Newsletter periodica
d’informazione
(aggiornata alla data del
25 maggio 2011)
o
Dipartimento Politiche
Migratorie – Appuntamenti pag. 2
o
OIL 100^ Conferenza
Internazionale del lavoro
pag. 2
o
Demografia – Istat:
la popolazione tiene solo grazie ai migranti pag. 2
o
Europa e Mediterraneo
– Commissione UE: in casi eccezionali, reintrodurre i visti pag. 4
o
Società – Istat,
buste paga più leggere per gli stranieri pag. 4
o
Emergenza eco profughi
– Ce ne sono già 40 milioni pag. 5
o
Approfondimenti –
ILO: la crisi economica aumenta le discriminazioni sul lavoro pag. 6
o
Immigrazione e lavoro
– Abi: gli immigrati sono il 10% degli occupati pag. 8
o
Società – un milione
di minori detti “stranieri” pag. 9
o
Foreign press – The Economist: “Take my migrants, please”
pag.10
A
cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento
Politiche Migratorie
Rassegna
ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL
Tel.
064753292- 4744753- Fax: 064744751
n. 313
Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti
Roma, 24/05/2011, ore 18.00
– Via Catanzaro, 3
Mediterraneo questione
aperta: pace, guerra, democrazie
(Angela Scalzo)
Roma, 27 maggio 2011, ore 9.30,
sede CIR via del Velabro
Comitato Direttivo del CIR
(Giuseppe Casucci)
Ginevra, 31 maggio - 11 giugno
2011, Palazzo delle Nazioni
Conferenza Internazionale
del Lavoro OIL, Commissione Lavoro domestico
(Giuseppe Casucci)
Lo scorso 9 maggio, il Parlamento
Europeo ha approvato ed adottato una risoluzione in appoggio alla Convenzione sul
lavoro domestico sollecitata dal sindacato europeo ed internazionale.
Roma, 24 maggio 2011 –
Dal 1° al 17 giugno si terrà a Ginevra, presso il palazzo delle Nazioni, la
100° Conferenza Internazionale del Lavoro promossa dall’OIL (ILC). Per il 2011, il programma prevede:
- Discussione e voto sulla bozza di
Convenzione e Raccomandazioni sul tema del “ lavoro dignitoso per i lavoratori domestici”;
- Una discussione generale
sulla gestione del
lavoro e ispezioni sul lavoro;
- Discussione ricorrente
l'obiettivo strategico della protezione sociale (sicurezza sociale).
Tema importante è la
discussione e l’eventuale approvazione di una Convenzione Internazionale sul
lavoro domestico. Obiettivo della Convenzione (e delle Raccomandazioni) è
infatti l’approvazione di uno strumento di protezione internazionale volto a
garantire condizioni di lavoro dignitoso per questo settore che nel mondo conta
di oltre 100 milioni di addetti, spesso impiegati irregolarmente o in
condizioni di non rispetto dei diritti minimi contrattuali. Nell’ambito della
99° ILC dello scorso anno a Ginevra, è stata approvata una bozza di Convenzione
e Raccomandazioni che quest’anno sarà oggetto di affinamento ed eventuale
approvazione formale. In appoggio al dibattito per
l’approvazione di una Convenzione (accompagnata da una Raccomandazione) su
condizioni di “lavoro dignitoso per i lavoratori domestici”, lo scorso 9 maggio
il Parlamento Europeo ha approvato ed adottato una proposta di risoluzione
– sollecitata dal sindacato internazionale (ITUC) ed europeo (ETUC)
– presentata dalla Commissione europea. La risoluzione si esprime
apertamente a favore della Convenzione e della Raccomandazione ed intesa ad
appoggiare l’approvazione della stessa da parte della 100° ILC (Conferenza
Internazionale del Lavoro) dell’OIL prevista il prossimo giugno a Ginevra. >> Scarica il testo
Istat:
in Italia 60,6 milioni di residenti. Aumento dovuto ai migranti
Il "bilancio demografico nazionale" fotografa la
situazione al 31/12/2010.La popolazione è aumentata di 286.114 unità (+0,5%).
La quota di stranieri è del 7,5%.
