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Sentenza n.7229 del 13 settembre 2011 Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

Inammissibilità della domanda volta ad ottenere il conferimento della cittadinanza italiana in base alla considerazione del fatto che, avendo l’istante usato diverse generalità (alias), non appariva certa l’identificazione dell’interessata

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio


(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2063 del 2006, proposto da:
*****, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Grassotti, Alessandro Orsini, con domicilio eletto presso Alessandro Orsini in Roma, viale Giulio Cesare, 78;

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

il decreto del Ministero dell’Interno del 25.10.2005 CON IL QUALE E' STATA DICHIARATA L' INAMMISIBILITA' DELLA DOMANDA VOLTA AD OTTENERE IL CONFERIMENTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2011 il dott. Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

La Sig.ra *****, cittadina albanese, premesso di aver contratto matrimonio nel gennaio 2006 con un cittadino italiano, espone di aver presentato in data 11.6.2003 istanza di concessione della cittadinanza italiana, dichiarata inammissibile con il decreto del Ministero dell’Interno del 25.10.2005 in base alla considerazione del fatto che, avendo l’istante usato diverse generalità (alias), non appariva certa l’identificazione dell’interessata.

Detto provvedimento è impugnato, chiedendone l’annullamento, per i seguenti motivi:

1) Violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/90;

2) Eccesso di potere per difetto di istruttoria;

3) Violazione dell’art. 8 co. II legge n. 91/92;

4) Mancata indicazione del termine e dell’autorità cui ricorrere.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Interno, depositando articolato rapporto difensivo e chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla udienza pubblica odierna la causa è passata in decisione.

In via preliminare, va precisato che le questioni attinenti alla concessione della cittadinanza per matrimonio, disciplinata dall'art. 5, l. n. 91 del 1992, attenendo ad una situazione giuridica soggettiva avente la consistenza di diritto soggettivo, sono di regola attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario, essendo riservata alla cognizione del giudice amministrativo solo le controversie in cui la causa preclusiva alla concessione della cittadinanza sia quella di cui all'art. 6 comma 1, lett. c), l. n. 91 del 1992, ossia la sussistenza di "comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica", demandati appunto alla valutazione discrezionale della competente Amministrazione.

Ciò premesso appare evidente che all’Amministrazione è stata preclusa la valutazione della sussistenza dei “motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica” - per l’impossibilità di identificazione dell’interessata a causa dell’utilizzo di diverse generalità-, cui è sottesa la valutazione di carattere discrezionale dell’Amministrazione a fronte di una posizione dell’istantedi interesse legittimo.

Ne consegue che, essendo stato impedito all’Amministrazione di effettuare gli accertamenti summenzionati, non è applicabile alla fattispecie in esame il termine decadenziale di cui all'art. 8, comma 2, della legge n. 91/92 – il cui superamento determinerebbe il passaggio della giurisdizione al giudice ordinario – in quanto questo è sospeso fino al chiarimento dell’identità del ricorrente, non essendo questo dovuto ad inerzia dell’Amministrazione ma a comportamento imputabile all’istante (dichiarazione di alias). L’atto soprassessorio gravato, infatti, determina un stato di “pendenza” del procedimento e non costituisce esercizio del potere attribuito all’Amministrazione, la quale non si è potuta pronunciare al riguardo, ed, anzi, non avendo esaurito né il dovere d’ufficio di esaminare l’istanza né il potere di rifiutare la cittadinanza per i motivi in parola, mantiene impregiudicato il potere/dovere di procedere nella ulteriore fase procedimentale di verifica della sussistenza dei motivi di sicurezza indicati e concludere il relativo procedimento.

Né l’atto impugnato può essere ritenuto un provvedimento di rigetto in “merito” in quanto non si fonda – né avrebbe potuto - sulla sfavorevole rilevanza, anche penale, dell’utilizzo di false generalità, che non configura di per sé un elemento riconducibile alle ipotesi di “sicurezza nazionale” sopramenzionate.

Nel merito, il ricorso è fondato sotto l’assorbente profilo di censura della violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/90, non essendo la fornitura di alias da parte dell’istante un insuperabile elemento atto a determinato incertezza in merito alla identificazione della ricorrente, che avrebbe ben potuto essere convocata per chiarire ed eventualmente sottoporsi agli accertamenti preliminari necessari per raccogliere informazioni utili per la decisione “di merito” dell’istanza di concessione della cittadinanza italiana.

Il ricorso risulta pertanto fondato, assorbita ogni altra censura, con conseguente annullamento dell’atto impugnato, fatti salvi, ovviamente, gli ulteriori provvedimenti di competenza dell’Amministrazione.

In esecuzione della predetta sentenza, infatti, l’Amministrazione è tenuta a riaprire il procedimento arrestatosi nella fase preliminare dell’identificazione dell’interessata, accertarne l’identità e verificare se sussistano o meno le ragioni ostative attinenti alla sicurezza nazionale indicate dal legislatore.

Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio, ivi compresi diritti ed onorari.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione II quater, accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, e, per l’effetto, annulla, per quanto di ragione, l’atto di diniego impugnato. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2011 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente

Stefania Santoleri, Consigliere

Floriana Rizzetto, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/09/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Martedì, 13 Settembre 2011

 
 
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