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Sentenza n. 1469 del 7 ottobre 2011 Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

Respinta istanza rinnovo/conversione del permesso di soggiorno da minore età a lavoro subordinato - attesa occupazione

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana


(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1378 del 2010, proposto da:
*****, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Cipriani, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Firenze, via dei Rododendri 1;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, Questura di Firenze, in persona del Questore pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede sono domiciliati per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;

per l'annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

del decreto del Questore di Firenze prot. n. 1228 del 3 giugno 2010, notificato il 22 luglio 2010, con cui è stata respinta l’istanza presentata dal sig. ***** per ottenere il rinnovo/conversione del permesso di soggiorno da “minore età” a “lavoro subordinato – attesa occupazione”, nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Firenze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 luglio 2011 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato il 5 e depositato il 7 agosto 2010, il cittadino kosovaro *****, entrato minorenne in Italia, quindi sottoposto a tutela e resosi destinatario di un permesso di soggiorno per “minore età” con decorrenza dal 4 febbraio 2010, proponeva impugnazione avverso il decreto mediante il quale il Questore di Firenze gli aveva negato, al compimento della maggiore età, la conversione del permesso di soggiorno predetto in permesso per motivi di lavoro subordinato/attesa occupazione. Sulla scorta di due motivi in diritto, il ricorrente intimava dinanzi a questo tribunale la Questura procedente, unitamente al Ministero dell’Interno, e concludeva per l’annullamento dell’atto impugnato, previa sospensiva.

Con decreto presidenziale del 9 agosto 2010, veniva respinta l’istanza del ricorrente volta alla pronuncia di provvedimenti cautelari interinali inaudita altera parte. Costituitesi quindi in giudizio le amministrazioni intimate, anche il collegio respingeva l’istanza cautelare, che veniva infine accolta in appello a condizione che il ricorrente si iscrivesse entro un mese ad un progetto di integrazione sociale e civile tra quelli previsti dall’art. 32 del D.Lgs. n. 286/98.

Nel merito, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 5 luglio 2011, preceduta dal deposito di documenti e memoria difensiva ad opera del *****.

DIRITTO

1. Il ricorrente *****, entrato da minorenne in Italia nei primi giorni del settembre 2009, quindi affidato ad un centro di prima accoglienza ed in seguito sottoposto a tutela con decreto del 4 dicembre 2009, ha usufruito di un permesso di soggiorno per minore età rilasciatogli ai sensi degli artt. 19 co. 2 lett. a) del D.Lgs. n. 286/98 e 28 co. 1 lett. a) del D.P.R. n. 394/99, scaduto il 24 marzo 2010, al compimento da parte sua della maggiore età. Egli impugna il diniego di rinnovo/conversione di quell’originario permesso in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato/attesa occupazione, pronunciato nei suoi confronti dalla Questura di Firenze e motivato avuto riguardo alla ritenuta assenza dei presupposti richiesti dall’art. 32 D.Lgs. n. 286/98, nel testo novellato dalla legge n. 94/09, vale a dire al mancato svolgimento, da parte dell’interessato, di un percorso biennale di integrazione sociale e civile gestito dagli enti a ciò preposti dalla legge.

2. Con il primo motivo, il ricorrente sostiene che la modifica apportata dalla legge n. 94/09 all’art. 32 del D.Lgs. n. 286/98 sarebbe inapplicabile nei confronti dei minori affidati o sottoposti a tutela i quali raggiungano, o abbiano raggiunto, la maggiore prima dei due anni dall’entrata in vigore della novella normativa, perché costoro si troverebbero nella materiale impossibilità di conseguire il requisito, ora richiesto dalla legge, della frequentazione almeno biennale di un progetto di integrazione sociale e civile. Diversamente opinando ne risulterebbe violato, ad avviso del *****, il principio di irretroattività della legge, come del resto riconosciuto dalla stessa giurisprudenza amministrativa con riferimento alla previgente versione dell’art. 32 D.Lgs. n. 286/98 (che, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 189/02, esigeva il requisito della frequentazione biennale del progetto di integrazione per i soli minori non accompagnati). Il provvedimento impugnato contrasterebbe, inoltre, con gli artt. 8 e 14 della CEDU, giacché esso darebbe luogo ad una ingiustificata ingerenza della P.A. nel diritto del minore al rispetto della propria vita privata e familiare, e ad un trattamento discriminatorio fondato esclusivamente sulla diversità di condizione ed età anagrafica dei minori stranieri al momento dell’ingresso in Italia.

