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Sentenza n. 8170 del 24 ottobre 2011 Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

Respinta la domanda di visto di ingresso per lavoro autonomo

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio


(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 3779 del 2011, proposto da: *****, rappresentata e difesa dagli Avvocati Davide Lorenzo Riccardi e Stefano Fiorelli ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, Via San Tommaso d’Aquino, n. 116;

contro

il Ministero degli Affari Esteri in persona del legale rappresentante p.t, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12 ex lege domicilia;

per l'annullamento

del provvedimento in data 8 febbraio 2011 con il quale il Consolato Generale d’Italia a Mosca ha respinto la domanda di visto di ingresso per lavoro autonomo presentata dalla ricorrente, nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero degli Affari Esteri;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2011 il dott. Pierina Biancofiore;

Uditi altresì i difensori delle parti come da verbale di udienza, anche in relazione alla possibilità di decisione della causa mediante sentenza in forma semplificata;

RILEVATO che il presente giudizio può essere definito nel merito ai sensi degli articoli 60 e 74 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, previo accertamento della completezza del contraddittorio e dell’istruttoria;

ATTESO che il ricorso appare manifestamente infondato;

CONSIDERATO che con esso la ricorrente impugna il provvedimento in epigrafe indicato con il quale il Consolato generale d’Italia in Mosca ha respinto la richiesta di visto per lavoro autonomo inoltrata dall’interessata, in quanto “dalla documentazione presentata a corredo della richiesta di visto non si evince l’oggetto dell’attività imprenditoriale da svolgere in Italia che viene indicata molto genericamente come import export di prodotti non alimentari. Tale circostanza rende impossibile una valutazione dell’interesse per l’economia nazionale relativa all’attività da svolgere (decreto di programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari 27 aprile 2010)”;

RILEVATO che avverso tale diniego l’interessata propone le seguenti doglianze:

1. violazione e falsa applicazione degli articoli 26 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, 39, comma 4 del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394; eccesso di potere per errore dei presupposti, difetto di motivazione e di istruttoria; illogicità manifesta: in sostanza lamenta che la normazione citata nella rubrica del motivo consente al cittadino straniero che ha documentato la sussistenza di tutte le condizioni all’uopo previste dalla legge (disponibilità di adeguate risorse finanziarie e di idonea sistemazione abitativa; conseguimento di tutte le autorizzazioni per l’esercizio della programmata attività commerciale), come avviene nel suo caso, di ottenere il visto di ingresso denegato; nel suo caso il diniego è illegittimo in quanto ella è in possesso sia della dichiarazione della Camera di Commercio di Cuneo relativa alla insussistenza di motivi ostativi all’esercizio dell’attività di import export di prodotti non alimentari sia del nulla osta della Questura di Cuneo alla concessione del visto di ingresso, secondo quanto stabilito dall’art. 39 del d.P.R. n. 394/1999; sostiene pure che il DPCM del 2010 inserisce un criterio quello dell’imprenditore che “svolge attività di interesse per l’economia italiana” che non è previsto dalla legislazione primaria; il diniego è anche contrario all’accordo tra la Repubblica italiana ed il Governo della federazione Russa sulla reciproca protezione degli investimenti sottoscritto a Roma in data 9 aprile 1996;

2. violazione falsa applicazione dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241;

AVUTO riguardo alla relazione prodotta dall’Amministrazione degli esteri a seguito della disposta istruttoria;

RILEVATO che la censura principalmente proposta non appare condivisibile, dal momento che l’amministrazione degli esteri nella relazione ha, in particolare, specificato che, poiché l’attività da svolgere in Italia veniva indicata dalla ricorrente come import export di prodotti non alimentari in maniera generica e che ciò “ha impedito la valutazione dell’interesse nazionale della attività che il richiedente il visto intende svolgere nel nostro Paese” e che comunque tale valutazione è “di esclusiva competenza delle Rappresentanze diplomatico consolari in materia di visti, come indicato nei decreti di programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari”;

CONSIDERATO che anche l’aspetto della censura con il quale parte ricorrente fa valere che nessuna norma primaria prevede il criterio restrittivo dell’”imprenditore che svolge attività di interesse per l’economia italiana” non ha fondamento, dovendosi rilevare che il decreto annuale dei flussi, che per quanto ne interessa è quello adottato con DPCM del 20 aprile 2010, fa esplicito riferimento “all'art. 3 del testo unico sull'immigrazione, come modificato dall'art. 10-ter del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2010, n. 25, il quale dispone che la determinazione annuale delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato avviene con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sulla base dei criteri generali per la definizione dei flussi d'ingresso individuati nel documento programmatico triennale,” e che «in caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei Ministri può provvedere in via transitoria, con proprio decreto, entro il 30 novembre, nel limite delle quote stabilite nell'ultimo decreto emanato», come è avvenuto nel caso in esame, in cui pertanto la copertura normativa del DPCM in esame appare assicurata dal citato articolo 3 del Testo Unico dell’Immigrazione;

RILEVATO che anche la censura di violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 non appare condivisibile nella considerazione che nei provvedimenti a carattere vincolato, come sono riconosciuti i visti di ingresso, la mancanza del preavviso di provvedimento negativo produce le stesse conseguenze della mancanza della comunicazione di avvio del procedimento, e cioè che alla stregua dell’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241 il giudice non può più adottare l’annullamento del provvedimento vincolato per vizi formali, laddove l’Amministrazione dimostri in giudizio che il suo contenuto dispositivo avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, mentre, per le superiori considerazioni tale prova appare abbondantemente raggiunta, con la ridetta relazione dell’amministrazione degli esteri;

CONSIDERATO che, pertanto il provvedimento va trovato scevro dalle dedotte censure e che, di conseguenza il ricorso va pertanto respinto;

CONSIDERATO che le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente ***** al pagamento di Euro 750,00 per spese di giudizio ed onorari a favore del Ministero degli Affari Esteri.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2011

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/10/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Lunedì, 24 Ottobre 2011

 
 
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