami con altri paesi dellĠUnione Europea.

            Il reclamato invoca, infine, lĠAccordo di cooperazione Marocco – CE del 27 aprile 1976, oggi in realtˆ sostituito dallĠAccordo euromediterraneo che istituisce un'associazione tra le Comunitˆ europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, accordo approvato dalla Comunitˆ europea con decisione 2000/204/CE, entrato in vigore in data 1 marzo 2000 e ratificato dallĠItalia con legge 2 agosto 1999 n. 302.

            Ai sensi dellĠart. 65 di tale accordo Òfatte salve le disposizioni dei paragrafi seguenti, i lavoratori di cittadinanza marocchina ed i loro familiari conviventi godono, in materia di previdenza sociale, di un regime caratterizzato dall'assenza di qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza rispetto ai cittadini degli Stati membri nei quali essi sono occupati. L'espressione "previdenza sociale" copre gli aspetti della previdenza sociale attinenti alle prestazioni in caso di malattia e di maternitˆ, di invaliditˆ, di vecchiaia, di reversibilitˆ, le prestazioni per infortuni sul lavoro e per malattie professionali, le indennitˆ in caso di decesso, i sussidi di disoccupazione e gli prestazioni familiari. La presente disposizione, tuttavia, non pu˜ avere l'effetto di rendere applicabili le altre norme sul coordinamento previste dalla normativa comunitaria basata sull'articolo 51 del trattato CE, se non alle condizioni stabilite nell'articolo 67 del presente accordo.

            Detti lavoratori godono del cumulo dei periodi di assicurazione, di occupazione o di residenza maturati nei diversi Stati membri, per quanto riguarda le pensioni e le rendite di vecchiaia, d'invaliditˆ e di reversibilitˆ, le prestazioni familiari, le prestazioni in caso di malattia e di maternitˆ, nonchŽ delle cure per loro e per i loro familiari che risiedono nella ComunitˆÓ.

            Secondo lĠorientamento ormai consolidato della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, la nozione di   Òsicurezza socialeÓ contenuta negli Accordi euromediterranei (conclusi dallĠUnione europea, oltre che con il Marocco, con lĠEgitto, Israele, la Giordania, il Libano, la Tunisia e lĠAlgeria) - ed ancor prima negli Accordi di cooperazione che li hanno preceduti - deve essere intesa allo stesso modo dellĠidentica nozione contenuta nel regolamento Ce n. 1408/71.

            QuestĠultimo, dopo le citate modifiche apportate dal Regolamento CE 1247/1992  e dal Regolamento CE 647/2005, include  nella nozione di Òsicurezza socialeÓ le Òprestazioni speciali a carattere non contributivoÓ, tra cui quelle Òdestinate alla tutela specifica delle persone con disabilitˆÓ Òelencate nellĠallegato II bisÓ. Tale allegato, per quanto riguarda lÔItalia, menziona espressamente la pensione sociale, le prestazioni per gli invalidi civili, i sordomuti, i ciechi civili, lĠintegrazione al  minimo, lĠassegno sociale, la maggiorazione sociale.

            In particolare, con riferimento allĠaccordo di cooperazione tra le Comunitˆ Europee e lĠAlgeria del 1976, oggi sostituito dallĠAccordo euromediterrnaeo di Associazione,  la Corte di Giustizia ha affermato che Òper quanto riguardaÉ la nozione di previdenza sociale che figura in questa disposizione, dalla citata sentenza Krid (punto 32) e, per analogia, dalle citate sentenze Kziber (punto 25), Yousfi (punto 24) e Hallouzi-Choco (punto 25) risulta che essa va intesa allo stesso modo dellĠidentica nozione contenuta nel regolamento n. 1408/71. Ora dopo la modifica operata dal regolamento (Cee) del Consiglio 30/04/1992 n. 1247, il regolamento n. 1408/71 menziona esplicitamente allĠart. 4, n. 2 bis, lett. b ) (vedi anche lĠart. 10 bis, n. 1, e lĠallegato II bis di questo regolamento), le prestazioni destinate a garantire la tutela specifica dei minorati. Del resto, anche prima di questa modifica del regolamento n. 1408/71, costituiva giurisprudenza costante, sin dalla sentenza 28/5/1974, causa 187/73, Callemeyn (Racc. p. 553), che gli assegni per minorati rientravano nellĠambito di applicazione ratione materiae di questo regolamentoÉ Di conseguenza, il principio,É, dellĠaccordo, che vieta qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza nel campo della previdenza sociale dei lavoratori migranti algerini e dei loro familiari con essi residenti rispetto ai cittadini degli Stati membri in cui essi sono occupati comporta che le persone cui si riferisce questa disposizione possono aver diritto agli assegni per minorati alle stesse condizioni che devono essere soddisfatte dai cittadini degli Stati membri interessatiÓ (Corte Giustizia, 15 gennaio 1998, causa C-113/97, Henia Babahenini c. Stato Belga).

