SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

A seguito dellĠarresto operato dalla Polizia Ferroviaria di Roma Termini, in data 10.12.2010, Ebrahim Esamelden  stato presentato dinnanzi a questo giudice per la convalida ed il contestuale giudizio con il rito direttissimo in ordine al reato di cui allĠart. 14 comma 5 ter d. leg.vo n. 286/98.

AllĠudienza dellĠ11/12/2010 il giudice ha autorizzato lĠufficiale di P.G., Legge Leonardo, a svolgere una relazione orale sui fatti di causa ed ha successivamente provveduto allĠinterrogatorio dellĠarrestato. Sentite le parti  stato convalidato lĠarresto e si  disposto procedersi al contestuale giudizio direttissimo. Su richiesta di termini a difesa, previo rilascio della procura speciale da parte dellĠEbrahim al difensore per richiedere il rito abbreviato, il processo era rinviato al 14/3/2011, udienza in cui si fissava altra data per la discussione, stante lĠimminente decisione della Corte di Giustizia, sul proposto rinvio pregiudiziale da parte della Corte dĠAppello di Trento, avente ad oggetto il reato contestato allĠimputato.

Il 9/5/2011, su istanza del procuratore speciale, era disposta con ordinanza, ai sensi degli artt. 558 comma 8 e 452 c.p.p., la prosecuzione del giudizio nelle forme del rito abbreviato richiesto e, acquisito il fascicolo del Pubblico Ministero, sulla base delle conclusioni delle parti in epigrafe trascritte, veniva pronunciato la sentenza, pubblicata in udienza mediante la lettura del dispositivo.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Nei confronti dellĠimputato deve essere emessa una pronuncia di assoluzione dal reato di cui allĠart. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286 del 1998, perchŽ il fatto non  pi previsto dalla legge come reato.

 

¤1  LĠintegrazione nel caso di specie del reato contestato  di cui allĠart. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286 del 1998

Sulla base della relazione dellĠufficiale di polizia giudiziaria, Assistente Legge Leonardo, e del verbale di arresto da questi redatto, nonchŽ dei documenti acquisiti al fascicolo del dibattimento, risulta accertato che  Ebrahim Esamelden, di asserita nazionalitˆ egiziana, era stato invitato ad allontanarsi dal territorio nazionale entro 5 giorni con ordine di allontanamento del 2 novembre 2010, regolarmente emesso dal Questore di Roma, in base a decreto di espulsione del Prefetto capitolino dello stesso giorno, informandolo che, qualora si fosse trattenuto nello Stato italiano in violazione dellĠordine, sarebbe stato punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni e si sarebbe proceduto a nuova espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.

Il 10/12/2010, durante un servizio di controllo del territorio, lĠEbrahim era stato trovato dalla Polizia di Stato alla Stazione di Roma Termini, privo di documenti di identitˆ, cosicchŽ era stato condotto presso lĠUfficio Immigrazione dove era risultata, attraverso i rilievi fotodattiloscopici, la sua sottoposizione al sopra citato decreto di espulsione, pur con altre generalitˆ, tanto da essere tratto in arresto. 

Ne consegue che, in forza di detti elementi di fatto,  stato accertato che lĠEbrahim, essendo stato espulso dal territorio italiano e non avendo lasciato lo stesso senza un giustificato motivo, ha posto in essere una condotta formalmente riconducibile nellĠambito della fattispecie incriminatrice di cui allĠart. 14 comma 5 ter  d. lvo. n. 286/98.

 

Si ritiene necessario, a questo punto, affrontare sinteticamente il tema dellĠevoluzione, legislativa ed interpretativa, snodatasi con pi interventi multilivello, circa lĠ incompatibilitˆ del citato art. 14 co. 5 ter con la fonte di diritto UE, dotata di effetto diretto nei Paesi dellĠUnione, costituita dalla direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, Òrecante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno  irregolareÓ, anche detta direttiva rimpatri.

