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Sentenza n. 1457 del 6 ottobre 2011 Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

Respinta l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana


(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 187 del 2010, proposto dal sig.
*****, rappresentato e difeso dall’avv. Daniela Consoli e con domicilio eletto presso lo studio della stessa, in Firenze, via Leonardo da Vinci n. 4/A

contro

Ministero dell’Interno e Questura di Firenze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze e domiciliati presso gli Uffici di questa, in Firenze, via degli Arazzieri n. 4

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

- del provvedimento dal Questore di Firenze prot. n. 2143 del 6 ottobre 2009, notificato in data 13 novembre 2009, con cui è stata respinta l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio, presentata dal sig.  ***** il 7 settembre 2009;

- di tutti gli atti presupposti e consequenziali.

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Questura di Firenze;

Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal ricorrente;

Vista l’ordinanza n. 139/2010 del 19 febbraio 2010, con cui la predetta domanda di sospensione è stata respinta;

Vista l’istanza di sospensione ex art. 21, tredicesimo comma, della l. n. 1034/1971, depositata dal ricorrente in data 11 maggio 2010;

Vista l’ordinanza n. 434/2010 del 5 giugno 2010, con cui è stata respinta la suddetta istanza;

Visto il decreto del 4 febbraio 2010 con cui è stata respinta l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato avanzata dal ricorrente;

Vista l’ordinanza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 3997/2010 del 2 settembre 2010, recante reiezione dell’appello avverso la succitata ordinanza cautelare n. 139/2010;

Visti tutti gli atti della causa;

Nominato relatore nell’udienza pubblica del 17 maggio 2011 il dott. Pietro De Berardinis;

Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue

FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, sig. *****, espone di essere entrato in Italia nel 2001 con visto per motivi di studio e di essersi subito iscritto alla Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze, a decorrere dall’anno accademico 2001/2002.

1.1. L’esponente evidenzia di aver sostenuto con profitto sia nel primo anno accademico, sia negli anni successivi, gli esami universitari, ottenendo, perciò, il puntuale rinnovo del permesso ad ogni scadenza. Per sopravvenute difficoltà economiche, tuttavia, a partire dal 2005 lo straniero si è visto costretto a svolgere attività lavorativa, pur continuando a studiare ed a superare esami universitari, tanto da ottenere il rinnovo del titolo di soggiorno, l’ultimo dei quali gli è stato rilasciato nel 2008 con validità fino all’8 settembre 2009.

1.2. In data 7 settembre 2009 l’esponente inoltrava istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, a cui seguiva, tuttavia, la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, inviatagli ai sensi dell’art. 10-bis della l. n. 241/1990 e basata sulla circostanza che lo straniero risultava iscritto per la quinta volta al quinto anno di corso della Facoltà di Architettura. Il sig. ***** replicava con fax del 25 settembre 2009, nel quale richiamava le sopravvenute difficoltà economiche e chiedeva il rinnovo del permesso, impegnandosi a sostenere gli esami rimastigli nell’anno di corso. Nonostante ciò, il Questore di Firenze, con provvedimento prot. n. 2143 del 6 ottobre 2009, respingeva l’istanza in discorso, giacché l’art. 46, comma 4, del d.P.R. n. 394/1999 consente un numero complessivo di rinnovi del permesso per motivi di studio per non più di tre anni oltre la durata del corso, mentre nel caso di specie – come detto – lo straniero è al quinto anno oltre tale durata.

2. Avverso l’indicato diniego di rinnovo è insorto l’esponente, impugnandolo con il ricorso indicato in epigrafe e chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione.

