CONSIGLIO DĠEUROPA
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELLĠUOMO
SECONDA SEZIONE
CASO CHERIF ED ALTRI c/ITALIA
(Ricorso n. 1860/07)
SENTENZA
STRASBURGO
7 aprile 2009
La presente sentenza diverr definitiva alle
condizioni definite nellĠarticolo 44 ¤ 2 della Convenzione. Pu subire
variazioni di forma.
Traduzione in
lingua italiana
a cura del Ministero della Giustizia
Nel caso Cherif ed altri
c/Italia,
La Corte europea dei
diritti dellĠuomo (seconda sezione), costituita in una camera composta da:
Franoise
Tulkens, presidente,
Ireneu
Cabral Barreto,
Vladimiro
Zagrebelsky,
Danutė
Jočienė,
Dragoljub
Popović,
Andrs
Saj,
Nona
Tsotsoria, giudici,
e da Franoise
Elens-Passos, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo aver deliberato
in camera di consiglio il 10 marzo 2009,
Pronuncia la
seguente sentenza, adottata in questa data:
PROCEDIMENTO
1. AllĠorigine della causa vi
un ricorso (n. 1860/07) nei confronti della Repubblica italiana con cui due
cittadini tunisini, i sigg. Foued Ben Fitouri Cherif e Kais Cherif, e una
cittadina italiana, la sig.ra Sonia Brusadelli (Ç i ricorrenti È), hanno
adito la Corte il 10 gennaio 2006 in virt dellĠarticolo 34 della Convenzione
per la salvaguardia dei diritti dellĠuomo e delle libert fondamentali
(Ç la Convenzione È).
2. I ricorrenti sono
rappresentati dallĠAvv. A. Ballerini, del foro di Genova. Il governo
italiano (Ç il Governo È) rappresentato dal
suo agente, sig.ra E. Spatafora, e dal suo co-agente, sig. N.
Lettieri.
3. I ricorrenti invocano una
violazione del loro diritto di ricorso individuale e adducono che la messa in esecuzione
della decisone di espellere il primo ricorrente ha violato gli articoli 3, 6,
8, 13 e 34 della Convenzione e lĠarticolo 1 del Protocollo n. 7.
4. Il 13 marzo 2007, il
presidente della seconda sezione ha deciso di comunicare il ricorso al Governo.
Come consentito dallĠarticolo 29 ¤ 3 della Convenzione, stato
inoltre deciso che la Camera si sarebbe pronunciata contestualmente
sullĠammissibilit e sul merito della causa.
IN FATTO
I. LE
CIRCOSTANZE DEL CASO
5. Il primo ricorrente un cittadino
tunisino nato nel 1970 e attualmente residente in Tunisia. La ricorrente la
moglie del primo ricorrente. Cittadina italiana, essa nata nel 1964 e risiede
a Dazio (Sondrio). Il secondo ricorrente il fratello del primo ricorrente. EĠ
un cittadino tunisino. La sua data di nascita e il suo luogo di residenza non
sono noti.
A. L'espulsione
del primo ricorrente
6. Nel gennaio 1993, il primo
ricorrente si stabil in Italia. And a vivere con la ricorrente, con la quale
si spos il 24 maggio 1996 ed ebbe tre figli, nati rispettivamente lĠ11
dicembre 1996, il 28 agosto 2001 e il 21 giugno 2004. Ottenne un regolare
permesso di soggiorno.
7. I ricorrenti affermano che il
primo ricorrente non mai stato accusato di alcun reato in Italia. Egli
sarebbe stato invece condannato in contumacia ad otto anni di reclusione dal
tribunale militare di Tunisi. I ricorrenti non hanno prodotto copia della
sentenza.
8. Il 13 luglio 2005, agenti
della Questura di Sondrio perquisirono lĠabitazione del primo ricorrente. Dal
verbale della perquisizione risulta che informazioni provenienti da una Ç fonte
confidenziale attendibile È inducevano a ritenere che lĠinteressato detenesse
illegalmente armi, munizioni o materie esplosive. Tuttavia, nessuno di questi
oggetti fu rinvenuto nella sua abitazione.
9. Con decreto del 4 gennaio
2007, il ministro dellĠinterno ordin lĠespulsione del primo ricorrente verso
la Tunisia, in applicazione delle disposizioni del decreto-legge del 27 luglio
2005 n. 144 (decreto recante Çmisure
urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale È, e convertito nella
legge del 31 luglio 2005 n. 155). Osservando che Ç dagli atti risultava È
che il primo ricorrente aveva contatti continui con elementi di spicco dellĠintegralismo
islamico in Italia che avevano preso parte a progetti terroristici, il ministro
spieg che, tenuto conto dellĠÇ attuale contesto del terrorismo di tipo
islamico È, aveva motivi di ritenere che il primo ricorrente potesse, con la
sua presenza in Italia, prestare assistenza ad organizzazioni o ad attivit
terroristiche.
10. Il ministro precis che il primo
ricorrente sarebbe potuto tornare in Italia solo in virt di unĠautorizzazione
ministeriale ad hoc e
che la Questura di Sondrio era incaricata dellĠesecuzione del decreto di
espulsione. Inoltre, egli comunic che il decreto poteva essere impugnato
dinanzi al tribunale amministrativo (Ç TAR È) del Lazio entro sessanta
giorni.
11. Il 4 gennaio 2007, verso le
ore 16.00, il primo ricorrente fu fermato dalla polizia e condotto in Questura
a Milano, dove si vide notificare il decreto di espulsione e unĠordinanza con
la quale il questore di Sondrio revocava il permesso di soggiorno a tempo
indeterminato concesso al ricorrente il 19 gennaio 2000. La decisione poteva
essere impugnata dinanzi al TAR del Lazio entro sessanta giorni.
12. Prima di essere condotto in
Questura, il primo ricorrente avrebbe telefonato alla ricorrente, informandola di
essere stato fermato dalla polizia. Questa avrebbe cercato poi pi volte di
contattarlo, ma invano. Sarebbe riuscita a parlare con lui solo la sera, quando
egli era sulla strada per lĠaeroporto, dove sarebbe stato imbarcato per essere
rimpatriato.
13. Stando a quanto riferito dalla
ricorrente in merito a quella telefonata, il primo ricorrente avrebbe
supplicato di non essere rimpatriato, spiegando di temere per la sua vita, e
avrebbe chiesto di contattare un avvocato. Qualcuno gli avrebbe risposto che
non si poteva fare niente, poi la comunicazione sarebbe stata interrotta.
