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Sentenza n.7098 del 1 settembre 2011 Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

Respinta l’istanza di autorizzazione al rientro in Italia

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio


(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 60 e 74 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1165 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
*****, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Maiellaro, con domicilio eletto presso Gennaro De Sena Punkett in Roma, via S. Tommaso D'Aquino, 47;

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Ministero degli Affari Esteri, Ambasciata Italiana di Skopje (Macedonia), Sportello Unico Immigrazione Presso Utg Campobasso, Prefettura di Campobasso, Questura di Campobasso;

per l'annullamento, previa sospensiva,

del provvedimento di cui alla nota del Ministero dell’Interno prot. n. 400/A/1266/A26/2008 del 23.10.2008 con cui stata respinta l’istanza di autorizzazione al rientro in Italia del ricorrente, e di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, compreso il preavviso di rigetto, ed il provvedimento di diniego di nulla osta dello SUI di Campobasso del 2.4.2007 mai comunicato al ricorrente;

nonché, con atto di motivi aggiunti depositato il 22 marzo 2011:

- della nota prot. n. 400/A/2009/a16/1266 del 26-11-2009, comunicata il 30.11.2009;

e per il risarcimento del danno ingiusto ai sensi dell’art. 2043 cc


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2011 il dott. Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Con il ricorso in esame il Sig. *****, premesso di essere stato espulso con accompagnamento alla frontiera in data 19.2.2005 e di aver presentato in data 15.1.2008 istanza di rientro anticipato ai sensi dell’art. 13, comma 13, del d.lvo 286/98 per svolgervi attività lavorativa presso una ditta italiana, impugna il decreto del Ministero dell’Interno del 23.10.2008 con cui l’istanza è stata respinta sull’assunto della mancanza di una attuale richiesta di assunzione del ricorrente.

Con ordinanza n. 1267 del 18.3.2009 l’istanza di sospensiva è stata accolta ai fini del riesame dell’istanza del ricorrente nel rispetto delle garanzie procedimentali di cui all’art. 10 bis della legge n. 241/90.

Con ordinanza n. 4913 del 21.10.2009 è stata accolta l’istanza di esecuzione della pronuncia cautelare con contestuale nomina di commissario ad acta.

Con nota prot. n. 400/A/2009/a16/1266 del 26-11-2009 l’amministrazione resistente ha provveduto, in esecuzione della predetta misura cautelare propulsiva, a riavviare il procedimento, dando comunicazione al ricorrente del motivo ostativo all’accoglimento dell’istanza – e cioè che la richiesta nominativa di nulla osta era stata rigettata dallo Sportello Unico per l’Immigrazione con decreto del 2.4.2007 – “rimettendolo in termini” per presentare le proprie osservazioni corredate da prova documentale della richiesta di assunzione la cui mancanza era stata posta a fondamento dell’atto di diniego impugnato e contestualmente evidenziando che “il possesso di nulla-osta al lavoro rilasciato al datore di lavoro che ha effettuato la richiesta nominativa di assunzione nei confronti dello straniero residente all’estero, deve avere attuale validità ai sensi dell’art. 22 del l.vo 286/98 al fine di consentire l’esercizio dell’attività lavorativa e costituire fattore degno di valutazione per l’accoglimento dell’istanza di autorizzazione al rientro degli stranieri espulsi”, chiarendo che il provvedimento ministeriale di autorizzazione al rientro anticipato “non costituisce presupposto necessario per il rilascio del suddetto nulla osta al lavoro” vista la disciplina di pianificazione degli ingressi per lavoro.

Detto atto è stato impugnato con motivi aggiunti depositati il 22 marzo 2011, prospettandone l’elusività.

Con ordinanza collegiale n. 1583 del 29.4.2011 sono stati disposti incombenti istruttori volti a chiarire l’esito del procedimento avviato con la nota sopraindicata.

In riscontro alla predetta ordinanza, in data 25.6.2011 è stata depositata la nota n. 25821 del 31.5.2011 della Prefettura di Campobasso - cui il Ministero aveva sollecitato notizie sullo stato del procedimento di rilascio del nulla osta predetto – ove si rappresentava che successivamente al provvedimento di diniego non è stata presentata alcuna nuova richiesta di nulla osta al lavoro a favore del ricorrente e che invece a favore del ricorrente era stato rilasciato nulla osta al lavoro stagionale in data 23.6.2010, e contestualmente sollecitava l’Ufficio Immigrazione della Questura a revocare il parere positivo precedentemente espresso.

