La percezione dei cittadini e la realt dellimmigrazione

Marta De Philippis

 

           L'immigrazione viene dai pi considerata un processo ormai fuori dal controllo politico; nella percezione collettiva la connessione tra immigrazione e criminalit sempre pi forte. A questo si aggiunge che molti partiti politici nell'intera Europa propongono politiche restrittive allo scopo di rassicurare gli elettori; ma tali politiche, dimostrato, tendono piuttosto ad allontanare i talenti stranieri (che sono gli unici a poter veramente scegliere dove andare) e non riducono la pressione di coloro che emigrano per bisogno. Comprendere le ragioni che stanno alla base della diffusa ostilit verso gli immigrati dunque utile al duplice scopo di favorirne l'integrazione e di creare le basi per sostenere lo sviluppo di politiche non discriminatorie.

 

 

               Nonostante le previsioni della Commissione europea circa la necessit di lavoratori stranieri per raggiungere gli obiettivi di sviluppo economico fissati con la strategia di Lisbona e per sostenere il peso di una popolazione che tende sempre di pi a invecchiare, facile prevedere nellimmediato futuro un ulteriore peggioramento dellatteggiamento istituzionale nei confronti del fenomeno migratorio: levidenza empirica mostra che nei periodi di recessione economica aumentano gli atteggiamenti xenofobi nei confronti degli immigrati; atteggiamenti che partiti e istituzioni tendono ad amplificare per ottenere vantaggi elettorali di breve periodo.

               L aumento degli atteggiamenti xenofobi generalizzato, ma il grado di radicalit di tali atteggiamenti e le motivazioni che li generano variano grandemente nei diversi paesi, in relazione ai diversi livelli di sviluppo economico, al grado di dipendenza verso gli immigrati, alle diverse tipologie di stranieri presenti sul territorio e alle diverse ragioni storiche della loro presenza.

Si possono identificare quattro diversi contesti storici alla base dellimmigrazione negli stati europei.

               Tra gli anni Sessanta e Settanta, il modello del lavoro temporaneo (in Svizzera, Germania, Austria e Lussemburgo) ha attirato soprattutto lavoratori non o semi specializzati, generalmente dallEuropa meridionale, dall'ex Yugoslavia e dalla Turchia.

               Il secondo modello, ha avuto origine grazie alla libera circolazione dei lavoratori tra i paesi nordici, che negli anni Ottanta hanno attirato un gran numero di immigrati, soprattutto rifugiati, da altri paesi.

               Il terzo modello di immigrazione il risultato di legami coloniali: in Inghilterra, Francia, Olanda, Belgio e Portogallo ove gli immigrati sono solitamente in grado di parlare la lingua del paese di destinazione ma vengono marginalizzati a causa delle loro diverse origini etniche e del basso livello di educazione.

               Infine, i paesi di nuova immigrazione, soprattutto in Europa meridionale, sono paesi tradizionalmente di emigrazione che hanno iniziato ad attrarre stranieri solo recentemente: hanno quindi, generalmente, politiche migratorie e di integrazione poco sviluppate.

 

 

               Latteggiamento verso gli immigrati

 

               interessante mettere in relazione tre elementi significativi al fine di comprendere meglio le origini dei diversi atteggiamenti verso gli immigrati: il primo la percentuale di cittadini che cita l'immigrazione tra una delle due questioni pi critiche e urgenti del momento.

Il secondo il valore dello skill gap cio un indicatore che spiega quanto il livello medio di educazione degli immigrati presenti nel paese differisce dal livello di educazione medio dei cittadini.

Il terzo un indicatore che rileva se per gli immigrati il rapporto tra imposte e tasse versate e sussidi ricevuti diverso dal rapporto esistente per i cittadini.

               Dalla verifica dei dati risulta che i paesi dove la percezione critica dellimmigrazione pi elevata (ad esempio la Spagna con un 48 per cento di persone che citano limmigrazione tra i due problemi pi gravi del momento) sono anche i paesi dove lo skill gap pi basso, dove cio nativi e immigrati hanno livelli di specializzazione molto simili, con un conseguente aumento della concorrenza tra i due gruppi sul mercato del lavoro. E sono anche i paesi dove il peso fiscale degli immigrati (cio la differenza tra imposte versate e sussidi ricevuti) pi elevato.[1]

Viceversa, bassa concorrenza e basso peso fiscale degli immigrati determinano una riduzione dellallarme presso lopinione pubblica. Tuttavia vi sono casi in cui queste due dimensioni non sono in grado di spiegare totalmente l'evoluzione e le differenze nella pubblica opinione verso gli immigrati. Altri fattori, pi culturali e ideologici sembrano avere altrettanta rilevanza.