Roma, 24 maggio 2011 - Il 31
dicembre 2010 i residenti in Italia erano 60.626.442, con un incremento di
286.114 unità (+0,5%) motivato esclusivamente dall'arrivo di migranti. Questo
il dato più importante contenuto nel "bilancio demografico nazionale"
Istat. Complessivamente, la variazione della popolazione è stata determinata
dal saldo del movimento naturale, pari a -25.544 unità (in particolare, sono nati
quasi 7.000 bambini in meno rispetto all'anno precedente, riduzione pari a
quella già registrata nel 2009), dal saldo del movimento migratorio con
l'estero, pari a +380.085 unità, da un incremento dovuto al movimento per altri
motivi e dal saldo interno pari a -68.427 unità. Nel corso del 2010 sono state
iscritte in anagrafe 458.856 persone provenienti dall'estero, 16 mila in più
rispetto all'anno precedente. La quota di stranieri sul totale dei residenti è
del 7,5%: in crescita rispetto al 2009 quando si registravano sette stranieri
ogni 100 residenti. L'incidenza della popolazione straniera - rileva l'Istituto
di statistica - è molto più elevata in tutto il Centro-Nord (9,9% nel
Nord-Ovest, 10,3% nel Nord-Est e 9,6% nel Centro), rispetto alle regioni del
Sud e delle Isole, dove la quota di stranieri residenti è, rispettivamente,
appena del 3,1% e del 2,7%. Tendenza confermata anche dalla distribuzione
dell'incremento della popolazione: più di due terzi nelle regioni del Nord,
poco più di un decimo in quelle del Mezzogiorno. Il rapporto rivela inoltre che le famiglie anagrafiche
sono 25 milioni e 193 mila; il numero medio di componenti per famiglia è pari a
2,4 e stabile rispetto al 2009. La distribuzione della popolazione residente
per ripartizione geografica assegna ai comuni del Nord-Ovest 16.120.067
abitanti (il 26,6% del totale), a quelli del Nord-Est 11.643.194 abitanti (il
19,2%), al Centro 11.950.322 (Il 19,7%), al Sud 14.186.373 (Il 23,4%) e alle
isole 6.726.486 abitanti (l'11,1%). Tali percentuali sono pressoché invariate
rispetto al 2009.
Nascite in calo. Nel 2010 sono nati 561.944 bambini (6.913 in
meno rispetto all'anno precedente, -1,2%) e sono morte 587.488 Persone (4.175
in meno rispetto al 2009). Il saldo naturale, dato dalla differenza tra nati e
morti, è risultato negativo per 25.544 unità, che rappresenta il picco negativo
dell'ultimo decennio, dopo quello del 2003, quando la mortalità toccò valori
elevati per la forte calura estiva. Il saldo naturale è positivo al Sud,
specificatamente in Campania e Puglia, ma anche nel Lazio, in Veneto, Lombardia
e Sicilia, nelle due province autonome di Trento e Bolzano. Il decremento delle
nascite, seppur contenuto, si registra in tutte le ripartizioni, in particolare
nelle due isole (-1,8%), nelle regioni del Sud (-1,6%) e del Nord-Ovest
(-1,4%), mentre risulta più lieve nel Centro (-0,6%) e nel Nord-Est (-0,8%). I
dati confermano la diminuzione delle nascite già osservata l'anno precedente,
che aveva interrotto la serie positiva dell'aumento della natalità.
L'incremento registrato nel decennio appena concluso era dovuto principalmente
all'apporto alla natalità dato dalle donne straniere. Infatti, di pari passo
con l'aumento di stranieri che vivono in Italia, anche l'incidenza delle
nascite di bambini stranieri sul totale dei nati ha avuto un notevole
incremento, passando dal 4,8% del 2000 al 13,9% del 2010; in valori assoluti da
quasi 30 mila nati nel 2000 a quasi 80 mila nel 2010. Tuttavia, rileva l'Istat,
l'incremento che le donne straniere danno alla natalità non compensa la
diminuzione dovuta a quello delle donne italiane (il tasso di fecondità stimato
passa da 1,33 a 1,29 nel giro di un solo anno). Non è da escludere, nonostante
l'assenza di relazioni dirette di causa-effetto, che la crisi economica abbia
avuto ripercussioni negative anche sulla propensione a fare figli. Il tasso di
natalità è pari al 9,3 per mille e si presenta come il più basso dell'ultimo
decennio.
In flessione i decessi. Il numero di decessi, pari a 587.488,
è inferiore di 4.175 unità a quello del 2009. Il tasso di mortalità, specifica
l'Istat, è pari a 9,7 per mille, in diminuzione in tutte le regioni, eccetto la
Campania e le due province autonome di Trento e Bolzano (dove però presenta
valori di gran lunga inferiori alla media nazionale). Complessivamente è più
elevato nelle regioni del Centro-Nord, tradizionalmente a più forte
invecchiamento. La popolazione straniera contribuisce alla riduzione dei tassi
di mortalità, facendo registrare un numero limitato di decessi grazie all'età
particolarmente giovane rispetto alla popolazione italiana.
Le grandi città crescono poco. Nei 12 grandi comuni con oltre
250 mila abitanti risiedono poco più di nove milioni di abitanti, pari al 15%
del totale. Nel complesso di questi comuni si registra un incremento di
popolazione rispetto all'anno precedente pari a 30.015 unità. In termini
percentuali l'aumento è dello 0,3%, inferiore a quello del resto del Paese.
Così come nel 2009 sono i comuni di Milano, Roma, Bologna e Firenze a
evidenziare una lieve crescita mentre gli altri comuni si presentano stabili
(Bari e Venezia) o in decremento. In tutti i grandi comuni il tasso di crescita
naturale è negativo, con la sola eccezione di Roma, Napoli e Palermo. Il tasso
migratorio interno è sempre negativo, a parte Bologna e Milano che presentano
un tasso lievemente positivo, a evidenziare un processo di re - insediamento della popolazione che
penalizza i grandi centri urbani, in particolare Catania (-8,2 per mille),
Napoli (-8,0 per mille) e Verona (-5,9 per mille). Si conferma una generale
capacità di attrarre le migrazioni dall'estero: il tasso migratorio estero
risulta positivo in tutti i grandi comuni, secondo il consueto gradiente
Nord-Sud. In particolare, Milano (13,6 per mille), Bologna (13,5 per mille) e
Firenze (12,2 per mille) presentano i tassi più elevati, ma in termini assoluti
sono Roma e Milano le mete dei più rilevanti flussi migratori dall'estero.
