61997J0113

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 15 gennaio 1998. - Henia Babahenini contro Stato belga. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal du travail de Charleroi - Belgio. - Accordo di cooperazione CEE-Algeria - Art. 39, n. 1 - Principio di non discriminazione in materia di previdenza sociale - Effetto diretto - Ambito d'applicazione - Assegno per minorati. - Causa C-113/97.

raccolta della giurisprudenza 1998 pagina I-00183


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Accordi internazionali - Accordi della Comunità - Effetto diretto - Art. 39, n. 1, dell'accordo di cooperazione CEE-Algeria

(Accordo di cooperazione CEE-Algeria, art. 39, n. 1)

2 Accordi internazionali - Accordo di cooperazione CEE-Algeria - Lavoratori algerini occupati in uno Stato membro - Previdenza sociale - Parità di trattamento - Diniego di concedere, a causa della cittadinanza, al coniuge di un lavoratore algerino pensionato, residente con quest'ultimo nello Stato membro interessato, un assegno per minorati - Inammissibilità

(Accordo di cooperazione CEE-Algeria, art. 39, n. 1)

Massima


3 L'art. 39, n. 1, dell'accordo di cooperazione CEE-Algeria, che sancisce, in termini chiari, precisi e tassativi, il divieto di discriminare, a motivo della cittadinanza, a danno dei lavoratori algerini e dei loro familiari con loro conviventi in materia previdenziale, impone un obbligo chiaro e preciso, la cui esecuzione o i cui effetti non sono subordinati all'adozione di alcun atto ulteriore.

Dalla lettera di questa disposizione, nonché dall'obiettivo e dalla natura dell'accordo in cui si inserisce, risulta che essa ha effetto diretto e che quindi i soggetti ai quali si applica sono legittimati ad invocarla dinanzi ai giudici nazionali.

4 L'art. 39, n. 1, dell'accordo di cooperazione tra la CEE e l'Algeria deve essere interpretato nel senso che esso osta al diniego da parte di uno Stato membro della concessione di una prestazione quale l'assegno per minorati, previsto dalla sua normativa a favore dei cittadini nazionali che hanno la residenza in detto Stato e a prescindere dallo svolgimento di un'attività lavorativa subordinata, alla moglie minorata di un lavoratore algerino pensionato, la quale risiede con il marito nello Stato membro interessato, a causa della cittadinanza algerina dell'interessata e del fatto che essa non ha mai svolto alcuna attività lavorativa.

Infatti, il campo di applicazione della disposizione sopra menzionata comprende, «ratione personae», non solo il lavoratore algerino, ma anche i suoi familiari che risiedono con lui nello Stato membro nel quale tale lavoratore beneficia di una pensione di vecchiaia dopo avervi svolto un'attività lavorativa, senza che sia necessario operare una distinzione, per quanto riguarda questi ultimi, tra diritti derivati e diritti propri, e, «ratione materiae», tutte le prestazioni alle quali si applica il regolamento n. 1408/71, in forza del suo art. 4.

Parti


Nel procedimento C-113/97,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, dal Tribunal du travail de Charleroi (Belgio) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Henia Babahenini

e

Stato belga,

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 39, n. 1, dell'accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica democratica popolare di Algeria, firmato ad Algeri il 26 aprile 1976 ed approvato a nome della Comunità con il regolamento (CEE) del Consiglio 26 settembre 1978, n. 2210 (GU L 263, pag. 1),

LA CORTE

(Seconda Sezione),

composta dai signori R. Schintgen (relatore), presidente di sezione, G.F. Mancini e G. Hirsch, giudici,

avvocato generale: F.G. Jacobs

cancelliere: R. Grass

viste le osservazioni scritte presentate:

- per il governo belga, dal signor Jan Devadder, direttore amministrativo presso il Ministero degli Affari esteri, del Commercio estero e della Cooperazione allo sviluppo, in qualità di agente;

- per la Commissione delle Comunità europee, dalla signora M. Wolfcarius, membro del servizio giuridico, in qualità di agente,

vista la relazione del giudice relatore,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 13 novembre 1997,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 18 marzo 1997, pervenuta alla Corte il 20 marzo seguente, il Tribunal du travail di Charleroi ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, una questione pregiudiziale relativa all'interpretazione dell'art. 39, n. 1, dell'accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica democratica popolare di Algeria, firmato ad Algeri il 26 aprile 1976, ed approvato a nome della Comunità con il regolamento (CEE) del Consiglio 26 settembre 1978, n. 2210 (GU L 263, pag. 1; in prosieguo: l'«accordo»).