Tali principi sono stati ribaditi dalla Corte di Giustizia anche con specifico riferimento allĠAccordo euromediterraneo stipulato con il Marocco.

Infatti, in relazione alla normativa belga sul reddito minimo garantito per le persone anziane (prestazione assimilabile allĠassegno sociale italiano), che escludeva da tale provvidenza i cittadini  stranieri che giˆ non fossero titolari di una pensione di invaliditˆ o di reversibilitˆ, la Corte di Giustizia ha affermato che ÒlĠart. 65, n. 1, primo comma, dellĠAccordo euromediterraneo che istituisce unĠassociazione tra le Comunitˆ europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dallĠaltra, firmato a Bruxelles il 26 febbraio 1996 e approvato a nome delle dette Comunitˆ con la decisione del Consiglio e della Commissione 24 gennaio 2000, 2000/204/CE, CECA, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che lo Stato membro ospitante rifiuti di accordare il reddito minimo garantito per le persone anziane ad una cittadina marocchina che abbia raggiunto i 65 anni di etˆ e risieda legalmente nel territorio del detto Stato, qualora costei rientri nellĠambito di applicazione della succitata disposizione per avere essa stessa esercitato unĠattivitˆ di lavoro dipendente nello Stato membro di cui trattasi oppure a motivo della sua qualitˆ di familiare di un lavoratore di cittadinanza marocchina che  od   stato occupato in questo medesimo StatoÓ (Corte Giustizia, 20 marzo 2007, causa C-323/06 P,  Mamate El Youssfi c. Office National des Pensions).

            Non pu˜ pertanto essere condivisa la pronuncia della Corte di Cassazione, secondo cui Òl'assegno per il nucleo familiare, previsto dall'art. 65 della legge n. 448 del 1998, ha natura assistenziale in quanto attribuito secondo un criterio fondato sulla limitatezza del reddito della famiglia in correlazione alla composizione del nucleo familiare medesimo. Ne consegue che il beneficio non pu˜ essere riconosciuto ai lavoratori di nazionalitˆ tunisina, rispetto ai quali l'art. 65 dell'accordo del 17 luglio 1995 tra la Comunitˆ Europea e la Tunisia, ratificato con la legge n. 35 del 1997, ha previsto esclusivamente l'estensione dei benefici previdenziali, indicazione che, riferita espressamente all'attivitˆ professionale salariata, alle condizioni di lavoro, alla retribuzione, al licenziamento, nonchŽ a specifiche prestazioni connesse al rapporto di lavoro (quali le prestazioni in caso di malattia e di maternitˆ, di invaliditˆ, vecchiaia, reversibilitˆ, infortuni sul lavoro e malattie professionali, decesso e disoccupazione), non ricomprende la materia assistenzialeÓ (Cass., 29 settembre 2008, n. 24278)

Infatti, lĠinterpretazione del diritto comunitario, nel quale rientrano anche gli accordi di associazione euro-mediterranei, deve avvenire non in base alle nozioni proprie del diritto interno dei singoli paesi membri, bens“ in base alle nozioni proprie del Òdiritto comunitarioÓ sviluppate dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea.

La natura del presente procedimento, caratterizzato  dallĠurgenza e della sommarietˆ, non consente la proposizione di una questione  interpretativa alla Corte di Giustizia europea ex art. 234 del Trattato CE.