2.1. Le censure sono infondate.

Anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 94/09, l’interpretazione invalsa dell’art. 32 D.Lgs. n. 286/98 (come risultante dalle modifiche apportate dalla legge n. 189/02) era nel senso che, al compimento della maggiore età, fosse consentito il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura, ai minori sottoposti a qualsiasi tipologia di affidamento, ivi compreso quello “di fatto”, e questo in virtù della lettura che la Corte Costituzionale aveva dato dell’inciso “minori comunque affidati”, mediante il quale la norma individuava i propri destinatari (cfr. Corte Cost. 16 luglio 2004, n. 234; 5 giugno 2003, n. 198): l’obbligo della frequentazione almeno biennale di un progetto di integrazione sociale e civile gestito da uno degli enti pubblici o privati muniti del necessario riconoscimento era dunque limitato, ai fini della conversione del permesso di soggiorno, ai soli minori non accompagnati.

Con la legge n. 94/09, che ha nuovamente modificato l’art. 32 in questione, l’obbligo della frequentazione biennale del progetto di integrazione sociale e civile, secondo le modalità suindicate, deve invece reputarsi esteso anche ai minori affidati o sottoposti a tutela, il cui trattamento è stato dal legislatore equiparato a quello dei minori non accompagnati; e di ciò è ben consapevole il ricorrente, il quale incentra le proprie difese, come si è visto, sull’inapplicabilità della disposizione agli stranieri che abbiano raggiunto la maggiore età prima del decorso di due anni dall’entrata in vigore della menzionata legge n. 94/09. In un’ottica costituzionalmente orientata, questa Sezione ha, peraltro, sempre ritenuto che l’estensione dell’obbligo – oggi, per inciso, superata dalle ulteriori modifiche apportate all’art. 32 dalla legge n. 129/2011, di conversione del decreto-legge n. 89/2011, cui la fattispecie è tuttavia sottratta ratione temporis – non coinvolgesse comunque i minori già presenti sul territorio dello Stato e, perciò, titolari di una situazione di legittima aspettativa in relazione alla posizione maturata ai sensi della legislazione previgente.

Affatto diversa è la situazione di coloro, i quali abbiano fatto ingresso in Italia nel vigore della novella del 2009. Costoro, ancorché abbiano acquistato lo status di minori affidati, non possono infatti vedersi riconosciuta alcuna aspettativa meritevole di tutela per la semplice ragione di non essere mai stati destinatari della disposizione previgente e, pertanto, di non aver mai potuto fondatamente coltivare l’aspirazione ad avvalersi della conversione del permesso di soggiorno – una volta compiuta la maggiore età – senza doversi preventivamente assoggettare alla frequentazione del prescritto corso biennale di integrazione sociale e civile. In realtà, è sufficiente combinare correttamente i principi che governano l’efficacia della legge nel tempo e nello spazio, perché risulti evidente l’inconsistenza della tesi propugnata dal ***** circa la presunta violazione, ad opera dell’amministrazione procedente, del principio di irretroattività della legge: se la sottoposizione dello straniero all’ordinamento italiano coincide con l’ingresso nel territorio dello Stato, nessun problema di retroattività si pone per una fattispecie complessa – ingresso in Italia dello straniero da minorenne, conseguimento del permesso di soggiorno per minore età, conversione del permesso di soggiorno –, rispetto alla quale non si verifica alcuna successione di leggi nel tempo, bensì la sottoposizione ad un’unica disciplina, quella del 2009, sotto il cui dominio tutti gli elementi costitutivi della fattispecie medesima sono venuti ad esistenza.