 

¤ 2  La sequenza procedimentale: il d.lgs. n. 286 del 1998 e la direttiva rimpatri 2008/115

Nel testo unico in materia di immigrazione  prevista la seguente sequenza procedimentale nei confronti del cittadino di Paese terzo irregolarmente soggiornante in Italia:

- emissione di un decreto di espulsione immediatamente esecutivo da parte del Prefetto (art. 13, comma 2, D.lgs. n. 286/1998; analogo alla cd. decisione di rimpatrio di cui alla direttiva);

- esecuzione dellĠespulsione da parte del Questore:

a) con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (art. 13, comma 4, D.lgs. n. 286/1998);

b) ovvero con trattenimento presso un centro di identificazione e di espulsione (art. 14, comma 1, D.lgs. n. 286/1998);

c) ovvero, in caso di impossibilitˆ di trattenimento o di maturazione del termine massimo di trattenimento:

- emissione di un ordine di allontanamento da parte del Questore entro cinque giorni (art. 14, comma 5 bis, D.lgs. n. 286/1998);

- in caso di inottemperanza a detto ordine: arresto obbligatorio, assoggettabilitˆ a custodia cautelare e a procedimento penale con pene sino a quattro anni (art. 14, comma 5 ter) e sino a cinque anni (art. 14, comma 5 quater).

 

La direttiva rimpatri 2008/115 prevede, invece, nella stessa ipotesi di presenza irregolare, una diversa sequenza procedimentale:

á       partenza volontaria della persona irregolarmente dimorante sul territorio in un termine compreso tra 7 e 30 giorni (art. 7 ¤ 1 direttiva 2008/115/CE);

á       in caso di mancata collaborazione allĠ esecuzione della decisione di rimpatrio, possibilitˆ per gli Stati membri di comprimere, secondo criteri di proporzionalitˆ e di stretta necessitˆ (art. 8 ¤ 4 della direttiva), i diritti di libertˆ dellĠinteressato con strumenti di compressione via via crescenti, fino allĠuso di misure coercitive;

á       se nessuna misura coercitiva pu˜ essere efficacemente impiegata gli Stati membri possono trattenere il cittadino, soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare lĠallontanamento (a condizione che vi sia il pericolo di fuga ovvero nel caso in cui lĠinteressato eviti o ostacoli la preparazione del rimpatrio o dellĠallontanamento). Il trattenimento deve essere assoggettato a periodici riesami (art. 15 ¤ 3) ha una durata massima (art. 15 ¤ 5), eventualmente prorogabile (art. 15 ¤ 6 che delinea i termini massimi per la proroga e le condizioni in cui essa  ammessa);

á       cessazione del trattenimento nel caso non vi sia pi una ragionevole prospettiva di esecuzione della decisione di rimpatrio (art. 15 ¤ 4 direttiva 2008/115/CE).

 

¤ 3 La Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, come interpretata dalla sentenza della Corte di giustizia UE, 28 aprile 2011, El Dridi (C-61/11 PPU

 

La giurisprudenza italiana, con una ricchissima attivitˆ interpretativa, si  posta il problema della diretta applicabilitˆ nel nostro ordinamento della Direttiva 2008/115/CE e della sua compatibilitˆ con la fattispecie penale in esame, sino a richiedere, con pi questioni pregiudiziali, alla Corte di Giustizia dellĠUnione Europea, una pronuncia chiarificatrice che  intervenuta, in relazione solo ad una tra quelle sollevate (la questione pregiudiziale proposta dalla Corte dĠAppello di Trento con procedura dĠurgenza), con la sentenza 28 aprile 2011, El Dridi C-61/11 PPU.

Prima di esaminare i punti essenziali di questa, al fine di valutarne lĠimpatto con riguardo alla definizione del presente processo,  si ritiene necessario premettere che lĠItalia:

a)      ha violato lĠobbligo di attuazione della direttiva rimpatri 2008/115, la cui data di scadenza era prevista al 24/12/2010, mantenendo ferma una legislazione, come quella contenuta nel decreto legislativo 286/1998, con essa del tutto in contrasto, perchŽ connotata da condizioni diverse e pi restrittive, rispetto al minimum fissato dalla legislazione europea;

b)      non si  avvalsa della clausola di riserva prevista  dallĠart. 2 e, in particolare, per quello che in questa sede interessa, al ¤ 2 lett. b) che consente agli Stati membri di non applicare la direttiva ai soggetti Òsottoposti a rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale, in conformitˆ della legislazione nazionale, o sottoposti a procedure di estradizioneÓ; opzione il cui esercizio, considerate le conseguenze restrittive che ne derivano, puoĠ esprimersi solo con fonti normative che, in termini inequivoci ed espressi, manifestano la volontˆ dello Stato membro di escludere determinati soggetti o situazioni dalla disciplina della fonte sovraordinata.  Se, dunque, non  stato esplicitamente limitato dallo Stato italiano lĠambito di applicabilitˆ della citata direttiva rimpatri ai casi in cui ci˜ sarebbe potuto avvenire (espulsione come conseguenza di un reato), ne consegue che la disciplina della stessa , ad oggi, estesa a tutti i casi di espulsione, senza limitazione alle sole espulsioni amministrative.