14. Questa versione dei fatti
contestata dal Governo, il quale ha prodotto una nota della Questura di Sondrio
risalente al 3 luglio 2007. Secondo tale nota, dopo avere notificato al primo
ricorrente il decreto di espulsione, il personale della questura gli avrebbe
chiesto se desiderava contattare qualcuno prima che fosse eseguita
lĠespulsione. LĠinteressato avrebbe telefonato due volte alla ricorrente. A
quel punto, gli avrebbero chiesto se avesse bisogno di altro. Egli avrebbe
risposto di no, aggiungendo soltanto che alcuni dei suoi effetti personali ed
una certa somma di denaro dovevano essere consegnati alla moglie. Infine, una
volta giunti allĠaeroporto di Milano, egli avrebbe telefonato una terza volta
alla ricorrente.
15. Verso le ore 21.10, la ricorrente
avrebbe presentato una domanda di asilo politico a nome del marito. La domanda
non fu esaminata in quanto il primo ricorrente era gi imbarcato su un volo con
destinazione Tunisi, che decollava alla ore 21.20. Tuttavia, il suo nome non
figurava nellĠelenco dei passeggeri di quel volo e nessun lasciapassare era
stato rilasciato a suo nome. Al riguardo, i ricorrenti fanno notare che il
passaporto del primo ricorrente non era pi valido, in quanto le autorit
tunisine si rifiutavano da tempo di rinnovarlo.
16. Stando ai ricorrenti, la
polizia di Milano avrebbe esercitato pressioni sul primo ricorrente,
invitandolo a Ç collaborare È.
17. Il 5 gennaio 2007, un agente
della Questura di Sondrio avrebbe detto alla ricorrente: Ç per noi,
Signora, Suo marito libero; la Digos di Milano gli ha chiesto di collaborare e lui non
ha dato la risposta che ci si aspettavaÈ.
18. Il primo ricorrente giunse a
Tunisi in compagnia di un altro cittadino tunisino, di cui si ignora il nome. Questi
non fu privato della libert. Secondo i ricorrenti, il sig. Cherif, invece, fu
incarcerato e torturato fino al 15 gennaio 2007 nei locali del ministero degli
Affari interni di Tunisi.
19. Il 22 gennaio 2007, i
ricorrenti hanno comunicato che il primo ricorrente era detenuto nel penitenziario
civile di Tunisi, dove era stato posto Ç sotto la responsabilit È delle
autorit militari, e che i suoi familiari non avevano alcun contatto con lui.
20. La famiglia del primo
ricorrente avrebbe nominato un avvocato per rappresentarlo in Tunisia. Tuttavia,
lĠavvocato non sarebbe riuscito ad ottenere copia degli atti del procedimento
n a conoscere esattamente le accuse elevate contro il suo cliente.
21. Nel frattempo, lĠ11 gennaio 2007,
la ricorrente e il secondo ricorrente avevano presentato alla Corte unĠistanza
di misura cautelare in virt dellĠarticolo 39 del regolamento. Essi chiedevano
che lĠItalia fosse invitata a produrre garanzie in merito al rispetto della
vita e dellĠintegrit fisica del primo ricorrente ed a fare ogni sforzo per ottenere
la sua immediata scarcerazione, il suo ritorno in Italia, nonch la possibilit
per lui di nominare un avvocato di fiducia in Tunisia e di comunicare con la
famiglia. Il 12 gennaio 2007, gli avvocati dei ricorrenti furono informati che la
loro istanza era stata rigettata. Altre istanze volte ad ottenere la misura
dĠurgenza della sospensione del decreto di espulsione, presentate il 23 maggio
e il 2 luglio 2007, non furono ritenute rientranti nel campo di applicazione
dellĠarticolo 39 e quindi non furono portate allĠattenzione del presidente
della camera per la decisione.
22. In data imprecisata, la
ricorrente ad il tribunale amministrativo regionale (Ç TAR È) del
Lazio al fine di ottenere lĠannullamento del decreto di espulsione e della
revoca del permesso di soggiorno del marito. Essa chiese inoltre la sospensione
dellĠesecuzione delle decisioni controverse. Con ordinanza del 26 aprile 2007,
il TAR del Lazio rigett la domanda di sospensione. Esso osserv in primo luogo
che la ricorrente non sembrava avere il locus standi per impugnare atti riguardanti il marito
e che questĠultimo non aveva nominato un avvocato per rappresentarlo; in
secondo luogo, che il primo ricorrente era detenuto a Tunisi, il che rendeva
impossibile, allo stato, il suo ritorno in Italia; infine, che lĠinteresse
dello Stato a tutelare la sicurezza nazionale sembrava destinato a prevalere
sullĠinteresse particolare dei ricorrenti. LĠesito del ricorso per annullamento
dinanzi al TAR non noto.
23. In una nota del 2 luglio 2007,
il ministero dellĠinterno precis che, contrariamente a quanto affermato dai
ricorrenti (si veda il precedente paragrafo 7), il primo ricorrente aveva numerosi
precedenti giudiziari in Italia. In particolare, con sentenza dellĠ11 aprile
1996, in seguito passata in giudicato, il tribunale di Milano lo aveva
condannato a dieci mesi di reclusione per detenzione di stupefacenti; il 22
marzo 1999, lo stesso tribunale aveva pronunciato una condanna ad un anno e un
mese di reclusione per detenzione e spaccio di stupefacenti. QuestĠultima
condanna era divenuta definitiva il 17 gennaio 2004, e la sospensione condizionale
della pena, concessa in occasione della prima condanna, era stata revocata.
Inoltre, nel giugno 1999 e nel luglio 2001, il ricorrente era stato arrestato e
perseguito per oltraggio e resistenza a un pubblico ufficiale; nel 1997 e nel
2002, nei suoi confronti erano stati avviati dei procedimenti per rissa,
lesioni personali, danneggiamento di cose altrui e porto abusivo di un oggetto
suscettibile di essere usato come arma.
24. In una nota del 4 luglio 2007,
lo stesso ministero comunic che la pericolosit del primo ricorrente era stata
dedotta dal fatto che, dal 2002, egli frequentava numerosi cittadini stranieri
coinvolti in vicende oggetto di inchieste giudiziarie.
