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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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21.11.2011

Consiglio di Stato: No ai poteri straordinari per affrontare la questione degli insediamenti dei Rom

 
Accolto il ricorso di ERRC contro il decreto del maggio 2008 sullo stato di emergenza
 
Consiglio di Stato, sentenza n. 6050 dd. 16.11.2011 (126.77 KB)
 

Con sentenza n. 06050 del 2011 il  Consiglio di Stato, sez. IV ha accolto il ricorso incidentale presentato da ERRC (European Roma Rights Center) e da un nucleo familiare Rom bosniaco di Roma contro la sentenza del TAR Lazio, n. 6352/2009 dd. 1 luglio 2009. Quest’ultima, aveva sì annullato in parte le tre ordinanze della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 30 maggio 2008, nella parte in cui prevedevano e autorizzavano l’identificazione di tutte le persone presenti nei campi nomadi, indipendentemente dall’età e dalla condizione personale, attraverso “rilievi segnaletici”, così come aveva annullato specifiche disposizioni dei Regolamenti addottati dai Commissari straordinari delegati per le Regioni Lombardia e Lazio  in quanto contrastanti con la libertà fondamentale alla circolazione garantita dall’art. 16 Cost. ovvero col diritto fondamentale  al lavoro, ma nel contempo aveva respinto le più generali censure dei ricorrenti avverso la fondatezza e la legittimità del decreto dichiarativo dello stato di emergenza.

Secondo il Consiglio di Stato, nel decreto con il quale è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti nomadi  nel territorio delle Regioni Lombardia, Lazio e Campania, non sono stati individuati in modo preciso e puntuale gli specifici presupposti di fatto tali da  indicare la particolare “intensità” ed “estensione” della situazione riferita a detti insediamenti e tali da giustificare il ricorso a mezzi e poteri straordinari. Innanzitutto, il  Consiglio di Stato ha criticato l’approccio seguito dall’Amministrazione nel momento in cui ha esplicitato con il decreto costitutivo dello stato di emergenza più motivazioni volte a perseguire interessi di ordine e sicurezza pubblica a tutela delle popolazioni nelle aree urbane interessate che esigenze di recupero di condizioni igienico-sanitarie  e di tutela di condizioni sociali di vita dignitose della popolazione residente negli insediamenti “nomadi” medesimi. Peraltro, il  Consiglio di Stato evidenzia come il supposto rapporto tra insediamenti nomadi ed eccezionale turbativa dell’ordine e della sicurezza pubblica nelle aree interessate posto a fondamento della proclamazione dello stato di emergenza,  non sarebbe stato sorretto da una seria e puntuale analisi dell’incidenza sui territori considerati del fenomeno della presenza dei “campi nomadi”, ma soltanto dal richiamo a specifici ed isolati episodi di criminalità che hanno avuto estesa risonanza mediatica. Ugualmente, la supposta esigenza di ricorrere a mezzi e poteri straordinari sarebbe stata giustificata – a detta del Consiglio di Stato – in maniera apodittica, ritenendo  di per sé impossibile ottenere il coinvolgimento di tutti gli enti locali interessati per un’azione concertata  volta al superamento di quelle situazioni di marginalità e segregazione tipiche degli insediamenti irregolari o abusivi di Rom e Sinti nei centri urbani. Di conseguenza, il Consiglio di Stato ricorda che non può essere invocato il ricorso a mezzi e poteri straordinari solo in ragione della mera incapacità delle istituzioni di affrontare un problema sociale o, peggio, della loro scarsa volontà politica di affrontarlo per messo degli strumenti ordinari per un evidente timore di perdere favori elettorali.

Il Consiglio di Stato ha dunque dichiarato illegittimo il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 maggio 2008 che ha dichiarato lo stato di emergenza con riferimento agli insediamenti “nomadi” nel territorio delle Regioni Lombardia, Lazio e Campania, con la conseguenza della correlata illegittimità derivata anche delle ordinanze presidenziali del 30 maggio 2008 di nomina dei Commissari delegati per l’emergenza e di tutti i successivi atti commissariali, salva la possibilità di sanarli per riedizione o convalida laddove ciò sia possibile sulla base dell’ordinario assetto dei poteri e delle competenze.

Nella seconda parte della sentenza, il Consiglio di Stato ha respinto i ricorsi proposti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero dell’Interno, dal Dipartimento della Protezione Civili, dalle Prefetture  di Roma, Milano e Napoli e dal Comune di Roma avverso quelle parti della sentenza del giudice di primo grado che aveva bocciato le ordinanze presidenziali del maggio 2008 relative all’identificazione delle persone presenti nei campi nomadi e a specifiche misure dei regolamenti dei “villaggi attrezzati” che avevano posto limitazioni alla libertà di circolazione e al diritto al lavoro delle persone in essi ospitati.

