Riunione
nazionale UIL immigrazione
Roma, 1Ħ luglio
2010
Traccia
di introduzione di Giuseppe Casucci
Buongiorno
a tutti gli amici e compagni presenti. Grazie per essere qui, arrivati numerosi
da tutta Italia per questa giornata che, anche se finir alle 14 per lasciare spazio al
successivo Comitato Centrale della UIL, ha tutto il tempo per trattare due temi
significativi su cui dobbiamo riflettere e decidere.
Il
primo
quello dello stato dellĠarte in tema di immigrazione nel nostro Paese: un
bilancio dal punto di vista del mercato del lavoro e dei processi di
integrazione; un esame poi delle politiche del governo che noi giudichiamo con
molte riserve, nonch delle proposte che il sindacato ha avanzato e dovr ancora sostenere su questo terreno.
Questo primo punto occuper la prima parte della nostra mattinata e vedr il
confronto tra la UIL ed un illustre ospite del Governo: il Direttore Generale per
lĠimmigrazione del Ministero del Lavoro, dott. Natale Forlani, che ringraziamo
per aver accettato il nostro invito ad un confronto aperto e certamente
proficuo.
Il
secondo tema,
riguarda un obiettivo che ci siamo posti durante lĠultimo congresso con la
presentazione del nostro Òmanifesto UIL per una politica migratoria equa ed
efficaceÓ. Il documento letto da Michele Berti allĠassemblea congressuale ha
dato unĠimmagine viva e reale del quadro migratorio nel nostro Paese e, nella
sua parte conclusiva, ha proposto la costituzione di un coordinamento nazionale
UIL immigrazione, composto da rappresentanti delle strutture territoriali e di
categoria della nostra Organizzazione, quale strumento presente e futuro di
analisi ed azione in materia migratoria.
La
seconda parte delle mattinata, dunque, sar dedicata agli aspetti che chiameremo
interni e si occuper di definire le caratteristiche, gli obbiettivi ed i mezzi
di questo nuovo strumento di lavoro che ci accingiamo a creare ed al quale
intendiamo delegare un primo compito importante per la UIL a breve: quello di
organizzare per lĠautunno di questĠanno la prima Assemblea Nazionale UIL
Immigrazione.
In
realt, chiederemo al nostro nuovo
coordinamento qualcosa di ancora pi impegnativo e duraturo: e cio promuovere
allĠinterno della nostra organizzazione una grande dibattito ed una profonda
riflessione sulla trasformazione in atto da tempo a livello di mercato del
lavoro e di societ italiana; un cambiamento multi etnico e multi culturale che
cambia anche il sindacato ed a cui anche il sindacato deve rispondere.
La
conseguenza di questo dibattito dovr essere, io credo, adattare la nostra
struttura organizzativa aprendola maggiormente alla presenza e contributo dei
nuovi cittadini, nonch adeguare le nostre strategie per dare risposte efficaci
e stare al passo con questa grande trasformazione da tempo in atto nella nostra
societ. Un cambiamento che, sappiamo, comporta luci ma anche molte ombre, in
quanto si dispiega in modo piuttosto disordinato e provoca estesi fenomeni di
dumping sociale, fenomeni cui non estraneo il clima crescente di insofferenza
nei confronti dei cittadini stranieri ed anche casi gravi di razzismo.
Il fallimento di
una ÒgovernanceÓ migratoria
Abbiamo
davanti a noi un quadro complesso dei cambiamenti che lĠimmigrazione ha
prodotto nel mercato del lavoro, aggravato dagli effetti pesanti che la crisi
economica ha avuto ed ha sullĠoccupazione italiana ed etnica. Va considerato,
inoltre, lĠimpatto che le misure scelte dal presente Esecutivo in materia
migratoria hanno sulle condizioni di lavoro e di vita dei quasi 5 milioni di
persone, di origine straniera, che operano tutti i giorni accanto a noi.
NellĠanno
2000 gli stranieri registrati in Italia non superavano il milione di unit
(meno del 2% della popolazione complessiva). Oggi, secondo un recente rapporto
Istat abbiamo raggiunto (e forse superato) quota 5 milioni di stranieri. Il
peso della popolazione che chiameremo per comodit ÒetnicaÓ, oggi superiore
allĠ8% del totale dei cittadini che vivono in Italia, produce pi del 10% del
nostro PIL, contribuisce a far funzionare la nostra struttura produttiva, paga
una parte delle nostre pensioni e manda a casa ogni anno rimesse per volumi ben
superiori agli aiuti destinati allo sviluppo dal nostro Paese (oltre 6 miliardi
di euro).