(www.stranieriinitalia.it ) Roma – 24 maggio 2011 - L’Ue prova
a ridisegnare le sue politiche sull’immigrazione. Inizia con un pacchetto di
proposte presentato oggi dalla Commissione Europea, che il 9 giugno
passerà al vaglio dei ministri dell’interno Ue, e il 24 giugno sarà sul tavolo
del consiglio dei capi di stato e di governo. Prevede una migliore gestione dei
flussi dal nord africa, nuove regole sui visti per evitare abusi, più
solidarietà con i paesi membri sotto pressione migratoria e una più forte
cooperazione con i Paesi d’Origine. “La situazione nel Mediterraneo meridionale
chiama ancora l’Ue all’azione. Abbiamo già adottato molte misure a breve
termine per assistere i paesi nordafricani nel fronteggiare le pressione
migratoria e per supportare gli stati membri sul confine, assicurando una risposta
europea coerente a quanti avevano bisogno del nostro aiuto. Quello che propongo
oggi va oltre i bisogni urgenti” ha detto Cecilia Malmström, commissario per
gli Affari Interni. “Vogliamo sviluppare – ha spiegato il commissario -
una cooperazione più strutturata con i Paesi Nordafricani. È interesse dell’Ue
e dei paesi nordafricani promuovere mobilità e immigrazione ben gestita.
L’Europa dipenderà sempre di più dai lavoratori immigrati e il potenziale
offerto dai paesi nordafricani deve essere colto con benefici per entrambi le
parti”. “Abbiamo anche bisogno – ha aggiunto Malmström – di
facilitare i viaggi di studenti, ricercatori e uomini di affari. Per
questo bisogna aprire più vie legali di accesso all’Europa, intensificando la
cooperazione con i nostri vicini meridionali stabilendo regole chiare e assicurando
condizioni sicure affinché questo movimento incontri gli interessi di tutti”. La
Commissione vuole poi “rendere più semplice per le persone viaggiare in
Europa, attraverso ulteriori liberalizzazioni dei visti. Allo stesso tempo,
dobbiamo assicurare che i nostri accordi per liberalizzare i visti non vengano
abusati. È per questo che oggi propongo di introdurre una clausola di
salvaguardia per circostanze eccezionali e molto strette. Spero che questo
aumenterà la fiducia degli Stati membri e introdurrà più regimi di
liberalizzazione di visti in futuro”. EP
ISTAT -
Buste paga più leggere per gli stranieri in Italia nel 2010
(AGI)
Roma, 23 maggio 2011 - A parità di professione, la retribuzione mensile netta
degli immigrati e' stata del 24% in meno rispetto a quella degli italiani
(rispettivamente 973 e 1.286 euro). Lo rivela il Rapporto Istat 2010, diffuso
oggi. Secondo il dossier, inoltre, il differenziale aumenta fino al 30% per le
donne (788 e 1.131). In confronto al 2009, si legge nel focus, "lo
svantaggio degli stranieri e' divenuto più ampio sia per gli occupati a tempo
pieno sia per quelli a orario ridotto". Inoltre, per effetto della diversa
struttura produttiva, "le disuguaglianze retributive tendono a
differenziarsi a livello territoriale passando da circa il 22% nel Nord a poco
meno del 34 del Mezzogiorno". In questa area, inoltre, la più elevata
presenza delle straniere impiegate nei settori dell'agricoltura e del terziario
innalza il divario fino al 35%: 680 euro le straniere e 1.048 le italiane. In
generale, il tasso di occupazione degli stranieri e' sceso dal 64,5% del 2009
al 63,1 del 2010, "un calo più che doppio in confronto a quello degli
italiani", riferiscono gli esperti Istat. Allo stesso tempo il tasso di
disoccupazione e' passato dall'11,2 all'11,6%: "su cento disoccupati in
più nel 2010 rispetto a un anno prima, circa un quinto erano stranieri,
percentuale che sale a oltre un terzo tra le donne". La crescita
dell'occupazione straniera (+183mila unità rispetto al 2009) ha riguardato in
più della metà dei casi le professioni non qualificate: dal manovale edile
all'addetto nelle imprese di pulizie, dal collaboratore domestico al bracciante
agricolo, dall'assistente familiare al portantino.
Nel 2010, rivela ancora l'Istat, "sono 880mila gli stranieri che hanno un
livello d'istruzione e un profilo culturale più elevato rispetto a quello
richiesto dal lavoro svolto: sono il 42,3% degli occupati, una quota più che
doppia di quella degli italiani con le stesse caratteristiche".