2 Tale questione è stata sollevata nell'ambito di una controversia tra la signora Babahenini, cittadina algerina, e lo Stato belga relativamente al diniego di concessione di un assegno per minorati.

3 Dal fascicolo risulta che la signora Babahenini è coniuge di un lavoratore algerino in pensione. Essa abita in Belgio con il marito dove quest'ultimo è stato occupato come lavoratore subordinato e percepisce una pensione di vecchiaia in base alla normativa belga. Essa stessa non ha mai svolto alcuna attività lavorativa in Belgio. E' pacifico che essa è minorata fisica.

4 L'11 settembre 1995, la signora Babahenini ha chiesto l'assegno per minorati ai sensi della legge belga 27 febbraio 1987 (Moniteur belge del 1_ aprile 1987, pag. 4832).

5 L'art. 4, n. 1, di questa legge, come modificato dalla legge 20 luglio 1991 (Moniteur belge del 1_ agosto 1991, pag. 16951), prevede che, per poter aver diritto ad un assegno per minorati, occorre avere la propria residenza effettiva in Belgio ed essere belga, cittadino di un altro Stato membro della Comunità, apolide o di cittadinanza indeterminata, rifugiato o aver fruito fino all'età di 21 anni della maggiorazione dell'assegno familiare previsto dalla normativa belga. La legge 20 luglio 1991 è entrata in vigore il 1_ gennaio 1992.

6 Il 27 settembre 1995 le autorità belghe competenti hanno respinto la domanda della signora Babahenini in quanto quest'ultima non soddisfaceva il requisito relativo alla cittadinanza previsto all'art. 4, n. 1, della legge 27 febbraio 1987.

7 Il 29 novembre 1995 la signora Babahenini ha presentato un ricorso contro questa decisione dinanzi al Tribunal du travail di Charleroi, sostenendo che essa era incompatibile con l'art. 39, n. 1, dell'accordo che vieta alle autorità di uno Stato membro di fondarsi sulla cittadinanza algerina del richiedente per negargli le prestazioni previdenziali richieste.

8 L'auditeur du travail presso il Tribunal du travail di Charleroi ritiene tuttavia che la signora Babahenini non rientri nel campo di applicazione dell'art. 39, n. 1, dell'accordo in quanto il diritto agli assegni per minorati previsto dalla legge belga dev'essere considerato come un diritto proprio e la ricorrente nel giudizio a quo non ha essa stessa lo status di lavoratore.

9 Il Tribunal du travail di Charleroi si è domandato se questa posizione del Pubblico ministero non avesse per effetto di ridurre la portata dell'accordo, che, conformemente alla giurisprudenza della Corte (v., per analogia, sentenza 31 gennaio 1991, causa C-18/90, Kziber, Racc. pag. I-199), si applica anche ai familiari del lavoratore migrante algerino. Esso ha inoltre rilevato che nella fattispecie alla signora Babahenini erano state negate le prestazioni richieste unicamente a causa della sua cittadinanza e non perché non avesse svolto alcuna attività lavorativa, condizione che non è del resto affatto imposta ai cittadini nazionali.

10 Ritenendo che dalla controversia sorgessero problemi d'interpretazione del diritto comunitario, il Tribunal du travail di Charleroi ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, alla luce dell'art. 39 dell'accordo di cooperazione concluso tra la Comunità economica europea e la Repubblica democratica popolare di Algeria, approvato con il regolamento (CEE) n. 2210/78, sia consentito ad uno Stato membro di negare la concessione degli assegni per minorati (nel caso di specie quelli previsti dalla legge belga 27 febbraio 1987) ad un minorato algerino che non abbia svolto attività lavorativa in Belgio, tenuto conto del fatto che esso risiede in tale paese insieme al coniuge cittadino algerino che gode di una pensione di vecchiaia belga».