Si deve, infine,  precisare che, sempre secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, le norme dellĠAccordo euromediterraneo tra lĠUnione europea e il Marocco fondano posizioni soggettive direttamente tutelabili dinanzi al giudice nazionale (Corte Giustizia, 2 marzo 1999, causa C-146/96, Nour Eddline El-Yassini c. Secretary of State for the Home Department).

            Il reclamato, essendo titolare di regolare permesso di soggiorno fin dal 6 agosto 2001, ha dunque diritto, in quanto cittadino marocchino, al riconoscimento dellĠassegno di invaliditˆ civile in presenza di tutti e soli i requisiti richiesti per i cittadini italiani.

            Tale conclusione  del resto imposta anche da una lettura  costituzionalmente orientata della normativa applicabile alla fattispecie, alla luce delle recenti pronunce della Corte Costituzionale  30 luglio 2008, n. 306 e 23 gennaio 2009 n. 11 .

            Con la prima pronuncia la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimitˆ costituzionale dellĠart. 80 co. 19Ħ legge 23 dicembre 2000, n. 388 e dell'art. 9, co. 1Ħ d. lgs. 25 luglio 1998,n. 286,  come modificato dall'art. 9, co. 1Ħ legge 30 luglio 2002, n. 189 e poi sostituito dall'art. 1, co. 1Ħ d. lgs. 8 gennaio 2007, n. 3 nella parte in cui escludevano che l'indennitˆ di accompagnamento, di cui all'art. l legge 11 febbraio 1980, n. 18 potesse essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perchŽ in possesso dei requisiti di reddito giˆ stabiliti per la carta di soggiorno ed ora previsti, per effetto del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3  per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

            Con la seconda pronuncia la Corte Costituzionale ha dichiarato lĠillegittimitˆ costituzionale dellĠart. 80 co. 19Ħ legge 23 dicembre 2000, n. 388 e dell'art. 9, co. 1Ħ d. lgs. 25 luglio 1998,n. 286,  come modificato dall'art. 9, co. 1Ħ legge 30 luglio 2002, n. 189 e poi sostituito dall'art. 1, co. 1Ħ d. lgs. 8 gennaio 2007, n. 3 nella parte in cui escludevano che la pensione di inabilitˆ, di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 potesse essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perchŽ essi non risultavano in possesso dei requisiti di reddito giˆ stabiliti per la carta di soggiorno ed ora previsti, per effetto del d.lgs. n. 3 del 2007, per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

            Le due sentenze hanno fatto venir meno la necessitˆ – per il riconoscimento delle prestazioni di invaliditˆ civile - della titolaritˆ della carta di soggiorno (oggi permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo) ove tali documenti siano stati rifiutati esclusivamente per motivi attinenti al reddito.           

I principali motivi che hanno condotto la Corte Costituzionale alla pronuncia di illegittimitˆ costituzionale nelle due sentenze citate – e cio la intrinseca irragionevolezza del complesso normativo censurato e la disparitˆ di trattamento che esso determina tra cittadini e stranieri legalmente e non occasionalmente soggiornanti in Italia – sussistono a maggior ragione anche con riguardo allĠassegno di invaliditˆ.

Mentre, infatti, l'indennitˆ di accompagnamento  concessa per il solo fatto della minorazione, senza che le condizioni reddituali vengano in alcun modo in rilievo, il riconoscimento dellĠassegno di invaliditˆ, al pari della pensione di inabilitˆ,  precluso dalla titolaritˆ di un reddito superiore ad un minimo fissato dalla legge. La subordinazione dell'attribuzione di tale prestazione al possesso, da parte dello straniero, di un titolo di soggiorno il cui rilascio presuppone il godimento di un reddito, rende ancor pi evidente l'intrinseca irragionevolezza del complesso normativo.

            Le due pronunce non hanno peraltro minimamente toccato la previsione che condiziona il riconoscimento delle prestazioni di invaliditˆ civile ad un cittadino extracomunitario ad una permanenza stabile allĠinterno dello Stato italiano. 

