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Sentenza n. 1425 del 27 settembre 2011 Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

Respinta l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per “lavoro subordinato - intimato di lasciare il Territorio Nazionale nel termine di giorni 15

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana


(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 74 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 937 del 2010, proposto da:
*****, rappresentato e difeso dall'avv. Stefano Lorenzetti, con domicilio eletto presso l’avv. Eleonora Barneschi in Firenze, via La Marmora, 53;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, e Questura di Prato, in persona del Questore pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, presso cui domiciliano per legge in Firenze, via degli Arazzieri, 4;

per l'annullamento, previa sospensione,

del decreto notificato in data 11/03/2010 con cui veniva intimato al ricorrente di lasciare il Territorio Nazionale nel termine di giorni 15 per essere stata rigettata la sua istanza di rinnovo di p.s.e. per violazione degli artt.4, 5 e 9 del D.Lgs.n. 286/98;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Vista la comparsa di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Prato;

Vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 515/2010 del 22 giugno 2010;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 74 cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2011 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Rilevato che, con ricorso a questo Tribunale notificato il 10 maggio 2010 e depositato il successivo 8 giugno, il cittadino cinese indicato in epigrafe chiedeva l’annullamento, previa sospensione, del decreto con cui il Questore della Provincia di Prato aveva respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per “lavoro subordinato” da lui presentata, in quanto da accertamenti di polizia, la relativa documentazione prodotta era risultata falsa dato che l’indicato domicilio era fittizio e la ditta segnalata per il rapporto di lavoro era inesistente, come rilevato per altre fattispecie analoghe che facevano ritenere l’esistenza di un’associazione a delinquere orientata al favoreggiamento di della permanenza illecita sul territorio dello Stato, cui il ricorrente si sarebbe rivolto;

Rilevato che il ricorrente quindi lamentava: “1) Violazione ed erronea interpretazione dell’art. 4 del D.lgs 286/98. Illogicità e carenza di motivazione”, in quanto la presentazione di documentazione falsa o contraffatta rilevava soltanto sull’inammissibilità del visto di ingresso e non del permesso di soggiorno, come da conclusioni giurisprudenziali richiamate; “Violazione ed erronea interpretazione dell’art. 5 del d.lgs. n. 286/98, illogicità e carenza di motivazione”, in quanto l’amministrazione non aveva valutato i fatti sopravvenuti idonei a configurare la rilasciabilità del rinnovo del permesso di soggiorno, quali la regolarità del lavoro subordinato dichiarato e l’assenza di condanne definitive in ordine alla fattispecie penale richiamata nel provvedimento impugnato;

Rilevato che si costituivano in giudizio le amministrazioni indicate in epigrafe, chiedendo la reiezione del ricorso;

Rilevato che, con l’ordinanza indicata in epigrafe, questa Sezione rigettava la domanda cautelare;

Rilevato che alla pubblica udienza del 17 maggio 2011 la causa era trattenuta in decisione;

Rilevato che il Collegio ritiene sussistenti tutti i presupposti per pronunciare la sentenza ai sensi dell’art. 74 c.p.a., attesa la manifesta infondatezza del ricorso e l’assenza di ulteriori allegazioni di parte;

Considerato, infatti, che il ricorrente non fornisce elementi indiziari idonei a confutare la conclusione dell’Amministrazione secondo cui era il visto d’ingresso era stato ottenuto con documentazione falsa e fittizia in relazione all’indicazione della ditta presso cui avrebbe lavorato, rivelatasi inesistente in seguito ai controlli effettuati;

Considerato che le norme applicabili al caso di specie, correttamente richiamate nel provvedimento impugnato, stabiliscono – senza margini di discrezionalità per l’Amministrazione – che la presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto comporta automaticamente, oltre alle relative responsabilità penali, l'inammissibilità della relativa domanda (art. 4, comma 2, d.lgs. n. 286/98) e che il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso (art. 5, comma 5, d.lgs. cit.);

Considerato, quindi, che sussiste un nesso di consequenzialità tra il rilascio del visto e quello dei successivi permessi di soggiorno, così che l’inammissibilità del primo non può che rivolgersi anche al secondo, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente con il primo motivo di ricorso;

Considerato che la fattispecie di cui all’art. 5, comma 5, d.lgs. cit. per la parte richiamata dal ricorrente in ordine al sopraggiungere di nuovi elementi che consentano il rilascio del titolo di soggiorno, non può essere ritenuta applicabile qualora il soggiorno sin dall’origine era viziato in merito all’ammissibilità del visto di ingresso, venendosi a “sanare” altrimenti una situazione che non consentiva proprio allo straniero di soggiornare in Italia, così che i nuovi elementi sopravvenuti non potevano nemmeno essere acquisiti (a differenza dell’ipotesi di corretta applicabilità di tale disposizione dell’art. 5, comma 5, d.lgs. cit. riferite a rinnovi o rilasci di permessi di soggiorni con visto regolare);

Considerato che, alla luce di quanto dedotto e all’assenza di discrezionalità per la p.a. nel caso di specie, la ritenuta situazione di buona fede del ricorrente, l’assenza di condanne penali definitive e l’inserimento sociale dovuto alla domanda di ricongiungimento (inammissibile anch’essa per il medesimo motivo legato alla falsità delle attestazioni) non possono rilevare;

Considerato che il ricorso deve quindi essere rigettato e che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando ex art. 74 c.p.a. sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il ricorrente a corrispondere al Ministero dell’Interno le spese di lite, che liquida in euro 2.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del 17 maggio 2011
                 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/09/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Martedì, 27 Settembre 2011

 
 
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