 

Il procedimento argomentativo seguito dalla Corte di Giustizia (da ora CGE), per pervenire alla declaratoria di incompatibilitˆ dellĠart. 14 comma 5-ter del D. Lvo 286/1998 rispetto alla direttiva rimpatri, parte proprio dallo scopo perseguito dalla disciplina europea, scopo costituito dallĠ Òattuazione di unĠefficace politica in materia di allontanamento e rimpatrio basata su norme comuni affinchŽ le persone interessate siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e della loro dignitˆÓ (¤ 31), con il limite per  lo Stato membro di derogare soltanto prevedendo condizioni pi favorevoli per lo straniero (¤ 33).

PerchŽ detto scopo possa concretamente essere perseguito dagli Stati membri, la CGE, ponendo fine ad un dibattito apertosi nella giurisprudenza e nella dottrina italiana, ha riconosciuto effetto diretto agli articoli 15 e 16 della direttiva[1], che disciplinano la misura del trattenimento (ÒTrattenimento ai fini dellĠallontanamentoÓ). Per fare questo, la Corte ha richiamato i suoi precdenti, secondo cui, allorchŽ lo Stato non abbia recepito, o non abbia recepito correttamente, una direttiva entro il termine previsto – come appunto  il caso dellĠItalia, ma non solo -, i singoli sono legittimati ad invocare, contro lo Stato, le disposizioni della direttiva che appaiano incondizionate e sufficientemente precise (¤ 46), come indubbiamente sono gli articoli 15 e 16, l“ dove fissano requisiti, modalitˆ e limiti del trattenimento. Al riguardo si riporta testualmente il ¤ 47 della sentenza El Didri: ÒÉgli artt. 15 e 16 della direttiva 2008/115,É., come si evince dal punto 40 della presente sentenza, sono incondizionati e sufficientemente precisi da non richiedere ulteriori specifici elementi perchŽ gli Stati membri li possano mettere in attoÓ.

Da ci˜ consegue che il giudice italiano, che  allo stesso tempo giudice dellĠUnione Europea,  tenuto a riconoscere allo straniero i diritti che il legislatore avrebbe dovuto garantirgli entro il termine fissato per il recepimento della direttiva, ovverosia entro il 24/12/2010, mediante lĠapplicazione di questa.

Ma il nucleo davvero significativo della citata sentenza, ai fini della presente decisione, riguarda lĠincidenza della direttiva rimpatri sul sistema penalistico degli Stati membri, tra cui ovviamente il nostro.

La CGE sottolinea, al ¤ 53, come il diritto dellĠUnione, pur non incidendo sulla legislazione penale e di procedura penale, che , infatti, rimessa alla competenza degli Stati membri, possa comunque riverberare i propri effetti su tale ambito giuridico che non deve Òcompromettere la realizzazione degli obiettivi di una direttiva e Éprivare questĠultima dellĠeffetto utileÓ (¤ 55).

Con specifico riguardo poi agli ordinamenti interni Òin tema di immigrazione clandestina e di soggiorno irregolare, [gli Stati membri ] devono fare in modo che la propria legislazione in materia rispetti il diritto dellĠUnioneÓ (cos“ la seconda parte del ¤ 54 della sentenza della CGE).

LĠeventuale norma penale che non realizzi lĠeffetto utile della direttiva, consistente nellĠesecuzione del rimpatrio dello straniero irregolare, e contrasti con essa, dovrˆ essere disapplicata, rectius non applicata, da parte del giudice interno; fatto, comunque, salvo il diritto dello Stato membro di adottare, ai sensi dellĠart. 8 n. 4 della direttiva, anche misure coercitive (indicate come Òaccompagnamento coattivo alla frontieraÓ).