            In particolare nella sentenza 30 luglio 2008 n. 308 la Corte Costituzionale ha affermato che Òal legislatore italiano  certamente consentito dettare norme, non palesemente irragionevoli e non contrastanti con obblighi internazionali, che regolino l'ingresso e la permanenza di extracomunitari in Italia (da ultimo, sentenza n.148 del 2008).E' possibile, inoltre, subordinare, non irragio-nevolmente, l'erogazione di determinate prestazioni – non inerenti a rimediare a gravi situazioni di urgenza – alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nel territorio dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata; una volta, per˜, che il diritto a soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece ai cittadini.      

Le disposizioni censurate sono, pertanto, illegittime nella parte in cui – oltre ai requisiti sanitari e di durata del soggiorno in Italia e comunque attinenti alla persona, giˆ stabiliti per il rilascio della carta di soggiorno ed ora (per effetto del d.lgs. n. 3 del 2007) del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, non sospettati di illegittimitˆ dal remittente – esigono, ai fini dell'attribuzione dell'indennitˆ di accompagnamento, anche requisiti reddituali, ivi compresa la disponibilitˆ di un alloggio, avente le caratteristiche indicate dal nuovo testo dell'art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998Ó.

            Nella specie, peraltro, come giˆ evidenziato, il reclamato  titolare di permesso di soggiorno fin dallĠagosto 2001.

            Per quanto riguarda il requisito reddituale e la situazione di incollocazione (che per pacifica giurisprudenza costituiscono non meri requisiti di erogazione della prestazione, ma elementi costitutivi del diritto, della cui prova  onerato il richiedente: Cass., 11 dicembre 2002, n. 17664; Cass., 3 aprile 2001, n. 4910; Cass., 23 dicembre 1999, n. 14509), risulta agli atti la valutazione della competente commissione della ASL n. 3 Genovese che in data 7 maggio 2008 ha ritenuto il reclamato, pur se invalido soltanto al 75%, non collocabile al lavoro.

            Quanto al requisito reddituale, sulla base delle risultanze della banca dati dellĠAgenzia delle Entrate prodotti dallĠINPS, il reclamato risulta aver percepito redditi superiori al limite di legge soltanto nellĠanno 2006.  Ci˜  preclude il riconoscimento dellĠassegno di invaliditˆ per tutto lĠanno 2007 (giacchŽ ai sensi del Decreto  del Ministro dell'Interno 31 ottobre  1992,  n. 553,  emanato  in attuazione della delega di cui all'art.  3 legge 29 dicembre 1990 n. 407, la situazione  reddituale rilevante a fini   della prestazione per cui  causa  quella  riferita all'anno precedente a quello di corresponsione della provvidenza).

            Dalle medesime risultanze emerge peraltro la sussistenza del requisito reddituale per gli anni successivi.

            Sussiste dunque il fumus  del diritto del reclamato allĠassegno di invaliditˆ civile a decorrere dal 1 gennaio 2008.     

            Quanto al requisito del periculum risulta agli atti, come giˆ evidenziato, la valutazione della competente commissione della ASL n. 3 Genovese che in data 7 maggio 2008 ha ritenuto il reclamato, pur se invalido soltanto al 75%, non collocabile al lavoro.

            Come giˆ ritenuto dal Giudice di prime cure, il reclamato, non potendo svolgere alcuna attivitˆ lavorativa, da un lato  privo di qualsiasi fonte di sostentamento, dallĠaltro, non essendo titolare di redditi,  rischia di non vedersi rinnovare il permesso di soggiorno, scadente il 24 aprile 2009.

            Quanto infine alle spese di lite, deve rilevarsi che il presente provvedimento cautelare ha natura anticipatoria, assicurando anticipatamente almeno parte degli effetti della futura sentenza di merito.

Al proposito il legislatore della riforma, aggiungendo tre nuovi commi allĠart.669 octies c.p.c., ha eliminato  il vincolo di necessaria strumentalitˆ del procedimento cautelare rispetto al giudizio di merito.