B. Le
assicurazioni diplomatiche ottenute dalle autorit italiane
25. Il 29 agosto 2008,
l'Ambasciata d'Italia a Tunisi invi al ministero degli Affari esteri tunisino
una nota verbale (n. 3124) nella quale chiese assicurazioni diplomatiche. Il
contenuto di detta nota riportato nella sentenza Soltana c/Italia, n. 37336/06, ¤ 19, 24 marzo 2009.
26. Il 5 novembre 2008, le
autorit tunisine fecero pervenire la loro risposta, firmata dallĠavvocato
generale presso la direzione generale dei servizi giudiziari. Nelle parti
pertinenti, la risposta recita come segue:
Ç Nella nota verbale del 29 agosto
2008, come integrata dalla nota verbale del 4 settembre 2008, lĠambasciata
dĠItalia a Tunisi ha richiesto, dalle autorit tunisine, le assicurazioni, di
seguito elencate, relative ai cittadini tunisini (É) Foued CHERIF [ed altri],
espulsi verso la Tunisia. (É)
II. Per quanto riguarda Foued CHERIF, le
autorit tunisine fanno notare che, in seguito alla sua espulsione verso la
Tunisia, egli stato tradotto in giustizia per reati di terrorismo consistiti
nellĠadesione, fuori del territorio della repubblica tunisina, ad unĠintesa
finalizzata alla perpetrazione di reati di terrorismo e alla raccolta di fondi
che egli [sa] essere destinati a finanziare persone, organizzazioni e attivit
terroristiche.
L'interessato ha formato
oggetto di un processo equo durante il quale ha potuto far valere tutti i suoi
mezzi difensivi. EĠ stato riconosciuto colpevole di concessione di contributi in
denaro ai membri di unĠassociazione per delinquere e condannato, per questa
imputazione, ad un anno di reclusione. Nei suoi confronti stato pronunciato un
non luogo a procedere per il reato di adesione ad unĠorganizzazione
terroristica.
Foued CHERIF stato
scarcerato nel gennaio del 2008, dopo [avere scontato la pena inflittagli]. EĠ
da notare che egli ha beneficiato, nellĠistituto penitenziario, di un programma
di sostegno psicologico e di un programma di riabilitazione che gli ha
consentito di imparare un mestiere favorendo cos il suo reinserimento nella
societ.
(...)
La garanzia del
diritto di ricevere visite:
Se lĠarresto degli
interessati [] deciso dallĠautorit giudiziaria competente, essi beneficeranno
dei diritti garantiti ai detenuti dalla legge del 14 maggio 2001 relativa
allĠorganizzazione delle carceri. Questa legge sancisce il diritto di ogni
detenuto di ricevere la visita dellĠavvocato incaricato della sua difesa, senza
la presenza di un agente penitenziario, nonch la visita dei familiari. Se il
loro arresto [] deciso, gli interessati beneficeranno di questo diritto
conformemente alla regolamentazione in vigore e senza alcuna restrizione.
Per quanto riguarda
la domanda di visita agli interessati da parte degli avvocati che li
rappresentano nel procedimento in corso dinanzi alla Corte europea dei diritti
dellĠuomo, le autorit tunisine osservano che una tale visita non pu essere
autorizzata in assenza di una convenzione o di un quadro legale interno che la
autorizzi.
Infatti la legge
relativa alle carceri determina le persone abilitate ad esercitare questo
diritto: si tratta segnatamente dei familiari del detenuto e del suo avvocato
tunisino.
La Convenzione di
assistenza giudiziaria conclusa tra la Tunisia e lĠItalia il 15 novembre 1967
non prevede la possibilit, per gli avvocati italiani, di fare visita a
detenuti tunisini. Tuttavia, gli interessati potranno, se lo desiderano,
incaricare avvocati tunisini di fiducia [di] fare loro visita e di procedere,
con gli omologhi italiani, al coordinamento delle loro azioni nella
preparazione degli elementi della difesa dinanzi alla Corte europea dei diritti
dellĠuomo.
(...) È.
C. La rappresentanza
dei ricorrenti dinanzi alla Corte
27. Al momento della
presentazione del ricorso (10 gennaio 2007), la ricorrente e il secondo
ricorrente avevano firmato una procura a favore di due avvocati del foro di
Milano, Avv. S. Clementi e B. Manara. Nessuna procura era stata firmata dal
primo ricorrente, il quale, allĠepoca, era appena stato espulso verso la Tunisia.
Il modulo di ricorso era firmato dagli Avv. Clementi e Manara.
28. Con fax del 2 aprile 2007,
lĠAvv. A. Ballerini inform la Corte di essere la nuova rappresentante dei
ricorrenti e che tutta la corrispondenza relativa al presente ricorso doveva
essere inviata al suo studio a Genova. Con missiva del 13 aprile 2007, la
cancelleria della Corte trasmise allĠAvv. Ballerini un modulo di procura,
invitandola a farlo pervenire alla Corte, debitamente compilato, al pi presto.
Contestualmente, la cancelleria inform gli Avv. Clementi e Manara del fax
dellĠAvv. Ballerini e precis che, salvo loro diversa indicazione, si sarebbe
ritenuto che solo questĠultima rappresentasse i ricorrenti. Gli Avv. Clementi e
Manara non fecero pervenire alcuna risposta.
29. Con fax del 27 aprile 2007, lĠAvv.
Ballerini fece pervenire alla cancelleria della Corte una procura a suo favore
firmata dalla ricorrente. Il primo e il secondo ricorrente non firmarono alcuna
procura simile.
30. In seguito, lĠAvv. Ballerini
produsse il seguente documento, datato 9 febbraio 2007, in calce al quale
appare una firma illeggibile:
Ç Io sottoscritto Foued Ben Fitouri
Cherif, nato a Tunisi il 31 maggio 1970, nomino come avvocato di fiducia lĠAvv.
Alessandra Ballerini del foro di Genova affinch mi rappresenti e mi difenda
dinanzi al TAR [del] Lazio relativamente alla revoca del [mio] permesso di
soggiorno e [alla mia] espulsione dall'Italia. Eleggo domicilio presso il suo
studio sito a Genova, Salita Viale n. 5-2. È
IN DIRITTO
I. SUL
RICORSO PRESENTATO A NOME DEL PRIMO RICORRENTE
31. La Corte osserva innanzitutto
che il modulo di ricorso stato compilato anche a nome del primo ricorrente,
il quale sosterrebbe che la messa in esecuzione della decisione di espellerlo
ha violato gli articoli 3, 6, 8, 13 e 34 della Convenzione e 1 del Protocollo
n. 7.