2.2. Il ragionamento porta, in effetti, alle conseguenze paventate dal ricorrente, vale a dire all’esclusione dalla possibilità di vedersi convertito il permesso di soggiorno, ai sensi dell’art. 32, dei minori stranieri entrati nel territorio dello Stato vigente la legge n. 94/09, i quali raggiungano, o abbiano raggiunto, la maggiore età prima del decorso di due anni dal loro ingresso in Italia (il riferimento al biennio dall’entrata in vigore della legge può al più valere, coerentemente con quanto sino ad ora affermato, per i soli stranieri già presenti in Italia, cui peraltro la norma, per le ragioni suesposte, non si applica); d’altronde, la ratio della legge n. 94/09 può ben essere rinvenuta proprio nella volontà del legislatore di porre un argine al dilagante fenomeno degli ingressi in Italia di giovani stranieri nell’imminenza del compimento della maggiore età, allo scopo di beneficiare della più favorevole disciplina dettata dal previgente art. 32 per la conversione “automatica” del permesso di soggiorno in favore dei minori “comunque affidati”, senza alcuna garanzia dell’effettivo inserimento del minore nel tessuto sociale.

Si tratta, allora, di verificare se la norma, così interpretata, non presti il fianco a rilievi di incostituzionalità.

2.3. Sul punto, va innanzitutto ribadito quanto di recente osservato dalla Sezione (cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 29 agosto 2011, n. 1344) in ordine alla ragionevolezza, sul piano costituzionale, di una disciplina volta ad inserire un momento di verifica del percorso di integrazione seguito dal minore straniero, il quale ambisca alla conversione del permesso di soggiorno, verifica che – avendo di mira l’obiettivo di favorire l’inserimento dei soli stranieri che offrano garanzia di positivo apporto alla collettività nazionale – costituisce legittima espressione dell’ampia discrezionalità di cui il legislatore dispone nell’individuare le concrete modalità di bilanciamento dei molteplici e contrapposti interessi pubblici che la politica nazionale dell’immigrazione, nel suo complesso, è chiamata a soddisfare (sull’ampiezza di tale discrezionalità, cfr., fra le altre, Corte Cost. n. 206/06).

2.4. Inconferente è, per altro verso, il richiamo fatto dal ricorrente agli artt. 8 e 14 della CEDU (norme interposte che integrano il parametro di legittimità costituzionale sancito dall’art. 117 Cost.), non configurandosi alcuna impropria ingerenza del legislatore prima, e dell’amministrazione poi, nella vita privata degli stranieri, ma esclusivamente l’esercizio delle prerogative statuali connesse al governo dei fenomeni migratori. Né vi è indebita discriminazione, posto che ad essere esclusi dalla conversione del permesso di soggiorno sono i minori che non possano dimostrare il possesso del requisito – un sufficiente grado di inserimento sociale e civile – ritenuto necessario onde legittimare il rilascio del permesso di soggiorno con modalità differenziate e più favorevoli di quelle ordinariamente richieste (ciò che va adeguatamente sottolineato, è che l’art. 32 pone, in definitiva, un regime di favore, l’accesso al quale da parte dello straniero oramai divenuto maggiorenne può legittimamente essere condizionato dal legislatore al possesso di requisiti particolari. La circostanza che, in relazione al momento dell’ingresso in Italia, quel requisito non possa venire utilmente conseguito da alcuni, costituisce una mera conseguenza di fatto dell’applicazione della norma, irrilevanti ai fini del giudizio di costituzionalità).

2.5. Analoghe considerazioni valgono per le corrispondenti norme dettate dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, ratificata e resa esecutiva con legge n. 176/91, la quale vincola gli Stati aderenti ad assicurare al fanciullo, fra l’altro, la protezione e le cure necessarie al suo benessere (par. 3 co. 2) alla sua sopravvivenza ed al suo sviluppo (par. 6), nonché l’unione del fanciullo con i genitori (parr. 9 e 10) ed una speciale protezione sostitutiva per l’ipotesi di temporanea o definitiva privazione dell’ambiente familiare (par. 20), esigenze cui l’ordinamento nazionale assolve adeguatamente, nei confronti dei minori stranieri, mediante il generale divieto di espulsione ed il rilascio di un apposito permesso di soggiorno “per minore età”. Ciò che la Convenzione non garantisce è, di contro, l’incondizionata permanenza nei territori degli Stati aderenti una volta raggiunta la maggiore età, e con essa, oltretutto, la capacità dello straniero di sottrarsi ad ogni forma di rappresentanza, controllo e vigilanza da parte di terzi (familiari o meno).