Il 6Ħ co. dellĠart. 669 octies c.p.c. prevede infatti che le disposizioni di cui ai precedenti commi e al primo comma dellĠarticolo 669 novies (che disciplinano il rapporto tra il procedimento cautelare e il giudizio di merito) non si applichino ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dellĠarticolo 700 e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile o da leggi speciali, nonchŽ ai provvedimenti emessi a seguito di denunzia di nuova opera o di danno temuto ai sensi dellĠarticolo 688, salva la facoltˆ di ciascuna parte di iniziare il giudizio di merito.

Tale innovazione conferisce una sostanziale autonomia al procedimento cautelare.

Corollario logico dellĠautonomia conferita dalla norma ai provvedimenti cautelari in parola  la loro insensibilitˆ alle vicende del giudizio di merito facoltativamente promosso, la cui estinzione in nessun caso ne comporterˆ lĠinefficacia (settimo comma).

            La modifica dellĠart.669 octies c.p.c. avrebbe in realtˆ richiesto un intervento sulla disciplina delle spese.

Invece la riforma non ha modificato lĠart.669 septies c.p.c., che  prevede la pronuncia sulle spese soltanto in caso di ordinanza di rigetto o di incompetenza e  non anche (a differenza di quanto stabilito dallĠart. 23 d.lgs. n. 5/03) in caso di emissione di un provvedimento anticipatorio.

La norma ben si armonizzava con la precedente disciplina del procedimento cautelare, posto che, in caso di accoglimento del ricorso, lĠonere delle spese era sempre regolato dalla sentenza che definiva il giudizio di merito, da instaurare obbligatoriamente nel termine previsto dalla legge o fissato dal giudice.

Avendo il legislatore reso solo eventuale, nei casi sopra esaminati, il giudizio di merito, la mancata previsione di una pronuncia sulle spese costituisce una evidente lacuna, che deve essere colmata in via interpretativa, mediante lĠapplicazione del principio generale per il quale la condanna alle spese della parte soccombente deve essere contenuta in qualsiasi provvedimento, ancorchŽ adottato sotto forma di ordinanza o di decreto, che presenti il carattere di definitivitˆ rispetto al processo o alla fase in cui  reso.

Ovviamente si potrebbe al contrario ritenere che la mancata previsione nellĠart. 669 octies c.p.c. di una pronuncia sulle spese in caso di emissione di un provvedimento anticipatorio, a differenza di quanto previsto per lĠart. 23 d.lgs. n. 5/03, precluda una pronuncia sulle spese.

Tale tesi per˜ non convince, sia perch si pone in contrasto con il giˆ richiamato principio, recepito dalla Corte di Cassazione, secondo cui lĠart. 91 c.p.c. in materia di pronuncia del giudice sulle spese del procedimento  principio generale applicabile ogniqualvolta vi sia un provvedimento potenzialmente definitivo (esattamente come lo sono i nuovi cautelari anticipatori), sia perchŽ urta con il principio di economia dei giudizi, che  impone di  evitare inutili duplicazioni di procedimenti o giudizi di merito diretti soltanto alla liquidazione delle spese processuali della fase cautelare.   

In base a tale principio giˆ sotto il vigore della previgente disciplina si riteneva che in caso di dichiarazione della cessazione della materia di cessazione della materia del contendere dovesse farsi luogo anche la liquidazione delle spese secondo il criterio della soccombenza virtuale (cfr. Cass., 24 settembre 1994, n. 7847).

         Deve pertanto disporsi anche sulle spese di lite.

         La novitˆ e la complessitˆ della questione giustificano la compensazione per metˆ tra le parti delle spese di lite, spese che per la frazione residua seguono la soccombenza e, comprensive anche del giudizio davanti al primo giudice,  si liquidano come in dispositivo, con distrazione in favore dei difensori del reclamato, antistatari.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il reclamo.

Compensa per metˆ tra le parti le spese di lite.

            Condanna lĠINPS a rifondere al reclamato la frazione  residua delle spese, frazione che  liquida in complessivi Û 500,00 per diritti, Û 500,00 per onorari, oltre rimborso spese generali, CPA ed IVA, con distrazione in favore degli avv. Faure e Fiorini.

            Genova, 3 giugno 2009

                                                                                                         Il Presidente est.