 

 

           Il ruolo dei media

 

               Quale ruolo giocano i media nella formazione delle opinioni in materia di immigrazione ?

La quantit di notizie sullimmigrazione cresciuta fortemente nel tempo nella maggior parte dei paesi europei, in particolare quelle relative a temi come: asilo, crimini, sicurezza, terrorismo.             

               La relazione tra le notizie pi trattate dai media e gli argomenti ritenuti pi critici e urgenti dai cittadini positiva e forte. Un primo studio su tale relazione, condotto da McCombs e Shaw in North Carolina (1972)[2] per le elezioni presidenziali negli Usa, mostra che gli elettori, nel citare le questioni considerate pi importanti nel dibattito elettorale, riportano esattamente gli argomenti pi seguiti dai media nel mese precedente. Analisi successive[3], basate su un maggior numero di paesi e un pi ampio intervallo temporale, confermano questo risultato.

               Sebbene met della popolazione europea[4] sostenga di essere contraria all'immigrazione perch essa aumenta la criminalit, in realt le percezioni sull'immigrazione sono legate strettamente al numero di notizie sui crimini e non ai crimini di per s.

               Cosa sta alla base della forte correlazione tra il modo in cui le informazioni sono riportate dai mass media e le opinioni del loro pubblico?

               Secondo la teoria dell'autoselezione, i lettori tendono a seguire quei media il cui retaggio culturale e politico pi coerente con le loro opinioni ex ante. Come conseguenza, i media –focalizzati ad aumentare le vendite e i profitti – sono incentivati a pubblicare informazioni coerenti con le opinioni pi diffuse. Ne deriva che la stretta relazione fra il contenuto e il numero di notizie sull'immigrazione e le percezioni dei cittadini avrebbe origine non tanto dai media di per s, ma dalle loro dinamiche di orientamento al profitto, che portano a dare copertura e sostegno alle opinioni (gi) prevalenti tra i cittadini. Il meccanismo descritto rafforzato dalla dipendenza mediatica dai ricavi pubblicitari: i pubblicitari orienteranno i loro investimenti verso quei canali mediatici con un pubblico pi ampio, aumentando la tendenza a pubblicare notizie che confermano i pregiudizi dei cittadini.

Altre teorie sostengono invece che i media hanno un effetto causale sulle percezioni del loro pubblico: non le seguono, ma le determinano; e lo fanno ovviamente sulla base dellorientamento politico dei gruppi di controllo dei mezzi di informazione stessi.

               Quale delle due teorie la pi vicina alla realt?

               Comprendere la direzione della causalit ha una forte rilevanza politica, perch se la risposta pi corretta fosse la seconda, ne deriverebbe che una maggiore garanzia nella pluralit dellinformazione, una maggiore trasparenza nel processo di selezione delle notizie e la promozione di un atteggiamento pi critico verso le informazioni riportate dai media, potrebbero, almeno parzialmente, risolvere il problema.

Ebbene, nonostante la difficolt di distinguere quale sia la causa e quale leffetto, si pu ragionevolmente affermare con un adeguato supporto scientifico che la risposta pi corretta sia la seconda.

 

           Minore copertura, minore ostilit

 

               Uno studio basato su dati dei paesi europei tra il 2003 e il 2008[5] dimostra infatti che i cittadini tendono ad avere atteggiamenti pi favorevoli verso l'immigrazione, quanto meno i media toccano l'argomento.

               Si mostra come la presenza di eventi che distraggono l'attenzione dei media, come i giochi olimpici (in funzione del numero di medaglie ottenute) e i disastri naturali e tecnologici (in funzione del numero di vittime), generi una diminuzione delle preoccupazioni riguardo all'immigrazione, anche se tali eventi non hanno ovviamente alcun legame con limmigrazione.