2.1. A supporto del gravame ha dedotto le doglianze di:

- violazione e/o falsa applicazione degli artt. 38, comma 2, e 39, comma 1, del d.lgs. n. 286/1998 in materia di parità di trattamento tra italiani e stranieri nell’accesso ai corsi universitari ed effettività del diritto allo studio, in quanto la previsione, nell’art. 46, comma 4, del d.P.R. n. 394/1999, di un limite temporale al rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio (tre anni oltre la durata del corso di laurea) sarebbe illegittima, non essendo previsto il suddetto limite temporale da alcuna norma primaria, e andrebbe disapplicata, con conseguente illegittimità del diniego gravato;

- violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5, commi 5 e 9, del d.lgs. n. 286/1998, in quanto la P.A. avrebbe dovuto considerare la possibilità di concedere il rinnovo del titolo per un motivo diverso da quello richiesto, in particolare per motivi di lavoro, avendo lo straniero documentato, nel corso del procedimento, lo svolgimento di un’attività lavorativa. La P.A., inoltre, non avrebbe considerato la permanenza del sig. ***** sul territorio italiano da circa dieci anni e la sua condotta.

2.2. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Questura di Firenze, con atto di mera costituzione formale.

2.3. Nella Camera di consiglio del 18 febbraio 2010 il Collegio, ritenuto il ricorso privo di fumus boni juris, per la violazione del limite massimo di rinnovi del permesso di soggiorno per motivi di studio stabilito dall’art. 46, comma 4, del d.P.R. n. 394/1999 e per la mancata dimostrazione che lo straniero avesse chiesto il rinnovo ad altro titolo (e più specificamente per lavoro subordinato), con ordinanza n. 139/2010 ha respinto l’istanza cautelare.

2.4. L’ordinanza è stata confermata in sede di appello dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato con ordinanza n. 3997/2010 del 2 settembre 2010.

2.5. Successivamente, lo straniero chiedeva alla Questura di valutare la sua istanza di rinnovo anche ai fini del rilascio di un titolo di soggiorno per motivi di lavoro. La Questura, tuttavia, rispondeva in senso negativo, con note del 22 marzo 2010 e poi dell’8 aprile 2010. Per conseguenza, il ricorrente, ai sensi dell’art. 21, tredicesimo comma, della l. n. 1034/1971, con istanza depositata l’11 maggio 2010 tornava a chiedere la sospensione del diniego impugnato.

2.6. Con ordinanza n. 434/2010, pronunciata in esito alla Camera di consiglio del 4 giugno 2010, il Collegio negava nuovamente la richiesta tutela cautelare, osservando come le note della Questura del 22 marzo e dell’8 aprile 2010 attenessero al distinto procedimento di conversione del permesso per motivi di studio in permesso per motivi di lavoro e non avessero nulla a che vedere col diniego gravato, potendo, al più, formare oggetto di distinta impugnativa, tramite la proposizione di ricorso autonomo o di motivi aggiunti.

2.7. All’udienza pubblica del 17 maggio 2011, dopo che la difesa del ricorrente ha insistito per il beneficio dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, la causa è stata trattenuta in decisione.

3. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

3.1. Ed invero, il ricorrente, sig. *****, non contesta in alcun modo di avere superato il limite alla possibilità di rinnovi del permesso di soggiorno per motivi di studio stabilito dal penultimo periodo dell’art. 46, comma 4, del d.P.R. n. 394/1999 (tre anni oltre la durata del corso di studio). Sostiene, tuttavia, che tale limite sarebbe illegittimo, perché previsto esclusivamente da norma regolamentare senza la copertura di una norma primaria ed anzi in contrasto con il diritto allo studio sancito dalla Costituzione, nonché da varie disposizioni del Testo Unico sull’Immigrazione (d.lgs. n. 286/1998), in particolare dagli artt. 38 e 39, comma 1. Il contrasto della previsione regolamentare di cui all’art. 46, comma 4, cit., con la normativa di rango superiore si dedurrebbe anche dall’incompatibilità del limite temporale ora visto rispetto al diritto, accordato allo studente universitario straniero dall’art. 39, comma 3, lett. b), del d.lgs. n. 286/1998, di proseguire gli studi con l’iscrizione ad un corso di laurea diverso da quello per il quale lo straniero ha chiesto ed ottenuto l’ingresso: l’esercizio di tale diritto – sostiene il ricorrente – sarebbe incompatibile con la possibilità di rinnovare il permesso per soli tre anni oltre la durata del corso di studi. Inoltre, in senso contrario al ricordato limite temporale deporrebbe persino lo stesso d.P.R. n. 394/1999, lì dove esclude, all’art. 45, comma 2, per i minori stranieri privi di documentazione anagrafica o in possesso di documentazione irregolare (fattispecie giudicata assimilabile a quella in esame), che sia pregiudicato il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio delle scuole di ogni ordine e grado. Donde la necessaria disapplicazione dell’art. 46, comma 4, penultimo periodo, del d.P.R. n. 394/1999, per il contrasto con la disciplina di rango superiore, e la conseguente illegittimità del diniego impugnato, in quanto basato esclusivamente su detta previsione regolamentare illegittima.