11 In via preliminare occorre ricordare l'obiettivo e le disposizioni pertinenti dell'accordo.

12 Ai sensi dell'art. 1, l'accordo si prefigge di promuovere una cooperazione globale fra le parti contraenti per contribuire allo sviluppo economico e sociale dell'Algeria e favorire il consolidamento delle loro relazioni. Questa cooperazione è instaurata, in forza del Titolo I, nei settori economico, tecnico e finanziario, in forza del Titolo II, nel settore degli scambi commerciali e, in forza del Titolo III, nel settore sociale.

13 L'art. 39, che fa parte del Titolo III, relativo alla cooperazione nel settore della manodopera, prevede, al n. 1, che

«Fatto salvo il disposto dei paragrafi seguenti, i lavoratori di cittadinanza algerina ed i loro familiari conviventi godono, in materia di sicurezza sociale, di un regime caratterizzato dall'assenza di qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza rispetto ai cittadini degli Stati membri nei quali essi sono occupati».

14 I paragrafi seguenti di questo articolo riguardano il cumulo dei periodi di assicurazione, di occupazione o di residenza maturati nei diversi Stati membri, le prestazioni familiari per i familiari residenti all'interno della Comunità e il trasferimento in Algeria delle pensioni e rendite di anzianità, di decesso, di infortunio sul lavoro o di malattia professionale nonché di invalidità.

15 Dal contesto del giudizio a quo risulta che con la questione pregiudiziale il giudice nazionale intende in sostanza accertare se l'art. 39, n. 1, dell'accordo debba essere interpretato nel senso che osta al diniego, da parte di uno Stato membro, della concessione di una prestazione come l'assegno per minorati, previsto dalla sua normativa a favore dei cittadini nazionali che hanno la loro residenza in questo Stato e indipendentemente dall'espletamento di un'attività lavorativa subordinata, alla moglie minorata di un lavoratore algerino pensionato, che risiede con il marito nello Stato membro interessato, a causa della cittadinanza algerina dell'interessata e del fatto che essa non ha mai svolto alcuna attività lavorativa.

16 Al fine di dare una soluzione utile a tale questione, occorre accertare, in primo luogo, se l'art. 39, n. 1, dell'accordo possa essere fatto valere direttamente da un singolo dinanzi a un giudice nazionale e, in secondo luogo, se nella detta norma rientri la situazione della moglie di un lavoratore migrante algerino che chiede, nello Stato membro in cui essi risiedono e in cui il marito percepisce una pensione di vecchiaia, di fruire di un assegno come quello sul quale verte il giudizio a quo.

Sull'effetto diretto dell'art. 39, n. 1, dell'accordo

17 A tale riguardo, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale [v. sentenza 5 aprile 1995, causa C-103/94, Krid, Racc. pag. I-719, punti 21-23, e, per analogia, sentenze Kziber, loc. cit., punti 15-22; 20 aprile 1994, causa C-58/93, Yousfi, Racc. pag. I-1353, punti 16-18, e 3 ottobre 1996, causa C-126/95, Hallouzi-Choho, Racc. pag. I-4807, punto 19, pronunciate relativamente all'art. 41, n. 1, dell'accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea e il Regno del Marocco, firmato a Rabat il 27 aprile 1976 ed approvato a nome della Comunità con il regolamento (CEE) del Consiglio 26 settembre 1978, n. 2211 (GU L 264, pag. 1), articolo redatto negli stessi termini dell'art. 39, n. 1, dell'accordo di cooperazione CEE-Algeria], l'art. 39, n. 1, dell'accordo, che sancisce, in termini chiari, precisi e tassativi, il divieto di fare discriminazioni, a motivo della cittadinanza, a danno dei lavoratori algerini e dei membri della loro famiglia con loro conviventi nel settore della previdenza sociale, impone un obbligo chiaro e preciso, la cui esecuzione o i cui effetti non sono subordinati all'adozione di alcun atto ulteriore per qualsiasi questione diversa da quelle che costituiscono oggetto dei nn. 2, 3 e 4 del medesimo articolo. Nelle stesse sentenze la Corte ha aggiunto che l'obiettivo dell'accordo, cioè la promozione di una cooperazione globale tra le parti contraenti, specie nel settore della manodopera, conferma che il principio di non discriminazione sancito dall'art. 39, n. 1, può disciplinare direttamente la situazione giuridica dei singoli.