32. Il Governo contesta le
summenzionate doglianze.
33. Esso argomenta in primo luogo
che il primo ricorrente non ha mai incaricato un avvocato di rappresentarlo
dinanzi alla Corte. Infatti, il presente ricorso stato presentato unicamente
dalla moglie e dal fratello (la ricorrente e il secondo ricorrente), i quali
non avevano il potere di rappresentarlo. Il Governo informa in secondo luogo
che il giorno dellĠespulsione, la notifica del decreto ministeriale stata
effettuata alle ore 16.00, mentre il volo per Tunisi sul quale stato
imbarcato il primo ricorrente decollava solo alle ore 21.20. LĠinteressato
avrebbe quindi avuto oltre cinque ore di tempo per richiedere i servizi di un
avvocato.
34. I ricorrenti affermano che il
primo ricorrente stato condotto con la forza in questura a Milano, dove non
ha avuto la possibilit di contattare un avvocato di fiducia. Sarebbe poi stato
portato allĠaeroporto per essere espulso. Una persona presentatasi come un
ispettore di polizia avrebbe del resto telefonato alla ricorrente e le avrebbe
detto che era inutile chiamare un avvocato, in quanto il primo ricorrente era
stato espulso. La rappresentante dei ricorrenti dinanzi alla Corte avrebbe
chiesto alle autorit tunisine lĠautorizzazione a fare visita al primo
ricorrente nel penitenziario di Tunisi, ma lĠautorizzazione le sarebbe stata
rifiutata, cos come ai funzionari dellĠambasciata dĠItalia a Tunisi. Solo la
ricorrente avrebbe potuto vedere suo marito in Tunisia, e sarebbe cos che essa
avrebbe ottenuto una procura firmata dallĠinteressato in sua presenza. Il tenore
di tale procura figura al precedente paragrafo 30.
35. La Corte rammenta che, ai
sensi dellĠarticolo 36 ¤ 1 del suo regolamento, Ç [l]e persone fisiche (...)
possono inizialmente presentare ricorsi sia personalmente sia tramite un
rappresentante È. Inoltre, dopo la notifica del ricorso alla Parte contraente
convenuta, il ricorrente deve essere rappresentato da un legale abilitato
allĠesercizio della professione in una qualsiasi delle Parti contraenti e
residente nel territorio di una di esse, salvo diversa decisione del presidente
della Camera (si vedano i paragrafi 2 e 4 a) dellĠarticolo 36 succitato).
Infine, ogni ricorso formulato in virt dellĠarticolo 34 della Convenzione deve
essere presentato per iscritto e firmato dal ricorrente o dal suo
rappresentante; qualora il ricorrente sia rappresentato, il suo o i suoi
rappresentanti devono produrre una procura scritta (articolo 45 ¤¤ 1 e 3 del
regolamento della Corte).
36. Nel caso di specie, nessuno
dei ricorrenti ha presentato il suo ricorso personalmente ; gli
interessati sono infatti passati tramite uno o pi rappresentanti: in un primo
momento, gli Avv. Clementi e Manara, poi, a partire dallĠaprile 2007, lĠAvv.
Ballerini. Pertanto, questi rappresentanti erano tenuti a produrre una procura
scritta firmata dai loro clienti.
37. Ora, le sole procure scritte
relative al procedimento dinanzi alla Corte pervenute in cancelleria sono state
firmate dalla ricorrente e dal secondo ricorrente (in realt, questĠultimo si
limitato a nominare gli Avv. Clementi e Manara). Nessuna procura analoga
stata presentata a nome del primo ricorrente (si vedano i precedenti paragrafi
27 e 29).
38. La Corte non pu condividere
la tesi del Governo secondo la quale lĠinteressato disponeva del tempo e delle opportunit
necessarie per cercare e nominare un rappresentante nelle poche ore successive
al suo fermo per accertamenti e precedenti la messa in esecuzione della
decisione di espellerlo. Al riguardo, essa rammenta che, il 4 gennaio 2007, il
primo ricorrente stato condotto in Questura a Milano verso le ore 16.00 (si
veda il precedente paragrafo 11) ed stato imbarcato su un volo con
destinazione Tunisi, decollato alle ore 21.20 (si veda il precedente paragrafo
15). Egli si quindi trovato in una situazione che deve avere percepito come
drammatica e senza essere introdotto agli arcani delle procedure giudiziarie.
Pertanto, non gli si pu rimproverare di non avere pensato, in cos poco tempo,
ad intraprendere i passi giuridici che gli avrebbero consentito di essere
rappresentato da un legale dinanzi alla Corte.
39. Lo stesso dicasi, tuttavia,
per il periodo successivo alla messa in esecuzione dellĠespulsione. Dalle
assicurazioni diplomatiche fornite dalle autorit tunisine risulta infatti che
in prigione il sig. Foued Cherif avrebbe avuto la possibilit di ricevere
visite dal suo avvocato e dai suoi familiari (si veda il precedente paragrafo 26). Infatti, la stessa
ricorrente ammette di avere potuto incontrare il marito nel penitenziario di
Tunisi. Essa avrebbe anche ottenuto, il 9 febbraio 2007, una procura firmata
dallĠinteressato. Tuttavia, detta procura riguarda soltanto il procedimento
dinanzi al TAR e non menziona il procedimento dinanzi alla Corte (si veda il
precedente paragrafo 30).
40. Inoltre, come indicato dalle
autorit tunisine senza che i ricorrenti lo contestino, il primo ricorrente
stato scarcerato nel gennaio 2008 (si veda il precedente paragrafo 26). A
partire da quel momento, niente gli impediva di contattare la moglie o
lĠavvocatessa italiana che lo rappresentava e di far loro pervenire, per posta
o via fax, una procura scritta.
41. La Corte attribuisce
importanza anche al fatto che, dallĠaprile 2007, la cancelleria di Strasburgo
aveva invitato lĠAvv. Ballerini a produrre una procura debitamente compilata e
firmata dai suoi clienti (si veda il precedente paragrafo 28). Inoltre,
lĠAvv. Ballerini ha ricevuto una copia delle osservazioni del Governo, il quale
eccepiva lĠassenza di una procura riguardante il primo ricorrente. Essa non ha
tuttavia prodotto una tale procura, ma si limitata a fare pervenire in
cancelleria il documento del 9 febbraio 2007, non valido ai fini della
rappresentanza dinanzi alla Corte (si vedano i precedenti paragrafi 30 e 39).