Roma, 20 maggio 2011 - I dati
diffusi in vista di un convegno internazionale su “Salute e Migranti”. Mirisola
(Inmp): “Tra 9330 sbarcati a Lampedusa, solo tre con malattie infettive”. Roma
– 20 maggio 2011 - Gli immigrati arrivano in Italia per la maggior parte
sani, si ammalano qui. Traumi (25,9% dei ricoveri per gli uomini), malattie
dell’apparato digerente (14% popolazione di ambo i sessi), oltre a parti e
complicanze della gravidanza e del puerperio per le donne (56,6%), le cause più
frequenti di ricovero. Sono alcuni dei dati diffusi oggi in occasione della
conferenza stampa promossa oggi dalla Federazione nazionale degli Ordini
dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo). Un primo appuntamento in
vista del convegno 'Salute e Migranti. Un approccio all'integrazione e alla
cooperazione sanitaria” che, il 17 e 18 giugno prossimi, vedrà affluire a
Taormina (Me) medici e rappresentanti istituzionali da tutto il Mediterraneo
allo scopo di avviare accordi di cooperazione sanitaria. La controprova sulle
condizioni di salute degli immigrati arriva anche dagli oltre 9.300 sbarcati
dall'11 aprile a oggi a Lampedusa. Tra questi sono stati riscontrati solo tre
casi di malattie infettive: un caso di tubercolosi, uno di malaria e uno di
Hiv. A tracciare il quadro della loro situazione sanitaria è stata, nel corso
della conferenza di oggi, Concetta Mirisola, commissario dell'Istituto
nazionale per la promozione e la salute delle popolazioni migranti
(Inmp). Dall'11 aprile - cioe' da quando l'Inmp e'
presente con i suoi uomini a Lampedusa - si sono registrati 45 sbarchi, che
hanno portato sull'isola 9.303 immigrati, di cui 8.179 uomini, 857 donne, 134
minori accompagnati e 33 minori non accompagnati. Le patologie piu' frequenti
riscontrate tra gli immigrati sbarcati da aprile a Lampedusa sono
disidratazione, ipotermia, infiammazione delle prime vie respiratorie, cistiti,
ulcere cutanee, traumi da sbarco agli arti inferiori, fratture tibio
tarsiche, ferite lacerocontuse ai piedi. "Oggi, al 20 maggio –
ha sottolineato Mirisola - i migranti presenti nei Centri di prima accoglienza
dell'isola sono 989, di cui 802 uomini, 92 donne (2 in gravidanza), 19 minori accompagnati
e 76 non accompagnati".
IL
DOSSIER
Emergenza ecoprofughi
ce ne sono già 40 milioni
Un rapporto
di Legambiente fornisce i dati relativi al 2010: gli effetti dei mutamenti
climatici sono ormai la principale causa delle migrazioni di massa. Secondo
l'Acnur entro il 2050 si arriverà a 200-250 milioni di rifugiati ambientali di
ANTONIO CIANCIULLO
Roma, 21 maggio 2011 -
La spinta dei cambiamenti climatici si fa più forte e le tensioni nel bacino
del Mediterraneo rischiano di crescere sensibilmente. Secondo il dossier
"Profughi ambientali: cambiamento climatico e migrazioni forzate",
presentato da Legambiente a Terra Futura, la mostra-convegno fiorentina sulle
buone pratiche ambientali, nel 2010 il numero di persone costrette a lasciare
le proprie case a causa dei cambiamenti climatici è arrivato a 40 milioni. Se
fino a qualche anno fa erano le guerre la causa principale delle migrazioni di
massa, oggi il motivo principale di fuga è legato agli eventi estremi
moltiplicati dal caos climatico. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i
rifugiati stima che entro il 2050 si arriverà a 200-250 milioni di rifugiati
ambientali. A pagare il costo maggiore del disastro climatico sono i Paesi che
hanno la responsabilità minore perché sono quelli che, essendo arrivati per
ultimi all'industrializzazione, hanno consumato meno combustibili fossili, i
principali colpevoli per l'aumento dell'effetto serra. Secondo il Programma
delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), dei 262 milioni di persone colpite
da disastri climatici tra il 2000 e il 2004 ben il 98% viveva in un Paese in
via di sviluppo. Particolarmente colpite inoltre - sottolinea il dossier di
Legambiente - sono le donne: con un rapporto di 3 a 1 rispetto agli
uomini per la loro posizione di svantaggio sociale rispetto al genere maschile
nelle aree povere del mondo. "Non si può pensare di intervenire solo in modo emergenziale sugli eventi
catastrofici", commenta Maurizio Gubbiotti, coordinatore della segreteria
nazionale di Legambiente. "Il primo passo da compiere è l'immediato
riconoscimento giuridico dei profughi ambientali". Sul tema è intervenuto
anche Valerio Calzolaio, il responsabile ambiente di Sel, che ha presentato a
Firenze il suo ultimo libro, Ecoprofughi pubblicato da Nda: "Le
migrazioni hanno sempre rappresentato un grande motore di rinnovamento e di
vitalità per la specie umana. Ma oggi i cambiamenti climatici rischiano di
imprimere a questo movimento una velocità preoccupante. Per ridare coesione
alle società colpite dalla crisi degli ecosistemi e per agevolare l'accoglienza
dei profughi occorre intervenire sia con politiche di aiuti mirate sia
accelerando i processi di innovazione tecnologica che consentono di sviluppare
le fonti di energia rinnovabile che permettono di ridurre l'uso dei
combustibili fossili e quindi di frenare il caos climatico".