3.2. Le suesposte argomentazioni non possono essere condivise. È, anzitutto, infondata l’asserzione del ricorrente, per cui nella materia in esame non esisterebbe nessuna riserva di regolamento, poiché l’art. 39, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998, alle lett. a) e b) demanda al regolamento di attuazione la disciplina degli adempimenti richiesti agli stranieri per il conseguimento del visto di ingresso e del permesso di soggiorno per motivi di studio e quella del rinnovo del permesso per motivi di studio, anche ai fini della prosecuzione degli studi con iscrizione ad un corso di studi diverso. Se ne ricava che requisiti, condizioni e limiti per il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio sono disciplinati, per espresso rinvio legislativo, dal regolamento di attuazione del d.lgs. n. 286/1998 e, perciò, ad oggi, dall’art. 46 del d.P.R. n. 394/1999. È, dunque, erroneo distinguere – come si fa nel ricorso – tra requisiti per il rinnovo del titolo di soggiorno, che l’art. 46 cit. individuerebbe soltanto nel superamento di un numero minimo di esami per ciascun anno di corso, e limiti al rinnovo stesso (da individuare unicamente nel citato limite temporale dei tre anni oltre la durata del corso di studi), per cui sarebbe, invece, necessaria la copertura della normativa primaria, nel caso di specie assente. In realtà, l’intera disciplina di dettaglio circa le condizioni per il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio, evidentemente comprensiva anche dei limiti al predetto rinnovo, è demandata dal decreto legislativo al suo regolamento di attuazione (cfr., in questo senso, C.d.S., Sez. VI, ord. 2 settembre 2010, n. 3997/2010, cit.). Donde l’infondatezza della censura.

3.3. Parimenti infondata è, poi, l’asserzione di un contrasto dell’art. 46, comma 4, del d.P.R. n. 394 cit. con la normativa di rango primario ed addirittura costituzionale concernente il diritto allo studio. Invero, il limite di tre anni oltre la durata del corso di studi per la possibilità di rinnovo del titolo di soggiorno non ostacola in alcun modo l’esercizio del diritto allo studio garantito anche agli stranieri dal d.lgs. n. 286/1998: al contrario, la previsione contestata si ispira alla stessa logica meritocratica, imperniata sull’operosità dello studente straniero, sottesa (secondo il medesimo ricorrente) all’altro limite (o requisito) previsto dall’art. 46, comma 4, cit. per il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio, cioè quello del superamento di un numero minimo di esami per ogni anno di corso. Si tratta infatti, in entrambi i casi, di disposizioni che intendono garantire la serietà ed effettività del programma di studi dello straniero e che, perciò, non contrastano con il diritto allo studio ed anzi, a ben vedere, costituiscono espressione di tale diritto. Del resto, è noto il disfavore che l’ordinamento dimostra in via generale verso il fenomeno del prolungarsi eccessivo degli studi universitari oltre la normale durata del corso di laurea, per es. tramite l’aumento dell’onere economico da sostenere per la prosecuzione degli studi stessi, cosicché, sotto questo profilo, nessuna discriminazione può essere configurata a danno degli studenti stranieri. Né il menzionato limite dei tre anni può essere tacciato di irragionevolezza (cfr. C.d.S., Sez. VI, ord. 2 settembre 2010, n. 3997/2010, cit.), essendo esso, al contrario, piuttosto ampio e, pertanto, ispirato ad un evidente “favor” per lo studente, purché attivo ed operoso: si consideri, con riferimento al caso di specie, che, in virtù della previsione dell’art. 46, comma 4, cit., il sig. ***** ha potuto ottenere il permesso di soggiorno per complessivi otto anni, rispetto ad un corso di laurea la cui durata è di cinque anni, e quindi ha beneficiato del permesso di soggiorno per un periodo di tempo superiore del 60% (tre anni in aggiunta ai cinque totali) a quello previsto quale durata ordinaria del suo corso di studi. Ciò non esclude, ovviamente, che vi possano essere situazioni particolari di disagio (come, lamenta il ricorrente, sarebbe quella che lo riguarda), per le quali, tuttavia, secondo quanto si dirà oltre, sono individuabili altri rimedi giuridici, cosicché la sussistenza di dette situazioni non può infirmare, di per sé, la ragionevolezza del succitato limite di tre anni.