Con l’istanza di sospensione oggi all’esame del Collegio il ricorrente contesta l’operato dell’Amministrazione, lamentando che, nel richiedere il possesso attuale dei requisiti prescritti per l’assunzione di allora, intenderebbe sottrarsi all’esecuzione dell’ordinanza in parola, ed invoca a suo favore la direttiva 2008/115 che imporrebbe di disapplicare la normativa nazionale in materia di espulsione e quindi considerare il periodo interdittivo del provvedimento di espulsione in questione già trascorso.

Il Collegio ritiene perciò necessario, visto lo stato di stallo dell’iter procedimentale riavviato a seguito di sollecitazione giurisdizionale - confermato anche dalla nota sopracitata - , decidere la causa con sentenza breve anche in considerazione al lungo tempo trascorso e delle difficoltà incontrate in sede di attuazione della misura cautelare propulsiva.

Il provvedimento di rigetto dell’istanza di rientro anticipato impugnato è illegittimo – come già evidenziato nella motivazione dell’ordinanza cautelare in questione – per violazione delle garanzie di partecipazione procedimentale sancite dall’art. 10 bis della legge n. 241/90.

Tale violazione risulta particolarmente grave in caso di provvedimenti di natura altamente discrezionale - qual è quello di autorizzazione al rientro anticipato - in cui, attesi i noti limiti al sindacato giurisdizionale dei relativi atti, l’interessato può valersi, quale unica, effettiva, possibilità di difesa della propria posizione, della partecipazione all’esercizio del potere “nel suo farsi” e, nella fattispecie in esame, ha impedito al ricorrente di rappresentare all’Amministrazione, nella naturale sede procedimentale, alcuni elementi di valutazione utili a suo favore ed in particolare a produrre la documentazione – allegata al gravame (richiesta di assunzione del datore di lavoro, Sig. Sergio Matone presso la Doma srl., e dichiarazione di persistente intento dello stesso datore di lavoro) – relativa alla richiesta nominativa di assunzione a suo favore la cui mancanza era stata addotta dalla PA quale motivo ostativo all’esame dell’istanza in parola.

Il ricorso introduttivo pertanto risulta fondato sotto l’assorbente profilo di censura della violazione delle garanzie procedimentali sopra evidenziate, con conseguente annullamento dell’atto di diniego impugnato.

Al riguardo giova ricordare, al fine di evitare ulteriori problematiche nella fase esecutiva, che l’esecuzione delle pronunce giurisdizionali – sentenze o ordinanze cautelari che siano - di annullamento e/o sospensione di atti di diniego motivate con riferimento a vizi procedimentali impone all’Amministrazione soccombente di riavviare il relativo procedimento al fine di consentire, mediante la partecipazione del ricorrente, un “dialogo” in merito all’esistenza di ragioni a favore e contrarie all’accoglimento dell’istanza in parola; dialogo che come sopra ricordato risulta tanto più necessario ed imprescindibile quanto più il potere che trova espressione nel relativo provvedimento ha natura altamente discrezionale.

Dette pronunce, ovviamente, non comportano l’obbligo della PA di rilasciare il provvedimento richiesto, in quanto hanno limitata portata “conformativa”, presentando un effetto preclusivo limitato al solo elemento ostativo addotto dalla PA quale motivo del rifiuto - ritenuto dal giudice amministrativo come non valida a giustificazione del provvedimento negativo- , ma non investono le ulteriori condizioni necessarie per il rilascio del provvedimento favorevole, che non hanno costituito oggetto del giudizio e relativamente ai quali la PA mantiene impregiudicato il potere di valutazione, appunto, perché non compromesso dalla pronuncia giurisdizionale.

Si tratta infatti di pronunce propulsive che – al pari di quelle di sospensione o di annullamento di un atto di rifiuto “pregiudiziale” o “preliminare” o di rifiuto “in merito” che investano solo alcuni degli elementi necessari per il rilascio del provvedimento richiesto oppure che questo abbia natura discrezionale – non comportano alcun obbligo per l’Amministrazione di accogliere l’istanza del ricorrente e conseguentemente rilasciare il provvedimento favorevole richiesto, bensì esclusivamente quello di riavviare il procedimento dalla fase ritenuta viziata e di proseguire l’iter procedimentale, illegittimamente interrotto a causa del riscontro della mancanza di un elemento necessario ovvero per la sussistenza di un fattore preclusivo, e di completare l’istruttoria al fine di verificare la sussistenza delle ulteriori condizioni prescritte per l’accoglimento dell’istanza, e quindi concludere il procedimento con un provvedimento di accoglimento e/o rigetto della stessa.