Come si spiega che una medaglia in pi vinta alle Olimpiadi o un terremoto nel proprio paese migliorino gli atteggiamenti verso l'immigrazione?

L'unica spiegazione plausibile che l'attenzione e la copertura mediatica abbiano il potere di forgiare in modo diretto le opinioni del pubblico e che una minore attenzione mediatica moderi lostilit e le preoccupazioni dei cittadini.

               Questo risultato, se pur da prendere con cautela in quanto basato su un numero limitato di dati, conferma dunque la presenza di un forte potere persuasivo dei media: nel formare le proprie opinioni, difficilmente i cittadini prendono in considerazione l'intero insieme di informazioni rilevanti, ma solo quelle pi facilmente disponibili; e poich i media giocano un ruolo cruciale nella scelta delle informazioni disponibili, assicurare pluralit e trasparenza di opinioni e di informazioni diventa di fondamentale importanza.

               Daltra parte, che la percezione del problema sia pi legata ai messaggi dei media che alla realt dei fatti, emerge anche da unaltra ricerca, effettuata dal centro studi della Banca di Italia[6]. Analizzando levoluzione del tasso di criminalit nelle province italiane tra il 1900 e il 2003, risulta che la percentuale di immigrazione non ne determinante significativa, sicch un pregiudizio infondato che gli immigrati aumentino la criminalit. Tuttavia molti italiani rispondono che laumento della criminalit una delle motivazioni principali della loro ostilit verso lingresso di stranieri.

               Se mettiamo in relazione questa ricerca con unaltra dellOsservatorio di Pavia[7] il cerchio si chiude: questultima mostra che in generale il numero di notizie sulla criminalit riportate nei telegiornali serali dei principali canali televisivi tra il 2005 e il 2009 non correlato significativamente con il reale tasso di criminalit nello stesso periodo: paradossalmente la relazione addirittura negativa, nel senso che talvolta le notizie aumentano quando il tasso di criminalit effettiva diminuisce.

Alla luce del comprovato effetto causale dei media sulle opinioni del loro pubblico, questa evidenza empirica spiega in parte la discrasia tra percezioni e realt: si percepisce ci che i media spingono a percepire, ma le scelte strategiche che guidano i media sono ben diverse dalla semplice volont di fornire ai cittadini una informazione obiettiva. Almeno per quanto riguarda i media italiani.

               Una volta stabilita la relazione causale tra media e opinioni, la presenza di notizie non legate alla realt dei fatti, come dimostrato dalla ricerca dell'Osservatorio di Pavia, rappresenterebbe un problema perch darebbe adito a manipolazioni del pubblico mediatico. Naturalmente una forzatura sui media che li costringa ad assumere un atteggiamento pi aperto sarebbe una cura peggiore del male; tuttavia maggior pluralit e trasparenza potrebbero aiutare a garantire almeno spazio alle diverse voci e opinioni. E sarebbe certamente importante che le istituzioni utilizzassero una parte dello spazio che viene loro concesso dai media per affermare che un atteggiamento aperto nei confronti dellimmigrazione non ha solo o soprattutto una valenza umanitaria, ma anche un elemento essenziale per lo sviluppo economico del paese.

 



[1] Si vedano: Eurobarometro; European Labour Force Survey; T.Boeri, Immigration to the land of redistribution IZA discussion paper No. 4273, 2009.

[2] M.E McCombs e D.L . Shaw, The Agenda-Setting Function of Mass Media, Public Opinion Quarterly, 1972 n.36, pp.176-187.

[3] Per unanalisi pi dettagliata: M.E. McCombs e A. Reynolds, News Influence on Our Pictures of the World, in J. Bryant e D. Zillmann (a cura di) Media effects: Advances in theory and research (2nd Ed.), Lawrence Erlbaum Associates, Mahwah, NJ 2002, pp. 1-18.

[4] Transatlantic trend report 2009

[5] M. De Philippis, Media impact on natives' attitudes towards immigration, tesi di laurea specialistica, Universit Bocconi, 2009

[6] M. Bianchi, P. Pinotti e P. Buonanno, Immigration and crime: an empirical analysis, Economic working paper 2008, n. 698, Dipartimento di ricerca economica della Banca d'Italia.

[7] http://www.osservatorio.it/download/Criminalit2009.pdf