3.4. Nemmeno possono condividersi le doglianze attinenti alla pretesa incompatibilità del limite ex art. 46, comma 4, cit. con la possibilità, prevista – come già detto – dall’art. 39 del d.lgs. n. 286 cit., di proseguire gli studi universitari con iscrizione in un corso di laurea diverso da quello per il quale lo straniero ha fatto ingresso, ed al preteso contrasto con la disciplina dettata dall’art. 45, comma 2, del d.P.R. n. 394/1999. Invero, anche per la possibilità della prosecuzione degli studi in un corso di laurea diverso, l’art. 39, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 286 cit. rinvia alla disciplina del regolamento di attuazione, sicché pure per tale possibilità vige il limite temporale dell’art. 46, comma 4, cit., con cui essa deve necessariamente armonizzarsi: il che, del resto, sembra del tutto ragionevole, essendo con ogni evidenza inammissibile l’ipotesi, palesata nel ricorso, che lo straniero, cambiando (magari più volte) il proprio corso di studi universitari, possa rimanere per un tempo indefinito nel territorio italiano. Con riferimento, poi, all’art. 45, comma 2, del d.P.R. n. 394 cit., osserva il Collegio che il richiamo a detta norma è del tutto inconferente, disciplinando quest’ultima una fattispecie – quella dei minori stranieri e del loro diritto all’istruzione scolastica – in tutto diversa dalla vicenda oggetto del presente contenzioso: perciò, al contrario di quanto si afferma nel ricorso, nessuna applicazione analogica della disciplina dall’uno all’altro caso appare ipotizzabile.

4. Dalle suesposte considerazioni si ricava la complessiva infondatezza del primo motivo di ricorso. Parimenti infondato si appalesa anche il secondo motivo, con cui, innanzitutto, il ricorrente lamenta l’omessa valutazione, da parte della P.A., della possibilità di concedergli un permesso di soggiorno a diverso titolo – e più in particolare, per motivi di lavoro –, avendo egli documentato, nel corso del procedimento di rinnovo, lo svolgimento di un’attività lavorativa. In proposito il Collegio evidenzia che la possibilità della conversione del permesso di soggiorno per motivi di studio in permesso per motivi di lavoro può, effettivamente, rivelarsi uno dei rimedi giuridici per fronteggiare le particolari situazioni di disagio in cui venga a trovarsi lo straniero durante gli studi universitari: per es., ove la carenza di mezzi di sostentamento lo costringa ad affiancare allo studio un’attività lavorativa, e ciò si rifletta in un rallentamento nell’iter degli studi, tale da fargli superare il limite ex art. 46, comma 4, del d.P.R. n. 394/1999. Tuttavia, detta conversione, espressamente prevista dall’art. 14, comma 6, del d.P.R. n. 394 cit. (che la subordina al rispetto delle quote fissate dall’art. 3 del d.lgs. n. 286/1998 ed alla previa stipulazione del contratto di soggiorno per lavoro presso lo Sportello Unico: v. T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 29 maggio 2009, n. 865) in tanto può essere possibile, in quanto lo straniero ne abbia fatto esplicita richiesta (C.d.S., Sez. IV, 28 febbraio 2005, n. 767). Infatti, non sembra ipotizzabile una sorta di conversione d’ufficio del titolo di soggiorno e, d’altra parte, la P.A. deve essere messa in condizione di valutare se ricorrano i presupposti per il rilascio del permesso ad altro titolo (C.d.S., Sez. IV, n. 767/2005, cit.). Nel caso di specie, tuttavia, dalla documentazione in atti non risulta che lo straniero avesse presentato alcuna istanza alla P.A. per ottenere la conversione del titolo di soggiorno. Di qui l’infondatezza della doglianza.

