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Sentenza n. 7091 del 1 settembre 2011 Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

Diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio


(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 758 del 2007, proposto da:
*****, rappresentato e difeso dall'avv. Marco Grispo, con domicilio eletto presso Marco Grispo in Roma, viale delle Milizie, 9;

contro

Questura di Roma; Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del provvedimento della Questura di Roma datato 1/8/06, notificato il 30/11/06 di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2011 il dott. Stefania Santoleri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il ricorrente, cittadino marocchino, ha impugnato con il provvedimento in epigrafe il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo.

Il diniego è stato adottato in applicazione dell’art. 4 comma 3 del D.Lgs. 286/98 in quanto il ricorrente è stato condannato con sentenza ex art. 444 c.p.p. dal Tribunale di Genova del 18/11/04, irrevocabile l’11/12/04 alla pena di anni uno e mesi sette di reclusione ed euro 9.000 di multa, pena sospesa, per i reati di importazione e detenzione di sostanze stupefacenti di cui agli artt. 73 comma 4 D.P.R. 309/90, 62 bis c.p.

Avverso detto provvedimento il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di gravame:

1. Eccesso di potere per carenza dei presupposti legittimanti il provvedimento di diniego. Violazione ed errata applicazione dell’art. 26 comma 7 del D.Lgs. 286/98.

2. Violazione di legge: art. 7 della L. 241/90.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Con ordinanza n. 704/07 la domanda cautelare è stata respinta in considerazione dell’ostatività della condanna.

Unitamente all’istanza di prelievo depositata l’11/1/11, il difensore del ricorrente ha depositato l’ordinanza con la quale il Tribunale di Genova, Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari, ha dichiarato estinto ai sensi dell’art. 445 c.p.p. il reato per il quale era stato condannato il ricorrente con la sentenza del 18/11/04 n. 1230 ed ha rappresentato che è quindi venuta meno la condanna ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno.

All’udienza pubblica del 16 giugno 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso lamenta il ricorrente l'omessa valutazione da parte della Questura delle proprie condizioni personali, essendo residente in Italia da molti anni.

Rileva, poi, che la condanna sarebbe stata estinta dall’indulto.

La censura è infondata.

La condanna subita dal ricorrente rientra tra quelle ostative ex sé - ai sensi degli artt. 4 comma 3 e 5 comma 5 del D.Lgs. 286/98 - per il rilascio o il successivo rinnovo del permesso di soggiorno, e di conseguenza, l'Amministrazione può legittimamente limitarsi a richiamare siffatto tipo di condanna per negare il richiesto rinnovo del permesso di soggiorno, in quanto la scelta è stata fatta dal legislatore (Cons.Stato Sez. VI 21/4/08 n. 1803; T.A.R. Lazio sez. II Quater 19/2/08 n. 1510; T.A.R. Toscana, Sez. I 5/6/08 n. 1572).

In caso di condanne penali per reati ostativi ex sé al rilascio o successivo rinnovo del permesso di soggiorno, il provvedimento di diniego ha carattere vincolato, non essendo consentita la permanenza nel territorio dello Stato di stranieri, per i quali detta pericolosità sia stata individuata dallo stesso legislatore, in corrispondenza della riconosciuta colpevolezza, in sede penale, per determinate tipologie di reati (Cons.Stato Sez.VI 25/6/08 n. 3222); detto principio risulta autorevolmente confermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 148 del 16/5/08, che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 4 comma 3 e 5 comma 5 del D.Lgs. 286/98.

La Corte Costituzionale ha chiarito, infatti, che "l'automatismo espulsivo altro non è che un riflesso del principio di stretta legalità che permea l'intera disciplina dell'immigrazione e che costituisce, anche per gli stranieri, presidio ineliminabile dei loro diritti, consentendo di scongiurare possibili arbitri da parte dell'autorità amministrativa".