Nasce la newsletter Maroccoggi, finestra sul
Maghreb che cambia
(AGI) - Roma,
21 mag. - Una finestra sul Marocco nel Mediterraneo che cambia: ha debutta con
un'intervista al ministro degli Esteri Franco Frattini, la newsletter settimanale
"MaroccOggi", uno spazio di approfondimento sul Paese del Maghreb e
sulla comunità marocchina in Italia. La newsletter, pubblicata sul sito della
associazione Genemaghrebina (www.genemaghrebina.com ), e' ideata e diretta
da Karima Moual, giornalista del Sole 24 Ore esperta di Nordafrica e
immigrazione. ""MaroccOggi - spiega Moual - e' una finestra che si
apre su un Mediterraneo che ha deciso di cambiare e che nei prossimi decenni
ridisegnerà la nostra storia. Ma anche un faro acceso su un Paese in cammino,
su una realtà che si è distinta in quest'area in maniera positiva con le sue
riforme e
con la sua
apertura al mondo". La pubblicazione proporrà ogni settimana notizie,
analisi e approfondimenti affidati a intellettuali, scrittori,
giornalisti e
politici delle due sponde del Mediterraneo. Nel primo numero, il ministro
Frattini rilancia l'idea di un nuovo "patto per il Mediterraneo", che
ridia "slancio al partenariato euro-mediterraneo attraverso un deciso
rinnovamento delle linee strategiche per affrontare le nuove sfide nella
regione". "I processi di transizione debbono essere sostenuti e
consolidati con iniziative concrete", afferma il ministro, secondo cui
"occorre guardare anche al di là
dell'orizzonte euro- mediterraneo e coinvolgere i global players, a
cominciare dagli Stati Uniti". Sul Marocco, Frattini riconosce "il
profondo rinnovamento istituzionale" intrapreso dal governo di Rabat
"in direzione di una maggiore democratizzazione del sistema politico".
Il ministro della Comunità marocchina all'estero, Mohamed Ameur, illustra
invece la strategia del Paese per sostenere la comunità marocchina in Italia:
"Ciò che il Marocco fa per i suoi connazionali all'estero e' un aiuto ad
integrarsi al meglio nel Paese in cui hanno deciso di vivere. Seguirla in questo
cammino, insieme anche alla partecipazione di un partenariato italiano, aiuta
nell'arrivare al nostro obbiettivo: un'integrazione consolidata". Nata due
anni fa su iniziativa di Moual, Genemaghrebina è una delle principali
associazioni in Italia che si occupano di immigrati di seconda generazione.
Partendo dal Marocco, la newsletter punta presto ad allargare lo sguardo verso
altri Paesi come l'Algeria, la Tunisia e l'Egitto. (AGI)
Da un nuovo
studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) emerge che la crisi economica
e sociale globale ha portato ad un aumento della discriminazione contro i
lavoratori migranti
GINEVRA,
17 maggio 2011 (ILO News) – Da un nuovo studio dell’Ufficio
Internazionale del Lavoro (ILO) emerge che nonostante i passi in avanti delle
legislazioni contro la discriminazione, la crisi economica e sociale globale ha
portato ad un aumento dei rischi di discriminazione contro determinate
categorie di persone tra cui i lavoratori migranti. “Periodi di difficoltà
economica costituiscono un terreno fertile per la discriminazione nel lavoro e,
più in generale, per le società stesse. Questo si può constatare con
l’insorgere di soluzioni populiste” ha dichiarato il Direttore Generale
dell’ILO, Juan Somavia che ha aggiunto “il rischio che si corre è che gli
importanti risultati ottenuti nel corso dei decenni vengano compromessi”. Il Rapporto, dal titolo Uguaglianza nel
lavoro: una sfida continua (Report I(B) - Equality at work: The continuing
challenge - Global Report under the follow-up to the ILO Declaration on
Fundamental Principles and Rights at Work), segnala che gli organismi che
promuovono l’uguaglianza ricevono un crescente numero di denunce. Ciò dimostra
che da un lato la discriminazione nel lavoro sta assumendo forme diverse, e
dall’altro lato che la discriminazione per molteplici motivi sta diventando una
regola piuttosto che un’eccezione. Il Rapporto segnala anche che durante i
periodi di recessione economica vi è la tendenza a dare minore priorità alle
politiche volte alla lotta contro la discriminazione e alla promozione di una
maggiore consapevolezza dei diritti dei lavoratori. “Le misure di austerità, i
tagli al bilancio delle amministrazioni del lavoro e dei servizi di ispezione,
insieme alla riduzione dei fondi a disposizione degli organismi specializzati
in materia di non-discriminazione e uguaglianza possono compromettere
seriamente la capacità delle istituzioni di impedire che la crisi economica si
traduca in un aumento della discriminazione e della disuguaglianza”, precisa il
Rapporto. Secondo il Rapporto, in questo contesto, l’assenza di dati affidabili
rende difficile monitorare e valutare l’impatto delle misure adottate. Per
questa ragione, il rapporto incoraggia i governi a mettere in campo risorse
umane, tecniche e finanziarie per migliorare la raccolta di dati sulle
discriminazioni a livello nazionale.