18 La Corte ne ha dedotto (v. sentenza Krid, sopra menzionata, punto 24, e, per analogia, le citate sentenze Kziber, punto 23, Yousfi, punto 17, e Hallouzi-Choho, punto 20) che detta disposizione ha effetto diretto e che quindi i soggetti ai quali essa si applica sono legittimati ad invocarla dinanzi ai giudici nazionali.

Sulla portata dell'art. 39, n. 1, dell'accordo

19 Per determinare la portata del principio di non discriminazione sancito dall'art. 39, n. 1, dell'accordo si deve verificare se una persona come la ricorrente nel giudizio a quo rientri nell'ambito di applicazione ratione personae di detto articolo e se una prestazione come l'assegno per minorati, previsto dalla legge belga di cui trattasi nel giudizio a quo, rientri nel settore della previdenza sociale ai sensi della detta disposizione.

20 Per quanto riguarda, in primo luogo, l'ambito di applicazione ratione personae dell'art. 39, n. 1, dell'accordo, occorre osservare che detta norma si applica anzitutto ai lavoratori di cittadinanza algerina, in quanto tale nozione comprende, conformemente ad una giurisprudenza consolidata (v. sentenza Krid, citata, punto 26, e, per analogia, sentenze sopra menzionate Kziber, punto 27, Yousfi, punto 21, e Hallouzi-Choho, punto 22), al tempo stesso sia i lavoratori attivi sia quelli che hanno abbandonato il mercato del lavoro in particolare dopo aver raggiunto l'età prescritta per godere di una pensione di vecchiaia.

21 Occorre inoltre rilevare che l'art. 39, n. 1, dell'accordo si applica anche ai familiari dei detti lavoratori con lui conviventi nello Stato membro in cui sono o sono stati occupati.

22 Alla luce di queste considerazioni, ad una persona come la ricorrente nel giudizio a quo, in quanto coniuge di un lavoratore migrante algerino residente con lui nello Stato membro nel quale tale lavoratore percepisce una pensione di vecchiaia dopo avervi svolto un'attività lavorativa, si applica l'art. 39, n. 1, dell'accordo.

23 Lo Stato belga ha tuttavia obiettato che una cittadina algerina, coniuge di un lavoratore migrante algerino, ma che non ha mai avuto essa stessa lo status di lavoratore, non può avvalersi delle disposizioni dell'art. 39, n. 1, dell'accordo per ottenere una prestazione come l'assegno per minorati previsto dalla legge belga, in quanto questa prestazione sarebbe considerata dalla normativa nazionale di cui trattasi come un diritto proprio, e non come un diritto derivato acquisito dall'interessata a causa del suo status di familiare di un lavoratore migrante.

24 A tale riguardo è sufficiente rilevare che l'ambito d'applicazione ratione personae dell'art. 39, n. 1, dell'accordo non è identico a quello del regolamento del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento (CEE) del Consiglio 2 giugno 1983, n. 2001 (GU L 230, pag. 6), definito al suo art. 2, e pertanto la giurisprudenza che opera una distinzione tra i diritti derivati e i diritti propri dei familiari del lavoratore migrante nell'ambito del regolamento n. 1408/71, giurisprudenza che del resto è stata precisata recentemente dalla sentenza 30 aprile 1996, causa C-308/93, Cabanis-Issarte (Racc. pag. I-2097), non può essere estesa all'ambito dell'accordo, come può dedursi dalla citata sentenza Krid, punto 39 (v., per analogia, le citate sentenze Kziber e Hallouzi-Choho, punto 30).

25 Una persona come la ricorrente nel giudizio a quo rientra pertanto nell'ambito di applicazione ratione personae dell'art. 39, n. 1, dell'accordo, a prescindere dal fatto che la prestazione di cui chiede il versamento sia erogata al titolare in quanto diritto proprio ovvero in quanto familiare di un lavoratore migrante algerino.

26 Per quanto riguarda, in secondo luogo, la nozione di previdenza sociale che figura in questa disposizione, dalla citata sentenza Krid (punto 32) e, per analogia, dalle citate sentenze Kziber (punto 25), Yousfi (punto 24) e Hallouzi-Choco (punto 25) risulta che essa va intesa allo stesso modo dell'identica nozione contenuta nel regolamento n. 1408/71.

