Prof. Sergio Bartole
professore emerito di diritto costituzionale presso
l'Universit degli Studi di Trieste
Oggetto: L.
102/09 – non sussistenza di ragioni ostative connesse alla condanna per
il reato di cui all'art. 14.5 ter del D. Lgs. 286/98 - Parere
La questione che mi
viene proposta trae origine dalla prassi accolta da alcune Prefetture ed
avallata da una circolare del Dipartimento centrale di PS per cui andrebbero
rigettate le domande di regolarizzazione presentate da cittadini stranieri che
lavorano come badanti o collaboratori familiari quando gli interessati
risultino essere stati condannati per il reato previsto dallĠart.14.5 ter del
D. Lgs. 286/98 che punisce con la reclusione da uno a quattro anni lo straniero
che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato
in violazione dellĠordine impartito dal Questore di allontanarsi dal territorio
nazionale entro cinque giorni.
Nel caso
ricorrerebbero – secondo le citate autorit – i presupposti per
lĠapplicazione del divieto di ammissione alla prevista procedura di emersione
degli stranieri che Ò risultino condannati, anche con sentenza non
definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della
pena su richiesta ai sensi dellĠart. 444 del codice di procedura penale, per
uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381 del medesimo codice Ò ( art.1 ter. 13, lett. C) l. 102/09 ).
Il problema sorge
in quanto nei citati articoli 380 e 381 del codice di procedura penale non
risulta alcune disposizione che direttamente o indirettamente faccia
riferimento allĠinosservanza dellĠordine impartito dal Questore di allontanarsi
dal territorio nazionale. Il che significa che detta fattispecie di reato, cio
il comportamento di inosservanza dellĠordine, non esplicitamente enumerata (
ove condanna sia intervenuta ) fra quelle che ostano allĠemersione con
regolarizzazione del cittadino straniero. N risulta dagli atti delle ridette
autorit che queste intendano fondare il loro atteggiamento su una
interpretazione per cos dire sistematica atta ad assimilare quella fattispecie
di reato a quelle esplicitamente enumerate negli articoli 380 e 381 del codice
di procedura penale.
A parte ogni dubbio
che si potrebbe avere al riguardo di una siffatta operazione ermeneutica in
ragione del divieto di ricorso ad interpretazione analogica in diritto penale,
un tentativo volto in tale direzione non potrebbe risolversi nella mera formale
citazione dei menzionati articoli del codice di rito penale, ma dovrebbe essere
analiticamente supportato con un puntuale ragionamento sulla assimilabilit
della fattispecie de qua ad una delle fattispecie per vero molto numerose e fra
loro diverse enumerate nei pi volte citati articoli 380 e 381 c.p.p..
LĠargomento portato
avanti dalle ricordate autorit si regge esclusivamente sulla circostanza che
la pena prevista per la fattispecie penale dellĠinosservanza dellĠordine
questorile di lasciare il territorio nazionale rientra in particolare nei
limiti edittali dellĠart. 381 c.p.p.. Ma se ragioniamo nei termini della
ricerca di una giustificazione sostanziale dellĠinapplicabilit della procedura
di regolarizzazione ai cittadini condannati per i reati ex 380 e 381 c.p.p.
facile comprendere che si tratta di scelta motivata dalla pericolosit penale
dei soggetti colpiti dalla anzidetta condanna, pericolosit che va costruita ed
accertata alla luce delle previsioni sostanziali di reato e, quindi, della
definizione della fattispecie criminosa di cui trattasi. Di per s la misura
edittale della pena non offre argomenti sostanziali per estendere il divieto di
regolarizzazione ai comportamenti puniti con lĠart. 14.5 ter del D. Lgs.
286/98, salva lĠassimilabilit della pena.
Di per s la
previsione di pene simili non necessariamente sintomo di eguale pericolosit
sociale ( e coincidenza degli interessi sociali lesi ) in una situazione come
la presente in cui le previsioni di reato vengono in rilievo non per la loro
intrinseca pericolosit di per s ma in funzione dellĠammissione o meno delle
persone interessate al procedimento di regolarizzazione. Ai cui fini,
evidentemente, lĠinosservanza dellĠordine questorile non pu non essere oggetto
di considerazione diversa da quella riservata ai reati di cui al 381 c.p.p.,
proprio perch il procedimento di regolarizzazione volto a superare lo stato
di clandestinit alla cui repressione la previsione del reato di inosservanza
dellĠordine questorile volto.
Da ultimo non si
pu fare a meno di osservare che lĠorientamento dellĠAmministrazione volto a
trarre – aldil dei dettati legislativi – il massimo risultato
dalla legislazione sulla clandestinit alla stessa stregua di quegli interventi
del legislatore dichiarati incostituzionali dalla Corte costituzionale perch
volti ad autorizzare il rigetto di domande di regolarizzazione sulla base di
sole denunce per i reati di cui alle citate norme del codice penale di rito. Ma
in un ordinamento come il nostro cos come la condanna per un reato e la
relativa commissione di questo non si possono dare per scontati in assenza del
relativo giudizio di accoglimento della relativa denuncia, cos non pu essere
estesa la fattispecie autorizzativa del diniego di regolarizzazione in assenza
di esplicita previsione legislativa.
Universit di Trieste, 22 giugno 2010 ( prof. Sergio Bartole )