42. Pertanto, la Corte ritiene
che il primo ricorrente non intenda pi mantenere il suo ricorso e/o che non sia
pi necessario proseguirne lĠesame ai sensi dellĠarticolo 37 ¤ 1 a) e/o c) della
Convenzione (si vedano, mutatis mutandis, Fitzmartin ed altri (dec.), n. 34953/97 ed altre, 21 gennaio 2003).
Del resto, il rispetto dei diritti dellĠuomo sanciti dalla Convenzione e dai
suoi Protocolli non richiede il proseguimento dellĠesame di detto ricorso. Al
riguardo, opportuno notare che le questioni da esso sollevate sono gi state
affrontate dalla Grande Camera nel caso Saadi c/Italia (n. 37201/06, 28 febbraio 2008) e da
sentenze di camera in diversi casi simili (si veda, ad esempio, Ben Khemais
c/Italia, n. 246/07,
24 febbraio 2009).
43. Ne consegue che, ai sensi
dellĠarticolo 37 ¤ 1 a) e/o c) della Convenzione, opportuno cancellare il
caso dal ruolo nella misura in cui stato presentato dal primo ricorrente.
II. SULLĠADDOTTA
VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI 3, 6, 13 E 34 DELLA CONVENZIONE E 1 DEL PROTOCOLLO N.
7
44. La ricorrente e il secondo
ricorrente adducono che lĠespulsione del primo ricorrente stata eseguita
nonostante che questi rischiasse di essere sottoposto a trattamenti inumani in
Tunisia. Inoltre, essi adducono che il primo ricorrente stato vittima in
Tunisia di un diniego di giustizia; essi contestano la motivazione del decreto
di espulsione del 4 gennaio 2007 e sostengono che era impossibile per il primo
ricorrente impugnare dinanzi agli organi giudiziari interni la decisione di
espellerlo. Infine, ritengono che le modalit di esecuzione dellĠespulsione
abbiano leso il loro diritto di ricorso individuale.
45. Invocano gli articoli 3, 6,
13 e 34 della Convenzione e 1 del Protocollo n. 7.
46. Il Governo contesta queste
doglianze.
47. La Corte rammenta che per
poter presentare ricorso in virt dellĠarticolo 34, una persona fisica, unĠorganizzazione
non governativa o gruppo di privati deve sostenere di essere Ç vittima di
una violazione (...) dei diritti riconosciuti nella Convenzione (...) È. L'articolo 34
richiede che un individuo ricorrente sostenga di essere effettivamente leso
dalla violazione che adduce (Irlanda c/Regno Unito, 18 gennaio1978, ¤¤ 239-240, serie A n. 25,
e Klass ed altri c/Germania, 6 settembre 1978, ¤ 33, serie A n. 28) ; questo articolo
non istituisce a beneficio dei privati una specie di actio popularis per lĠinterpretazione della Convenzione e
non li autorizza nemmeno a lamentarsi di una legge per il solo motivo che a
loro essa sembra violare la Convenzione (Norris c/Irlanda, serie A n. 142, ¤ 31, 26 ottobre
1988, e Sanles Sanles c/Spagna (dec.), n. 48335/99, CEDU 2000-XI). Questo principio si applica anche
agli eventi o alle decisioni contrari alla Convenzione (Fairfield c/Regno Unito, (dec.) n. 24790/04, CEDU 2005-VI,
e Ada Rossi ed altri c/Italia (dec.), nn. 55185/08 ed altri, 16 dicembre 2008).
48. La Corte ribadisce anche che
lĠesistenza di una vittima, vale a dire di un individuo interessato personalmente
dallĠaddotta violazione di un diritto sancito dalla Convenzione, necessaria
perch scatti il meccanismo di tutela previsto da questĠultima. Tuttavia,
questo criterio non applicabile in modo rigido, meccanico ed inflessibile per
tutto il procedimento (Karner c/Austria, n. 40016/98, ¤ 25, CEDU 2003-IX).
49. Nel caso di specie, i maltrattamenti
e il diniego di giustizia che possono essersi verificati in Tunisia riguardano
personalmente solo il primo ricorrente. Lo stesso dicasi della procedura che ha
condotto allĠadozione e allĠesecuzione del decreto di espulsione. EĠ infatti
opportuno rammentare che soltanto il primo ricorrente ha formato oggetto di una
tale procedura.
50. Pertanto, la ricorrente e il
secondo ricorrente non possono sostenere di essere Ç vittime È delle
violazioni degli articoli 3, 6, 13 e 34 della Convenzione e 1 del Protocollo n. 7
che adducono.
51. Ne consegue che questa parte
del ricorso incompatibile ratione personae con le disposizioni della Convenzione e deve
essere rigettata in applicazione dellĠarticolo 35 ¤¤ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULLĠADDOTTA
VIOLAZIONE DELLĠARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
52. La ricorrente e il secondo
ricorrente adducono che lĠespulsione del primo ricorrente verso la Tunisia ha
violato il loro diritto al rispetto della vita familiare. Essi invocano
lĠarticolo 8 della Convenzione, cos redatto nella parte pertinente:
Ç 1. Ogni persona ha
diritto al rispetto della propria vita (...) familiare, (...).
2. Non pu
esservi ingerenza di unĠautorit pubblica nellĠesercizio di tale diritto a meno
che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in
una societ democratica, necessaria (...), alla sicurezza pubblica, (...)
alla difesa dellĠordine e alla prevenzione dei reati, (...). È
53. Il Governo contesta questa
tesi.
A. SullĠammissibilit
54. La Corte osserva innanzitutto
che, quando lamentano le ripercussioni negative dellĠespulsione del primo
ricorrente sulla loro vita familiare, la ricorrente e il secondo ricorrente
possono affermare di essere stati toccati personalmente dai fatti che
denunciano. Essi hanno quindi locus standi per sollevare questa doglianza a loro nome. La
Corte constata poi che tale doglianza non manifestamente infondata ai sensi dellĠarticolo
35 ¤ 3 della Convenzione e che non si oppone a nessun altro motivo
dĠinammissibilit. EĠ pertanto opportuno dichiararla ammissibile (si veda, mutatis
mutandis, Saadi, succitata, ¤ 163).
B. Sul merito
1. Argomentazioni
delle parti
a) I
ricorrenti
55. La ricorrente e il secondo
ricorrente affermano che la loro vita familiare stata sconvolta
dallĠesecuzione dellĠespulsione del primo ricorrente, rammentando che
questĠultimo risiedeva con la ricorrente e i tre figli della coppia. Essi aggiungono
che la ricorrente soffre di epatite e di broncopolmonite e che anche i figli
sono affetti da disturbi delle vie respiratorie e devono effettuare regolari
esami immunologici.