3. Con il secondo motivo, il ***** assume che i minori sottoposti a tutela, essendo equiparati dall’art. 29 co. 2 del D.Lgs. n. 286/98 ai figli legittimi o naturali riconosciuti, godrebbero dei medesimi diritti, in particolare quello alla conversione del permesso di soggiorno ai sensi degli artt. 30 co. 5 e 31 del medesimo D.Lgs. n. 286/98, indipendentemente dalla spettanza della conversione ai sensi del successivo art. 32.

3.1. Anche tale censura è infondata.

L’equiparazione tra i figli ed i minori adottati, affidati o sottoposti a tutela, invocata dal ricorrente, è stabilità dall’art. 29 co. 2 del D.Lgs. n. 286/98 ai fini dell’ingresso regolare di minori in Italia attraverso il meccanismo del ricongiungimento familiare. Coerentemente, il successivo art. 31 prevede che il minore affidato, al pari del figlio, venga iscritto nel permesso di soggiorno dell’affidatario fino ai quattordici anni, per poi ricevere un autonomo permesso per motivi familiari; permesso che può essere convertito in permesso per lavoro o per studio in presenza di eventi che determinerebbero, altrimenti, la perdita del titolo di soggiorno per fatti non dipendenti dalla volontà dell’interessato (morte del familiare in possesso dei requisiti per il ricongiungimento, separazione o scioglimento del matrimonio, compimento della maggiore età), ai sensi dell’art. 30 co. 5.

Altro è, evidentemente, il caso dei minori non accompagnati entrati in Italia irregolarmente, per i quali l’art. 32 ha previsto dapprima la possibilità di conversione del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età, se “comunque affidati” (testo originario della norma); quindi, l’estensione della conversione ai minori non accompagnati, purché ammessi per almeno un biennio alla frequentazione di un corso di integrazione sociale e civile (testo modificato dalla legge n. 189/02, con l’aggiunta del comma 1-bis); quindi, ancora, la sottoposizione di tutti i minori, accompagnati e non, alla frequentazione del progetto di integrazione (testo come modificato dalla legge n. 94/09); infine, la sottoposizione della conversione al previo parere del Comitato per i minori stranieri per i minori affidati e sottoposti a tutela, ed alla frequentazione del progetto di integrazione per quelli non accompagnati (testo attuale, come modificato dal D.L. n. 89/2011). Che si tratti di fattispecie non assimilabili è confermato, del resto, dal primo comma dello stesso art. 32, che estende l’applicazione delle condizioni di cui al successivo comma 1-bis a tutti i minori stranieri affidati, senza che sia possibile fare alcuna distinzione all’interno di tale categoria fra minori affidati ai sensi dell’art. 2, espressamente menzionati dallo stesso art. 32 co. 1, e minori affidati ai sensi dell’art. 4 della legge n. 184/83, cui si applicherebbe – secondo la prospettazione del ricorrente – la migliore disciplina dell’art. 31; e, quindi, senza che sia possibile individuare una categoria di minori affidati cui la conversione del permesso di soggiorno sarebbe consentita in modo incondizionato: al di là della formulazione non certo perspicua della norma, gli artt. 2 e 4 della l. n. 184/1983 non si riferiscono ad istituti diversi, ma riguardano ambedue l’affido, di cui regolano l’uno i profili sostanziali, l’altro (art. 4) le modalità procedimentali, fermo restando che si tratta dei medesimi minori (sul punto, cfr. T.A.R. Toscana n. 1344/2011, cit.).

Si aggiunga, ad ogni buon conto, che l’odierno ricorrente non appartiene alla categoria dei minori affidati, ma di quelli sottoposti a tutela, cui l’applicazione dell’art. 32 co. 1-bis è necessitata dalla inequivoca lettera della norma, così come, a contrario, dalla circostanza che l’invocato art. 31 fa menzione dei primi, e non anche dei secondi.

4. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il gravame non può trovare accoglimento e va respinto.

La novità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2011

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/10/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Venerdì, 7 Ottobre 2011

 
 
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