Solo quando queste non abbiano raggiunto il loro risultato, ovverosia il rimpatrio, subentrerˆ anche il diritto di prevedere sanzioni penali - necessariamente non detentive - nei confronti dello straniero inottemperante, dotate della capacitˆ di dissuasione dal continuare a soggiornare illegalmente nel territorio dello Stato (¤ 52).

Seguendo sempre il percorso interpretativo tracciato dalla CGE,  di tutta evidenza che lĠeventuale sanzione penale detentiva, peraltro conseguenza di una semplice condotta di mancata cooperazione dello straniero alla procedura di rimpatrio, ad esempio con lĠinosservanza allĠordine di allontanamento (quasi sempre, come nel caso in esame, senza alcun previo tentativo da parte dello Stato di provvedere allĠaccompagnamento coattivo alla frontiera o ad altre forme coercitive pi gradate), si pone, per la sua stessa natura, in contrasto con lĠeffetto utile stabilito dagli articoli 15 e 16 della direttiva (¤¤ 55-59), alla luce del principio di leale cooperazione tra Stati membri e Unione.

DĠaltra parte, se lĠobbiettivo dello Stato, di fronte ad una condizione di accertata irregolaritˆ del cittadino di Paese terzo,  quello dellĠallontanamento di questi dal territorio, risulta non solo incompatibile con il sistema dellĠUnione, ma anche palesemente irragionevole, costoso ed inefficace, il farraginoso meccanismo previsto dallĠart. 14 (arresto obbligatorio; giudizio direttissimo, applicabilitˆ della custodia cautelare durante il processo, irrogazione di una pena detentiva fino a 4/5 anni) che si inserisce, peraltro, in via incidentale, nellĠambito del procedimento amministrativo di espulsione, non consentendo lĠobiettivo finale dellĠallontanamento dello straniero, cui lo Stato , invece, tenuto in forza della direttiva (¤ 59).

    EĠ utile al riguardo riportare testualmente i ¤ 58 e 59 della sentenza che, si ritiene, costituiscano il nucleo della pronuncia:

Ò58 Ne consegue che gli Stati membri non possono introdurre, al fine di ovviare allĠinsuccesso delle misure coercitive adottate per procedere allĠallontanamento coattivo conformemente allĠart. 8, n. 4, di detta direttiva, una pena detentiva, come quella prevista allĠart. 14, comma 5‑ter, del decreto legislativo n. 286/1998, solo perchŽ un cittadino di un paese terzo, dopo che gli  stato notificato un ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro e che il termine impartito con tale ordine  scaduto, permane in maniera irregolare nel territorio nazionale. Essi devono, invece, continuare ad adoperarsi per dare esecuzione alla decisione di rimpatrio, che continua a produrre i suoi effetti.

59 Una tale pena, infatti, segnatamente in ragione delle sue condizioni e modalitˆ di applicazione, rischia di compromettere la realizzazione dellĠobiettivo perseguito da detta direttiva, ossia lĠinstaurazione di una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare. In particolare, come ha rilevato lĠavvocato generale al paragrafo 42 della sua presa di posizione, una normativa nazionale quale quella oggetto del procedimento principale pu˜ ostacolare lĠapplicazione delle misure di cui allĠart. 8, n. 1, della direttiva 2008/115 e ritardare lĠesecuzione della decisione di rimpatrioÓ

La ragione del sistema coercitivo scelto dal legislatore italiano  ben esplicitata nella Presa di posizione dellĠAvvocato generale Jan Mazak, del I aprile 2011, nel processo El Didri in cui, dopo essere stato individuato il punto in comune tra la direttiva 2008/115 ed il decreto legislativo n. 286/998 (prevedere la possibilitˆ che il cittadino di un paese terzo che soggiorna irregolarmente nel territorio di uno Stato membro non ottemperi allĠordine dellĠautoritˆ pubblica di lasciare il territorio nazionale nel termine prescritto), si conclude che le conseguenze che derivano dallĠinottemperanza allĠordine sono profondamente diverse:

-      nel sistema della direttiva 2008/115 pu˜ determinare, ai sensi dellĠart. 15, n. 1, il trattenimento del cittadino di un paese terzo quale misura necessaria per eseguire la decisione di rimpatrio e semprechŽ non possano essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive;

-      nel decreto legislativo n. 286/1998 detto comportamento  qualificato come reato punibile con la pena della reclusione da uno a quattro anni e la relativa sanzione detentiva, per ci˜ solo,  non puoĠ avere i connotati del trattenimento di cui allĠart. 15 della direttiva, perchŽ non finalizzata al rimpatrio, ma alla sua stessa espiazione.