Per quanto riguarda il primo aspetto, il Consiglio di Stato ribadisce la legittimità delle osservazioni svolte dal giudice di primo grado. Il TAR Lazio aveva accolto le censure proposte dai ricorrenti riguardo alla parte delle ordinanze presidenziali che aveva previsto l'identificazione ed il censimento delle persone, anche minori d'età, e dei nuclei familiari presenti nei campi nomadi, attraverso rilievi segnaletici. Al riguardo, il TAR aveva rilevato che  tali norme risultavano in contrasto con quelle di rango superiore in materia di libertà personale, di cui all'art 4 del T.U.L.P.S. n. 773/1931, secondo cui l'Autorità di Pubblica Sicurezza può disporre rilievi segnaletici solo nei confronti di persone pericolose o sospette o nei confronti di coloro che non siano in grado o si rifiutino di provare la loro identità. Così come formulate, le norme contenute nelle ordinanze presidenziali erano suscettibili di consentire alle autorità preposte di effettuare identificazioni attraverso rilievi segnaletici e dattiloscopici, incluso dunque il prelievo delle impronte digitali, anche a prescindere dalle condizioni soggettive e circostanziali di pericolosità sociale o di fondato sospetto di coinvolgimento in attività criminose ovvero anche nei casi in cui gli interessati già possiedano documenti identificativi. Questo, in contrasto non solo con le norme interne vigenti, di cui al richiamato T.U.L.P.S., alle norme specificatamente poste a tutela dei minori, e  a quelle poste a protezione dei dati personali (D. Lgs. n. 196/2003), ma anche con gli standard costituzionali ed internazionali in materia di rispetto dei diritti fondamentali attinenti alla libertà personale. Il Consiglio di Stato ha ritenuto corretto il ragionamento del giudice di primo grado, secondo cui le “linee guida” successivamente  emanate il 17 luglio 2008 dal Ministero dell'Interno sotto la  pressione delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani e anche delle istituzioni europee ed internazionali, e nelle quali era stato precisato che i rilievi segnalateci sarebbero stati operati solo negli ristretti casi previsti dalla legislazione vigente e con speciali garanzie previste a tutela dei minori, nel rispetto degli standard costituzionali, europei ed internazionali, non potevano sanare gli eventi profili di illegittimità delle ordinanze presidenziali. Questo in quanto le linee guida  avevano natura e consistenza di mera circolare e si ponevano dunque sicuramente ad un livello sottordinato rispetto alle disposizioni contenute nelle ordinanze presidenziali e quindi del tutto inidonee a precludere possibili loro interpretazioni e applicazioni illegittime.

Il Consiglio di Stato inoltre ha respinto i ricorsi presentati dalle Amministrazioni contro la sentenza del TAR Lazio che  aveva  annullato alcune parti del Regolamento  delle aree destinate ai nomadi nel territorio del comune di Milano, adottato dal Prefetto di Milano quale commissario delegato per l'emergenza nomadi in Lombardia, nonché del Regolamento per la gestione dei villaggi attrezzati per le comunità nomadi nella Regione Lazio, adottato dal Prefetto di Roma quale delegato per l'emergenza nomadi nel territorio della Regione Lazio. Tali regolamenti stabilivano, tra l'altro, misure restrittive all'accesso delle persone nei centri  attrezzati destinati ai nomadi, alle possibilità di ricevere visite da parte di amici e famigliari, subordinavano l'ammissione e la permanenza in detti centri  alla sottoscrizione di atti di impegno  al rispetto di disciplinari interni emanati dai Comuni, stabilivano l'obbligo per le persone residenti in detti centri di esibire una tessera di riconoscimento e l'obbligatorietà all'avviamento a percorsi lavorativi e formativi. Secondo il TAR Lazio, tali misure apparivano incompatibili con fondamentali libertà costituzionali quali la libertà di circolazione e di soggiorno di cui all'art. 16 Cost., la  libertà di scegliere la propria attività lavorativa, il diritto alla privacy  e al godimento delle relazioni familiari senza interferenze ingiustificate da parte dei poteri pubblici. Secondo il Consiglio di Stato, tali limitazioni contenute nei regolamenti dei c.d. “villaggi attrezzati” non possono trovare giustificazione per motivi di prevenzione ed ordine pubblico in quanto ciò significherebbe estendere in maniera indifferenziata a tutta la popolazione dei residenti in tali villaggi limitazioni a libertà costituzionali che possono essere legittime solo in situazioni specifiche ed eccezionali e non possono invece elevarsi a regola assoluta e generale. Incongrua inoltre è la comparazione suggerita nei ricorsi delle Amministrazioni con la condizione degli ospiti di alberghi e villaggi turistici, perché lo stesso riferimento a tali strutture di ospitalità, per definizione provvisorie,  appare incongruente rispetto alle proclamate finalità dell’intervento emergenziale ovvero il superamento della condizione di precarietà degli “insediamenti nomadi”.

 
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