EĠ
una popolazione, quella straniera, pari a quella di regioni come il Lazio, il
Veneto o la Campania. Una componente strutturale della nostra societ, complessa
ed in crescita malgrado la crisi e che non si pu continuare a trattare come
fosse unĠemergenza transitoria e residuale.
La
media annuale degli ingressi dellĠultimo decennio stata molto alta (oltre 400
mila nuovi stranieri). Un fenomeno di difficile ÒgovernanceÓ come appare agli
occhi di tutti, visto il fallimento della gestione dei flussi in entrata da
parte di tutti i governi, indipendentemente dal colore.
Un
fenomeno ancor pi ingovernabile se si considera che – a causa dei
meccanismi complessi dellĠattuale legge sullĠimmigrazione, la Bossi –
Fini, la grande maggioranza di questi ingressi avvenuta irregolarmente. O
meglio avvenuta in parte con visti dĠingresso per motivi turistici; presenze
che si sono trasformate in overstayers, cio milioni di persone che si sono
trattenute oltre il dovuto trasformandosi in migranti irregolari e che sono
andate ad ingrossare le fila dellĠesercito del lavoro nero, in una economia
sommersa che secondo statistiche credibili pesa per oltre un quarto del nostro
Prodotto interno lordo.
In
pratica, anche, un gigantesco giro dĠaffari che si avvalso delle difficolt
ad ottenere un ingresso regolare, per ottenere crescenti profitti sulla pelle
di migliaia di persone, a volte disperate, e disposte a pagare alti prezzi per
un ingresso in Europa, in qualsiasi forma.
Le
leggi di mercato valgono per tutti i fattori dellĠeconomia ed anche per
lĠimmigrazione. Per cui, a domanda di lavoro nero, corrisponde
inevitabilmente una offerta di lavoro nero; anche perch se si complicano
eccessivamente i meccanismi dellĠ ingresso regolare, si daĠ fiato inevitabilmente
a quello clandestino, e lĠidea dannosa che in Italia sia pi facile trovare
lavoro nero che non operare nel rispetto della legge.
Se
guardiamo allĠimmigrazione, comunque, il quadro deprimente: milioni di
persone che hanno lavorato per anni in nero aspettando la sanatoria di turno.
Mentre vari governi chiudevano un occhio sullĠipocrisia di decreti flussi che
erano in realt strumenti di sanatoria surrettizia.
Dove
lavorano queste persone? Secondo un recente studio Istat, Ismu, Iprs, il 40, 7%
dei lavoratori non nati in Italia presta la propria opera nei servizi ed un
altro 22, 5% lavora nel commercio. Riflettiamoci sopra: se questi dati sono
esatti, i quasi due terzi dei lavoratori stranieri in Italia impiegato in
settori in cui il rapporto con il datore di lavoro spesso individuale, ed in
cui la sindacalizzazione non appare semplice. Ed in cui, non lo dimentichiamo,
la presenza di economia sommersa particolarmente rilevante. Sempre secondo lo
stesso studio, abbiamo poi un 8,3 % di stranieri che lavora nellĠindustria,
lĠ8% in edilizia, un 4% in agricoltura. Sono settori in cui la percentuale di
lavoro etnico particolarmente alta ed in alcune zone supera il 50% del totale
di lavoratori impiegati. Settori in cui la sicurezza sul lavoro spesso
trascurata ed in cui si sono registrati casi gravi di sfruttamento lavorativo.
Sono, inoltre, tutti mestieri a basso livello di qualificazione, anche perch
in Italia i titoli di studio conseguiti allĠestero non sono riconosciuti.
LĠ80%
di questi lavoratori, dice la ricerca, guadagnano meno di 1200 Û lordi al mese
ed il 31% porta a casa meno di 800 euro. E parliamo di lavoratori regolari.
Cosa dire dei circa 560 mila stranieri irregolari, calcolati dallĠIstat,
costretti ad operare nellĠeconomia sommersa in una situazione di virtuale
negazione di ogni diritto civile e contrattuale?
La
ricerca citata riporta dichiarazioni degli intervistati che ammette (al 32%) di
aver lavorato irregolarmente in passato. Tradotto in pratica, abbiamo la
certezza che milioni di persone hanno trascorso una parte della loro vita a
vivere e lavorare in condizioni di illegalit, costretti ad accettare
retribuzioni, orari e condizioni di lavoro, al di fuori dalle norme stabilite
contrattualmente.