27 Ora, dopo la modifica operata dal regolamento (CEE) del Consiglio 30 aprile 1992, n. 1247 (GU L 136, pag. 1), il regolamento n. 1408/71 menziona esplicitamente all'art. 4, n. 2 bis, lett. b) (v. anche l'art. 10 bis, n. 1, e l'allegato II bis di questo regolamento), le prestazioni destinate a garantire la tutela specifica dei minorati. Del resto, anche prima di questa modifica del regolamento n. 1408/71, costituiva giurisprudenza costante, sin dalla sentenza 28 maggio 1974, causa 187/73, Callemeyn (Racc. pag. 553), che gli assegni per minorati rientravano nell'ambito d'applicazione ratione materiae di questo regolamento, in forza dell'art. 4, n. 1, lett. b), che riguarda esplicitamente le «prestazioni d'invalidità» (v., in tal senso, anche la sentenza Yousfi, sopra menzionata, punto 25).

28 Ne deriva che una prestazione come l'assegno per minorati previsto dalla legge belga rientra nel campo di applicazione ratione materiae del regolamento n. 1408/71 e pertanto di quello dell'art. 39, n. 1, dell'accordo.

29 Di conseguenza, il principio, sancito dall'art. 39, n. 1, dell'accordo, che vieta qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza nel campo della previdenza sociale dei lavoratori migranti algerini e dei loro familiari con essi residenti rispetto ai cittadini degli Stati membri in cui essi sono occupati comporta che le persone cui si riferisce questa disposizione possono aver diritto agli assegni per minorati alle stesse condizioni che devono essere soddisfatte dai cittadini degli Stati membri interessati.

30 Deve quindi essere considerata incompatibile con il detto principio l'applicazione alle persone, cui si riferisce questa disposizione, non solo del requisito della cittadinanza dello Stato membro interessato, che i cittadini di quest'ultimo soddisfano necessariamente, ma anche di una condizione che prescrive lo svolgimento di una attività lavorativa da parte di colui che chiede il beneficio della prestazione previdenziale di cui trattasi qualora, come il giudice a quo ha sottolineato, una condizione del genere non sia richiesta per i cittadini nazionali.

31 Ciò posto, il divieto di qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza nel settore della previdenza sociale, di cui all'art. 39, n. 1, dell'accordo, implica che alla moglie di un lavoratore migrante algerino, la quale risiede nel territorio dello Stato membro in cui detto lavoratore è stato occupato ed è in possesso di tutti i requisiti, fatta eccezione per quello relativo alla cittadinanza, per ivi godere di una prestazione come l'assegno per minorati previsto dalla legge belga a favore dei residenti nello Stato membro interessato, non può essere negata la detta provvidenza.

32 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre risolvere la questione sollevata dichiarando che l'art. 39, n. 1, dell'accordo deve essere interpretato nel senso che osta al diniego da parte di uno Stato membro della concessione di una prestazione come l'assegno per minorati, previsto dalla sua normativa a favore dei cittadini nazionali che hanno la residenza nel detto Stato e a prescindere dallo svolgimento di un'attività lavorativa subordinata, alla moglie minorata di un lavoratore algerino pensionato, la quale risiede con il marito nello Stato membro interessato, a causa della cittadinanza algerina dell'interessata e del fatto che essa non ha mai svolto alcuna attività lavorativa.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

33 Le spese sostenute dal governo belga e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

(Seconda Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Tribunal du travail de Charleroi con ordinanza 18 marzo 1997, dichiara:

L'art. 39, n. 1, dell'accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica democratica popolare di Algeria, firmato ad Algeri il 26 aprile 1976 ed approvato in nome della Comunità con il regolamento (CEE) del Consiglio 26 settembre 1978, n. 2210, deve essere interpretato nel senso che osta al diniego da parte di uno Stato membro della concessione di una prestazione come l'assegno per minorati, previsto dalla sua normativa a favore dei cittadini nazionali che hanno la residenza nel detto Stato e a prescindere dallo svolgimento di un'attività lavorativa subordinata, alla moglie minorata di un lavoratore algerino pensionato, la quale risiede con il marito nello Stato membro interessato, a causa della cittadinanza algerina dell'interessata e del fatto che essa non ha mai svolto alcuna attività lavorativa.


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