Tipologia
delle discriminazioni
Il Rapporto
segnala, inoltre, che stanno emergendo nuove forme di discriminazione nel
lavoro, mentre problemi più antichi, nel migliore dei casi, hanno ricevuto solo
una risposta parziale. Di seguito i principali risultati del rapporto:
o Negli
ultimi decenni sono stati compiuti significativi progressi in materia di pari
opportunità nel mondo del lavoro. Ciò nonostante, persistono le disuguaglianze
salariali laddove le donne guadagnano in media il 70-90 per cento di quanto
guadagnano gli uomini. Se da un lato sono state introdotte progressivamente
misure sulla flessibilità degli orari di lavoro come esempio di politiche a
favore delle famiglie, dall’altro lato la discriminazione legata alla
gravidanza e alla maternità rimane ancora un problema diffuso.
o Le
molestie sessuali rimangono un problema significativo nei luoghi di lavoro. Le
giovani donne, non autonome finanziariamente, single o divorziate, e le
lavoratrici migranti sono i gruppi più vulnerabili. Fra gli uomini le vittime
sono il più delle volte i giovani, gli omosessuali e i membri delle minoranze
etniche o razziali.
o Combattere
il razzismo è oggi più che mai una questione prioritaria. Gli ostacoli che
impediscono il libero accesso al mercato del lavoro devono essere ancora
rimossi, in particolare per le persone di origine africana o asiatica, per le
popolazioni indigene e le minoranze etniche e, soprattutto, per le donne che
appartengono a questi gruppi.
o I
lavoratori migranti sono spesso discriminati nell’accesso all’impiego e nel
lavoro, e in molti paesi sono esclusi dai sistemi di protezione sociale.
o Cresce
il numero di donne e uomini discriminati per motivi religiosi, mentre la
discriminazione per ragioni di opinione politica tende ad essere più frequente
nel settore pubblico dove l’appartenenza alle idee politiche del governo in
carica può essere un elemento determinante per accedere ad un posto di lavoro.
o Le
discriminazioni per motivi di lavoro continuano ad esistere per larga parte dei
650 milioni di persone con disabilità, come è dimostrato dal basso tasso di
occupazione di questa categoria di persone.
o Le
persone colpite da HIV/AIDS possono subire discriminazioni laddove gli vengono
imposti test obbligatori o comunque non volontari o che non garantiscono la
riservatezza dei risultati.
o Nell’Unione
Europea il 64 per cento degli intervistati si aspettava che la crisi economica
avrebbe aumentato l’incidenza delle discriminazioni per età nel mondo del
lavoro.
In un numero
limitato di paesi industrializzati, la discriminazione basata sullo stile di
vita è diventata una questione d’attualità, in particolare per quanto riguarda
il tabagismo e l’obesità.
La
risposta dell’ILO
Il Rapporto
globale raccomanda una serie di misure per contrastare la discriminazione. Sono
state identificate quattro aree prioritarie che comprendono: la promozione
della ratifica universale e dell’applicazione delle due Convenzioni fondamentali
sull’uguaglianza e la non discriminazione; lo sviluppo e la condivisione di
conoscenze sull’eliminazione della discriminazione nell’impiego e nelle
professioni; lo sviluppo delle capacità istituzionali dei costituenti dell’ILO
nell’attuazione più efficace del diritto fondamentale di non discriminazione
nel lavoro; e il rafforzamento dei partenariati internazionali con attori
principali che si occupano di uguaglianza.
La ratifica
delle due Convenzioni fondamentali dell’ILO — La Convenzione
sull’uguaglianza di retribuzione, 1951 (n. 100), e la Convenzione sulla
discriminazione (impiego e professione), 1958 (n. 111) — sono state
ratificate rispettivamente da 168 e 169 Stati, su un totale di 183 Stati membri
dell’ILO. Quando il numero delle ratifiche supererà il 90 per cento,
l’obiettivo della ratifica universale sarà a portata di mano, precisa il
rapporto.
“Il diritto
fondamentale di non discriminazione nell’impiego e nelle professioni per tutte
le donne e gli uomini è parte integrante delle politiche del lavoro dignitoso
il cui obiettivo è garantire una crescita economica sostenibile ed equilibrata
e società più eque”, ha dichiarato Juan Somavia. “La risposta giusta è
combinare politiche per la crescita economica a politiche per l’occupazione, la
protezione sociale e i diritti nel lavoro, che consentano ai governi, alle
parti sociali e alla società civile di lavorare insieme, anche cambiando i
comportamenti attraverso l’istruzione”.
Il
Rapporto fa parte di una serie di studi che l’ILO realizza ogni anno sui
diritti fondamentali del lavoro preparati sulla base della Dichiarazione sui
principi e i diritti fondamentali nel lavoro adottata dalla Conferenza
Internazionale del Lavoro nel 1998. I quattro principi fondamentali della
Dichiarazione sono: libertà di associazione, eliminazione del lavoro minorile,
eliminazione del lavoro forzato e discriminazione.
L’Ufficio
Internazionale del Lavoro è il segretariato permanente dell’Organizzazione
Internazionale del Lavoro.