56. Il primo ricorrente non
avrebbe mai formato oggetto di procedimenti giudiziari in Italia, il che
smentirebbe la tesi secondo la quale egli un elemento pericoloso per la
societ, e le affermazioni del Governo al riguardo non sarebbero fondate su alcun
elemento oggettivo bens unicamente sul fatto che lĠinteressato frequentava la
moschea e conosceva altri musulmani praticanti.
b) Il
Governo
57. Il Governo sottolinea che
lĠingerenza nella vita familiare degli interessati ha una base legale nel diritto
interno, vale a dire nella legge n. 155 del 2005. Esso sostiene che occorre
tenere conto, in primo luogo, dellĠinfluenza negativa che il primo ricorrente,
con la sua personalit e lĠampiezza della minaccia terroristica, rappresentava
per la sicurezza dello Stato e, in secondo luogo, della particolare importanza da
attribuire alla prevenzione dei reati gravi e al mantenimento dellĠordine
pubblico. Cos, lĠeventuale ingerenza nel diritto dei ricorrenti al rispetto
della loro vita familiare avrebbe perseguito uno scopo legittimo e sarebbe
stata necessaria in una societ democratica. Nessun onere sproporzionato ed
eccessivo sarebbe stato imposto al nucleo familiare. In particolare, il Governo
ritiene che, anche se i figli del primo ricorrente vanno a scuola in Italia e
sono impregnati della cultura italiana, niente vieti loro di proseguire gli
studi in Tunisia e che lĠunit della vita familiare potr essere preservata
fuori del territorio italiano.
2. Valutazione
della Corte
a) Principi
generali
58. La Corte ribadisce che la
Convenzione non sancisce il diritto per uno straniero di entrare o di risiedere
in un particolare paese e che, nellĠesercizio del loro compito di mantenimento
dellĠordine pubblico, gli Stati contraenti hanno la facolt di espellere uno
straniero che delinque. Tuttavia, le loro decisioni in materia, quando ledano
un diritto tutelato dal paragrafo 1 dellĠarticolo 8, devono rivelarsi
necessarie in una societ democratica, vale a dire giustificate da un bisogno
sociale imperioso e, segnatamente, proporzionate allo scopo legittimo
perseguito (Mehemi c/Francia, Recueil des arrts 1997-VI, ¤ 34, 26 settembre 1997 ; Dalia c/Francia, Recueil des arrts 1998-I, ¤ 52, 19 febbraio 1998 ; Boultif
c/Svizzera, n. 54273/00,
¤ 46, CEDU 2001-IX ; Slivenko c/Lettonia [GC], n. 48321/99, ¤ 113, CEDU 2003-X).
59. Anche se un cittadino
straniero possiede uno status non precario di residente ed ha raggiunto un
elevato grado dĠintegrazione, la sua situazione non pu essere assimilata a
quella di un cittadino dello Stato, quando si tratti del succitato potere degli
Stati contraenti di espellere stranieri (Moustaquim c/Belgio, 18 maggio 1991, ¤ 49, serie A n. 193)
per uno o pi dei motivi elencati nel paragrafo 2 dell'articolo 8 della Convenzione.
Gli Stati contraenti hanno il diritto di adottare nei confronti delle persone
condannate penalmente misure atte a tutelare la societ. Tali misure
amministrative devono essere ritenute di carattere preventivo piuttosto che repressivo
(Maaouia c/Francia
[GC], n. 39652/98, ¤ 39, CEDU 2000-X).
60. La Corte ha elencato i
criteri da utilizzare per valutare se una misura di espulsione sia stata necessaria
in una societ democratica e proporzionata allo scopo legittimo perseguito (Boultif, succitata, ¤ 40, e ner c/Paesi Bassi
[GC], n. 46410/99,
¤¤ 57-58, CEDU 2006-..). I criteri sono i seguenti:
– la
natura e la gravit del reato commesso dal ricorrente;
– la
durata del soggiorno dellĠinteressato nel paese dal quale deve essere espulso;
– il
lasso di tempo trascorso dalla perpetrazione del reato e la condotta del
ricorrente durante tale periodo;
- la nazionalit
delle diverse persone interessate;
- la situazione
familiare del ricorrente, e segnatamente, allĠoccorrenza, la durata del suo
matrimonio ed altri fattori che testimonino lĠeffettivit di una vita familiare
in seno alla coppia;
– la
circostanza che il coniuge fosse a conoscenza del reato allĠepoca della
creazione della relazione familiare;
– la
circostanza che dal matrimonio siano nati dei figli e, se s, la loro et;
– la
gravit delle difficolt che il coniuge rischia di incontrare nel paese verso
il quale il ricorrente deve essere espulso;
– l'interesse
e il benessere dei figli, in particolare la gravit delle difficolt che i
figli del ricorrente possono incontrare nel paese verso il quale lĠinteressato
deve essere espulso; e
– la
solidit dei legami sociali, culturali e familiari con il paese ospite e con il
paese di destinazione.
b) Applicazione
di questi principi al caso di specie
61. Nel caso di specie,
lĠespulsione del primo ricorrente costituisce unĠingerenza nel diritto al
rispetto della vita familiare della ricorrente e del secondo ricorrente. Non si
contesta che tale ingerenza fosse prevista dalla legge, vale a dire dal
decreto-legge n. 144 del 27 luglio 2005 (si veda il precedente paragrafo 9).
62. La Corte ritiene anche che
lĠingerenza controversa perseguisse scopi legittimi, vale a dire la tutela
della sicurezza pubblica, la difesa dellĠordine e la prevenzione dei reati.