Si
prodotto, dunque, in Italia nellĠultimo decennio un esteso fenomeno di dumping
lavorativo e sociale. Una situazione, cio, di un mercato del lavoro a due
velocit: in parte regolare ed osservante delle norme e della libera
concorrenza, ed unĠaltra parte significativa in cui la competitivit non viene
affidata allĠinnovazione del processo o del prodotto, ma al semplice
sfruttamento della manodopera, come accade normalmente in Paesi i via di
Sviluppo o purtroppo anche in alcune comunit straniere chiuse operanti in
Italia (ad esempio, i cinesi).
Non
cĠ dubbio che lĠesistenza di un mercato del lavoro di secondo livello (con
paghe pi basse, orari pi lunghi, scarsa osservanza delle norme anti
infortunistiche) ha prodotto danni al mondo del lavoro regolare, ed alla stessa
forza di contrattazione sindacale. Quando in una azienda una parte della
manodopera pi ricattabile, in quanto il rinnovo del permesso di soggiorno
dipende dalla volont del datore di lavoro, avremo i lavoratori italiani potenzialmente
danneggiati dal comportamento forzatamente ÒremissivoÓ di quelli stranieri; avremo
una contrattazione pi debole. Ed avremo anche una crescente insofferenza verso
i lavoratori stranieri visti, non come vittime di un meccanismo ricattatorio
che li schiaccia, ma come i responsabili delle difficolt degli italiani, il
capro espiatorio su cui sfogare risentimento e razzismo. Cos se verranno
discriminati o licenziati, non detto che il comportamento dei colleghi
italiani sar caratterizzato sempre da solidariet.
Ed
in effetti la crisi economica ed occupazionale stata particolarmente aspra
nei confronti del lavoro etnico.
Sappiamo, da alcuni studi effettuati nel 2009 da Eurispes, che la crisi ha
colpito tutti i lavoratori, italiani e non, ma che gli stranieri hanno perso il
lavoro tre volte pi frequentemente degli italiani. Perdere il lavoro, per uno
straniero, significa doverne cercare uno nuovo entro sei mesi. Ma con lĠattuale
crisi economica ed occupazionale questa non unĠimpresa facile.
Passati
i sei mesi il migrante davanti allĠalternativa di dover tornare nel proprio
Paese (armi, bagagli e famiglia compresa), oppure scegliere la strada della
clandestinit e del lavoro nero, una strada per molti gi percorsa in passato e
quindi unĠalternativa migliore a quella del ritorno, che comporterebbe
lĠammissione del fallimento del proprio progetto migratorio.
La UIL ha chiesto pi volte allĠEsecutivo un uso pi
intelligente degli ammortizzatori sociali in modo da evitare il licenziamento
di lavoratori, italiani e non. Per quanto riguarda gli stranieri che perdono il
lavoro, la UIL ha chiesto e chiede che il permesso di sei mesi per ricerca di
occupazione, scatti alla fine del periodo di godimento delle indennit di
disoccupazione o di mobilit. Per gli stranieri privi di ammortizzatori
sociali, la UIL chiede un maggior
uso delle politiche attive volte ad un loro reinserimento occupazionale e
maggior tempo per ricercare legalmente una nuova occupazione. Questo per dare a
questi cittadini pi chance per trovare un nuovo lavoro regolare, evitando di
cadere in una condizione di illegalit.
Ci ha fatto piacere rilevare come, anche nellĠambito
dei lavori della Commissione XI del Senato, del 26 maggio scorso concernente
lĠindagine conoscitiva su alcuni
fenomeni di distorsione del
mercato del lavoro, si sia sostenuta da parte, delle forze di
maggioranza come di opposizione,
la necessit di un allungamento della durata del permesso di soggiorno
per la ricerca di nuovo lavoro oltre che la necessit di colpire duramente i
casi di grave sfruttamento del lavoro.
Per quanto ci riguarda, va anche sostenuta lĠipotesi
di una modifica dei criteri per il rinnovo dei permessi di soggiorno, a partire
dallĠallungamento della durata proporzionandola allĠanzianit di presenza nel
nostro paese del cittadino immigrato, e va favorito maggiormente il rilascio del
permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (la vecchia carta di
soggiorno), in quanto documento a tempo indeterminato che stabilizzando il
soggiorno dello straniero lo mette al riparo dalle fluttuazioni del mercato del
lavoro in tempi di crisi.
E qui abbiamo una prima domanda per il nostro
ospite di oggi: possibile e praticabile lĠapertura di un tavolo di
contrattazione con il Ministero del Lavoro, per mettere a punto un affinamento
nellĠuso degli ammortizzatori sociali, ai fini di evitare i licenziamenti? EĠ
possibile pensare ad un allungamento del permesso di soggiorno per ricerca di
occupazione, visti i gravi effetti della crisi economica?