Scarica
il rapporto:
1. Sintesi del rapporto Uguaglianza nel lavoro: una
sfida continua;
2. Equality at work: The continuing challenge (Versione integrale, in
inglese)
Ocse all’Italia: aumentare le
quote di immigrazione per favorire un’adeguata assistenza ad anziani, malati e
disabili
Uno
studio confronta l’assistenza alla persona nei Paesi ricchi: in Italia un
addetto su due è immigrato, spesso sottopagato ed a rischio di povertà.
Roma, 19 maggio 2011 - Per
l’assistenza a lungo termine degli anziani, problema che andrà sempre più acuendosi
negli anni, i Paesi avranno bisogno di attirare un maggior numero di immigrati.
È quanto evidenzia il rapporto dell’Ocse sull’assistenza alla persona,
precisando che la questione investe da vicino anche l’Italia dove è straniero 1
su 2 lavoratori che prestano la loro opera sia nelle residenze assistenziali
che a domicilio. Attualmente, evidenzia l’Ocse, i caregivers
hanno basse retribuzioni e pochi benefici e sarebbero necessarie politiche
capaci di attrarre più lavoratori migliorando retribuzioni e condizioni di
lavoro, ma anche riconoscendone gli anni di esperienza. Germania, Paesi Bassi,
Svezia e Norvegia si sono già mossi in questo senso. In Italia le case di
riposo per anziani e portatori di handicap (ad esempio, le Residenze Sanitarie
assistenziali) fanno parte del sistema sanitario e lo Stato offre anche la
possibilità di usufruire di un assegno di assistenza che copre una frazione del
costo sostenuto dagli utenti (“indennità di accompagnamento”, pari a 472 euro
al mese nel 2009). In Italia – fa notare l’Ocse – sono disponibili
solo 16 letti per cure di lungo termine ogni mille anziani, uno dei dati più
bassi dei Paesi ricchi e perciò si dovrebbe cercare di fornire permessi di
lavoro in numero proporzionale alle necessità del mercato del lavoro di questo
settore, evitando così il ricorso a servizi ospedalieri per le cure di lungo
periodo. (Red.)
"Il 3,5% delle imprese ha un titolare straniero"
Il rapporto di Save
the Children. "Rivedere la legge sulla cittadinanza e quella sulla
sicurezza. L’ integrazione non resti un processo incompiuto"Il rapporto di
Save the Children. "Rivedere la legge sulla cittadinanza e quella
sulla sicurezza. L’ integrazione non resti un processo incompiuto"
Di Elvio Pasca,
Stranieriinitalia.it
Roma,
16 maggio 2011 - 932.000 bambini e ragazzi, 572.000 dei quali nati qui. Questi
i numeri dei minori che vivono in Italia e che la legge si ostina a considerare
stranieri. "Una presenza vitale, se si considera che le nascite di bambini
di genitori stranieri fanno sì che il nostro saldo demografico sia positivo, e
che va accompagnata e sostenuta, perché l’integrazione di un bambino con radici
culturali e sociali diverse può essere difficoltosa" scrive Save The
Children.
Secondo
l’organizzazione, che ha pubblicato qualche giorno fa il 2° rapporto annuale “I
minori stranieri in Italia”, "al processo d’integrazione non
contribuiscono alcuni provvedimenti restrittivi introdotti dalla legge sulla
sicurezza(L. 94/2009) in cui compaiono requisiti particolarmente severi per la
conversione del permesso di soggiorno al compimento dei 18 anni". Inoltre,
è urgente “rivedere le norme sulla cittadinanza per chi è figlio di genitori
non italiani prevedendo il riconoscimento della cittadinanza prima del
compimento del diciottesimo anno”.
In generale
Save The Children chiede subito “un intervento coordinato su più ambiti –
normativo, educativo, sociale – e a livello sia nazionale che locale per
far sì che l’integrazione dei minori stranieri non resti un processo
incompiuto”.
I
minori stranieri in Italia
Negli ultimi 7 anni il numero di minori stranieri residenti è passato da
412.432 al 1° gennaio 2004 a 932.000 al 1° gennaio 2010, pari all’8% della
popolazione minorile italiana. Numeri sottostimati, perché considerano solo chi
è iscritto all’anagrafe.
La maggior
parte dei minori stranieri residenti - circa 572.000, il 10.4% in più rispetto
al 2009 - è nata in Italia. E’ la cosiddetta generazione 2 (G2). Vi è poi un
numero crescente di minori, rimasti nella prima infanzia con i nonni nel paese
di origine, che raggiunge i genitori in Italia nella prima adolescenza.
Parliamo della cosiddetta “generazione 1 e mezzo”, un gruppo di minori che può
incontrare gravi problemi di inserimento, sia dal punto di vista scolastico che
familiare, e che necessita di particolare attenzione e sostegno.
Cremona (27.6%),
Lodi (27.3), Brescia (27.2), Mantova (27), Bergamo (26.9), Prato (26.7),
Vicenza (26.3), Treviso (26.3), Reggio Emilia (26), Lecco (25.4) sono le prime
10 province italiane con la percentuale più alta di minori stranieri (in
rapporto alla popolazione straniera). Nella gran parte di esse l’incidenza
della popolazione minorile straniera su quella italiana è superiore al 15%,
cioè un minore su 6 è straniero.
