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Sentenza n. 1455 del 6 ottobre 2011 Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

Rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato - condanna irrevocabile per il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti ex art. 73, comma 1-bis, lett. a), del d.P.R. n. 309/1990

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana


(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1134 del 2009, proposto dal sig.
*****, rappresentato e difeso dagli avv.ti Vittorio Supino e Lorenzina Iezzi e con domicilio normativamente stabilito presso la Segreteria del T.A.R., in Firenze, via Ricasoli n. 40

contro

Questore di Grosseto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze e domiciliata presso gli Uffici di questa, in Firenze, via degli Arazzieri n. 4

per l’annullamento,

previa sospensione dell’esecuzione,

del provvedimento del Questore di Grosseto Cat.A.12/08-Imm. del 9 ottobre 2008, notificato il 4 aprile 2009, recante rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno presentata il 7 giugno 2008 dal sig. ***** tramite il servizio postale.

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal ricorrente;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Questura di Grosseto;

Viste la relazione e la documentazione depositate dalla Questura di Grosseto;

Vista l’ordinanza n. 606/09 del 29 luglio 2009, con cui è stata respinta l’istanza cautelare;

Visto l’atto di rinunzia al mandato del difensore del ricorrente;

Viste la memoria di costituzione del nuovo difensore del ricorrente e la documentazione allegata alla stessa;

Visti tutti gli atti della causa;

Nominato relatore nell’udienza pubblica del 3 maggio 2011 il dott. Pietro De Berardinis;

Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue

FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, sig. *****, espone di aver presentato in data 7 giugno 2008, tramite servizio postale, istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.

1.1. L’istanza veniva respinta dal Questore di Grosseto con decreto Cat.A.12/08-Imm. del 9 ottobre 2008, per essere stato lo straniero condannato con sentenza del G.I.P. del Tribunale di Grosseto del 19 ottobre 2007, divenuta irrevocabile il 28 dicembre 2007, ad anni due e mesi otto di reclusione ed € 12.000,00 di multa per il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti ex art. 73, comma 1-bis, lett. a), del d.P.R. n. 309/1990: condanna che, ai sensi degli artt. 4, comma 3, e 5, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 286/1998, preclude il rinnovo del permesso di soggiorno.

1.2. Avverso il suesposto diniego di rinnovo è insorto l’esponente, impugnandolo con il ricorso in epigrafe e chiedendone l’annullamento, previa sospensione.

1.3. A supporto del gravame, ha dedotto le seguenti doglianze:

- violazione di legge in relazione all’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998, eccesso di potere per difetto di istruttoria e difetto di motivazione, e per erronea valutazione dei fatti e dei presupposti, in quanto la condanna patita dal ricorrente non potrebbe dar luogo ad alcuna presunzione assoluta di pericolosità sociale ed anzi la Questura avrebbe trascurato una serie di elementi di segno contrario, emergenti dalla decisione del Tribunale di Sorveglianza di Firenze che ha ammesso lo straniero alla misura alternativa dell’affidamento in prova presso il Servizio sociale. Il diniego impugnato sarebbe affetto, altresì, da difetto di istruttoria, per non essere stati considerati i documenti prodotti. Inoltre, la Questura non avrebbe valutato la permanenza prolungata dallo straniero nel territorio nazionale e l’attestato percorso di riabilitazione e recupero sociale;

- violazione di legge in relazione all’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998, eccesso di potere per difetto di istruttoria e difetto di motivazione, e per erronea valutazione dei fatti e dei presupposti, in quanto la P.A. non avrebbe considerato gli ulteriori parametri valutativi di cui al secondo capoverso dell’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998, quali la natura e l’effettività dei vincoli familiari dello straniero, l’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, la durata del soggiorno nel territorio nazionale: ciò, atteso che il ricorrente avrebbe esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ed avrebbe goduto del permesso di soggiorno già dal 2005.

2. Si è costituita in giudizio la Questura di Grosseto, depositando una relazione sui fatti di causa con documentazione allegata.

2.1. Nella Camera di consiglio del 28 luglio 2009 il Collegio, considerata la carenza del fumus boni juris, per essere stato il ricorrente condannato per un grave reato e per aver la P.A. formulato il suo giudizio in base a fatti obiettivamente documentati ed accertati, con ordinanza n. 606/09 ha respinto l’istanza cautelare.

2.2. Con memoria depositata il 27 novembre 2010 si è costituito il nuovo difensore del ricorrente, il quale ha provveduto a trasmettere il 20 dicembre 2010 l’atto di rinuncia al mandato del precedente difensore.