Il pacchetto sicurezza
Un secondo punto riguarda il cosiddetto pacchetto
sicurezza, e cio le leggi 125/2008 e 94/2009, su cui la UIL ha gi dato un
giudizio molto critico. Credo che sullĠaggravante di reato la Consulta si sia
gi espressa chiaramente, definendola illegittima. Per quanto riguarda il reato
di immigrazione clandestina, la UIL si gi espressa con un giudizio
fortemente negativo. Comunque, oggi prendiamo atto che una legge dello Stato
e chiediamo almeno che non abbia effetti indiretti di retroattivit. In effetti
chi era presente in Italia prima dellĠentrata in vigore della legge 94
comunque coinvolto dal reato che si applica a chi entrato nel nostro Paese
dopo lĠ8 agosto 2009, ma anche a chi – entrato prima - vi permanga. La
regolarizzazione di colf e badanti di settembre 2009 ha parzialmente corretto
questa ingiustizia. Oggi noi partiamo da un assioma: visto che la Bossi Fini
stata modificata con il Òpacchetto sicurezzaÓ chiediamo di regolarizzare la
posizione di chi era gi in Italia prima del cambiamento della normativa,
concedendo un permesso di soggiorno a chi pu dimostrare di avere un lavoro
onesto e non abbia commesso reati, attraverso una sorta di regolarizzazione Òad
personamÓ sul territorio. Solo evitando la retroattivit della norma, sarebbe infatti
possibile giustificare maggior rigore verso chi entrato irregolarmente dopo
lĠ8 agosto 2009. In questo senso chiediamo al Governo di aprire un confronto
con il movimento sindacale al fine di trovare insieme le soluzioni pi
ragionevoli, anche nellĠinteresse della civile convivenza.
Inoltre, per combattere le situazioni gravi di
sfruttamento – presenti e diffuse in vari comparti produttivi e non solo
al sud – chiediamo una rapida acquisizione ed applicazione della direttiva 2009/52/CE che inasprisce le sanzioni contro i datori di lavoro
colpevoli di grave sfruttamento di migranti irregolari e – quando
necessario – la concessione di un permesso di soggiorno per motivi
umanitari alle loro vittime.
Chiediamo anche che la direttiva 2008/115/CE sui
rimpatri di cittadini di Paesi terzi soggiornanti illegalmente, che prevede tra gli altri
meccanismi di ritorno volontario ed assistito, venga adottata e ratificata in
Italia ed utilizzata per il ritorno prima di tutto volontario di migranti in
condizione di irregolarit. LĠItalia ha tempo fino a dicembre 2010 per
ratificare questo dispositivo europeo, e deve farlo senza discriminare il vero
target naturale di questo strumento: i sans papier.
Sappiamo che per lĠattuale Esecutivo applicare il
metodo del ritorno volontario assistito agli irregolari, contrasta con il
principio del reato di immigrazione clandestina. Nondimeno, la direttiva
europea va applicata ed anche lĠItalia dovr trovare la soluzione normativa per
farlo pienamente.
Per quanto riguarda il permesso di soggiorno a
punti, il cui regolamento di attuazione in fase di varo, la UIL considera un
errore lĠadozione di un provvedimento che punta ad incrementare lĠesclusione,
piuttosto che lĠintegrazione degli immigrati regolari. Visto che comunque il
dispositivo fa parte delle leggi dello Stato, chiediamo che il provvedimento
– quando adottato – abbia un carattere prevalentemente premiale e
renda pi facile la residenza di quegli immigrati che mostrano una maggior
conoscenza della lingua e della cultura italiana, escludendo dal provvedimento
i ragazzi stranieri, nuovi entrati, che frequentano la scuola dellĠobbligo.
Abbiamo
poi altri punti: i diritti di cittadinanza, la lotta al razzismo ed alle
discriminazioni, la lotta al lavoro nero, che sono comunque ampiamente
illustrati nel nostro manifesto presentato al congresso. Io mi fermerei qui,
chiedendo al nostro ospite se su questi temi possibile lĠapertura di un
tavolo di confronto con le Organizzazioni Sindacali. Noi sappiamo che
immigrazione un fenomeno complesso, difficile da governare e che su questi
temi nessuno ha soluzioni facili e, tantomeno, la verit in tasca. Per queste ragioni
crediamo che un confronto senza steccati, di carattere trasversale tra tutte le
parti istituzionali, politiche e sindacali interessate, possa solo portare
giovamento al dibattito ed alla ricerca di soluzioni condivise ed efficaci.
Grazie