63. Al riguardo, essa osserva che
stando alle informazioni fornite dal ministero dellĠinterno, il primo
ricorrente stato condannato in Italia ben due volte a pene restrittive della
libert per detenzione e spaccio di stupefacenti; inoltre, nel giugno 1999 e
nel luglio 2001, egli stato arrestato e perseguito per oltraggio e resistenza
a un pubblico ufficiale e nei suoi confronti sono stati avviati procedimenti
per numerosi altri reati, tra i quali rissa e lesioni personali (si veda il
precedente paragrafo 23). Inoltre, il ministro dellĠinterno ha comunicato di
essere autorizzato a ritenere, sulla base degli elementi in suo possesso, che
il primo ricorrente avesse avuto contatti continui con elementi di spicco
dellĠintegralismo islamico in Italia, elementi che avevano preso parte a
progetti terroristici (si veda il precedente paragrafo 9). Del resto, la Corte
osserva che la tesi del coinvolgimento del primo ricorrente in attivit
suscettibili di turbare lĠordine pubblico corroborata anche dal fatto che
lĠinteressato stato accusato, in Tunisia, di adesione ad unĠorganizzazione
terroristica e di raccolta di fondi destinati a finanziare persone,
organizzazioni ed attivit terroristiche. Anche se nei suoi confronti stato
pronunciato un non luogo a procedere per il reato di adesione ad
unĠorganizzazione terroristica, lĠinteressato stato riconosciuto colpevole di
avere concesso contributi in denaro ai membri di unĠassociazione per delinquere
e condannato, per tale imputazione, ad un anno di reclusione (si veda il
precedente paragrafo 26).
64. L'insieme di questi elementi
poteva ragionevolmente indurre le autorit italiane a credere che la presenza
del primo ricorrente nel territorio dello Stato rappresentasse un pericolo per
la sicurezza pubblica.
65. Per quanto riguarda la vita
familiare del primo ricorrente in Italia, la Corte osserva che lĠinteressato
sposato con la ricorrente e che le tre figlie della coppia sono nate,
rispettivamente, nel 1996, nel 2001 e nel 2004 (si veda il precedente paragrafo
6). AllĠepoca dellĠespulsione, esse erano quindi ancora giovani e capaci di
adattarsi. Nate da unĠitaliana, esse possiedono la nazionalit di quello Stato.
Potrebbero quindi, se seguissero il padre in Tunisia, tornare in Italia
regolarmente per far visita ai familiari in quel paese (si veda, mutatis
mutandis, ner, succitata, ¤ 64).
66. La Corte non sottovaluta le
difficolt di ordine pratico derivanti per la ricorrente dal fatto di seguire
il marito in Tunisia. Essa osserva tuttavia che niente prova che la malattia da
cui affetta la sig.ra Brusadelli non potrebbe essere curata efficacemente in
quel paese. Del resto, essa ha potuto incontrare il marito quando era detenuto
a Tunisi. Comunque, nelle particolari circostanze del caso di specie, le
esigenze di tutela dellĠordine pubblico e della sicurezza nazionale hanno la
meglio sugli interessi della famiglia. Quanto al secondo ricorrente, egli di
nazionalit tunisina e non stato affermato che, per un qualche motivo, non
pu recarsi in Tunisia.
67. Non stato addotto nemmeno
che il primo ricorrente non aveva alcun legame sociale o culturale con la
societ tunisina. Sembrerebbe, al contrario, che egli abbia trascorso la
maggior parte della vita in quel paese e che la lingua locale sia la sua lingua
madre.
68. Certo, il primo ricorrente
non pu, senza unĠautorizzazione ministeriale, fare alcuna visita, neanche di
breve durata, in Italia. Tuttavia, tenuto conto della natura e della gravit
dei reati per i quali stato condannato, nonch della gravit dei sospetti che
pesano su di lui, la Corte non pu concludere che lo Stato convenuto abbia
fatto prevalere troppo abbondantemente lĠinteresse pubblico sullĠinteresse
privato, decidendo di imporre tale misura.
69. Alla luce di quanto precede,
la Corte ritiene che lĠespulsione del primo ricorrente non abbia rotto il
giusto equilibrio che va mantenuto in materia tra le esigenze del rispetto
della vita familiare della ricorrente e del secondo ricorrente e gli scopi
legittimi perseguiti dalle autorit. La misura sotto accusa era quindi
necessaria in una societ democratica.
70. Ne
consegue che la messa in esecuzione dellĠespulsione del primo ricorrente verso
la Tunisia non ha violato lĠarticolo 8 della Convenzione.
PER QUESTI MOTIVI,
LA CORTE
1. Decide, allĠunanimit, di cancellare il ricorso
dal ruolo nella misura in cui stato presentato dal primo ricorrente;
2. Dichiara, allĠunanimit, il ricorso ammissibile
quanto alla doglianza della ricorrente e del secondo ricorrente relativa allĠarticolo
8 della Convenzione e inammissibile nel resto;
3. Dice, con quattro voti contro tre, che la messa
in esecuzione della decisione di espellere il primo ricorrente verso la Tunisia
non ha violato lĠarticolo 8 della Convenzione.
Fatto in
francese, poi comunicato per iscritto il 7 aprile 2009, in applicazione
dellĠarticolo 77 ¤¤ 2 e 3 del regolamento.
Franoise Elens-Passos Franoise
Tulkens
Cancelliere aggiunto Presidente
Alla presente
sentenza allegata, conformemente agli articoli 45 ¤ 2 della Convenzione e 74
¤ 2 del regolamento, lĠesposizione dellĠopinione concordante del giudice Saj e
dellĠopinione parzialmente dissenziente comune dei giudici Tulkens, Jočien
e Popović.
F.T.
F.E.P.
OPINIONE
CONCORDANTE DEL GIUDICE SAJî
(Traduzione)
Ho votato come la
maggioranza, ma desidero aggiungere qualche parola per spiegare alcuni punti
del ragionamento della Corte come da me concepiti.
Il primo ricorrente
stato espulso per motivi di sicurezza nazionale, ma conformemente alla legge.
La Corte doveva quindi esaminare gli effetti dellĠespulsione rispetto
allĠarticolo 8 e alla luce dei criteri enunciati nelle sentenze Boultif e ner. Nei casi di questo tipo, essa deve trovare il
giusto equilibrio tra questi criteri, tenuto conto delle circostanze proprie
del caso. I motivi dellĠespulsione non sono in questa sede pertinenti. Il caso
di specie verte sullĠimpatto dellĠespulsione del ricorrente sui diritti di
questi e di sua moglie in virt dellĠarticolo 8. I criteri Boultif/ner riguardano in particolare la natura
del reato. Per tale motivo, le passate condanne del primo ricorrente devono
essere valutate alla luce di elementi attuali relativi alla sicurezza
nazionale: la natura delle passate condanne tale da avere un peso
considerevole visti i fatti recenti che pesano sulla sicurezza nazionale.
Basarsi su considerazioni di sicurezza nazionale senza rapporto con la natura
giudiziariamente stabilita della condanna significherebbe andare oltre i
criteri Boultif/ner.
