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Sentenza n. 2357 del 5 ottobre 2011 Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

Revoca del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e diniego del permesso di soggiorno - condanna per maltrattamenti, lesioni e violenza privata in danno della moglie convivente

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia


(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 2178 del 2011, proposto da: *****, rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Anselmi, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, corso Plebisciti, 8;

contro

Questura di Milano, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata presso i suoi uffici in Milano, via Freguglia, 1;

per l'annullamento, previa sospensione,

del decreto nr ***di revoca del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e diniego del permesso di soggiorno, emesso dalla Questura della Provincia di Milano, notificato in data 20.4.2011;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Questura di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 settembre 2011 il dott. Ugo De Carlo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente impugnava il provvedimento di revoca del permesso per soggiornanti di lungo periodo e contestuale diniego di permesso di soggiorno fondato sulla condanna per maltrattamenti, lesioni e violenza privata in danno della moglie convivente.

Lo stesso è presente in Italia dal 1990 ed a sempre fruito di regolare permesso avendo lavorato con continuità, vivendo nel nostro paese con la sua famiglia costituita dalla moglie e da due figli attualmente maggiorenni.

Nell’unico motivo di ricorso si fa presente come il reato, pur di una certa gravità, è stato determinato dall’aver scoperto che la moglie aveva una relazione con l’allenatore di calcio dei suoi figli e che lo stesso non è sintomatico di una pericolosità sociale tale da giustificare non solo la revoca del permesso ex art. 9 T.U. Imm., ma addirittura del semplice permesso di soggiorno nei riguardi di una persona che ha vissuto per oltre vent’anni in Italia senza dare adito ad altri rilievi di sorta.

Non si è tenuto conto del fatto che la sentenza di condanna è stata assunta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. senza verifica dibattimentale dell’entità delle lesioni che si assume non essere gravi e non dando rilievo alla circostanza che successivamente era avvenuta una riconciliazione con la moglie come dichiarato da quest’ultima all’ultima udienza del processo.

La Questura di Milano si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso con comparsa di stile.

Il ricorso merita accoglimento.

La valutazione di pericolosità operata dal Questore di Milano non ha tenuto conto della particolarità del reato attribuito al ricorrente che è stato determinato dalla scoperta di un episodio di infedeltà coniugale che, lungi dal giustificare la sua condotta, non può sorreggere un giudizio di pericolosità sociale che omette di considerare che egli ha dimostrato di essere ben inserito nel paese in cui ha scelto di vivere lavorando regolarmente e garantendo il mantenimento suo e dei familiari.

Proprio le caratteristiche del reato e l’avvenuta riconciliazione con la moglie con cui tuttora vive, dimostrano che non vi sia alcun concreto rischio di reiterazione del reato né della commissione di reati di altra natura.

La motivazione circa la pericolosità sociale contenuta nel provvedimento è infatti apparente, poiché tesa a sottolineare la gravità del reato commesso senza alcuna valutazione degli altri elementi da esaminare per emettere un giudizio di pericolosità sociale.

La commissione di un episodio delittuoso non può essere di per sé sempre sintomatica di una pericolosità sociale come spesso accade di leggere in provvedimenti di analogo tenore, e l’obbligo di motivazione, cui la legge subordina in particolare l’adozione di un provvedimento di autotutela, deve esaminare tutti gli aspetti che la legge indica come necessari per emettere un giudizio di pericolosità in concreto.

Il provvedimento appare violare oltretutto il principio di proporzionalità poiché non si limita a revocare il permesso per soggiornanti di lungo periodo, ma arriva a negare la possibilità di concedere anche un permesso che presenta minori garanzie di status, costringendo un individuo ormai presente da oltre vent’anni sul nostro territorio a tornare al paese di origine dove ormai presumibilmente le sue possibilità di inserimento sono molto ridotte o a vivere in una condizione di clandestinità.

Il provvedimento merita, pertanto, di essere annullato affinché la Questura possa procedere ad effettuare una nuova valutazione della pericolosità che tenga conto delle considerazioni svolte in sentenza circa la necessità di valutare tutti gli elementi che la legge chiede di considerare per formulare il giudizio.

Stante la gravità del reato commesso, appare equo disporre la compensazione delle spese di giudizio con restituzione del contributo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate ad eccezione del rimborso del contributo unificato ex art. 13,comma 6 bis,D.P.R. 115/02, nella somma di € 250.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 20 settembre 2011

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/10/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Mercoledì, 5 Ottobre 2011

 
 
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