2.3. All’udienza pubblica del 3 maggio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

3. Il ricorso è infondato.

3.1. L’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998 è chiarissimo nel suo tenore, lì dove stabilisce che non è ammesso in Italia lo straniero condannato per reati inerenti gli stupefacenti. L’art. 5, comma 5, del medesimo decreto legislativo statuisce, dal canto suo, che il permesso di soggiorno o il suo rinnovo vengono rifiutati quando mancano o vengono a mancare i requisiti per l’ingresso ed il soggiorno nel territorio dello Stato. Tanto premesso, l’orientamento della giurisprudenza consolidata è nel senso di ritenere che dal combinato disposto degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998, nel testo derivante dalle modifiche apportate dalla l. n. 189/2002, emerge come la condanna per uno dei reati ivi specificati, tra i quali quelli inerenti gli stupefacenti, comporti la non concedibilità del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno, senza margini discrezionali per la P.A., avendo il diniego carattere vincolato (C.d.S., Sez. VI, 16 dicembre 2010, n. 9068). Ed invero, è la sentenza di condanna, per la qualità del reato sanzionato (in materia di stupefacenti) ad essere di per sé ostativa ad una valutazione favorevole da parte della P.A. circa il rilascio o rinnovo del titolo di soggiorno, in quanto è stato lo stesso Legislatore ad attribuire, direttamente, valenza ostativa alla permanenza nel territorio dello Stato in presenza di taluni comportamenti penalmente sanzionati, considerati di particolare rilievo sul piano delle relazioni sociali e del mantenimento dell’ordine pubblico: in ciò, anzi, si coglie una fondamentale differenza rispetto alla normativa anteriore alla l. n. 189/2002, che, invece, rimetteva alla P.A. la valutazione del grado di pericolosità e minaccia (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 18 gennaio 2011, n. 107). E va precisato che tale conclusione resta ferma quale che sia il rito seguito in sede penale, tanto più che l’art. 4, comma 3, cit., espressamente riconduce alla regola generale il caso del patteggiamento (C.d.S., Sez. VI, n. 9068/2010, cit.), cui appartiene anche la fattispecie riguardante l’odierno ricorrente (condannato dal G.I.P. del Tribunale di Grosseto con sentenza ex artt. 444 e 445 c.p.p.).

3.2. Con riferimento alle condanne in materia di stupefacenti ex art. 73 del d.P.R. n. 309/1990, una recentissima decisione (C.d.S., Sez. VI, 16 febbraio 2011, n. 980) ha ribadito che tra le condizioni preclusive per il rinnovo del permesso di soggiorno rientrano le condanne penali “per reati inerenti agli stupefacenti”, senza che residui alcuna sfera di discrezionalità in capo alla P.A., la quale è così tenuta a determinarsi in senso negativo sull’istanza di rinnovo. Né tale rigorosa disciplina risulta in contrasto con la Costituzione, atteso che, come indicato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 148 dell’8 maggio 2008, l’automatismo espulsivo altro non è che un riflesso del principio di stretta legalità, che permea l’intera disciplina dell’immigrazione e che costituisce anche per gli stranieri un principio ineliminabile dei loro diritti, consentendo di evitare possibili arbitri da parte dell’autorità amministrativa. Anche i diritti fondamentali dello straniero, in particolare il diritto al mantenimento della comunità familiare ex art. 12 C.E.D.U., non ostano alla disciplina de qua, trattandosi di diritti che non operano con carattere di assolutezza e che recedono di fronte a fatti presi specificamente in considerazione dalla legge per la loro gravità – quali per es. i reati in materia di stupefacenti –, tali da rendere ex lege incompatibile la presenza dello straniero nel territorio nazionale (C.d.S., Sez. VI, n. 980/2011, cit.).