Una presenza che, stando alle recenti stime dell’Istat è cresciuta
ulteriormente nel corso del 2010: 104.000 sono infatti i nuovi nati stranieri
lo scorso anno, pari al 18,8% del totale delle nascite.
I
minori non accompagnati
Sono almeno 4.4384 i minori stranieri non accompagnati presenti sul suolo
italiano. Il 90% sono maschi, per la gran parte (l’85%) fra i 15 e i 17 anni ma
non mancano 12enni, 13enni e 14enni. Il gruppo più numeroso è costituito dai
minori afgani (20%), seguito dai minori provenienti dal Marocco (14.7),Egitto
(11), Albania (9), Bangladesh (5), Somalia (3.9), Repubblica del Kosovo (3.8),
Palestina (3.1), Eritrea (3).
I ragazzi afgani si confermano un flusso in costante crescita ma va ricordata
la presenza del gruppo consistente dei minori rumeni, anche rom, che però non
sono più computati perché neo-comunitari. I viaggi dei minori migranti che
arrivano nel nostro paese sono sempre più rischiosi, nascosti dentro Tir o
furgoni, nel caso di minori afgani o bengalesi, o su navi da diporto
irriconoscibili e non facilmente intercettabili, nel caso di minori provenienti
per esempio dal medio-oriente.
A gestire i
viaggi sono trafficanti che chiedono per ciascun ragazzo 4-5.000 euro. Per
ripagare il debito contratto dalle famiglie, i ragazzi sono molto esposti al
rischio di sfruttamento o di caduta in circuiti di devianza ed illegalità. E un
gruppo assolutamente bisognoso di protezione è quello dei minori vittime di
tratta e dei minori appartenenti alle comunità rom e sinte, vittime di
condizioni di discriminazione e di assoluta precarietà.
Oltre a
indicare le caratteristiche del fenomo dei minori stranieri e le attuali linee
di tendenza, il Rapporto di Save the Children prende in esame l’accesso dei
minori stranieri ad alcuni diritti fondamentali, quali la protezione, l’unità
familiare, il diritto alla casa, allo sviluppo
Foreign Press
Take my migrants, please
Apr 14th 2011 | ROME | from the print edition
IT WAS what Italians call a sfogo: a release
of pent-up emotion that contains a dose of hyperbole. But it still came as a
shock when, on April 11th, Roberto Maroni, Italy’s interior minister, mused
aloud about leaving the European Union, after attempts to persuade his
counterparts to share Italy’s illegal immigration burden fell flat. Mr Maroni’s
Northern League, and the conservative government of which it is part, are in a
fix because of north Africa’s unrest. The League is committed to blocking
illegal immigration. For a while it claimed to have done so. Last year the
number of migrants arriving by sea was negligible because of deals with Libya
and Tunisia to clamp down on trafficking in the Mediterranean. The boast was
specious—most illegal immigrants enter Italy by less visible
means—but politically effective. Now Italy’s migration policy is in ruins.
Since the start of the Arab spring more than 25,000 people have arrived in
Italy by sea, many on the tiny island of Lampedusa. Most are Tunisians fleeing
the economic problems that helped trigger the upheaval. The interim government
in Tunis, which is facing a massive refugee problem of its own on the Libyan
border, has been reluctant to give priority to helping Italy. But on April 5th
it agreed to take two flights a day of repatriated migrants. In return Italy
offered the Tunisians coastal-patrol equipment and €150m ($220m) in unspecified
support. Italy hopes the sight of returning migrants will deter others from
trying. The risks were brought home last week when a boat carrying over 200
passengers capsized; only 48 survived. From the EU Mr Maroni sought another
deal to allow him to dispatch migrants, but in the opposite direction.
He—and his colleague from Malta, which has also been hit by an influx of
north Africans—wanted the EU to apply an emergency rule to relocate the
refugees across all member states. This was blocked. But Italy had already
issued national residence permits to the migrants, perhaps hoping they would
exploit the passport-free Schengen area to slip across to countries like
France, where many Tunisians have family. The French, however, pointed out that
the Schengen rules grant freedom of movement only to those with proper
passports and the means to support themselves. Others can be returned to the EU
country in which they arrived. The French have already sent almost 2,000 north
Africans back to Italy. France and Germany argue that, since Italy receives
proportionately few requests for asylum (just over 10,000 last year, compared
with France’s 52,000 and Germany’s 49,000), it should cope with the relatively
modest influx from north Africa. Privately, ministers in Rome accept that the
present levels are manageable. But they worry that the Libyan conflict could
unleash a bigger exodus, and want the EU to work on a comprehensive approach. No
Libyan government is likely to care about Italy’s fears. The rebels remember
the pally relationship between Muammar Qaddafi and Silvio Berlusconi, the
Italian prime minister (who this week said he would probably stand down when
his mandate expires in 2013 and named a possible successor, Angelino Alfano,
the justice minister). The colonel will feel betrayed by his former ally’s
decision to join NATO’s offensive—and on April 12th Mr Berlusconi said he
had to be talked out of resigning after changing sides. With Italy’s Maghreb
policy in disarray, the Northern League appears bent on making things worse.
Its leader, Umberto Bossi, has backed a boycott of French goods. And a League
junior minister has talked of opening fire on vessels carrying
migrants—though “not for the moment”.