4.1. È poi infondata l’ulteriore doglianza in cui si articola il secondo motivo di ricorso, con la quale si lamenta la mancata valutazione della durata del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale, in contrasto con le previsioni dell’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998, nonché della sua condotta da sempre irreprensibile. In contrario è, tuttavia, agevole replicare che, ai fini che qui interessano, la P.A. non aveva alcun obbligo di effettuare le predette valutazioni. Più in dettaglio, la considerazione della durata del soggiorno dello straniero in Italia è prescritta dall’art. 5, comma 5, cit., unicamente in relazione all’adozione dei provvedimenti di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, o del familiare ricongiunto: ipotesi del tutto estranea a quella per cui è causa.

4.2. Con riferimento, infine, alla presentazione, da parte del ricorrente, di un’istanza alla Questura qualificabile come richiesta di conversione del titolo, a mezzo fax del 9 marzo 2010, quindi dopo la reiezione (con ordinanza n. 139/2010) dell’istanza cautelare, ed alla risposta negativa a detta istanza contenuta nelle note della Questura del 22 marzo 2010 e dell’8 aprile 2010, il Collegio non può che ribadire quanto già affermato con ordinanza n. 434/2010; si tratta, invero, di atti attinenti al distinto procedimento di eventuale conversione del permesso di soggiorno in permesso per motivi di lavoro, autonomo rispetto al procedimento di rinnovo del permesso per motivi di studio, sebbene connesso a quest’ultimo: atti che, proprio per tale ragione, nulla hanno a che vedere con il diniego di rinnovo in questa sede gravato. Avverso le note della Questura poc’anzi riportate, perciò, sussisteva a carico del ricorrente l’onere di un’autonoma impugnazione. non essendo ammissibile, in mancanza di essa, procedere all’esame della loro legittimità nella presente sede processuale. E detta impugnazione in questo giudizio (dove avrebbe preso la veste della proposizione di motivi aggiunti) è mancata, non essendo sufficiente a tal riguardo il riferimento, nell’epigrafe del ricorso, all’impugnazione degli atti presupposti e consequenziali, che, per la giurisprudenza costante, rappresenta una mera clausola di stile, di per sé del tutto irrilevante (cfr., ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. VIII, 18 novembre 2009, n. 7635).

5. In definitiva, il ricorso è infondato e va, pertanto, complessivamente respinto, mentre va ritenuta inammissibile ogni pretesa di esame della risposta negativa della P.A. all’istanza di conversione del permesso di soggiorno presentata dallo straniero, in difetto di impugnazione di detta risposta tramite proposizione (in questo giudizio) di motivi aggiunti.

5.1. Per conseguenza, va, altresì, confermata l’esclusione dello straniero dal beneficio del patrocinio a spese dello Stato.

6. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana – Sezione Seconda – così definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile (nei termini specificati in motivazione) e per il resto infondato e, per l’effetto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Amministrazione intimata, di spese ed onorari di causa, che liquida in misura forfettaria in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), più gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze, nella Camera di consiglio del giorno 17 maggio 2011         

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/10/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Giovedì, 6 Ottobre 2011

 
 
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