Detto diverso trattamento trova la propria ratio nella prevalenza per lo Stato italiano, Òdi punire la violazione di un ordine dellĠautoritˆ che costituisce una grave lesione dellĠordine pubblico e, di conseguenza, tale pena non  una misura coercitiva destinata a dare esecuzione alla decisione di rimpatrio, ma costituisce una reazione repressiva dellĠordinamento giuridico, subordinata alla verifica della mancanza di un giustificato motivo per la violazione di un ordine dellĠautoritˆÓ (cos“ la Presa di pozione al ¤ 40).

In questo modo viene disvelato come il Òdiritto penale dellĠimmigrazioneÓ, ed in particolare lĠart 14  commi 5 ter e quater, non sia altro che lo strumento attraverso il quale si compie una prova di forza tra lĠAutoritˆ, che impone lĠordine di rimpatrio, e lo straniero che non lo rispetta, con la conseguente criminalizzazione dellĠ inottemperanza che viene punita con una pena detentiva capace di prevalere sullĠ opposta esigenza di eseguire il rimpatrio.

Nella scelta tra interessi divergenti costituiti, da un lato, dallĠesercizio della potestˆ punitiva dello Stato, con conseguente trattenimento dello straniero irregolare per lĠesecuzione della pena detentiva e, dallĠaltro lato, da unĠefficace politica di rimpatrio degli stranieri irregolari, lo Stato italiano, con il sistema di cui allĠart. 14 del Testo Unico Immigrazione, sceglie inequivocabilmente il primo, con inevitabile e deliberato travolgimento del secondo.

Se a ci˜ si aggiunge che, nel caso in esame, nei confronti di  Ebrahim Esamelden non era stato neanche tentato lĠaccompagnamento coattivo alla frontiera o il trattenimento presso un Centro di identificazione al fine di provvedere successivamente al suo rimpatrio,  di tutta evidenza che la sanzione penale detentiva , in sostanza, lĠunico strumento predisposto dallĠordinamento interno per fare fronte alla presenza irregolare dellĠimputato inottemperante; con tutto ci˜ che ne consegue in termini di irragionevolezza del sistema e di ovvia incompatibilitˆ con la procedura dei rimpatri prevista dalla direttiva 2008/115, per come interpretata dalla Corte di Giustizia con la sentenza El Didri.

Se poi uno Stato membro prevede, come  il caso delle fattispecie penali di cui allĠart. 14 comma 5 ter e quater D. Lvo 286/98, che lo straniero venga privato della propria libertˆ personale in ragione della mancata cooperazione ad una procedura espulsiva, disegnata secondo condizioni deteriori e diverse rispetto a quelle tassativamente stabilite dagli articoli 15 e 16 della direttiva,  chiaro che lĠincompatibilitˆ tra il sistema sovraordinato del diritto dellĠUnione e la legislazione penale interna involge non solo il profilo finalistico, ma anche quello procedimentale. Da ci˜ consegue lĠobbligo per il giudice italiano, anche giudice dellĠUnione, di disapplicare lĠart. 14 co. 5 ter e quater, assolvendo gli imputati dalla relativa imputazione, con la formula dellĠessere il fatto non pi previsto dalla legge come reato, ai sensi dellĠart. 2 co. 2 c.p. in quanto Ònessuno pu˜ essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reatoÓ (vedi ¤ che segue e, da ultimo, Corte di Cassazione Sez. I pen del 28/4/2011 nn. 1590/2011, 1594/2011 e 1606/2011 e Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 10/5/2011).