Ritengo che anche il
comportamento del primo ricorrente dopo le condanne costituisca un problema,
anche se non esiste alcuna decisione giudiziaria al riguardo. A mio avviso, una
tale decisione non richiesta dallĠattuale giurisprudenza della Corte, anche
se un giorno potrebbe avvertirsene il bisogno. Infine, il primo ricorrente e
sua moglie hanno diverse possibilit per mantenere la loro vita familiare.
Penso che, in questa fase, sarebbe prematuro pronunciarsi sulle condizioni di
ritorno (paragrafo 68 della sentenza) applicate al ricorrente.
OPINIONE PARZIALMENTE
DISSENZIENTE COMUNE DEI GIUDICI TULKENS, Jočienė E POPOVIĆ
Contrariamente alla
maggioranza, noi pensiamo che la messa in esecuzione della decisione di
espellere verso la Tunisia il primo ricorrente, lasciando in Italia la moglie e
i tre figli, abbia violato lĠarticolo 8 della Convenzione, il quale sancisce il
diritto al rispetto della vita privata e familiare. I nostro motivi sono i
seguenti.
1. Gli
Stati hanno effettivamente Ç il diritto, in virt di un principio di
diritto internazionale ben consolidato, di controllare lĠingresso, il soggiorno
e lĠallontanamento dei non nazionali È[1]. Tuttavia, nellĠesercizio di tale diritto,
essi devono tenere in considerazione i diritti tutelati dalla Convenzione. Anche
i diritti tutelati dalla Convenzione sono Ç ben consolidati È e
nessuna gerarchia consente di porli ad un livello inferiore[2].
2. Per
quanto riguarda lĠespulsione degli stranieri che delinquono, nelle sentenze Boultif
c/Svizzera del 2 agosto
2001 e ner c/Paesi Bassi del 18 ottobre 2006 [GC], la Corte ha elencato i criteri da applicarsi per valutare se una misura
di espulsione sia necessaria in una societ democratica e proporzionata allo
scopo legittimo perseguito. Tali criteri non ci sembrano soddisfatti nel caso
di specie.
3. Per
quanto riguarda la durata del soggiorno dellĠinteressato nel paese dal quale
deve essere espulso, opportuno notare che il ricorrente arrivato in Italia
nel 1993 ed titolare di un regolare permesso di soggiorno. Quindi, al momento
della sua espulsione, nel gennaio 2007, il ricorrente aveva vissuto in Italia
quattordici anni, vale a dire un periodo di tempo significativo.
4. Per
quanto riguarda la natura e la gravit dei reati commessi dal ricorrente, non
si contesta che egli sia stato condannato nel 1996 a dieci mesi di reclusione
con la condizionale per detenzione di stupefacenti e nel 1999 ad un anno e un
mese di reclusione per detenzione e spaccio di stupefacenti. Del resto, stato
perseguito nel 1997, nel 1999, nel 2001 e nel 2002 per oltraggio e lesioni,
senza tuttavia essere condannato. Rispetto ad altri casi di cui la Corte
stata investita, non si pu ragionevolmente sostenere che il percorso
delinquenziale del ricorrente sia di gravit tale che Ç le esigenze di
tutela dellĠordine pubblico e della sicurezza nazionale hanno la meglio sugli
interessi della famiglia È (paragrafo 66). Inoltre, lĠultima condanna del
ricorrente risale al 1999 e la sua espulsione ha avuto luogo solo nel 2007.
Infine, lĠaffermazione del ricorrente, fatta al momento dellĠespulsione e
manifestamente nellĠintento di evitare questĠultima, secondo la quale egli
sarebbe stato condannato in contumacia ad otto anni di reclusione dal tribunale
militare di Tunisi, non confermata nel caso di specie da una copia della
sentenza (paragrafo 7) e non pertinente nel caso di specie.
In realt, non sono
le condanne del ricorrente bens i sospetti che pesano su di lui a costituire, agli occhi
della maggioranza, la vera giustificazione della sua espulsione, consentendole
di concludere che lo Stato non ha fatto prevalere troppo abbondantemente
lĠinteresse pubblico sullĠinteresse privato quando ha deciso dĠimporre tale
misura (paragrafo 68). Questo costituisce, nella giurisprudenza della Corte, un
criterio completamente nuovo che si presta a tutte le interpretazioni,
rischiando di aprire la strada allĠarbitrio.
Nel caso di specie,
questi sospetti si basano su dati fragili e relativi. Si tratta, da un lato,
della nota del ministero dellĠInterno secondo la quale la pericolosit del ricorrente era dedotta dal fatto che
egli frequentava cittadini stranieri coinvolti in casi oggetto di inchieste
giudiziarie (paragrafo 24). DallĠaltro lato, si tratta del fatto che, espulso
in Tunisia, il ricorrente stato riconosciuto colpevole in quel paese di avere
concesso contributi in denaro ai membri di unĠassociazione per delinquere e
condannato, per quella imputazione, ad un anno di reclusione. Nei suoi
confronti stato invece pronunciato un non luogo a procedere per il reato di
adesione ad unĠorganizzazione terroristica (paragrafo 26).
5. Infine,
per quanto riguarda la situazione familiare del ricorrente, sappiamo che questi
nel 1996 ha sposato una cittadina italiana e che, da quellĠunione, sono nate
tre figlie, rispettivamente nel 1996, nel 2001 e nel 2004, che possiedono la
cittadinanza italiana. Al momento dellĠespulsione del ricorrente nel 2007, le
figlie avevano 10, 7 e 3 anni, andavano a scuola in Italia e in quel paese
avevano legami familiari e sociali. A titolo di confronto, nella sentenza ner, i due figli avevano rispettivamente 6
anni e 18 mesi. Pertanto, anche a voler sradicare completamente la famiglia, il
trasferimento di questa in Tunisia non ci sembra unĠipotesi realistica n
umana.
6. La
sentenza sensibile alla necessit di assicurare la tutela contro la minaccia
terroristica, cosa perfettamente comprensibile. Noi pensiamo tuttavia che la
tutela pi sicura contro una tale minaccia risieda nel rispetto dei diritti
fondamentali, tra i quali la vita familiare occupa uno dei primissimi posti. Se
questo rispetto viene meno, la violenza rischia di generare violenza.
__________________________________
Per traduzione conforme
Roma, 27 aprile 2009
LĠesperto linguistico C1
Dott.ssa Rita Pucci