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Sentenza n. 7207 del 13 settembre 2011 Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

Rigetto della richiesta di rilascio del permesso di soggiorno per lavoro autonomo - pericolosità sociale per violazione degli obblighi di assistenza familiare e maltrattamenti in famiglia e dalla indifferenza agli obblighi inerenti l’immigrazione e incapacità intrattenere rapporti con i consociati

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio


(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11222 del 2010, proposto da:
*****, rappresentato e difeso dagli avv. Marco Michele Picciani, Vito Troiano, con domicilio eletto presso Studio Legale Picciani - Troiano in Roma, via Principe Eugenio, 15;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Questura di Roma;

per l'annullamento

del provvedimento del Questore di Frosinone di rigetto della richiesta di rilascio del permesso di soggiorno, datato 25.9.2010.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2011 il dott. Maria Laura Maddalena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe, il ricorrente impugna il provvedimento con cui il Questore di Frosinone ha respinto la sua istanza di rilascio di permesso di soggiorno per lavoro autonomo, motivato sulla base della sua pericolosità sociale desunta da una denuncia per violazione degli obblighi di assistenza familiare e maltrattamenti in famiglia e dalla “indifferenza agli obblighi inerenti l’immigrazione” e “incapacità di intrattenere rapporti con i consociati”.

Il ricorso è articolato in varie censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

L’avvocatura dello Stato si è costituita con mero atto di stile.

All’odierna udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è fondato e pertanto va accolto.

Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 3 l. 241/90, degli artt. 4, 5 e 6 dell’art. 286/98, sostenendo che una mera denuncia penale, peraltro effettuata dalla moglie in occasione di liti familiari, non può essere considerata motivo per ritenere la pericolosità sociale di un soggetto.

Il motivo è fondato e pertanto esso va accolto.

L’attuale assetto normativo non consente di ritenere di per sé rilevante la presenza di una denuncia penale ai fini del diniego del permesso di soggiorno occorrendo che vi sia almeno una condanna, o una sentenza di applicazione della pena, per un reato rientrante tra quelli per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagrante (art. 4, comma 3 d.lgs. n. 286/98).

Né una denuncia per violazione degli obblighi di assistenza familiare e maltrattamenti in famiglia, scaturita in un contesto di gravi liti coniugali, può essere considerata, in assenza di altre circostanze, indice di pericolosità sociale. Nemmeno, d’altro canto, può ritenersi significativa a questi fini la circostanza che il ricorrente non sia risultato reperibile all’indirizzo dichiarato al momento della comunicazione del preavviso di rigetto del provvedimento, ai sensi dell’art. 10 bis 241/90. Il ricorrente infatti, come ha dimostrato, ha dovuto prendere in locazione un altro appartamento, avendo dovuto lasciare l’abitazione familiare (cfr. contratto di locazione del 21.7.2008). Inoltre, la mancata comunicazione alla questura del nuovo indirizzo non può in ogni caso considerarsi indice di pericolosità sociale, ma al più di incuria.

Per tutto quanto si è detto, sussiste il denunciato vizio di eccesso di potere e violazione di legge di cui al primo motivo e dunque il ricorso deve essere accolto, con assorbimento delle ulteriori censure, aventi tutte natura procedimentale.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l’amministrazione al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi euro 1.500, oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente

Stefania Santoleri, Consigliere

Maria Laura Maddalena, Primo Referendario, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/09/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Martedì, 13 Settembre 2011

 
 
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