Infatti, dai due angoli visuali esaminati, finalistico e procedimentale, non vi  dubbio che lĠart. 14, commi 5 ter e quater, abbia sub“to una radicale modifica dallĠapplicazione della direttiva rimpatri 2008/115, come interpretata dalla sentenza della Corte di Giustizia. Anzi, andando oltre, ed accogliendo la logica funzionalistica che informa complessivamente detta pronuncia, si deve ritenere che siano tutte le disposizioni del Testo Unico sullĠimmigrazione, relative al procedimento espulsivo, ad essere state direttamente incise dalla normativa europea, non solo nella parte in cui, per come disegnate dal legislatore interno, compromettono la realizzazione dellĠobiettivo utile perseguito dallĠart. 8 n.1 (eseguire la decisione di rimpatrio dello straniero irregolare); ma anche per la mancata, e pur  obbligatoria, gradualitˆ procedurale che costituisce, peraltro, il presupposto dell'elemento normativo della fattispecie penale oggetto del presente processo, ma non solo.

Al riguardo si richiama il ¤ 50 della sentenza l“ dove sostiene che ÒÉla procedura di allontanamento prevista dalla normativa italiana in discussione nel procedimento principale differisce notevolmente da quella stabilita da detta direttivaÓ.

 

¤ 4 La formula assolutoria

Dalle sopra esposte argomentazioni consegue lĠassoluzione di Ebrahim Esamelden dal reato ascrittogli perchŽ il fatto non  pi previsto dalla legge come reato, in forza di una legge successiva costituita, appunto, dalla direttiva europea come interpretata dalla sentenza El Didri della CGE che al ¤ 61  espressamente conclude che: ÒAlla luce di quanto precede, al giudice del rinvio, incaricato di applicare, nellĠambito della propria competenza, le disposizioni del diritto dellĠUnione e di assicurarne la piena efficacia, spetterˆ disapplicare ogni disposizione del decreto legislativo n. 286/1998 contraria al risultato della direttiva 2008/115, segnatamente lĠart. 14, comma 5‑ter, di tale decreto legislativo (v., in tal senso, sentenze 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal, Racc. pag. 629, punto 24; 22 maggio 2003, causa C‑462/99, Connect Austria, Racc. pag. I‑5197, punti 38 e 40, nonchŽ 22 giugno 2010, cause riunite C‑188/10 e C‑189/10, Melki e Abdeli, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 43)ÉÓ.

EĠ, peraltro, l'art. 164 del Trattato di C.E.E[2] ad imporre al giudice nazionale, e non solo a quello del rinvio, di attenersi alla conclusione resa dalla Corte di Giustizia, in quanto lĠinterpretazione del diritto dellĠUnione da parte di tale Corte ha efficacia vincolante per tutte le autoritˆ (giurisdizionali o amministrative) degli Stati membri, perchŽ si incorpora nella norma interpretata e ne integra il precetto con efficacia immediata e retroattiva, come avviene a seguito dellĠaccoglimento di una questione di legittimitˆ costituzionale (cos“ Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 10/5/2011 citata).

In questa logica lĠeffetto di tale diretta applicazione non  quindi la caducazione della norma interna incompatibile, bens“ la mancata doverosa applicazione di questĠultima da parte del giudice nazionale al caso di specie[3].

Motivi riservati in 40 giorni 

 

P.Q.M.

 

Visto lĠart. 530 c.p.p.

assolve

 

Ebrahim Esamelden dal reato ascrittogli perchŽ il fatto non  pi previsto dalla legge come reato.

Motivi riservati in 40 giorni

Roma 9/5/2011

 

                                         Il Giudice

 

 



[1] CAPO IV

TRATTENIMENTO AI FINI DELL'ALLONTANAMENTO

Articolo 15

Trattenimento

1. Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l'allontanamento, in particolare quando:

a) sussiste un rischio di fuga o

b) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell'allontanamento.

Il trattenimento ha durata quanto pi breve possibile ed  mantenuto solo per il tempo necessario all'espletamento diligente delle modalitˆ di rimpatrio.

2. Il trattenimento  disposto dalle autoritˆ amministrative o giudiziarie.

Il trattenimento  disposto per iscritto ed  motivato in fatto e in diritto.

Quando il trattenimento  disposto dalle autoritˆ amministrative, gli Stati membri:

a) prevedono un pronto riesame giudiziario della legittimitˆ del trattenimento su cui decidere entro il pi breve tempo possibile dall'inizio del trattenimento stesso,

b) oppure accordano al cittadino di un paese terzo interessato il diritto di presentare ricorso per sottoporre ad un pronto riesame giudiziario la legittimitˆ del trattenimento su cui decidere entro il pi breve tempo possibile dall'avvio del relativo procedimento. In tal caso gli Stati membri informano immediatamente il cittadino del paese terzo in merito alla possibilitˆ di presentare tale ricorso.