Quanto all’estinzione della pena a seguito dell’indulto è sufficiente rilevare che l'indulto non estingue il reato, sicché esso non comporta alcuna conseguenza sugli accadimenti storico - giuridici della commissione del reato stesso e dell'intervenuta pronuncia di condanna, e comunque non estingue neppure gli altri effetti penali della condanna, ai sensi dell'art. 174 comma 1, c.p., con la conseguenza che l'estinzione della pena conseguente alla concessione di tale beneficio ha effetti unicamente di valenza penale e non può determinare deroghe al possesso dei requisiti previsti in astratto dal legislatore per l'ottenimento del permesso di soggiorno, fra i quali vi è quello di non aver riportato le condanne sopra indicate (T.A.R. Lazio Roma, sez. II Quater, 02 febbraio 2010 , n. 1416).

Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dell'art. 7 della L. 241/90.

La censura è infondata sia perché detta disposizione non risulta applicabile al procedimento in questione (trattandosi di procedimento ad istanza di parte), sia perché essendo il contenuto dell'atto assolutamente vincolato, la partecipazione al procedimento non avrebbe potuto sovvertire l'esito del procedimento (cfr., tra le tante, T.A.R. Lazio sez. II Quater 1/9/09 n. 8330; T.A.R. Lombardia Sez. III 14/1/09 n. 80).

Nel depositare l'istanza di prelievo, il difensore del ricorrente ha rilevato che - nelle more del giudizio - il precedente penale del suo assistito è venuto meno per effetto dell’ordinanza ex art. 445 c.p.p. del G.I.P. del Tribunale di Genova del 22/2/2020 con la quale è stato dichiarato estinto il reato giudicato con sentenza n. 1230 del 18/11/04 emessa dallo stesso Tribunale di Genova ex art. 444 c.p.p.

Considerato che è venuto meno l’unico precedente penale del ricorrente ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno, e che lo stesso ricorrente risiede in Italia dal 1988 dove svolge regolare attività lavorativa, come dimostrato dalla documentazione fiscale depositata in giudizio, ha chiesto al Tribunale di tener conto di detto elemento sopravvenuto.

Ritiene il Collegio di dover richiamare a questo proposito l'orientamento della giurisprudenza.

Il Consiglio di Stato Sez. VI con decisione 03 dicembre 2009 , n. 7572, ha chiarito che "Non può farsi valere un'allegazione documentale, o comunque di fatto, relativa agli oneri di produzione che le norme in tema di permesso di soggiorno configurano a carico dell'interessato, in quanto il giudizio introdotto con il ricorso innanzi al giudice amministrativo ha natura impugnatoria e ha per oggetto un provvedimento autoritativo la cui legittimità va verificata sulla base degli elementi acquisiti nella fase istruttoria procedimentale, e non il rapporto che si instaura tra organo pubblico e soggetto che intende permanere nel territorio dello Stato. Pertanto, la riabilitazione da condanna penale sopravvenuta al provvedimento di diniego del permesso di soggiorno, deve ritenersi irrilevante, atteso che la legittimità del provvedimento amministrativo deve essere valutata allo stato di fatto e di diritto esistente alla data del provvedimento medesimo data nella quale, nel caso di specie, la riabilitazione non era appunto ancora intervenuta".

Ritiene dunque il Collegio che detti fatti sopravvenuti, non potendo incidere sulla legittimità del provvedimento impugnato, in quanto successivi alla data della sua adozione, nondimeno non possono non assumere rilievo al momento della presentazione di una nuova domanda di rilascio del permesso di soggiorno, atteso che l’estinzione del reato ai sensi dell’art. 445 c.p.p. ha fatto venir meno il presupposto ostativo di cui all'art. 4 comma 3 del D.Lgs. 286/98, giacché, alla data attuale, il ricorrente non risulta più gravato da condanne penali.

Il ricorrente potrà dunque rappresentare nella sede amministrativa le suddette sopravvenienze, valutabili dall'Amministrazione ai sensi dell'art. 5 comma 5 dello stesso D.Lgs. n. 286/98.

In conclusione, per i suesposti motivi, il ricorso deve essere respinto perché infondato.

Quanto alle spese di lite, sussistono tuttavia giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2011

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/09/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Giovedì, 1 Settembre 2011

 
 
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