Nella fattispecie in esame, pertanto, il vincolo sulla successiva attività amministrativa imposto prima dall’ordine di riesame impartito con l’ordinanza n. 1297/09 ed ora ribadito dalla sentenza di merito comporta l’integrale riedizione del procedimento di esame dell’istanza di rientro anticipato, che s’era illegittimamente concluso nella fase “preliminare” dell’accertamento di una delle condizioni ritenute necessarie (richiesta nominativa di ingresso da parte del datore di lavoro dell’interessato), consentendo al ricorrente di formulare le proprie osservazioni e presentare la documentazione utile al fine di dimostrare l’effettiva sussistenza di tale elemento, la cui mancanza era stata ritenuta dall’autorità procedente ostativa al passaggio alla fase della valutazione “di merito” dell’istanza di rientro anticipato – che costituisce il “cuore” della decisione – e cioè di valutare –anche alla stregua dei principi sulla modalità di determinazione della durata massima del periodo di interdizione al rientro “caso per caso” imposti dalla sopraggiunta normativa comunitaria - la meritevolezza dell’istante di beneficiare dell’abbreviazione del periodo di interdizione dal reingresso in Italia sancito dal decreto di espulsione; valutazione che, si ribadisce, è dall’art. 13 co. 13 del d.lvo n. 286/98 interamente demandata alla discrezionalità del Ministero dell’Interno, lasciando allo Sportello Unico per l’Immigrazione le valutazioni ulteriori, relative ai presupposti prescritti per il rilascio del nulla osta al lavoro, tra cui, appunto, quella - che ha determinato l’insorgere dell’ulteriore contenzioso introdotto con i motivi aggiunti –della validità ed attualità della documentazione attestante il possesso del requisito della disponibilità di occupazione lavorativa in contestazione (con la precisazione, quanto a quest’ultimo profilo, che trattandosi di procedimento avviato in sede di esecuzione di pronuncia giurisdizionale, l’esigenza di assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale impone di ripristinare fin dove possibile la posizione giuridica dell’interessato illegittimamente lesa dall’azione amministrativa, e quindi l’autorità procedente non potrà opporre - come prospettato dalla resistente nella nota del novembre 2009 impugnata con motivi aggiunti – la mancanza di una richiesta attuale di assunzione nominativa nei confronti del ricorrente, ritenendo non più utile quella a suo tempo avanzata dal datore di lavoro del ricorrente, come se la relativa istanza fosse presentata per la prima volta, ma dovrà ritenere detta istanza valida ed esaminarla, ora per allora, verificando con riferimento a quell’epoca la sussistenza dei requisiti prescritti dagli artt. 21 e 22 del d.lvo n. 286/98 compresa la capienza della quota nell’ambito della programmazione degli ingressi stabilita dal decreto flussi di allora).

La domanda di risarcimento del danno, pertanto, è allo stato inammissibile, in quanto, attesa la natura estremamente discrezionale dell’atto impugnato, ed il motivo dell’annullamento dell’atto di diniego, nonché l’incertezza sull’esito delle verifiche di competenza dello Sportello Unico Immigrazione sopra indicate, non è possibile valutare con giudizio prognostico la spettanza del bene della vita dedotto in giudizio se non a seguito della completa rinnovazione (ed ultimazione) dell’attività amministrativa, come ripetutamente affermato dal costante orientamento giurisprudenziale in materia, condiviso dal Collegio.

Quanto alle spese, sono addossate alla parte soccombente e liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. II quater, accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso ed i motivi aggiunti, per l’effetto, annulla gli atti impugnati indicati in epigrafe. Dichiara inammissibile la domanda risarcitoria.

Condanna l’Amministrazione resistente a rifondere al ricorrente le spese di giudizio, liquidate nella misura di Euro 500,00 (cinquecento/00) + IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2011

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/09/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Giovedì, 1 Settembre 2011

 
 
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