Il cittadino di un paese terzo interessato  liberato immediatamente se il trattenimento non  legittimo.

3. In ogni caso, il trattenimento  riesaminato ad intervalli ragionevoli su richiesta del cittadino di un paese terzo interessato o d'ufficio. Nel caso di periodi di trattenimento prolungati il riesame  sottoposto al controllo di un'autoritˆ giudiziaria.

4. Quando risulta che non esiste pi alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono pi le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non  pi giustificato e la persona interessata  immediatamente rilasciata.

5. Il trattenimento  mantenuto finchŽ perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l'allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non pu˜ superare i sei mesi.

6. Gli Stati membri non possono prolungare il periodo di cui al paragrafo 5, salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l'operazione di allontanamento rischia di durare pi a lungo a causa:

a) della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o

b) dei ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi.

Articolo 16

Condizioni di trattenimento

1. Il trattenimento avviene di norma in appositi centri di permanenza temporanea. Qualora uno Stato membro non possa ospitare il cittadino di un paese terzo interessato in un apposito centro di permanenza temporanea e debba sistemarlo in un istituto penitenziario, i cittadini di paesi terzi trattenuti sono tenuti separati dai detenuti ordinari.

2. I cittadini di paesi terzi trattenuti hanno la possibilitˆ — su richiesta — di entrare in contatto, a tempo debito, con rappresentanti legali, familiari e autoritˆ consolari competenti.

3. Particolare attenzione  prestata alla situazione delle persone vulnerabili. Sono assicurati le prestazioni sanitarie d'urgenza e il trattamento essenziale delle malattie.

4. I pertinenti e competenti organismi ed organizzazioni nazionali, internazionali e non governativi hanno la possibilitˆ di accedere ai centri di permanenza temporanea di cui al paragrafo 1, nella misura in cui essi sono utilizzati per trattenere cittadini di paesi terzi in conformitˆ del presente capo. Tali visite possono essere soggette ad autorizzazione.

5. I cittadini di paesi terzi trattenuti sono sistematicamente informati delle norme vigenti nel centro e dei loro diritti e obblighi. Tali informazioni riguardano anche il loro diritto, ai sensi della legislazione nazionale, di mettersi in contatto con gli organismi e le organizzazioni di cui al paragrafo 4.

 

[2] Si veda ampia motivazione della sentenza della Cassazione, Sez. 7, Sent. n. 21579/08 in ordine alla fattispecie penale di cui allĠart. 171 ter comma secondo lett. a) della legge 633 del 1941, in tema di detenzione di materiale privo del contrassegno S.I.A.E. per contrasto con la disciplina europea a seguito della sentenza della Corte di Giustizia Europea 8.11.2007 causa nĦ C-20/05, ric. Schwibbert, secondo cui le disposizioni nazionali che hanno stabilito, successivamente allĠentrata in vigore della direttiva comunitaria n. 189 del 1983, definita nella sentenza norma Òad  effetto direttoÓ, lĠobbligo di apporre sui supporti il contrassegno Siae, costituiscono una regola tecnica che, ove non notificata alla Commissione,  inopponibile al privato; ci˜ al fine di consentire alla Commissione della Comunitˆ Europea di disporre di informazioni complete per verificare la compatibilitˆ dellĠobbligo con il principio di libera circolazione delle merci.

[3] In ordine allĠincidenza obbligatoria, diretta e sovraordinata della disciplina disegnata dal legislatore dellĠUnione Europea, come interpretata dalla CGE, si vedano in particolare:

Corte Costituzionale sentenze nn. 168/1991,389/1989 e 170/1984;

Paragrafi 26 e 27 sentenza Corte di Giustizia Seconda Sezione 29/4/1999 c 224/97 E. Ciola;

nonchŽ le giˆ citate sentenze della Corte di Cassazione (Sez. I pen del 28/4/2011 nn. 1590/2011, 1594/2011 e 1606/2011)  e dellĠ Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 10/5/2011