3.3. Vero è che, secondo la giurisprudenza (C.d.S., Sez. VI, 17 gennaio 2011, n. 256), la P.A. gode comunque di un potere discrezionale nel valutare i nuovi elementi sopraggiunti, che ai sensi dell’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286 cit., consentono ugualmente il rilascio o rinnovo del permesso. Nella vicenda in esame, tuttavia, il ricorrente indica anzitutto una circostanza – l’esistenza di un rapporto di lavoro di cui è parte il sig. *****, presupposto per l’ottenimento della misura alternativa al carcere dell’affidamento in prova – che però, per quanto qui rileva, non può in alcun modo ritenersi “nuovo elemento sopraggiunto” ex art. 5, comma 5, cit.: come afferma il Tribunale di Sorveglianza, infatti, il citato rapporto di lavoro sussiste dal 2005 e, pertanto, è preesistente sia alla condanna, sia alla stessa commissione del reato per cui lo straniero è stato condannato, l’accertamento del reato de quo risalendo al 22 maggio 2007 (cfr. all. 1 alla relazione della Questura). Per la medesima ragione, neanche l’altra circostanza indicata nel ricorso – la serena convivenza con i familiari – può reputarsi “nuovo elemento sopraggiunto” ex art. 5, comma 5, cit., atteso che già nel 2002 il sig. ***** aveva ottenuto un permesso di soggiorno per motivi di affidamento, e che i familiari dello straniero risultano presenti nel territorio nazionale da epoca ben anteriore al reato di cui trattasi. Il fatto che si tratti di circostanze preesistenti non è solo formale, in quanto è indice della pericolosità sociale del ricorrente, che si è reso responsabile di un grave episodio criminale (detenzione di stupefacenti non destinati ad uso esclusivamente personale), nonostante avesse un lavoro e fosse stabilmente inserito nel proprio nucleo familiare.

3.4. Non può essere condivisa neppure la doglianza di difetto di istruttoria per mancata valutazione, da parte della P.A., dei documenti prodotti, che, in verità, risulta inammissibile per la sua genericità. Non è chiaro, infatti, se il ricorrente intenda i documenti prodotti in sede giudiziale, o se si riferisca a documenti prodotti nella pertinente sede amministrativa, che, tuttavia, non vengono specificati. In ogni caso, la doglianza è infondata, perché se si tratta dei documenti prodotti in sede giudiziale, vale l’obiezione per la quale è onere dello straniero rappresentare e documentare alla P.A. gli elementi a supporto della sua istanza nell’ambito del pertinente procedimento amministrativo (T.A.R. Toscana, Sez. II, 25 maggio 2009, n. 883; id., 5 gennaio 2010, n. 7; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, ord. 14 marzo 2008, n. 419). Se, invece, si tratta di documenti prodotti in sede amministrativa e relativi alle circostanze riportate nel paragrafo precedente, si è visto che queste ultime non si caratterizzano quali elementi sopraggiunti ex art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998. Se ne desume l’infondatezza di tutte le censure dedotte con il primo motivo.

3.5. Parimenti infondate sono, poi, le doglianze formulate con il secondo motivo, atteso che, da un lato, il ricorrente invoca gli “ulteriori parametri valutativi” per il rinnovo del permesso di soggiorno di cui al secondo capoverso dell’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998: si tratta, però, di parametri valutativi da tener presente esclusivamente in sede “di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare” (così l’art. 5, comma 5, cit.); nel caso in esame, invece, la Questura ha chiarito che, dopo un primo permesso di soggiorno per motivi di affidamento scaduto in data 27 agosto 2002, il titolo di soggiorno dello straniero è stato convertito in permesso per lavoro subordinato e rinnovato fino al 2008. Ai fini del rinnovo negato, perciò, la posizione del sig. ***** era quella del lavoratore subordinato e non dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento. In ordine, infine, al difetto di istruttoria per la mancata valutazione dei pretesi “nuovi elementi”, a confutazione di tale censura è sufficiente richiamarsi a quanto detto nei paragrafi precedenti (e, più specificamente, nei paragrafi 3.3 e 3.4).

3.6. Da ultimo, nessun rilievo, ai fini che qui interessano, può essere attribuito alle circostanze che il ricorrente evidenzia nella memoria depositata il 27 novembre 2010: in specie, l’anticipazione della data di fine pena e, dunque, l’esito positivo dell’affidamento in prova. Si tratta, infatti, di elementi successivi all’adozione del provvedimento impugnato e che eventualmente potrebbero, se del caso, giustificare una richiesta di riesame del provvedimento stesso, ma, in base al principio tempus regit actum, non sono in grado di incidere sulla sua legittimità.

4. In definitiva, il ricorso è nel suo complesso infondato e, come tale, deve essere respinto.

5. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana – Sezione Seconda – così definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Amministrazione intimata di spese ed onorari di causa, che liquida in via forfettaria in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), più accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze, nella Camera di consiglio del giorno 3 maggio 2011            

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/10/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Giovedì, 6 Ottobre 2011

 
 
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